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Autore: DreamKun    13/10/2012    2 recensioni
" nella potestà della Chiesa sono distinte due spade, quella spirituale e quella temporale; la prima viene condotta dalla Chiesa, la seconda per la Chiesa, quella per mano del sacerdote, questa per mano del re ma dietro indicazione del sacerdote, la potestà spirituale deve ordinare e giudicare la potestà temporale. Chi si oppone a questa suprema potestà spirituale, esercitata da un uomo, ma derivata da Dio nella promessa di Pietro, si oppone a Dio stesso. E' quindi necessario per ogni uomo che desidera la sua salvezza assoggettarsi al vescovo di Roma " (Bolla Unam Sanctam, Bonifacio VIII)
Genere: Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Medioevo
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Racconto tratto da un Tema presentato in 2° Media da me. _________________________________________________________________________________________




Galdium meum per Fidem
" nella potestà della Chiesa sono distinte due spade, quella spirituale e quella temporale; la prima viene condotta dalla Chiesa, la seconda per la Chiesa, quella per mano del sacerdote, questa per mano del re ma dietro indicazione del sacerdote, la potestà spirituale deve ordinare e giudicare la potestà temporale. Chi si oppone a questa suprema potestà spirituale, esercitata da un uomo, ma derivata da Dio nella promessa di Pietro, si oppone a Dio stesso. E' quindi necessario per ogni uomo che desidera la sua salvezza assoggettarsi al vescovo di Roma " (Bolla Unam Sanctam, Bonifacio VIII)


Le acque del fiume Sacco scorrono pigre, il caldo di pochi mesi fa l’ha asciugato quasi completamente. Sono venuto qui durante l’estate, tanti anni fa, la visione è stata delle più tristi che abbia mai visto: i fili d’erba della steppa non accennavano neppure un movimento, immobili come impauriti dal vento caldo che soffiava ogni tanto lì vicino al fiume. Poi il mio sguardo si è abbassato intimorito, il Sacco era prosciugato dell’acqua, solo pochi, piccoli, rivoli d’acqua attraversavano quell’arido sentiero decorato da sassi di ogni genere e il sole che, prepotente e imponente, continuava a seccare la terra e il fiume. Poi ho fatto qualche passo verso un albero che sembrava promettere ombra. Mi sono guardato attorno e ho notato un fiore, uno solo in quell’inferno. Ho sorriso, come quando un bambino riceve una nuova spada di legno, e ho iniziato a correre in quella direzione. Mi sono accucciato attorno al fiore, l’ho guardato a lungo cercando di capire come facesse a vivere, dove trovasse l’acqua, poi, da bambino che ero, mi sono aggrappato all’unica idea, anche se malsana, che mi era venuta in mente e gli ho urlato, come potesse capirmi.

-Sei stato tu! Tu assieme al sole avete prosciugato il fiume, avete congiurato come fanno i mercenari con i Signori quando vogliono ottenere qualcosa, maledetti!-

E, con le lacrime agli occhi, l’ho pestato correndo via più velocemente che potevo.

Mi ricordo una volta che, con i pantaloni alle ginocchia e l’innocenza dei bambini, mi sono buttato nel fiume ed ho trovato un sasso che brillava come le stelle, l’ho preso in mano e girato mille volte sotto la luce del sole. Ogni volta i riflessi erano diversi, mi divertivo a cercare di indovinare dove, quella volta, sarebbero apparsi quei chiari bagliori che avevo notato nell’acqua limpida del Sacco. Poi ho guardato verso l’alto proprio quando uno stormo di uccelli passava velocemente davanti al sole rendendo il mio sasso come gli altri, l’ho osservato per un po’ fino a quando, passati gli uccelli, lui riprese a brillare.

Mi inginocchio, ricordare quei momenti della mia infanzia mi rende triste e nostalgico come un vecchio quando osserva un bambino giocare felice con i suoi amici. La stoffa dei miei calzoni incontra l’erba verde e morbida producendo un debole fruscio che mi fa sorridere.

“Se l’avessi toccata quell’estate quasi sicuramente si sarebbe spezzata”

Appoggio la testa al palmo della mano ed accarezzo la superficie del fiume con l’altra. Sento la lieve resistenza dell’acqua incontrare la mia pelle mentre si apre in due parti per farmi passare.

