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Autore: Something Rotten    14/10/2012    3 recensioni
“ L'Inverno era solo una lieve letargia all'inizio, ” cominciò, cercando di dissociarsi dal ricordo; era una tecnica che aveva imparato da sua zia, forse l'unica tecnica che funzionava realmente; pensava al ricordo, le cui immagini si stagliavano nella sua mente come se fossero parte di un film proiettato direttamente tra le sue sinapsi. Tutto quello che doveva fare era comportarsi come un telespettatore, osservare quelle immagini come se fossero appartenute o successe ad un altro; lui non ne era il protagonista o una comparsa, poteva provare pena, tristezza o gioia per quei personaggi, ma non doveva in alcun modo agire quei sentimenti su di sé.
{Ha partecipato contest di ChibyLilla, ''Anatomy", classificandosi prima.}
* Tematiche delicate: presenza di malattia mentale (bipolare) e Morte di un personaggio principale solo accennata, non descritta nei minimi dettagli.
Genere: Angst, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Potter, Teddy Lupin
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Da Epilogo alternativo
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I break the back of love for you.

{ It's in the pills that pick him up,

It's in the pills that bring him down}

“ Cosa ricorda di quel giorno? ” chiese l'uomo, agitando un bastoncino in senso orario; la piuma bianca, fino ad allora inanimata, si mise a scorrere sul foglio, fermandosi alla metà esatta della prima riga.

“ Come riesce a muoverla? ” domandò, eludendo sapientemente la domanda, che gli era stata posta; se vuoi evitare di soffrire, evita di ricordare, gli diceva sempre la nonna, soprattutto quando la trovava a piangere sul letto della figlia, abbracciata ad un vecchio e consunto peluche, che ritraeva le fattezze di un maialino rosa.

“ Magia, ” gli rispose l'uomo. “ Tu la conosci, vero? ”

Scosse il capo, continuando ad osservare meravigliato la piuma che danzava lentamente sul foglio di carta, sospinta da una mano invisibile; che stesse sognando nuovamente? Gli sarebbe bastato aprire gli occhi realmente per ritrovarsi tra le braccia calde ed accoglienti del suo padrino?

“ Non conosci la magia, o non vuoi ricordarla? ” rimarcò l'uomo, fermando la piuma con un nuovo movimento del bastoncino.

“ Non la fermi, ” pigolò. “ Mi piaceva quel movimento! ”

“ Perché le piaceva? ”

“ Perché era lineare, prevedibile; avrebbe percorso tutta la riga orizzontale prima di scendere e riempire la riga sottostante, per poi scendere nuovamente... riempire, scendere, riempire, scendere... ”

“ Qual è l'ultima cosa lineare che le è successa? ”

Si portò le ginocchia al petto, rannicchiandosi sulla poltrona.

“ Lineare? ” chiese più a sé stesso che all'altro. “ Le pillole erano lineari. ” sentenziò, catturando una lacrima dai suoi occhi e lasciandola all'interno del pensatoio dell'uomo; chiuse gli occhi, voltandosi dalla parte opposta; se vuoi evitare di soffrire, evita di ricordare, ripeté nella sua mente fino a quando il cuore non smise di tamburellare contro la sua gabbia toracica.





C'erano due scrigni sul comò adiacente al letto matrimoniale di Harry, gli era proibito avvicinarsi troppo e - per un motivo a lui sconosciuto- gli era vietato anche di guardarli più del dovuto; doveva comportarsi come se quei due scrigni non esistessero, come se fossero solo il frutto della sua mente immersa nella fantasia consona ad un bambino di cinque anni. Quegli scrigni non esistevano, come non erano esistiti i suoi genitori, il padrino di Harry, il fratello maggiore di Ron, il nonno materno, Silente e chissà chi altro; era tutto frutto della sua mente. Come del resto i continui malori di Harry, ed i litigi furiosi tra il padrino e la sua migliore amica. “ Hai fin troppa fantasia, ” lo scherniva zio Arthur le poche volte che gli era concesso stare con i grandi, come se ci fosse altro in quella casa; solo grandi e fantasmi. “ Posso svelarti un segreto? ” Lui aveva annuito vigorosamente. “ Un bambino come te ha bisogno della fantasia e della magia, l'importante è che non dimentichi quale sia la realtà. ”

Avrebbe voluto chiedergli quale fosse la realtà, se i suoi genitori fossero parte integrante di quella realtà della quale i grandi andavano tanto cianciando, ma non lo fece; sapeva quando poteva parlare senza essere ascoltato da altri, e quando era meglio tenersi certe cose per sé.

