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Autore: Albicocca    14/10/2012    5 recensioni
[One-Shot scritta a quattro mani da Albicocca e Ice Reflections]
Nanobana e Tsurugi sono a Roma in gita scolastica e si sono anche persi. Per uno spiacevole - o piacevole? - incidente incontrano due italiani che, però, si sono persi anche loro.
Cosa succederà? Tante cose.
Genere: Demenziale, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Altri
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Autrici: Albicocca e Ice Reflections (una garanzia no? amateci.)  
Pairings: KyouKina e MarcoGianlu (perché loro meritano più amore.)
Parole: 5.669 (sì, sorprendetevi e inchinatevi perché sì, sono 5.669 parole. Amateci, vi ho detto.)
Note: Un po' uno sclero, un po'............. io la amo. E l'amerete anche voi. Ce. 






Lost in Rome.



Kinako si guardò intorno, continuando a mangiare tranquillamente il suo gelato, mentre il compagno camminava avanti e indietro, urlandole addosso qualcosa che non riusciva a cogliere. O meglio, non voleva cogliere. Era tutta tranquilla, come se non le importasse per niente che il ragazzo di fronte a lei le stesse urlando i peggiori insulti, in giapponese, e che un sacco di gente li stesse guardando, facendo anche delle foto ricordo.
Le venne da ridere immaginando una di quelle signore che faceva vedere una loro foto al suo nipotino, ridacchiando e descrivendo nei minimi dettagli tutta la scena.
Kyousuke, dal canto suo, sembrava parecchio irritato, arrabbiato, nervoso e pronto per uccidere qualcuno. E sapeva anche chi uccidere.
Si chiese per qualche motivo avesse accettato di andare in gita, quell’anno. Cosa gli era passato per la testa? Perché si era fatto convincere da quella minorata mentale che sembrava altamente fregarsene del fatto che si erano persi? Già, completamente persi.
A Roma. In Italia. Tanto lontano da casa. Forse troppo.
Che poi si erano persi per colpa di Kinako e della sua stupida curiosità. E del fatto che voleva un gelato al caramello e nella gelateria vicino al museo, dove avevano lasciato la loro classe e i loro professori, non c’era. E, per Tsurugi, sentire Nanobana che si lamentava ogni secondo, era una tortura.
Quindi era anche colpa di Kyousuke e del fatto che non avesse la pazienza di sopportarsi la compagna, se, in quel momento erano persi per Roma, la capitale italiana. 
Ringhiò qualche altro insulto e poi si sedette di fianco a lei, sulla panchina. Kinako gli sorrise, mentre i vari turisti e cittadini si allontanavano un po’ dispiaciuti per la fine del siparietto, anche se, probabilmente non avevano capito una parola detta dal ragazzo.
Si passò una mano tra i capelli, mentre malediva il giorno in cui aveva conosciuto Kinako. Stupida bicicletta, stupido pallone, stupida ragazzina che anche se si faceva male, sorrideva sempre.
Che poi, si chiese Tsurugi, come riusciva a sorridere costantemente? Non l’aveva mai vista triste da quando l’aveva conosciuta. Mai. E a volte pensava che fosse un’aliena proveniente da un pianeta molto lontano. Magari proveniva dal pianeta della felicità e del sorriso..
Lì, Kyousuke si accorse di essere stato a contatto, per troppo tempo, con Nanobana.
Scosse la testa, cacciando quel pensiero ridicolo. Si voltò a guardare Kinako, che stava finendo di mangiare il suo gelato al caramello. Si domandò se fosse almeno buono, quel maledetto gelato.
La castana si voltò verso di lui, pulendosi con il fazzolettino di carta.
“Nanobana, sei ancora sporca. Possibile che tu non sappia mangiare nemmeno un gelato? Sembri una bambina di sette anni.” disse scocciato, il ragazzo, indicando alla compagna dov’era ancora sporca. Lei rise, pulendosi nel punto indicato.
Poi si alzò dalla panchina e si mise alla ricerca di un cestino, sotto lo sguardo annoiato di Kyousuke.
Sì, Tsurugi aveva proprio ragione, Kinako sembrava una bambina. Una bambina non solo per il comportamento, ma anche per l’aspetto. Sembrava appena uscita dalla scuola, allegra per la fine della giornata scolastica. Se non l’avesse conosciuta, l’avrebbe scambiata, appunto, per una scolaretta delle elementari. 
Non poteva crederci che andasse in terza superiore e che, appunto, avesse sedici anni. Sembrava una cosa impossibile, a guardarla da lontano.
Saltellava tutta contenta alla ricerca di un cestino, i capelli le volteggiavano dietro le spalle e gli occhi brillavano di contentezza. Molto probabilmente non sapeva neanche dove stesse andando e neanche cosa stesse cercando esattamente.
Sbuffò quando la vide andare a sbattere contro un uomo giovane – probabilmente aveva la stessa età dell’allenatore Endou – che sembrava anche parecchio nervoso. Si alzò immediatamente avvicinandosi ai due sentendo Kinako scusarsi.
La ragazza stava parlando con un giovane dagli occhi blu come il cielo e dagli occhi nerissimi e quando lui fu abbastanza vicino da comprendere tutto il discorso scoprì che il tale parlava giapponese.