“Un po’ come l’ariete con i portoni delle fortezze, soltanto che l’ariete rompe le resistenze, mentre la mia mano accompagna l’acqua a farle spazio.”

C’è un sentiero poco distante dal bosco, qualche metro più avanti dall’altra riva. Arriva dal bosco e continua dentro alla tenuta passando parallelo al fiume fino ad arrivare ad Anagni. E’ un sentiero rozzo, non lastricato, che nelle stagioni di pioggia diventa una specie di sabbie mobili.

Un fruscio sommesso di vesti. Mi alzo lentamente sbattendo le palpebre per cercare di riconoscere la figura che si sta avvicinando col sole alle spalle che la rende solo una sagoma nera ai miei occhi. Avanza lentamente e con calma, dietro riconosco altre due persone, il loro passo è più energetico e pesante.

Afferro la spada che ho lasciato a terra quando sono arrivato per assicurarla al fianco, ma mi blocco con il braccio a mezz’aria.

“Non può essere”

« Quando fo celebrata la 'ncoronazione, / non fo celato al mondo quello che c'escuntròne: / quaranta omen' fòr morti all'oscir de la masone! / Miracol Deo mustròne, quanto li eri 'n placere. » (J. da Todi, O Papa Bonifazio.)

Un punto bianco sull’erba verde seguito da due guardie.

« Così anche voi, custodi del corpo e Guardie di onore del Vicario di Cristo, conserverete, accrescerete sempre in voi quella purità di cuore e quella elevazione di anima, che sono il più bello dei vostri titoli, affine di trasmettere ancor più ricco ai vostri discendenti questo glorioso patrimonio. » (Papa Pio XII[1])

Non posso confondere quella vista, è unica e irripetibile. Mi prostro in ginocchio abbassando la testa. Sento i passi fermarsi, prima uno, poi gli altri due. Alzo appena il viso per poter parlare liberamente.

-Vostra Santità, è un onore per me incontrarvi nella tenuta di Ceccano.-
-Alzati figliolo-


La sua voce è tirata e stanca, mi alzo lentamente osservando la persona che ho davanti. Gli abiti sono completamente bianchi, in testa indossa un cappello dello stesso colore raffigurante una croce d’oro. Il sole illumina i contorni del Pontefice rendendogli quell’alone unico che gli spetta.

Si piega con un immane sforzo e raccoglie l’acqua del fiume con due mani portandosela fino alla bocca per berla. Ogni suo gesto è seguito da una pausa, anche se breve, che sembra sottolineare la sua stanchezza immane.

-Che Dio ti benedica, figliolo.-

Si gira e ricomincia la sua lenta camminata verso le carrozze da cui è arrivato. Io lo osservo, lo seguo con lo sguardo osservando le vesti candide ondeggiare appena ad ogni passo. Faccio il segno della croce ed assicuro la spada al fianco.

Finalmente il sole inizia a calare, diventa ogni minuto più rosso e accecante scendendo verso il limitare del bosco.

[………]

La luce della luna è l’unica spettatrice del trattato che sta venendo deciso nel bosco vicino a Ceccano. sono in due, incappucciati e ammantati da due neri mantelli. Un sacchetto tintinna di denari sonanti, viene ritratto subito.

-Sappiate che se non ci sarai domani, Ceccano sarà preda di sfortunati accadimenti. Il Re non accetta un no da parte Vostra.-

Il Conte Francesco tende timidamente la mano, apre il palmo. Il sacchetto viene poggiato. Le monete tintinnano. La mano viene ritirata velocemente.

Si gira dando la schiena a misterioso uomo che poco fa l’ha minacciato e salta in sella al cavallo. Niente più ripensamenti. E’ fatta, e mentre la luna sembra guardarlo male, si allontana.

[………]

"Porro subisse Romano Pontifici, omn humanae creatura e declaramus, dicimus et definimus, omnino esse de necessitate salutis" "Noi dichiariamo, diciamo, pronunciamo e definiamo che ogni creatura umana è in tutto e per tutto, per necessità di salvezza, sottomessa al Pontefice romano".(Bolla Unam Sanctam, Bonifacio VIII)

La luce tremolante di una candela illumina poche parole vergate con cura su un foglio. Super petri Solio.

