Eccomi qui, rannicchiata davanti alla porta del bagno, in lacrime per l’ennesima volta. Le parole di mia madre sono sempre le stesse, sempre dette con quel tono di rabbia, di scherno. “brutta troia, se nata per rovinarmi la vita. guardati, sei un cesso, sei una balena schifosa, mi vergogno ad uscire con te, sei solo una puttana”. Ogni giorno e’ cosi’, ed ogni giorno seduta, appoggiata alla porta, mi taglio. “dio, ma perche’ ti ho messo al mondo? Sei inutile, sei una zoccola di merda” la piccola lametta che in questi giorni mi e’ da unica compagna di vita scorre lentamente sulla mia carne, lasciando dei piccoli segni biancastri, che a poco a poco vengono ricoperti da piccole goccioline di sangue. Quel piccolo pizzichio mi fa stringere i pugni, ma il dolore passa velocemente, sovrastato da un dolore ben piu’ forte. Le parole di mia madre non cessano, e la mia voglia di continuare aumenta sempre di piu’. Passo agli avambracci, al gomito, setaccio ogni minima zona di carne possibile da tagliuzzare. Ammiro quasi entusiasta il mio lavoro. Il sangue scorre a grosse gocce su tutta la lunghezza del braccio. Sono quasi fiera di quello che ho fatto, e mi rende in qualche modo piu’ felice. Sento il dolore aumentare, e questo mi da una scossa di piacere esagerata, sono in estasi, come se avessi assunto una piccola dose. Che poi, l’autolesionismo e’ come una droga. Sento il cellulare squillare, ma non rispondo, non mi prendo neanche la briga di guardare il mittente. Aspetto che smetta, e riprendo a contemplare il mio lavoro. Squilla un'altra volta, e un’altra ancora. Mi decido a guardare chi sia. Con un piccolo sforzo prendo il cellulare dalla tasca, sporcandomi appena la maglia, e con stupore osservo il nome scritto su di esso. Louis. Il mio migliore amico. Rispondo. <<hei tesoro, tutto bene?>> la sua voce e’ cosi’ felice, allegra. Cerco di fingere. <<si, tut..>> no, non sono mai stata capace a fingere. Scoppio a piangere. Odio farmi vedere debole, ma le lacrime scendono sempre di piu’, e i singhiozzi mi fanno quasi vomitare, sono fortissimi. Sento dall’altra parte louis che chiama il mio nome, ma non riesco a parlare, piango e basta. Lui sa a grandi linee della situazione con mia madre, non sono mai entrata nello specifico, non ne sentivo il bisogno, e parlarne era comunque difficile. Trovo la forza di spostare il telefono, e ignorando la voce di louis, riattacco. Continuo a lacerare le mie braccia, i miei polsi. Il tempo passa velocemente, e non me ne accorgo. Sono immersa nei miei pensieri, nel mio dolore quando sento la voce di mia madre. <<tesoro, c’è qui louis>> tesoro? Ah, dimenticavo, la sua doppia faccia. Sento qualcuno salire le scale di corsa, non puo’ essere lei, non salirebbe mai in quel modo. Cerco di nascondere le braccia, ma non ho le forze. La porta si apre. Louis. rimane pietrificato alla mia vista. alla vista della mio arto, insanguinato completamente. alla vista della chiazza rossa, poco sotto il mio arto, alla vista del mio volto, sofferente, spaventato non dice una parola, ma continua a fissami, con gli occhi pieni di rabbia, tristezza, riesco a scorgere anche qualche taccia di delusione. si gira, e corre via. scappa. scappa da me. e io continuo con il lavoro iniziato una ventina di minuti prima.