Per una volta, una sola volta, Tsurugi si ritenne soddisfatto che Kinako avesse travolto uno sconosciuto.
“Mi scusi ancora una volta.” mormorava la ragazza con il capo chino tutta intenta ad osservarsi le scarpe. Il moro per tutta risposta si limitò a sbuffare e mormorò un qualcosa in italiano, poi lanciò un'occhiata perforante alla castana e disse molto lentamente:  “Te l'ho già detto ragazzina, non ci sono problemi.”
“Kinako, tutto bene?”
“Certo Tsurugi, mi stavo scusando con questo signore!”
Quando il ragazzo posò il suo sguardo sul uomo, notò che lo stava osservando e che aveva sul viso un'espressione leggermente divertita, poi lo sconosciuto tornò ad osservare la folla con una smorfia irritata dipinta sul volto.
Prima ancora che Kinako potesse voltarsi verso di lui e chiedergli di andare in giro a cercare la classe; prima ancora che lui potesse prendere per un polso Kinako e andare a cercare la classe, udirono una voce entusiasta urlare e un istante dopo un ragazzo dai capelli di un rosso violetto si fiondò sul moro abbracciandolo.
“Marco!” capirono i due nipponici prima che una lunga lista di parole sconosciute uscisse dalle labbra del uomo 'aggredito' prima da Kinako e poi da il nuovo venuto.
Tsurugi dedusse dalla veemenza con cui le parole uscivano susseguendosi l'un l'altra e dal tono di voce, che quella non era una dichiarazione d'amore, anzi, sembrava più una lunga serie di insulti. La stessa serie di insulti che qualche minuto prima lui stesso aveva rivolto a Kinako e che lei aveva ignorato esattamente come il rosso stava facendo in quel momento.
Nanobana osservò per bene i due per poi voltarsi verso il compagno, che fissava la scena impassibile. Si chiese come facesse ad essere sempre così menefreghista. Insomma, sembrava che non provasse nessun tipo di emozione tranne quando lei ne combinava una delle sue e lui si incazzava parecchio – come prima. La scena davanti ai suoi occhi, in quel momento, le sembrò un dejà vu.
Quando si rivoltò verso i due italiani, il rosso la stava guardando mentre l’altro gli stava ancora urlando addosso un sacco di parole incomprensibili. E quindi, mentre quello che aveva travolto urlava, quello dagli occhi verdi si stava avvicinando a lei.
Subito dopo l’uomo le stava torturando le guance urlando come una ragazza davanti ad un paio di scarpe nuove.
“Marco, dannazione che stai facendo?!” esclamò il moro. Sembrava ancora più nervoso.
“Giaaanlù, non ti sembra tanto tenera questa bambina?” domandò, continuando a torturare le guance della giapponese, che non capiva cosa stesse succedendo.
Kyousuke, dal canto suo, stava pensando al fatto che, in quel momento, poteva trovarsi a casa sua, a guardare uno stupido programma spiaccicato sul divano mentre Yuuichi gli urlava di fare qualcosa per tutta quella immondizia che c’era per casa sua.
“Uhm, Tsurugi..” la ragazza cercò di attirare la sua attenzione.
“Uuuuh, siete giapponesi?” domandò, il ragazzo dai capelli rossi, passandosi una mano tra i capelli, mentre l’altro, “Gianlù”, si portava una mano alla fronte, in un gesto disperato.
“Sì.” rispose Kyousuke, piatto.  “E dovremmo anche andare, arrivederci.” prese per un braccio Kinako e la tirò, allontanandosi da quei due.
Ora, solo una cosa andava contro il piano di Tsurugi: il fatto di non sapere dove andare.
Si bloccò mentre Kinako gli andava a sbattere contro la schiena.
“Tsurugi?”
“Mi ero dimenticato che ci siamo persi. Spero con tutto il cuore che il gelato al caramello ti sia piaciuto.” rispose, freddo.
Nanobana sembrò pensarci su, poi si aprì in un sorriso “Certo che mi è piaciuto!”
Kyousuke si trattenne dall’insultarla pesantemente una seconda volta.
“Gianlù hai sentito? Si sono persi anche loro!” urlò il rosso mentre si apriva in un sorriso a trecentosessantadue denti.
“E ti sembra divertente Marco?”
“Sì! E poi questa bambina è tenerissima!”
E Marco tornò a spupazzare Kinako Nanobana.
“S-signore? Io ho sedici anni a dir la verità.”
“Gianlù ma hai visto che ragazza tenera-tenerissima?” esclamò l'altro continuando a tirare le guance alla povera Nanobana, la quale fissava con aria implorante Tsurugi.
All'ennesimo sguardo da cucciolo abbandonato il ragazzo cedette e fissò con gelida indifferenza il rosso che sotto il peso di quello sguardo lasciò andare la castana e fece qualche passo indietro, aggiungendo un qualcosa tipo: “Tu non sei tenero però.”
Tsurugi stava per mettersi a sbraitare anche contro quello sconosciuto ma il moro salvò il suo amico da morte certa presentandosi come Gianluca Zanardi e aggiungendo che il deficiente al suo fianco era Marco Maseratti.