La mano del Pontefice regge una penna a mezz’aria. Negli ultimi giorni gli avvenimenti si erano svolti troppo velocemente e troppo concretamente perché Bonifacio ne potesse veramente capire il significato. Sotto le minacce del Re Filippo era stato costretto a scappare ad Anagni, con alcuni dei suoi Cardinali e i membri della sua famiglia che erano ancora li.

Punta lo sguardo sul crocifisso affisso alla parete.

-Aiutami tu in questo momento di instabilità, aiuta la tua Chiesa a superare anche questo momento buio.-

Recita un Pater Nostre fa il segno della croce, si adagia con calma nel letto con un presentimento nel cuore e una morsa allo stomaco. Lo sbaglio era stato alle origini, non avrebbe mai dovuto sfidare il Re di Francia.

[……..]

Un urlo. Mi sveglio di soprassalto buttando da un lato le coperte, pronto ad afferrare la spada.

Silenzio. Ritraggo il braccio testo verso l’impugnatura e rimango immobile in attesa.

Attendo. I secondi passano lenti, pesanti e palpabili come fossero presenti. Tendo una mano pensando di poterli toccare.

Il vuoto. La mia mano fende lentamente l’aria senza incontrare ostacoli.

Un lamento. Mi alzo, afferro la spada e faccio qualche passo avanti. Il legno del pavimento scricchiola lievemente, mi fermo.

Un urlo. Corro, corro giù per la scale di legno senza pensare al rumore, la spada che, pendendo verso terra, produce un fastidioso rumore mentre segna il legno. Mi fermo nella Sala da Pranzo, respiro affannosamente e la mia mano accarezza convulsamente la lama, mi miei occhi che frugano irrequieti nella penombra appena schiarita dalla luce delle candele.

Sento il rumore sordo di un corpo che cade a terra. Ancora lamenti.

La preoccupazione mi fa avvicinare velocemente al punto da dove, presumibilmente, proveniva il rumore. Le mie mani toccano il pavimento fino ad incontrare una mano.

Un rantolio soffocato, poche parole quasi incomprensibili.

-Stefano…tuo padre…..il Re…..le porte della città……..il Papa…..pericolo….-

E’ mia madre, soffre. Un colpo di tosse scuote completamente il suo corpo, poi più niente.

“Il Papa…pericolo……Il Papa è in pericolo! Il Re…le porte della città, dei soldati del Re Filippo alle porte della città? E mio padre dov’è?”

La mano di mia mamma mi stringe appena, la sento fredda. Poi mi lascia, scivola lentamente sul pavimento.

Piango. Mi alzo scosso da fremiti inarrestabili e mi dirigo barcollante alla porta del Castello.

[……..]

La facciata del Palazzo Vescovile, le ombre della notte mi impediscono di vederne i fregi e le decorazioni.

Fermo il cavallo mentre una decina di Cardinali escono correndo dal palazzo.

Scendo dal cavallo mentre le urla che provengono dalla porta della città si avvicinano, ogni secondo guadagnano terreno, metro su metro Anagni viene attraversata da centinaia di soldati portanti le insegne del Re di Francia.

“e una mattina per tempo entrò in Anagna colle insegne e bandiere del re di Francia, gridando: «muoia papa Bonifazio, e viva il re di Francia»” (Villani)

Volgo lo sguardo al portone. Poi, un’ultima volta, osservo la strada che porta le urla dei soldati.

-Gladiummeum per fidem!-

Urlo quella frase, per un attimo le urla si fermano in attesa. Corro verso l’interno del Palazzo, i miei passi rimbombano negli alti corridoi.

[…….]

Bonifacio attende, poco fa l’urlo di un uomo aveva attirato la sua attenzione, si è affacciato alla finestra ed ha sorriso.

“Lo stesso ragazzo che ho incontrato al fiume. Forse abbiamo una speranza.”

-Guardie! Andate al portone del Palazzo e prendete tempo, ma non voglio spargimenti di sangue inutili, se le vostre spade si incontreranno, voi lasciate cadere la vostra e offrite il vostro sangue.

Ricordate: se un nemico vi da uno schiaffo voi offrite l’altra guancia.-


“Ho sbagliato io, non posso sfidare l’evidenza.”

Fa un segno della croce e benedice le Guardie. Poi attende.


Spalanco la porta da cui poco fa ho visto uscire una decina di Guardie. Dentro c’è solo il Pontefice.