“ Erano reali, ” aveva risposto Hermione alla sua domanda taciuta. “ Erano tutti reali, Teddy, tutti. ”

Avrebbe voluto chiederle il colore dei loro occhi e dei loro capelli; avrebbe voluto chiederle la forma dei loro lineamenti; avrebbe voluto... ma non lo fece. Si preoccupò di chiedere cosa fossero quei due scrigni, invece.

“ Quei due scrigni sottolineano la linearità degli eventi, Teddy, ” gli rispose Hermione, prendendolo tra le braccia. “ Dopo ogni Inverno,” cominciò, indicando lo scrigno di destra, quello dai colori opachi e lugubri consoni a quella stagione. “ Viene l'Estate. ” Indicò l'altro scrigno, quello dai colori accesi e vivaci, che simboleggiava la rinascita.





“ Crede che le stagioni siano lineari? ” chiese l'altro, riemergendo dal ricordo. “ Crede che quella sia l'unica cosa prevedibile della sua vita? ”

Scosse la testa con veemenza. “ No, neanche loro lo sono. ”

“ Perché? ”

“ Si sono susseguite per un breve periodo di tempo, qualche anno al massimo, ” asserì, tenendo gli occhi ben saldi al pavimento. “ Ma poi l'una ha prevalso sull'altra. ”

“ Mi piacerebbe se mi fornisse qualche esempio. ” disse, bloccandogli la mano ancor prima che potesse pensare di raccogliere una nuova lacrima. “ A parole, intendo... ”

Sbuffò sonoramente. “ L'Inverno era solo una lieve letargia all'inizio, ” cominciò, cercando di dissociarsi dal ricordo; era una tecnica che aveva imparato da sua zia, forse l'unica tecnica che funzionava realmente; pensava al ricordo, le cui immagini si stagliavano nella sua mente come se fossero parte di un film proiettato direttamente tra le sue sinapsi. Tutto quello che doveva fare era comportarsi come un telespettatore, osservare quelle immagini come se fossero appartenute o successe ad un altro; lui non ne era il protagonista o una comparsa, poteva provare pena, tristezza o gioia per quei personaggi, ma non doveva in alcun modo agire quei sentimenti su di sé.

“ Passava la gran parte del tempo rinchiuso nella sua stanza, attorcigliato tra coltri e coltri di coperte, anche in piena estate. Usciva dalla sua camera raramente, e quando lo faceva era soltanto per vagare senza meta fra i corridoi del numero 12 di Grimmauld Place. Spesso si rintanava nella camera da letto del padrino, ma erano visite sporadiche e quasi sempre si concludevano con un oggetto scaraventato al suolo o un forte rumore di singhiozzi. ”

“ Quando era nella sua camera, dormiva? ”

“ Quasi mai in realtà. ” rispose dopo un po'; qualche volta le immagini del film si inceppavano, come quelle vecchie pellicole consunte dal troppo uso. “ Ricordo che spesso veniva a svegliarmi e passavamo la notte sul suo letto, a guardare il soffitto... ”

“ Diceva qualcosa? ”

“ Non ricordo le parole esatte, ma diceva spesso che era tutta colpa sua, di aver spinto qualcuno attraverso di un velo e di averlo ucciso e di aver lasciato morire altra gente e che sarebbe dovuto morire anche lui. ”

“ Quanti anni aveva all'epoca? ”

“ Cinque... sei... forse sette, non ricordo. ”

Ci fu un momento di silenzio, nel quale l'altro si mise a sfogliare qualche foglio e a leggere qualche riga. “ E poi? ”

“ Poi da una semplice letargia è diventato qualcosa di più... più... più... ” la parola era lì sulla punta della sua lingua, ma non accennava minimamente ad uscire dalle sue labbra secche e dilaniate dalla punta dei suoi denti.