Immediatamente Kinako fece le dovute presentazioni e lo classificò come un testardo, orgoglioso e menefreghista tenerone, cosa che gli fece venir l'impulso di prenderla e buttarla sotto ad un auto.
Ma Marco sembrava essersi proclamato angelo custode di Kinako e tornò ad assalirla appena prima che Tsurugi muovesse un passo per ucciderla.
Subito iniziò a tempestare la ragazza di domande – anzi quei quesiti erano per entrambi dato che il rosso utilizzava il plurale ma il numero dieci si rifiutò categoricamente di far uscire anche solo una sillaba dalle sue labbra e si sedette sulla panchina che lo aveva ospitato poco prima. Lo stesso fece Gianluca che lo seguì ed accavallo elegantemente le gambe in attesa.
In attesa di qualcosa.
Quel qualcosa che non si fece attendere molto e distrusse tutti i vetri nel raggio di cinque chilometri.
“Giaaanlù! CONOSCONO ENDOU!!!”
Il moro non rispose e allora l'altro liberò dal suo abbraccio soffocante una rintontita Nanobana che barcollo fino a Tsurugi e si lasciò cadere sulle sue gambe.
Subito il blu si irrigidì e sibilò un poco carino: “Che cazzo fai?”
E lei si limitò a mormorare un qualcosa molto simile a: “Non sento niente.” anche se quel mormorio avrebbe potuto benissimo essere interpretato: “Non sei sano di mente.”
Kyousuke sospirò e chiuse gli occhi per recuperare il suo solito distacco, ma non era facile con Kinako seduta sulle proprie gambe, che si stingeva alle sue spalle come se il mondo avesse iniziato a ruotare. E magari era così per una ragazza che aveva perso l'udito temporaneamente.
“Ma che carini... Gianlù li hai visti?” additò il ragazzo dagli occhi verdi.
“Li ho visti deficiente.“
“Adorabili, sai mi ricordano noi due.”
“Imbecille.”
Tsurugi -in razione a quelle parole- tentò di scrollarsi di dosso Nanobana, la quale lo implorò di non muoversi mentre serrava gli occhi.
Alcuni attimi dopo che -sia ad un Marco in preda all'eccitazione per quel giovane amore, sia ad un Tsurugi segretamente a disagio- parvero eterni, Kinako aprì i suoi occhini color nocciola e sorrise con quel sorriso caldo che aveva sempre dipinto sul volto.
E Kyousuke poté finalmente riappropriarsi delle sue gambe.
“Da quanto state insieme?” chiese invadente Marco.
“Noi non stiamo insieme.” rispose duro il blu mentre ammoniva con lo sguardo il ventiquattrenne di tacere.
Un pesante silenzio seguì quelle parole. Kinako non osava proferire parola, lo stesso Marco, Gianluca si stava beando di quell'attimo di -teso- silenzio veramente raro se si era in compagnia del ex difensore dell'Orpheus, mentre Tsurugi cercava di trovare un modo per uscire da quella situazione: dopotutto si erano persi. E i due italiani che erano con loro anche.
Bene.
“Voi siete italiani. Perché vi siete persi?” li accusò un istante dopo non riuscendo a trattenersi.
“Ragazzino io sono un gondoliere veneziano, questo pazzo è napoletano, che pretendi?!”
“Che conosciate la vostra capitale.”
“Perché tu conosci Tokio?” chiese Marco interessato.
“Sì.” concluse secco il minore guardando con superiorità i due adulti.
“Tsurugi perché non andiamo a chiedere indicazioni in quel grande centro commerciale?” chiese Kinako sempre con il sorriso sulle labbra mentre tirava la manica del compagno.
In realtà l'unica cosa che la nipponica voleva evitare era un altro di quei imbarazzanti silenzi e se per evitarlo doveva lasciare gli italiani, beh, avrebbe lasciato lì i due.
“Buona idea.” mormorò il blu mentre si alzava e prendeva per un braccio la ragazza. Fece sì e no due passi e sentì qualcuno passargli un braccio intorno al colo e udì l'irritante voce del rosso chiedergli: “Dove pensi di andare piccolo tsundere? Noi veniamo con voi due, ci siamo persi anche io e Gianlù, l'hai dimenticato?”
Fantastico...


“Perché abbiamo deciso di andare a chiedere informazioni in un centro commerciale?!”
“Perché l'ha proposto Kinako e se voi due non vi foste uniti a noi, io e lei saremmo già dalla nostra classe.”
“Quindi ora è colpa mia e di Marco?”
“Chi ha iniziato ad urlare che uno dei vestiti esposti sarebbe stato benissimo addosso a Nanobana?”
Gianluca non rispose e continuò a guardarsi freneticamente intorno. Tsurugi seguì il suo esempio, ignorando le occhiate delle ragazze che passavano, continuando a cercare quell'impiastro in versione tascabile.
Come aveva fatto a perdere Kinako? Semplice, con lei c'era il Maseratti che l'aveva trascinata aventi e indietro per quel negozio d'abbigliamento sotto i rimproveri del Zanardi e poi era stata Kinako e trascinare per il centro commerciale Marco.
E lì era iniziata l'apocalisse.
