Ancora qualcosa
da desiderare
di Breed 107
Capitolo
diciannovesimo
Pioveva. Figurarsi…
Chissà se esisteva al mondo
un luogo più piovoso di quello? Se l’era sempre chiesto, eppure ne aveva visitati tanti di posti
nel suo eterno peregrinare.
Spesso aveva avuto la
tentazione di chiedere ai Tendo, gli unici originari di Nerima che conoscesse,
se il tempo instabile che caratterizzava la cittadina fosse
sempre stato tale. Era una supposizione sciocca, ma non di rado aveva
pensato a tutta quella pioggia come ad un optional gentilmente offerto dalle
divinità ai maledetti di Jusenkyo:
un pacchetto all-inclusive davvero irritante!
Come non pensarlo del
resto? In quale altra parte del pianeta pioveva magari solo per alcuni secondi,
giusto il tempo di trasformare il poveretto di turno in ragazza, oca o mailino
nero proprio nel peggior momento possibile, per giunta?
Il ragazzo strinse ancor
più saldamente l’impugnatura del suo fedele ombrello e aumentò l’andatura.
Sperava solo di non bagnarsi prima di aver raggiunto il suo obiettivo; in
realtà non aveva la minima idea di quanto ancora gli mancasse per raggiungere
l’okonomiyakeria verso il quale era diretto, ma contrariamente al solito Ryoga
Hibiki era ottimista.Nonostante la pioggia, nonostante la propria tendenza a perdersi in un metro quadrato,
nonostante tutto appunto, non poteva che sentirsi euforico.
Nervoso ma non di meno
euforico. Impaziente anche, ma sapeva che se si fosse dato troppa fretta
probabilmente avrebbe finito per ritrovarsi ad abbronzarsi tra le palme d’Okinawa. Non poteva concedersi ulteriori perdite di tempo, Akari
aveva aspettato fin troppo.
Un pensiero subdolo lo fece
rabbrividire più della pioggia che continuava ad imperversare su Nerima: e se
lei si fosse stancata di aspettarlo? Dopotutto, ne avrebbe avuto ben donde.
Era andato via un
pomeriggio di ben cinque mesi prima lasciandola solo con una promessa vuota e
la triste aspettativa di una
lunga attesa, chi avrebbe potuto darle torto se avesse deciso di andarsene
rinunciando per sempre a lui? Suo compagno di viaggio persino più fedele dell’ombrello
di bambù, il senso di colpa tornò a tormentarlo.
Dopo quello che aveva fatto passare ad Akari, aveva avuto
persino la faccia tosta di chiederle di aspettarlo! Come aveva potuto?! E come poteva ora, dopo tutti
quei mesi in cui non aveva dato mai notizie di sé, pretendere che lei fosse lì dove l’aveva lasciata, da Ukyo,
pronta ad accoglierlo a braccia aperte?
Cinque mesi erano lunghi,
infinitamente lunghi, quasi
interminabili per chi non aveva altro a cui aggrapparsi che una promessa
flebile quale era stata la sua.
Ryoga si morse il labbro
inferiore per impedirgli di tremare e renderlo ancora più patetico di quel che
era. Non voleva rovinare quel momento con
la propria negatività, voleva sperare e sognare.
Regalarsi una dolce
illusione non era una novità per lui, dopotutto: quando ancora si credeva
follemente innamorato d’Akane era stato il pensiero, l’illusione appunto, che
lei potesse prima o poi ricambiarlo a dar forza ad ogni sua azione, a dare la spinta ad ogni passo.
Stavolta però aveva qualcosa di più solido di un amore indefinito… Stavolta
Ryoga Hibiki era certo di essere davvero innamorato.
Da quando quel pomeriggio
aveva salutato lei ed una Ukyo
ancora furiosa, Akari era sempre nei suoi pensieri, la sua immagine dolce e
sorridente l’aveva accompagnato ovunque. Persino nei sogni il suo bel viso
aveva fatto capolino, riscaldandogli l’animo come mai Akane aveva potuto fare…
Certo, la giovane Tendo non
era sparita dal suo cuore, impossibile! Ma tutto quello che era accaduto, da quando aveva scoperto l’identità
di P-Chan fino a quando lui non aveva lasciato Nerima, gli avevano aperto gli
occhi su molte questioni: il suo affetto spropositato per Akane era una di
queste.