“ Depresso? ”





“ Depressione maggiore, Ron, ” aveva sillabato zia Hermione. “ Chiama le cose con il loro nome! ”

Ron le aveva fatto cenno di tacere, facendo un cenno verso di lui, che se ne stava seduto in disparte tra le gambe di zio Charlie, giocando con le costruzioni.

“ Ha il diritto di conoscere quello che gli accade intorno, ” aveva risposto piccata. “ Soprattutto se riguarda il suo padrino! L'unica cosa che gli rimane. ”

Ron aveva incrociato le braccia al petto, assumendo il colore di un pomodoro maturo. “ Questa è una scelta che spetta a Harry e ad Andromeda, non a te, Hermione! ”

“ Le loro decisioni li stanno conducendo al St. Mungo, Ron! ” aveva replicato sua zia, gesticolando fin troppo. “ Ed io non posso permettere che portino con loro anche Teddy! ”

Ron non aveva più detto una parola, sedendosi accanto a lui e aiutandolo a costruire quella torre traballante, nonostante sapesse già che sarebbe franata al suolo al minimo spostamento d'aria.

“ Harry non sta bene, Teddy, ” aveva cominciato zia Hermione con tono pacato; lui aveva percepito le mani di zio Charlie stringere il suo braccio fin troppo saldamente. “ La sua malattia sia chiama Depressione, ed è come l'Inverno, Teddy, ”

“ Perché? ”

“ Lo sai cosa succede d'inverno, vero? ” gli aveva chiesto, ma non aveva atteso una sua risposta prima di continuare. “ Gli animali sono stanchi, perché la temperatura è troppo bassa per loro, e non ce la fanno a resistere. Perché l'ambiente che li circonda è ostile, arido e non gli permette di vivere, così decidono di dormire, tutto il giorno senza mai svegliarsi fino alla primavera. E la depressione è un po' come il letargo; sei troppo stanco e ciò che ti circonda non è come avresti voluto che fosse, così dormi tutto il giorno aspettando giornate migliori, aspettando l'Estate. ”

“ Harry è un orso? ” aveva chiesto nella sua innocenza puerile. “ Ed anche io gli sono ostile? ”

“ No, Teddy, non gli sei ostile. ” Zia Hermione gli aveva sorriso.“ Lui ti ama. ”

“ Si guarisce? ” aveva chiesto, ponendo l'ultimo tassello sulla torre.

“ Ci sono le medicine per questo, Teddy, come quando hai la febbre. ”

Teddy aveva annuito; se si guariva non c'era nulla da temere; a lui la febbre passava sempre dopo le medicine, ed era una delle poche certezze che aveva dall'alto dei suoi cinque anni d'età.

La torre franò al suolo; se fosse stato più grande l'avrebbe preso per un presagio.





“ E le medicine funzionavano? ” chiese l'altro, tamburellando con le dita sulle ginocchia. “ Ricorda alcuni nomi? Ricorda dove le tenevano? ”

“ Sì, funzionavano. Sorrideva, o forse piegava leggermente in su gli angoli della bocca, ma era un accenno di sorriso. ” spiegò, cercando di mimare quella smorfia con le sue stesse labbra. “ Le teneva nello scrigno marrone e a me non era permesso neanche avvicinarmi ad esse. ”

“ Quindi non conosce il nome di queste medicine? ”

“ Il nome è così importante? ” chiese, storcendo il naso. “ Perché deve dare un nome a tutto? ”

“ Non le pare che dando un nome alle cose, esse si ridimensionino? ” domandò retoricamente. “ Perché crede che l'uomo si sia messo a dare un nome ad ogni malattia esistente, indipendentemente se sia fisica o psichica? Perché fa meno paura chiamarle con un nome sconosciuto, che come un elenco doloroso di sintomi e manifestazioni fisiche.”