Un'ora, venti minuti e ventisei -ventisette, ventotto, ventinove...- secondi passati a cercarli e di quei due non c'era traccia. Molto probabilmente si erano anche dimenticati di essersi persi in una città straniera.
Proprio quando stava per perdere le speranze -e la pazienza- la vide, bellissima e luminosa come sempre, che sorrideva trascinandosi dietro delle buste più grandi di lei e teneva per mano Marco.
I suoi piedi si mossero da soli e un secondo dopo si ritrovo al fianco di Nanobana. Quando la ragazza si accorse della sua presenza si voltò di scatto e sorrise per poi trascinandoselo dietro. Sicuramente Gianluca stava sbraitando come un ossesso nella loro direzioni, sicuramente Marco stava ridendo, ma a Kyousuke importò solo di quel sorriso.
“Siete vivi.” pronunciò Gianluca guardando male il fidanzato e la ragazzina, che se la ridevano.
“Eri preoccupato per noi, Giangi?” sussurrò il ragazzo dai capelli rossi, guardandolo in modo un po’ provocante, facendolo arrossire lievente. Poi il moro scosse la testa e lo guardò male.
“Cosa facciamo ora?” domandò innocentemente Nanobana, appoggiando le buste sul pavimento.
Kyousuke ne prese una.
“Usciamo da qui che avrai speso un patrimonio.” disse girandosi e avviandosi verso l’uscita, seguito dagli altri tre.
In poco tempo si ritrovarono a camminare per i vari vicoletti della capitale italiana fino ad arrivare ad una piazza piena zeppa di turisti provenienti da tutte le nazioni del modno. C’erano bambini che giocavano,  donne che buttavano una monetina della famosa fontana di Trevi e uomini – più cinesi e giapponesi – che facevano foto a tutto quello che avevano intorno.
Tsurugi desiderò scomparire dalla faccia della terra.
Arrancò tra la gente fino ad arrivare ad un altro vicoletto che sperava, conducesse fuori dal centro.
Si accorso dopo poco che Nanobana non c’era. Infatti dietro di lui c’erano solo i due italiani e della ragazza non c’erano tracce.
L’avrebbe uccisa però non prima di averla ritrovata sana e salva.
“Kinako... Dov'è?”
“Non è tenero Gianlù? Si preoccupa per la piccola Kinako!”
Un lieve rossore imporporò le guance di Tsurugi, mentre ringhiava al rosso di starsene zitto e tornava indietro a cercarla. Spintonò malamente tutti coloro che si mettevano in mezzo alla strada continuando a chiamarla, ma nessuno rispondeva al suo appello.
“Ehi!” si lamentò una ragazza dai lunghi capelli biondi e dagli occhi cerulei quando venne il suo turno di essere scostata poco gentilmente, poi la bionda mise a fuoco uno Tsurugi che la fissava in cagnesco e disse con un tono decisamente più sensuale: “Hello.”
A quel punto Kyousuke si trattenne dall'imprecare, poi valutò che la sconosciuta poteva essergli d'aiuto e perciò chiese se avesse visto una ragazzina dai lunghi capelli castani con un cerchietto arancione.
She's your sister?” chiese quella maliziosa.
No, she is my friend.”
Oh... No, i don't see your friend.”
E appena la sconosciuta finì di parlare si udì un urlo di sorpresa e poi vi fu solo il rumore dell'acqua.
“Kinako!” esclamò subito Kyousuke che si fiondò ai bordi della fontana e lì bagnata come un pulcino si trovava Kinako Nanobana, che stava sorridendo.
Come poteva sorridere anche in quel momento?
“Tsurugi mi sono bagnata.” constatò lei osservandolo dal basso verso l'alto. Lui per tutta risposta le tese una mano e la fece alzare, poi la portò lontana dalla folla di curiosi che sia era ammassata intorno alla fontana -e Kinako poté giurare di aver visto la stessa nonnina che qualche ora prima aveva scattato loro una decina di foto mentre Tsurugi le urlava contro- fino ad arrivare dai due italiani.
“Perché è bagnata?” chiese Gianluca osservando come Kyousuke trascinava Kinako, stupendosi di quanto fosse accondiscendente la ragazza.
“Perché questa qui è caduta nella fontana.“ ringhiò e senza delicatezza alcuna le mise addosso la sua giacca, mormorando un qualcosa molto simile a: “Così non mi danno la colpa se ti ammali.”
Kinako non udì quelle parole, o magari fece finta di non sentire, e si appropriò del braccio di Kyousuke.
“Staccati.” giunse perentorio l'ordine.
“No, ho freddo. E tu sei caldo” sussurrò Nanobana, stringendosi di più al ragazzo.
Marco esclamò qualcosa che Kyousuke non capì, ma, dall’espressione di Gianluca doveva essere una delle sue cretinate. Infatti subito dopo arrivò uno schiaffo dietro alla nuca del povero italiano dai capelli rossi, che borbottò qualche parola di disappunto.
“Uhm, Tsurugi~” chiamò dolcemente la castana, mentre il nipponico riprendeva le buste dell’amica e si incamminava – sempre con Kinako arpionata al suo braccio a mo di scimmietta – diretto chissà dove, ma sicuramente fuori dal quel caos.
“Dimmi Nanobana” sbuffò scocciato, mentre la ragazza si mordicchiava il labbro inferiore.