Akane era stata il suo primo amore. Gli piaceva crederlo,
così come gli piaceva pensare
che poche persone avrebbero rivestito meglio un tale ruolo. Akane era bella,
gentile, dolce, comprensiva, ma anche volitiva, coraggiosa; leale con le
rivali, non era mai ricorsa a trucchi e sotterfugi per conquistare nessuno.
Come non adorarla? Come non idealizzarla?
E questo lui aveva fatto:
da sempre desideroso d’amore, aveva posto su un piedistallo la dolce Akane
rimanendo cieco ai difetti che pur aveva, anzi, negandoli con tutte le sue forze quando qualcuno, Ranma per lo
più, ne faceva cenno. No, Akane era perfetta per essere amata. In più Akane non
lo amava.
Quando aveva cominciato a
valutare seriamente questo aspetto,
come dire, masochistico del proprio
amore per lei, Ryoga ne era rimasto come minimo sconcertato. Ma più ci aveva pensato in quei mesi d’esilio forzato
da Nerima, più gli era sembrato plausibile. Insomma, non poteva negare di aver
un temperamento un tantino melodrammatico ed estremo a volte, per cui niente di più facile per
lui che gettarsi nel cliché dell’amore impossibile per eccellenza, vale a dire
innamorato di chi non l’avrebbe mai ricambiato.
Su questo non c’erano dubbi
e provava vergogna per quando, in passato, aveva pensato che Akane potesse mai contraccambiarlo, era
impossibile. Lui era sempre stato un amico,
il suo migliore amico voleva sperare, ma nient’altro. L’amico
gentile che ti riempie di souvenirs al ritorno di uno dei suoi
strampalati viaggi, pronto ad aiutarti e farsi in quattro per te, ma al quale
mai e poi mai potresti donare
il tuo cuore. Non esiste…
Innamorato
dell’amore, ecco come avrebbe potuto definirsi.
E poi c’era Ranma.
Ryoga sorrise al pensiero del suo arcirivale. Sperava che ciò
non risuonasse troppo… ambiguo, ma
doveva ammettere che la sua vita fino a quel momento era stata piena di Ranma Saotome. Era come se, in
maniera contorta, la sua stessa esistenza fosse legata al ragazzo con il
codino. Chi il suo nemico numero uno? Chi l’essere responsabile delle proprie disgrazie? Chi il suo più
instancabile tormentatore? Chi infine colui che trovava sempre il modo per prenderlo in giro e sfruttarlo per
i propri comodi?
Ranma. Ma anche chi l’unico che riuscisse a stimolarlo? A
spingerlo oltre i suoi limiti per provare ad essere sempre migliore? Chi quello
che aveva provato ad aiutarlo proprio con Akari? Chi lo aveva considerato così
pericoloso per il proprio amore da provarne gelosia?
Chi, infine, che Akane
amava?
Sempre e solo Ranma.
Forse era sbagliato
pensarlo, ma Ryoga credeva che se la ragazza non fosse stata così irrimediabilmente
innamorata di Saotome, l’infatuazione per lei sarebbe durata molto, molto meno. Non era edificante
pensarlo, ma lei era stata sovente un bellissimo e prezioso premio in palio tra
loro due, un ennesimo terreno di sfida tra due litiganti.
Quindi, in sostanza, era
mai stato Ryoga Hibiki innamorato di Akane
Tendo? Sì, innamorato sì, ma per i presupposti più sbagliati.
Innamorato di un ideale, di
una sfida, di una voglia di rivalsa contro lo storico rivale, ma mai forse innamorato di Akane come persona,
come essere umano. Ranma sì, lui sì che l'amava per i suoi mille pregi, ma
anche nonostante i difetti… Ranma aveva visto la dolcezza vera d’Akane dietro
la violenza, la gentilezza dietro la testardaggine, la grazia del cuore dietro
la goffaggine, mentre lui, Ryoga, aveva idealizzato le sue virtù senza mai
vederle davvero.
Ed Akari in tutto questo?