mercoledì 28 aprile
la situazione è sempre la stessa. mi taglio ogni giorno, anche piu' di una volta. mia madre non cambia per niente. non lo speravo, in fondo cosa puo' cambiare in poco più di un mese? niente. o forse qualcosa. si, qualcosa e' cambiato. l'amicizia tra me e louis. non sento piu' il mio migliore amico da trentanove giorni. l'unico mio sfogo, l'unica persona a cui sono completamente aperta e' sparita, lasciandomi piu' sola di quanto lo fossi prima. lo odio per questo, mi aveva promesso che sarebbe stato sempre con me. me l'aveva promesso quasi tre anni prima, e ora? le mie braccia sono un vero macello. da quando louis se ne e' andato, sono peggiorate, ora i tagli sono ovunque. mia madre mi sta rimproverando ancora, perche' non ho rifatto il letto. sinceramente adesso mi da fastidio anche chiamarla mamma, la sento un estranea, o peggio, una di quelle persone che dopo avere conosciuto ti hanno fatto un torto talmente grande da cancellarle dalla tua memoria, trattandole da estranee, ma con sempre quel pizzico di odio. mentre penso a tutto cio', sono sdraiata sul mio letto, con gli auricolari nelle orecchie, ma senza musica. il cellulare sul comodino vibra. e' louis. mi chiedo cosa voglia, magari dirmi che gli faccio schifo, che avere un'amica autolesionista e' una vergogna. magari mi chiede di non fare sapere a tutti che era il mio migliore amico, che gli faccio schifo. intanto che la mia mente si fa dei percorsi assurdi sul possibile contenuto del messaggio, prendo il telefono e senza troppe cerimonie leggo cosa c'è scritto. al contrario di tutte le mie aspettative, e' un testo semplice. <<troviamoci al nostro parco, tra un ora. ti aspetto, ciao :)>>. leggo il messaggio una decina di volte, trovando degli indizi che mi possano fare capire qualcosa. c'è una faccina, segno che magari non è cosi' arrabbiato. che poi, perche' dovrebbe esserlo? mi soffermo anche su un'altro particolare. ha scritto 'il nostro parco'. sembrera' stupido, ma a doncaster c'è un unico parco. lo abbiamo soprannominato 'nostro' perche' ci siamo conosciuti li, e perche' e' esattamente alla stessa distanza delle nostre case. mi ha fatto sorridere, se ha scritto 'nostro' magari tiene ancora a me. guardo l'ora. 14:32. mi alzo dal letto, prendo le prime cose dall'armadio e mi vesto, facendo attenzione alle fasciature attorno alle mie braccia. fortunatamente fa ancora fresco, nonostante sia primavera inoltrata, e quindi posso mettere una felpa, che le copre. esco di casa, a piedi, dopo avere salutato quel mostro che sta seduto al tavolo della cucina. si, devo salutarla ancora, se non voglio trovarmi in mezzo alla strada, o sotto i ponti. dopo qualche chilometro a piedi, sono a destinazione. mi siedo sulla panchina, e la mia mente inizia a crearmi alcuni dubbi. e se non venisse? se mi avesse preso in giro? magari viene per sfottermi davanti ai suoi amici. ripensandoci, non puo' essere. louis non e' cosi. o almeno, spero non lo sia diventato. non arriva. quei piccoli dubbi che mi si erano reati prima stanno diventando sempre piu' reali. guardo l'ora, e mi accorgo di essere io in anticipo, di quasi dieci minuti. ridacchio, tra me e me. sono talmente stupida, mi stavo preoccupando per nulla. quei dieci minuti passano lentamente, sembrano ore, e al parco non c'è anima viva. sento che qualcuno si siede sulla panchina, accanto a me. mi scanso leggermente, sono sempre stata timida. <<tranquilla, ci sto, avvicinati pure>> e' lui. e' louis. mi volto, e vedo un ragazzo con un sorriso stampato in volto, un sorriso che farebbe invidia a chiunque. e automaticamente sorrido anche io. ma poi, ripenso a tutto cio' che e' successo. fisso le mie braccia, e il mio sorriso sparisce, come il suo. <
quattro anni dopo; 14 giugno.