“Mi sono ricordata di una cosa..”
“Cosa?”
“Noi oggi non avevamo l’aereo di ritorno per il Giappone?” chiese, sistemandosi il fermaglio arancione, tra i capelli bagnati.
Kyousuke si bloccò. Mormorò un “Merda” e si voltò verso i due adulti che stavano bellamente amoreggiando dietro di loro. Kinako sorrise alla scena mentre Tsurugi si avvicinava a loro con uno sguardo strano.
 “Dov’è l’aeroporto?”
“Uhm?”
“Dov’è?!” Tsurugi li fulminò con lo sguardo.
Marco sospirò, appoggiando una mano sulla spalla del ragazzo. “Dall’altra parte della città, mi pare.”
Il giapponese annuì mentre  Nanobana si staccava dal suo braccio, correndo a nascondersi dietro ai due italiani. Sapeva che quando il suo Tsurugi aveva quello sguardo, sarebbe successo di tutto. Era o non era lei, che lo conosceva da ormai tre anni? Sì, era lei. E aveva imparato a capire Kyousuke meglio di chiunque altro. Certo, non meglio di Yuuichi, però lo conosceva bene.
Sapeva come convincerlo e alcune volte sapeva farlo sorridere. Ma quando si arrabbiava erano guai. Kyousuke arrabbiato faceva paura, molta paura.
Avrebbe potuto fare,  a detta di Tenma, l’antagonista maschile in un film dell’orrore.
E se era arrabbiato era anche colpa sua. E della sua voglia di gelato al caramello. Ma infondo, grazie a quel gelato avevano incontrato Marco e Gianluca, quindi Tsurugi non avrebbe dovuto arrabbiarsi più di tanto. O no?
No, Tsurugi era incazzato. Pure tanto.
E sicuramente non le avrebbe rivolto una parola fino a quando non sarebbero ritornati in Giappone. Se ci sarebbero ritornati.
La cosa la rendeva triste.
Abbassò lo sguardo quando lo vide riprendere le borse e incominciare a camminare lasciando loro lì.
“E’ colpa mia..”
“No. E’ solo che Kyo-chan è un po’ nervoso. Tu dovresti saperlo, no?” Marco si abbassò fino a guardarla negli occhi, sorridendole tranquillo, mentre Gianluca scuoteva la testa, sorridendo. O meglio, accennando un sorriso.
“Su,” incominciò il moro “raggiungi Kyousuke e digli che vi accompagniamo noi all’aeroporto.”
Detto fatto, Kinako sorrise e corse verso Tsurugi.
“Ti sei sciolto..” sussurrò il rosso, guardandolo.
“No.”
“Sì.” disse il fidanzato, per poi sorridergli “Sono davvero carini, non trovi?” continuò, prendendolo per mano, stringendola e allargando il sorriso,  guardando i due giapponesi che da lontano sembrava stessero parlando.
“Saranno carini..”
“Ma mai quanto noi, eh?” ridacchiò Marco.
Poi lo tirò a forza verso i due ragazzi e chiamarono  un taxi.
Destinazione aeroporto

L'aeroporto di Roma era grande, molto grande, troppo grande per chi -come Kinako e Kyousuke- doveva assolutamente arrivare in tempo per tornarsene a casa. In Giappone. Dall'altra parte del mondo.
Troppo grande per chi correva come un disperato -Tsurugi- portandosi dietro delle buste e trascinando anche una ragazzina alta poco più di un metro, troppo grande per chi veniva trascinata malamente -Kinako- da cinque minuti buoni con sensi di colpa che si facevano ad ogni passo più grandi, troppo grande per chi inseguiva i due -Marco e Gianluca- seriamente preoccupati per lo stato psicologico del ragazzo.
Perché Kyousuke era irritato, arrabbiato, incazzato e nessuno dei due adulti -Gianluca non l'avrebbe mai ammesso- aveva l'intenzione di lasciare sola Kinako con lui. Avevano il timore che avesse potuto sbranare la ragazza.
“Tsurugi o ti calmi o giuro che ti prendo a calci nel culo.” esclamò esasperato il rosso.
A quelle parole il blu arrestò la sua corsa -con la conseguenza che Kinako si scontrò con la sua schiena per la seconda volta quel giorno- e si voltò con estrema lentezza verso gli italiani.
Non parò, semplicemente fissò i due con uno sguardo talmente agghiacciante da poter mettere in soggezione e far tacere chiunque. Chiunque tranne Marco Maseratti e Gianluca Zanardi, ovviamente.
“Correre da una parte all'altra non ti servirà a niente, quindi calmati per due secondi e molla il polso di Kinako, le stai arrestando la circolazione.”
Ancora Tsurugi si rifiutò di parlare, in compenso mollò la presa sulla compagna, la quale non poté trattenere un gemito di dolore. Si portò il polso al petto e chiuse gli occhi, serrando le labbra per non far uscire altro. Non voleva mostrare quanto le facesse male, non voleva mostrare quanto fosse rosso il punto in cui le dita di Kyousuke l'avevano stretta con prepotenza. Non voleva.
“Su andiamo a cercare qualcosa di freddo per quel livido.” E Marco Maseratti la trascinò delicatamente con sé.