Akari era stata a lungo tempo il balsamo del suo animo ferito. Il calore dell’amore,
la certezza di contare per qualcuno al mondo, di poter dire “per lei, esisto”. Valere agli occhi di
qualcuno…
Però Akari non lo aveva
idealizzato, lo aveva sempre e solo accettato. Aveva accettato la sua
maledizione come se fosse una benedizione; persino l’eterno disperdersi per il
mondo non aveva intaccato il suo amore adamantino.
Per questo adesso, sotto la
pioggia scrosciante di Nerima, Ryoga si teneva stretto alla speranza come al
suo ombrello, perché Akari lo aveva sempre accettato, nel bene e soprattutto
nel male. Lei gli aveva insegnato cos’era l’amore adulto, quello che non mette
sul piedistallo, ma che viene prima di tutto, prima di se stessi, prima del proprio orgoglio.
Ryoga
sorrise, per nulla stupito dal calore che lo invase. Era bello tornare da lei…
Impiegò alcuni secondi a
riconoscere il posto, non scorgendo subito l’insegna sferzata dal vento. Si
fermò stupito lui per primo per esservi effettivamente giunto.
Era lì, Akari era oltre
quella porta scorrevole… Un solo istante d’incertezza, il tempo necessario a
scacciare la timidezza e poi, risoluto come non era mai stato, alzò una mano
per bussare.
Era davvero tornato…
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Tutto era pronto.
Tristemente pronto.
Gli occhi violetti si
posarono a turno sulle grandi valigie accantonate vicino alla porta. Era strano
pensare che la loro vita a Nerima potesse racchiudersi in un paio di valigie ed
un fagotto… Tutto quello che avevano passato, poteva essere raccolto in un così misero insieme? Era
crudele. E triste.
Un sospiro lasciò le belle
labbra, un sospiro per provare a diminuire l’oppressione che sentiva in petto, ma naturalmente fallì.
Non c’era modo per allentare quella morsa dolorosa, inutile ingannarsi.
“Shan-po?”
“Cosa vuoi?”
Mousse sorrise, per nulla
sorpreso dal tono acido di lei. Anzi,
per quanto assurdo potesse sembrare, se ne compiaceva: senza, non sarebbe stata
la vera Shan-po.
Lo sapeva, lo vedeva dalla
luce che a volte le illuminava lo sguardo, lei probabilmente pensava di esser
cambiata, di non essere più la stessa da
quando aveva affrontato Akane Tendo su quel ponte quella che
sembrava un’eternità prima, ma si sbagliava. Nonostante la miopia, Mousse
sapeva anche che in fondo a quegli occhi afflitti, la sua Shan-po c’era ancora;
dietro i modi innaturalmente pacati e l’apparente apatia, la sua Shan-po c’era ancora. La vedeva. La riconosceva.
Chi altri avrebbe potuto,
d’altra parte? Aveva passato la vita a guardarla… o meglio, a sentirla. Aveva
dovuto far affidamento all’istinto più che alla vista, ma il risultato non
cambiava. Nessuno al mondo conosceva l’asprezza di Shan-po meglio di lui.
Ora faticava a venir fuori,
per lo meno con gli altri, ma con lui… no, con lui no. Con lui Shan-po poteva
esser se stessa. E ciò gli
bastava perché sapeva che nessun altro al mondo poteva affermare lo stesso.
“Obaba vorrebbe parlarti.”
La ragazza sollevò il volto
che teneva poggiato alle piccole mani aggraziate e lo guardò aggrottando le
sopracciglia “Vuole vedelmi? Pelché?”
“Credo sia per la storia
del matrimonio. Penso voglia ancora convincerti ad andarci.”
La giovane cinese non parve
stupita e tornò a fissare le valigie “Pel salvale onole di Shan-po…”
mormorò in un soffio. Non era una domanda,
ma Mousse annuì lo stesso.
“Ed anch’io penso che dovremmo esserci.”
A quelle parole lei si
volse di scatto a fissarlo, lo sguardo furioso “Come se a Shan-po impoltasse cosa pensa lagazzo papela! Shan-po non vuole
andale e non ci andlà! Nemmeno Obaba può dile cosa fale a Shan-po, non più! Non c’è più onole da salvale!”
“L’onore non c’entra… Non
so perché la vecchia mummia insista tanto, ma io credo che dovresti andarci per
i nostri amici.”
Shan-po strinse i pugni,
ora raccolti in grembo. Il silenzio scese quasi compatto sul ristorante vuoto,
interrotto solo dal rumore della pioggia.