Mi sorride. Mi fa gesto di avvicinarmi. Pone la mano sulla mia testa.

-Figliolo, qual è il tuo nome?-

-Stefano de Ceccano, Vostra Santità-


Rispondo titubante.

-Bene, Stefano, in questa notte funesta in cui il Re di Francia ha sfidato la Chiesa, noi tutti siamo chiamati a difendere la Vera Fede, con o senza la spada in mano.-

Annuisco e stringo l’impugnatura della spada.

-No, posa la spada. Oggi tu sarai al mio fianco quando i soldati verranno a prendermi. Non mi ribellerò e tu neppure, resteremo impassibili a subire.

Oggi tu mi affiancherai nell’impresa più importante della mia vita.-


Poso la spada. Mi indica i paramenti sacri ed annuisce.

[……..]

Le urla ora rimbombano nelle sale, io rimango impassibile al fianco della sedia papale. Il Pontefice rimane serio, tirato e preoccupato. Ma i suoi occhi restano fissi sulla porta in attesa.

Dopo interminabili secondi, attimi d’eternità infernale, due spallate sprangano il portone il legno scalfendo a fondo il suo legno.

Il Re di Francia e Sciarra Colonna si avvicinano con grandi falcate sorridendo.

-Ebbene, Bonifacio, siamo alla resa dei conti. Arrenditi e ritira la scomunica, così facendo non sarà sparso altro sangue inutilmente.-

Il Pontefice si alza dalla sedia.
-No. Mi rifiuto di ritirare la scomunica, il tuo affronto nei miei confronti non fa che ribadire la tua inesauribile sfacciatezza e la tua poca fede, non riconoscerò mai l’artefice di un tale scempio, inutile carneficina, come Cristiano.-

Una breve pausa non fa altro che infastidire ulteriormente il Re che stringe la spada riducendo la sua faccia ad una smorfia di disprezzo.

-Mai e poi mai-

Quando la voce del Pontefice si dissolve tra gli affreschi rappresentanti scacchiere e decorazioni floreali, Sciarra Colonna si fa avanti.

I miei occhi si puntarono su di lui.

La sua mano scatta veloce verso il volto del Pontefice.

Uno schiaffo.

Il rumore acuto che produce lo scontro copre il mio grido. Faccio un passo avanti mentre la mano di Sciarra Colonna resta alzata in aria.

-Come avete osato schiaffeggiare il Pontefice? Come avete osato un tale oltraggio verso Dio e il suo rappresentate? Cosa, se non il Maligno, ha guidato la vostra mano in tale azione?-

Il Re ride.

-Fuori dal Palazzo Vescovile, la casa di Dio ha già dovuto ospitare troppi peccatori, Voi siete due di quelli. Non accetterò un rifiuto da parte Vostra.-

La voce del Pontefice risuona limpida nella sala.

-Gladiummeum per fidem!-

Tento un affondo, una disperata vendetta.

Il Re scatta, blocca la mia lama mentre Sciarra mi trafigge con brutalità. Il mio sangue cola lento verso il pavimento.

Le mie labbra pronunciano un ultima volta “Gladiummeum per fidem” poi mi abbandono alla fine.

-Che Dio ti accolga, Stefano, in Paradiso e che il tuo nome possa essere ricordato per le tue gesta e parole alla difesa della Vera Fede. Benedictiotibi-


« Perché men paia il mal futuro e 'l fatto,
veggio in Alagna intrar lo fiordaliso,
e nel vicario suo Cristo esser catto.

Veggiolo un'altra volta esser deriso;
veggio rinovellar l'aceto e 'l fiele,
e tra vivi ladroni esser anciso. »

Divina Commedia, Purgatorio, XX, 85-90.

« Pensavi per augurio / la vita perlongare / anno, dì ne ora / omo non pò sperare / Vedem per lo peccato /
la vita stermanare, / la morte appropinquare / quann'om pensa gaudere »

« [...] "Se' tu già costì ritto, / se' tu già costì ritto, Bonifazio? / Di parecchi anni mi mentì lo scritto./ Se' tu sì tosto di quell'aver sazio / per lo qual non temesti tòrre a 'nganno / la bella donna, e poi di farne strazio?" »

(Dante, Inferno, Canto XIX, 52-57)
  
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