“ Il nome delle medicine di Harry mi faceva ridere, o forse era Harry stesso a farmi ridere. ”

“ Perché? ”

Sciolse le ginocchia dalla morsa dolorosa delle sue braccia, e si mise seduto composto, cercando di trattenere quella risata che premeva contro l'arcata perfetta dei suoi denti; se avesse riso, l'avrebbe preso per pazzo.

“ Perché quando Harry le prendeva cominciava a dire cose strane, quasi prive di senso, ” spiegò. “ Parlava, parlava e parlava ininterrottamente per delle ore, e nessuno capiva cosa volesse dire. Credo che vedesse qualcosa o qualcuno, e cercasse di spiegarlo anche a noi, utilizzando dei termini o delle parole non appropriate. ”

“ Allucinazioni? ”

“ Sì, ” asserì, stropicciandosi gli occhi. “ Fu proprio da una di quelle che conobbi i miei genitori, o almeno il loro aspetto fisico. ”





“ Oh, Teddy, ” aveva chiocciato Harry, guardando il soffitto. “ Sono così belli! Tonks ha i capelli viola e sorride, Remus non ha più quelle orrende cicatrici che gli deturpano il volto e ha i capelli spettinati; lui non sorride con la bocca, lui lo fa con gli occhi. Non mi stupirei di vederlo masticare un po' di cioccolata, sai? Non mi stupirei neanche di sentire qualcosa rotolare sul pavimento, magari sospinta dal piede maldestro di Tonks! E poi non mi stupirei vederlo leggere, o bisticciare, o ululare... Oh, Teddy, come sono belli... ”

Teddy aveva alzato gli occhi al soffitto, cercando di seguire il filo del discorso del suo padrino e di immaginarsi quelle due figure che, piano piano, sembravano prendere forma tra le travi di legno del soffitto.

Pensò di prendere anche lui quella piccola pasticca concentrica che Harry aveva ingoiato per vedere i suoi genitori, ma non lo fece, perché non sapeva ancora come sarebbe stata l'Estate e non aveva voglia di provarla finché non l'avrebbe scoperto.



“ Quindi cosa facevano quelle medicine? A che servivano? ”

“ Ad innalzare il suo umore, antidepressivi, credo. ” rispose, tamburellando sul naso come faceva zio George quando rifletteva. “ Servivano a farlo stare bene, a creare un piccolo scorcio d'Estate in quel lungo Inverno. ”

“ E lei sa cosa sia l'Estate? ”

Annuì sommessamente, cercando di ricordare il vero nome della patologia; i nomi servono per ridimensionare le cose, ripeté. “ Mania. ”

“ Ricorda come ebbe inizio? ”



Era disteso sul suo letto ad una piazza; ormai era diventato abbastanza grande da poter lasciare il vecchio lettino con le stecche, e dormire finalmente in un letto da adulti. L'aveva costruito qualche giorno prima con zio Charlie e zio Arthur, tenuti d'occhio da nonna Andromeda e zia Molly, che preparavano la colazione nella piccola cucina del numero 12 di Grimmauld Place. Aveva sentito il bisogno di chiamare Harry, di mostrargli quanto era cresciuto negli ultimi mesi, e di quanto fosse diventato simile al Remus delle sue visioni, ma il terrore di aprire la porta della camera e di trovarla vuota, lo tenevano ancorato al pavimento della cucina, stretto dalla morsa ferrea di zio Charlie.

Leggeva un libro disteso sul suo letto da grande, sognando di emulare le avventure di Tom Sayer - un bambino Babbano, tanto amato da sua zia Hermione- in compagnia di Harry, immaginando tutto alla perfezione. “ Partiremo! ” aveva sentito urlare dal corridoio. “ Apriremo un'agenzia, un cafè o che altro ne so io in un posto nuovo! ”

Aveva aperto la porta della stanza facendo ben attenzione a non far rumore; si era affacciato, osservando Harry gesticolare e sorridere come non faceva ormai da tempo, da quando le pasticche ' gli avevano dato assuefazione', o così diceva sua zia, affiancato da zio Charlie, che era a metà tra il sorpreso ed il preoccupato.