Eppure c'era qualcosa di sbagliato, qualcosa non andava. Forse era quella mano gentile che la scortava, ma era come se Kinako sentisse la mancanza di dita irruenti e poco delicate sulla sua pelle.
“Di un po', quando ti deciderai a parlare moccioso?”
Sguardo omicida.
“È inutile che ci provi marmocchio, non mi intimoriscono le tue occhiate.”
Altra occhiataccia.
“Sentimi bene, sai meglio di me com'è fatta Kina-”
Uno sbuffo infastidito interruppe il moro che sorrise bieco. “Ti infastidisce io la chiami Kinako, vero?”
“No.”
“Comunque sia Kinako è quello che è, lei almeno si è ricordata che era oggi il giorno della vostra partenza. Tu a che pensavi Tsurugi?”
Oh...
“Non sono affari tuoi.”
“Almeno non hai parlato a monosillabi. Trovo che sia un attimo traguardo.”
“Gianluca, vaffanculo.” fu la risposta del sedicenne che fece sorridere l’italiano.
“Voglio solo dire che continuando così, la farai stare male. E starai male anche tu.” Zanardi si avvicinò al ragazzo, che si era girato di spalle, intenzionato a proseguire la sua ricerca.
Kyousuke sgranò leggermente gli occhi.
Come poteva, uno sconosciuto, capire quello che provava? Come? Non lo avevano capito nemmeno i suoi migliori amici – compreso suo fratello- e poi spuntava un italiano menefreghista che sapeva leggergli dentro in modo così semplice.
Troppo semplice.
Si sentiva  nudo sotto gli occhi di ghiaccio di Gianluca, in un certo senso. Non si era sentito così nemmeno quando aveva incontrato per la prima volta lo sguardo di Gouenji Shuuya.
“Ti chiedi come io l’ho capito?”
Non rispose. Sarebbe stato inutile.
“Tu non fai altro che proteggerla e preoccuparti per lei. Ma la prima cosa che fai è proteggerla da te stesso.” incominciò, mettendogli una mano sulla spalla.
Kyousuke non si scansò.
“Hai paura di ferirla. Hai paura di perderla e soprattutto hai paura che lei ti lasci. Tutte le persone a cui volevi bene, lo hanno fatto, no?” chiese, poi sospirò “Kyousuke non devi avere paura. Se avrai paura la perderai davvero. E tu non vuoi che lei se ne vada, giusto? Anche se penso, visto com’è fatta, non sarà facile sbarazzarsi di lei.”
“Smettila.”
“Uh?” l’italiano inarcò il sopracciglio destro.
“Smettila. Non voglio sentire.”
“Ragazzino testardo” sussurrò Gianluca guardandolo storto “Non vuoi sentire la verità?”
“Questa non è la verità.” bisbigliò Tsurugi “Tu non sai niente né di me, né di Kin--Nanobana.”
Lì Zanardi sorrise, mentre il ragazzo più giovane, con lo sguardo basso e pugni chiusi si allontanava.
Aveva colto nel segno. Era lui o no, il maestro di vita, in quelle situazioni? E poi si rivedeva in Kyousuke, in un certo senso. Neanche lui, all’inizio, aveva accettato che gli piacesse Marco, ma alla fine si erano fidanzati e  si amavano, anche se a volte, il moro, avrebbe volentieri ucciso il compagno in modo molto doloroso.
“Tsurugi?” la  voce di Kinako riscosse Gianluca dai suoi pensieri.
L’italiano si guardò intorno e alzò le spalle “E’ andato.”
Marco lo guardò “Cosa gli hai detto?”
“Niente, ho solo chiarito una cosa. Lui se l’è presa ed è sparito.” poi guardò Nanobana “Il polso?”  domandò notando il ghiaccio.
Ma la ragazza sembrava tutt’altro che preoccupata per il suo polso.
“Bene.. Sto bene.” sussurrò.
Ma stava veramente bene?
Era sincera? Mentiva? E se mentiva perché lo faceva? Perché non era sincera con loro? Non di fidava forse?
Gianluca poté leggere tutti quei quesiti negli occhi del suo compagno e ammise che erano anche le domande che lui stesso si poneva.
E non riusciva a trovare una risposta.
“Andiamo.” disse dopo qualche secondo prendendo le buste che Tsurugi aveva lasciato a terra ed facendo qualche passo. Non aveva calcolato la reazione di Kinako, la ragazza infatti mollò a terra il ghiaccio e si diresse rapidamente verso di lui sfilandogli le buste dalle mani, poi sorrise -provò a sorridere a dire il vero- e disse: “Grazie per tutto quello che avete fatto, io e Tsurugi vi saremo sempre debitori, ma ora devo proprio raggiungerlo, grazie ancora!” e iniziò a correre nella stessa direzione che aveva preso il ragazzo.
“Marco...”
“Seguiamola Gianlù, seguiamola, con Tsurugi in quello stato non mi stupirei se la aggredisse e poi se perdono l'aereo potrebbero sempre vivere da noi!”
E il rosso si trascinò dietro il fidanzato prima che quest'ultimo iniziasse a dire che non voleva due sedicenni in piena tempesta ormonale in casa sua.
Kinako correva.