Mousse notò che l’incarnato della
sua adorata sembrava ancora più pallido alla fioca luce dell’unica lampada
lasciata accesa nella sala. C’era qualcosa di spettrale in un ristorante vuoto
ed avvolto nel buio, pensò fuggevolmente il cinese, forse perché lo si associa sempre alla tanta gente che lo frequenta di
solito, o meglio nel caso del Neko-hanten, che lo aveva frequentato. Ormai era chiuso da tanto
di quel tempo che persino i clienti più affezionati avevano smesso di venire a domandare quando avrebbero potuto
assaggiare di nuovo le delicatezze esotiche di Obaba. La lunga chiusura aveva dato a quel posto un’aria
d’abbandono davvero malinconica e Mousse non capiva perché Shan-po passasse
così tanto del suo tempo a fissare i tavoli spogli e le sedie ammonticchiate in
un angolo.
“Non sono amici. Akane non
è amica.”
“Ci hanno invitato al
matrimonio, forse loro ci considerano amici, non credi?” provò conciliante lui,
ottenendo solo uno sbuffo infastidito.
“Celto è idea di Nabiki Tendo pel legalo.” Non le
si potevano dare tutti i torti, pensò Mousse decidendo di
smetterla con tanti giri di parole e di arrivare al dunque.
Scostò la sedia accanto a
quella della sua amata e sedette, poggiando le mani sulla liscia superficie del
tavolo. Poi inspirò, per darsi coraggio “Io penso che tu ci voglia andare.”
“Lagazzo papela è tloppo stupido pel pensale e…”
“Tu lo vuoi rivedere no?”
Shan-po sgranò gli occhi, sorpresa non tanto dalla
perspicacia di Mousse quanto dal fatto che lui sembrava volesse spingerla ad
andare, a rivedere Ranma. Abbassò lo sguardo indaco e quasi per caso osservò le
grandi mani del ragazzo sporgere
dalle maniche della sua tunica bianca. C’era qualcosa di strano in quelle mani…
“E credo anche che tu non veda l’ora di poter litigare di
nuovo con Akane Tendo. Quale migliore occasione se non un matrimonio?”
Shan-po si morse le labbra.
Era quasi offensivo pensare che lui riuscisse ad indovinare in maniera tanto
eclatante i propri desideri! Era così facile leggerle nel cuore? Che amasse ancora Ranma era fin
troppo ovvio, ma la struggente e assolutamente assurda nostalgia per le
discussioni con quella violenta avvelenatrice di pasti? Era un sentimento così
sconcertante che uno stupido come Mousse non poteva comprenderlo, non lo capiva lei per prima!
“Le tue mani – sbottò all’improvviso, cogliendo il ragazzo di
sorpresa – Sono… sono senza felite. E’ plima volta che Shan-po le vede così.”
“Le mie…? Oh, sì, è vero. Forse perché non combatto più con Saotome da un
pezzo…”
A giudicare dal tono con
cui aveva detto quella frase, Shan-po cominciò a domandarsi chi tra loro due avesse più nostalgia per il loro
recente passato: possibile che a Mousse mancasse Ranma nello stesso modo in cui
Akane mancava a lei?
“Mousse vuole andale a matlimonio, velo?”
Un sorriso convinto si fece
largo sul volto serio del cinese; annuì con convinzione, la luce debole che si
rifletteva nelle spesse lenti “Sì. Tu non sai per quanto tempo ho sognato di
vedere Ranma ed Akane insieme, di vederli come veri fidanzati. Quando ero ancora convinto che bastasse farli innamorare
sul serio per far sì che tu t’accorgessi di me, era uno dei miei desideri più grandi! E poi non mi perderei l’occasione di prendere in giro
Saotome per nulla al mondo... Ma se tu non vuoi andarci davvero, Shan-po,
allora non ci andremo! Forse è troppo per te, lo capisco, ci vorrà del coraggio
per presentarsi lì e…”
“Tloppo?! Tloppo pel me?! – ferita
nell’orgoglio, la ragazza scattò in piedi, gli occhi come braci ardenti – Salà senza onole , ma Shan-po ha ancola suo colaggio!