“ Daremo a Teddy una vera infanzia, perché non è mai troppo tardi per averne una. Lontano da qui, magari in Romania, o in Polonia, o in America. Andremo via con i miei soldi! ”

“ Harry, ” aveva cominciato Charlie con aria greve. “ Noi non possiamo andare via, non possiamo partire ed aprire un qualcosa chissà dove. ”

“ I soldi non sono un problema, li troveremo! ”

“ Non è quello, Harry! ” aveva urlato un po'. “ Tu non puoi portare Teddy da nessuna parte, tu non puoi neanche pensare di portarlo via. ”

“ Sì, invece, ”

“ La custodia... ” aveva cominciato, prima di fermarsi e di prendere un lungo respiro. “ Ti hanno tolto la custodia di Teddy, Harry, tu puoi a malapena parlare con lui senza che qualche assistente sociale ti stia alla calcagna ascoltando quello che gli dici, figurati andare lontano da qui! ”

Aveva richiuso la porta, chiedendosi cosa fosse la custodia e perché Harry non potesse parlare con lui. Ma non gli importava della custodia, gli importava soltanto di quello che aveva detto Harry, dei piani di Harry; l'odio per il compagno di Harry iniziò quel giorno, e crebbe a dismisura attraverso gli anni.





“ Ricorda altro della malattia? ” domandò l'altro, continuando a sfogliare plichi e sottolineare frasi.

“ Ricordo che spesso era confuso, che le allucinazioni erano sempre più vivide e reali, come quando prendeva le medicine per la depressione, solo che stavolta erano terrificanti. Lanciò una maledizione senza perdono contro il nulla, perché in quel nulla vide l'espressione maligna di Voldemort, o perché vide sé stesso. ”

“ Tutto questo le provoca meno paura ora che me lo sta raccontando? ”

“ No, ” ammise, abbassando il capo per la vergogna.

“ E cosa le fa ancora paura? ”

“ Il modo in cui stava dopo aver preso le pasticche, quelle racchiuse nello scrigno dell'Estate. ” rispose. “ Era lo stesso stato in cui si trovava quando era depresso, o forse era anche peggio. Le sue orbite fissavano il vuoto, la sua bocca rimaneva socchiusa, ma immobile; pareva morto. Non provava più nulla, neanche l'angoscia o il senso di colpa; era peggio che morto, un automa!”

“ Ed è per quelle pasticche che è andato via? ” chiese, voltando lo sguardo verso l'orologio; era quasi l'ora di andare a casa.





“ I momenti tristi non mi mancano per niente, Teddy, ” gli aveva detto un giorno, quando il Natale era alle porte e Grimmauld Place era stata addobbata come un grosso Abete caleidoscopico. “ Ma sono quelli alti che mi mancano, quelli dei progetti, dei viaggi e dell'amore. ”

Lui aveva annuito, guardando il soffitto, proprio dove Harry quattro anni prima aveva visto i suoi genitori. “ Ti mancano anche le allucinazioni? ” aveva chiesto, indicando i due scrigni, poggiati sul comò adiacente al letto matrimoniale.

“ No, non tutte almeno, ” aveva ammesso. “ Mi manca vedere il volto dei tuoi genitori, di Sirius, di Silente, di Piton e dei miei genitori, ” aveva elencato. “ Ma non mi mancano le altre cose che vedevo. ”

“ Che altro? ”

“ Teddy? ”

“ Mh? ”

“ Avevo promesso che mi sarei spaccato la schiena per darti tutto, per amarti come un padre avrebbe fatto e per dare a te quell'infanzia che io non ho mai avuto, ” aveva detto, e a lui non sembrò altro che il discorso di chi stava abbandonando la vita, ma non lo disse, né lo pensò. “ Ma ho fallito. ”

“ E? ”

“ Promettimi che non farai mai il mio stesso errore. ”

E lui lo promise.





“ Ingoiò cinquanta pasticche dallo scrigno dell'Inverno, e cinquanta dell'Estate; forse fu il suo modo di trovare un equilibro, una stabilità in quel rapido susseguirsi di emozioni. ” spiegò, alternando lo sguardo dalla sua borsa al volto dell'altro.