Il polso le faceva male e correva, le buste erano troppo pesanti e correva, la testa sembrava volerle scoppiare e correva, le gambe minacciavano di cederle e correva.
Lo stava cercando disperatamente, si guardava intorno febbrilmente nel tentativo di scorgere una capigliatura blu, correva velocemente andando a sbattere contro degli sconosciuti e non si scusava. Non le importava di nulla, sentiva solo quel vuoto al petto che sembrava frantumarle il cuore.
Non era triste, eppure i suoi occhi si riempirono di calde lacrime.
Le sembrava di soffocare mentre quell'organo vitale batteva con insistenza contro la cassa toracica per incitarla ad andare avanti, per ricordarle che ci era già passata.
Rifiuto.
Si era sentita rifiutata tanto tempo prima; quando si era accorta di provare qualcosa per lui e si era resa conto di essere solamente un'amica, si era sentita rifiutata. Come persona sembrava bene accetta visto che alla domenica faceva colazione con Yuuichi e Kyousuke, ma come ragazza si era sentita respinta.
E quel dolore era rimasto nel suo petto aspettando il momento proficuo per tornare a pungerle gli occhi.
Era pesante e ingombrante, non era un male a cui era abituata, non era una male a cui ci si poteva abituare.
Si guardò intorno un'altra volta. Giovani ragazze ed i loro colori sgargianti, uomini d'affari e i loro completi eleganti, madri e le loro enormi borse che contenevano di tutto e di più, padri e i loro sorrisi rassicuranti. Giallo, rosa, verde, nero, bianco, arancione, viola...
Dov'era il blu dei suoi capelli? Dov'era il rosso della sua maglietta?
Non c'era.
Quella consapevolezza non fece altro che far fermare Kinako. E mentre le lacrime scendevano corpose dal sul viso quel dolore al petto la invase e fu come se l'unica stella che possedeva si fosse spenta.
Lui non c'era.
Tsurugi che non sorrideva mai, che parlava poco, che se si arrabbiava era il finimondo, che appariva sempre e solo come un duro senza cuore.
Lui...
Il suo Kyousuke, la persona che non aveva il diritto di considerare una sua proprietà, era da egoisti farlo, ma Nanobana era umana ed è nell'indole umana essere egoisti.
Non...
Si prendeva cura di lei di tanto in tanto: quando non poteva farcela da sola, quando cadeva in una fontana per esempio, lui le dava la sua giacca e la trascinava via dall'attenzione di tutti. Come era accaduto poche ore fa.
C'era...
E si lasciò cadere a terra mentre le buste venivano lasciate cadere dalle sue mani e si portava queste ultime al cuore nel tentativo di calmarsi.
Non voleva piangere, non era bello veder qualcuno piangere, era più bello sorridere e vedere un sorriso. Sorrideva sempre lei, non poteva piangere proprio in quel momento.
“Kinako?”
E quella sua voce che proveniva dietro di lei, le diede improvvisa forza.
Non poteva piangere, non se lui sapeva sempre dove trovarla.
Un secondo dopo gli era volata tra le braccia.
“Kinako... tu piangi?” chiese lui lasciando le braccia lungo il corpo senza accennare a volerla stringere.
La ragazza per tutta risposta si aggrappò ancor più forte alla sua maglietta rossa e affondò il capo nel suo petto per evitare di essere vista.
Tsurugi era confuso.
“Nanobana, tutto bene?” domandò, dopo vari minuti di silenzio in cui si erano sentiti solo i singhiozzi della ragazza.
La sentì tirare sul col naso.
“Non lasciarmi mai più” sussurrò contro il petto di lui “mai più.”
Kyousuke sgranò gli occhi, poi li chiuse mentre le sue labbra sembravano curvarsi per fare un piccolo sorriso.
Te lo prometto.”
Poi nell'esatto istante in cui Kinako iniziava a scostarsi per poterlo guardare in viso, lui passo un braccio intorno alla vita della ragazza e se la stinse contro il petto fino a farle mancare il respiro. Kinako non fece in tempo a realizzare la cosa che Kyousuke la lasciò andare e le prese le buste dalle mani, poi le afferrò il polso e si incamminò trascinandosela dietro.
Quella volta la sua stretta non era dolorosa, anzi pareva quasi delicata.
E Kinako sorrise.
Molto probabilmente avrebbe voluto rimanere in quella posizione per sempre perché sentire Tsurugi che la stringeva a sé, per Nanobana, fu una cosa meravigliosa. Aveva sentito tante di quelle emozioni in un solo attimo.
Si accorse di avere le guance in fiamme.
Guardò Kyousuke e arrossì ancora di più, sentendosi imbarazzata. Non capiva cosa stava succedendo con lui, perché Tsurugi non si era mai comportato così nei suoi confronti. Cos’era quell’affetto che aveva sentito nel suo abbraccio, pochi attimi fa?
Lei lo aveva abbracciato altre volte, ma mai, aveva sentito quelle emozioni.
Cos’erano?
Nel frattempo Marco e Gianluca cercavano i due giapponesi, dopo averli persi di vista. Un  momento prima si stavano abbracciando (e Marco aveva detto qualcosa tipo “Quanto sono belli” e cose del genere, ovviamente, fangirlando come una ragazza davanti ad una nuova canzone del proprio cantante preferito) e l’altro erano spariti tra la folla e Gianluca avrebbe volentieri fatto dietro front per ritornare nel loro albergo, a Roma. Sempre se lo avessero trovato.
