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Autore: Ilcuoredettalamanoscrive    14/10/2012    0 recensioni
Sperai così di soffocare il dolore che mi portavo dentro,ma come i pesci,respirava bene anche sott’acqua.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Otherverse | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Non siate timidi,accetto qualsiasi tipo di recensione,che sia positiva o negativa.Ho deciso di scrivere su questo sito per cercare,appunto,un confronto più o meno diretto con chi legge. Buona lettura :





Lasciai la vasca riempirsi per metà,la schiuma avrebbe riempito la parte restante.Lasciai cadere vestiti ed intimo sul pavimento.Affondai prima un piede,poi l’altro,fra la schiuma che dissolvendosi faceva un lieve scoppiettio. L’acqua era calda,come piaceva a me. Mi abbandonai al suo calore,l’unico che riuscivo ancora a sentire.Riempii d’aria i polmoni e m’immersi.Sperai così di soffocare il dolore che mi portavo dentro,ma come i pesci,respirava bene anche sott’acqua. Rimasi giù più che potevo,con gli occhi sbarrati persi nel bianco del soffitto.Finché non dovetti risalire d’un tratto.Ero pulita.Lo sono stata per due mesi,poi ho mandato tutto a puttane per uno stronzo.La schiuma scomparve e la mia immagine adesso si rifletteva sull’acqua.Sotto il mio corpo,consumato e bianco,da far schifo. Accesi una sigaretta,ne fumai metà e la spensi in acqua.Avevo una dose, e la voglia di abbandonarmi a quella ancora una volta,convincendomi che non era l’ultima.Avevo imparato bene a mentire,anche a me stessa. Ma poteva e lo sapevo. Diventa dolce una bugia,quando la morte non ti spaventa.Mi dicevo che era il destino,che avrebbe fatto il suo corso,che poteva succedere prima,ma che non è successo.Mi sarei messa da parte,come le cose senza importanza,come le cose rotte in attesa di essere riparate.Ero sola e certa che Axel,il mio gatto,non avrebbe sentito la mia mancanza, è secco da far paura poveraccio.Ero come un vaso di porcellana rotto,intero solo perché c’è la colla.Ma le crepe prima o poi tornano in superficie,ed io non volevo aspettare di più.La vita non la scegli quando nasci,devi sceglierla ogni giorno.Io la mia scelta l’avevo fatta. Allungai un braccio,fino a prendere un porta talco. Buttai il coperchio da qualche parte,poi sollevai il doppio fondo.Era lì,dentro una bustina di plastica,in uno strappo di carta.Via anche il contenitore.Presi lo specchio,lo poggiai sul margine della vasca,la tirai fuori e la feci cadere tutta sullo specchio.Strappai la confezione di cartone della saponetta,feci una riga perfetta. La guardavo e fremevo,più la guardavo,più fremevo.Abbassai la testa,con una mano chiusi una narice,con l’altra aspirai.Tutta d’un fiato.La sentivo bruciare,mi toglieva il respiro.La testa iniziava a girare,il controllo pian piano mi sfuggì.Un colpo di tosse,mi sporsi e vomitai.Mi sporcai i capelli ma non m’importava,non m’importava nulla. Il sudore cola sul viso,le palpebre tremano,la forza mi abbandona.Credetti di affogare,mi aggrappai ai margini con le braccia,ero stanca.Il tempo passava e anche lei.Era l’ultima dose,i dolori compariranno da qui a poco,pensai.La nausea si face invadente,fastidiosa. Un altro conato,le fitte allo stomaco. Il respiro che manca.Deposito le armi,mi inginocchio,non se ne va.Resta con me.Vuole vedermi stremata,sono stremata.La supplico di andarsene,di portarmi via.Sono qua,ancora.Il sudore si fa’ freddo,i dolori insistenti,il respiro continua a mancare. Uscii dalla vasca,indossai ancora bagnata,i vestiti lasciati a terra,gli stessi luridi stracci. Cercai le chiavi,le chiavi della macchina.Me ne serve un altro po’,poi basta,giuro.Trovai le chiavi,misi  le scarpe ed uscii. Mi buttai dentro l’ascensore,premetti senza tregua il primo piano e sembrava non arrivare mai. L’ascensore si fece sempre più piccolo,non c’era più aria. Si aprirono le porte,arrancai verso l’auto. Non riuscivo ad infilare le chiavi,persi dieci minuti,poi riuscii. Entrai,c’era puzza o forse ero io. Ennesimo conato,ricoprii il sedile accanto. Misi in moto,ero  in corsa. Posso farcela,vado sempre più veloce.Pregai Dio,ti giuro che se passa questa volta non succederà più.Bugiarda.Pensai.Presi il telefono dal cruscotto,Elia non rispose. Era lui a passarmi la roba. Lo scagliai contro il parabrezza. Tirai qualche vaffanculo. La gamba,non sentivo più la gamba. Iniziai a massacrarla di pugni,niente.Urlai qualche cazzo,ancora pugni,piansi.Non sentivo più le braccia,il respiro divenne debole.Persi il controllo dell’auto e del mio corpo. Sentii un clacson,gli abbaglianti mi accecarono. Un botto sordo,poi più niente. 
 
Mi svegliai in ospedale,dove il bianco è legge : Lenzuola,pareti,porte,sedie.Tutto bianco,senza emozione.Esclusa l’angoscia. Ebbi uno scambio di battute con un’infermiera :
 
«Due giorni di coma,ti è andata bene.» 
 
«Punti di vista.» 
   
 
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