“ Perché non l'hanno mai portata via da quella casa? ”

“ Perché ero l'unica speranza di guarigione che aveva, suppongo. ”

“ Non è un compito troppo gravoso per un bambino? ”

“ E quello di salvare il Mondo Magico non lo era? ” chiese, inarcando un sopracciglio. “ Ci credo che la sua mente sia collassata, che le sue emozioni si siano confuse a tal punto da diventare contraddittorie ed estreme; era prevedibile una tale fine. E, inoltre, il suo era un gesto nobile. ”

“ Quale? ”

“ Quello di darmi un'infanzia perché lui non l'ha avuta, e certamente non l'ha avuta per colpa vostra. ”

Quello annuì, continuando a sfogliare quei plichi.

“ E tutto questo cosa centra con il suo tentativo di suicidio?"

Teddy sorrise teatralmente. “ Era un modo per donare linearità agli eventi, per tornare all'alternarsi discreto e prevedibile dell'Inverno e dell'Estate.”



Poco dopo la morte di Harry, aveva scovato un diario consunto tra i cimeli che si trovavano nella soffitta. Era stato riparato con un incantesimo piuttosto elementare, dato che al suo centro si poteva vedere ancora il punto esatto dove prima doveva esserci stato un buco; forse una lama, oppure un oggetto appuntito ne aveva bucato le pagine. Teddy l'aveva letto con bramosia, quasi che le parole lo attraessero e si nutrissero di lui e delle sue emozioni positive. L'intera storia di Harry veniva raccontata con dovizia di particolari, alcuni dei quali erano fin troppo imbarazzanti, giungendo a delle conclusioni che lui non avrebbe trovato neanche dopo anni e anni di analisi serrata della situazione. La causa della malattia, il perché Harry lo teneva con sé e perché non riuscisse a liberarsi di quella casa, nonostante gli riportasse alla mente così tante cose brutte.

Si sentì tradito per un po', soprattutto perché l'idea di suo padre e del suo padrino insieme in quel senso specifico gli faceva ribrezzo, ma anche perché Harry non gliene aveva mai parlato. Ma poi il tradimento si tramutò in pena; tenere nascosta una simile cosa per tutto quel tempo non doveva essere facile, convivere con un peso simile e non poterlo rivelare a nessuno non doveva aver reso la sua vita più semplice di quanto non lo fosse in precedenza.

Il passo dalla pena all'odio per sé stesso fu semplice, quasi quanto trafugare quelle cinquanta pasticche dai colori vivaci e cinquanta pasticche dai colori cupi. Se possibile ingoiarle fu ancor più semplice.

Difficile fu risvegliarsi nel letto d'ospedale con la voce di Harry che gli ripeteva con insistenza: “ Mi prenderò cura di lui, Remus, come se fosse mio figlio. Mi spaccherò la schiena per lui, anche se è stata la causa della mia rovina. ” Teddy era il frutto di un tradimento, Teddy era tutto ciò che aveva portato Harry alla pazzia.



“ Io non ho avuto un'infanzia, dottore, ” cominciò. “ E sa chi devo ringraziare per questo? ”

“ No, ”

Teddy Lupin, dottore. ”


Ehm, ho odiato questa storia perché non si decideva a venir fuori; perché quando finalmente l'ha fatto non è stato come mi ero immaginata, e soprattutto perché Teddy è un'amore, ed uccidere così la sua infanzia mi ha fatto male ç___ç Come avete immaginato i pezzi in corsivo sono dei flashback non in ordine cronologico, giusto per rendere ancora più complicata la situazione. Harry è bipolare, mentre la patologia di Teddy non è molto ben definita, potrebbe essere disturbo post traumatico da stress, oppure depressione ecc.ecc.ecc. 

L'ho scritta per questo contest : Anatomy Contest di ChibyLilla, e - contro ogni aspettativa- sono arrivata Prima! { Su tre, ma non sottolineatelo troppo, sennò mi deprimo anche io} Se andate all'ultima pagina c'è lo splendido giudizio della Giudicia, che mi ha reso un po' troppo gongolante <3 *-*


   
 
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