Ma con lui c’era Marco Maserati. E di certo il ragazzo non avrebbe fatto andare via i due non prima di averli abbracciati per bene e avergli fatto giurare che sarebbero ritornati. Si sorprese di come il suo ragazzo si fosse affezionato così tanto a due ragazzi che aveva conosciuto lo stesso pomeriggio.
Per Marco quei due erano diventati tanto importanti che farfugliava che voleva che non se ne andassero, che restassero con loro per sempre. Per carità, tutto quello che voleva, ma Kyousuke e Kinako non potevano rimanere con loro.
Probabilmente avevano una famiglia che li stava aspettando, amici e chissà cos’altro.
Però, Gianluca pensò, salutarli era d’obbligo. Lui non li avrebbe abbracciati come il rosso, ma anche lui si era un po’ affezionato ai due. Soprattutto a Kyousuke, in un certo senso. In lui si ci rivedeva tanto.
E così, perso nei suoi pensieri, Zanardi andò a sbattere contro qualcuno. E non uno sconosciuto.
Nanobana si massaggiò il fondoschiena mentre Gianluca si chinava su di lei, porgendole la mano. Lei sorrise.
“Dovremmo smetterla di incontrarci così, io e te.”
“Kinako-chaaaan~” Marco si buttò letteralmente sulla povera ragazza, che rise, stringendo il ventiquattrenne. Solo allora si accorse che forse, non lo avrebbe abbracciato più.
Abbassò lo sguardo mentre Kyousuke la raggiungeva urlandole di muoversi oppure avrebbero perso il  volo e che, i loro compagni, erano giù su. Si fermò solo alla vista dei due italiani.
Borbottò e si avvicinò.
Maseratti li guardò, mentre si allontanava dalla castana che accettava la mano di Gianluca, e si alzava in piedi.
“Mi mancherete tanto.” sussurrò.
Kyousuke rimase interdetto: “Ma se ci conosci solo da oggi pomeriggio.”
“Non importa, mi mancherete e basta. Quando conosci persone speciali, ti sembra di conoscerle da sempre. Da tutta una vita. A me sembra così, e ora, non voglio che andiate via.” rispose l’italiano, sorridendo malinconico.
Gianluca gli poggiò una mano sulla spalla.
“Fatevi sentire.”
“Anche voi!” esclamò Kinako, abbracciando Gianluca.
Lui sorrise e annuì.
“E informateci se vi mettete insieme” si insinuò malizioso il rosso, facendo arrossire tutti e due, i giapponesi.
“Italiani ficcanaso” fu la risposta di Kyousuke.
Kinako per tutta risposta si strinse ancor di più a Gianluca nel tentativo di nascondere l'imbarazzo e il Zanardi sorrise constatando quanto quella scimmietta fosse dolce e piccola.
Capiva perché Kyousuke tenesse così tanto a lei, poteva sembrare stupida, ingenua, immatura, infantile e ottusa ma in realtà era solo innocente e dolcissima.
Anteponeva gli altri a sé stessa -anteponeva Kyousuke a sé stessa- e sorrideva per portare un raggio di luce nella vita di chi le era attorno.
Era Kinako e basta.
Qualche secondo più tardi si stacco da lui e sorrise radiosa, poi afferrò Tsurugi e se ne andò ridendo e urlando che dovevano muoversi.
Marco si perse a guardare il punto in cui i due erano spariti per molto, molto tempo, quasi potesse vederli tornare indietro per perdersi insieme a loro in quella città tanto antica quanto moderna.
Sorrise mentre Gianluca si voltava e lo abbracciava.
Gli stampò un bacio sulle labbra poi lo prese per mano e si avviarono insieme verso l’uscita.
Se si sarebbero persi o no era irrilevante.





N/A -ma che fantasia, Miam- 
Heeeello. (?) 
Sono e siamo ritornate con una one-shot parecchio lunga... e bella. Sì, perché è bella. Vi sfido proprio a dire il contrario perché io che l'ho scritta - e anche Niki - l'amiamo. 
Ce, e non perché ci sono le nostre coppie preferite -sì, forse anche per quello- ma perché è bella. 
Mi piace tanto com'è impostata. Ecco. (?)
Ma non voglio farmi i compliementi da sola. AHAHAHAH. 
E' nata da un'idea così. Perché io volevo KyouKina e lei voleva MarcoGianluca e allora? Uniamole ed esce un poema degno di Manzoni. (?)
Abbiamo anche in mente una long... su tutti e quattro.. perché... SI AMANO. 
Fu. <3
Ok, non so più che dire dopo 5.669 parole, davvero. lol 
Ci abbiamo messo tanto a scriverla :''
Speriamo vi piaccia, in caso contrario, piace a noi <3<3<3
Perché ho l'autostima alle stelle? Ma quando? Voglio Fra----mi piace un ragazzo. HELP. ME. <3<3
Ok, vado sul serio. 
Un bacio, 
Miam and Niki -cheperònonhascrittol'angolomaok- <3<3
   
 
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