Nulla è tloppo pel Shan-po, stupido papelo miope! Andlemo a matlimonio e legalo di Shan-po salà
più bello di tutti! Così bello che Nabiki Tendo limallà a bocca apelta!”
A Mousse non restò che annuire vedendola allontanarsi
verso le scale, diretta al piano di sopra dove avrebbe detto alla vecchia che
al matrimonio previsto per il pomeriggio successivo loro ci sarebbero stati,
altrochè!
Chi l’avrebbe mai detto che proprio lui, tra tutti,
riuscisse a manovrare la piccola ed adorata Shan-po? Un sorrisetto beffardo si
dipinse sul suo volto compiaciuto. Chissà, forse vedendo quanto felici fossero
Ranma ed Akane, lei si sarebbe arresa ed avrebbe finalmente capito che nessuno,
nessuno al mondo era più adatto di lui a renderla ugualmente felice. Si
allenava da una vita per quello!
Un colpo lieve alla porta
lo strappò a quelle considerazioni forse un tantino vaneggianti e, domandandosi chi fosse a bussare con un
tempo simile alla porta di un ristorante chiuso da mesi, si alzò per andare ad
aprire.
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Pioveva. Non era una novità
quella, pensò Ranma con un mezzo sorriso ironico: probabilmente non esisteva al
mondo un altro posto dove piovesse tanto quanto Nerima.
'Fa’ quel
che vuoi, scatenati pure…' pensò il ragazzo, osservando le gocce di pioggia
infrangersi contro la piccola finestra della sua camera. Che piovesse pure tutta l’acqua del cielo! Fino a quando lui era lì, sdraiato su un
caldo futon nell’ex-soffitta del dojo, gli elementi potevano scatenarsi quanto
volevano. Era felice quella sera, Ranma Saotome.
Varie erano le cause che
contribuivano a renderlo tale, contento e soddisfatto. Tanto per dirne una, era
al coperto mentre fuori si scatenava uno degli ultimi temporali primaverili; l’estate era alle porte e
questo avrebbe voluto dire vacanze e addio scuola per un po’… come non esser
contenti di questo? Poi, particolare di non poco conto, Ranma era deliziosamente
sazio, il che era da sempre motivo di gioia per lui. Kasumi aveva dato proprio
fondo alla propria arte nella cena di quella sera ed il risultato era una
famiglia felice e satolla. Ma c’era dell’altro.
Tra poco lei sarebbe
arrivata. Avrebbe bussato delicatamente alla porta e dopo qualche istante
sarebbe entrata senza nemmeno attendere risposta. Lei ed il suo sorriso si
sarebbero avvicinati, facendogli battere il cuore un po’ più velocemente e poi
gli si sarebbe sdraiata accanto… Ranma si morse il labbro inferiore: non c’era da stupirsi che quello fosse diventato il
momento più atteso dell’intera giornata.
Da mesi oramai tra loro
avevano istituito quella sorta d'abitudine, anzi sbilanciandosi avrebbe persino
potuto definirlo come un rito personalissimo e che lui voleva restasse tale. Ricordava sempre con un palpito come Akane avesse
dato il via al tutto, una sera di mesi prima.
Al ritorno dal bagno serale
l’aveva trovata proprio lì dove ora lui se ne stava beatamente sdraiato, sul
suo futon; stupito l’aveva guardata ad occhi sgranati, troppo confuso per
domandarle qualcosa. L’espressione tranquilla di lei poi era stata
assolutamente inspiegabile: come faceva a starsene lì, seduta sul suo letto con
indosso solo un pigiama giallo, sfoderando il sorriso più dolce dell’universo… così, come se nulla fosse? Era arrossito
di fronte a quel sorriso tenero e si era grattato la nuca, al colmo dell’imbarazzo.
“Ti spiace?” aveva chiesto
lei, senza smettere di sorridergli. Aveva anche leggermente inclinato il capo
nel domandarglielo e chissà perché a Ranma era parsa più femminile.
“Eh? Cosa?” aveva domandato lui, non molto brillantemente a dire il vero.
Akane aveva riso del suo
impaccio “Ti va di fare due chiacchiere?” aveva precisato e, con sommo
sbalordimento del povero ragazzo, aveva dato un paio di colpetti al futon
proprio accanto a lei ad indicargli di sederle accanto.
“No, non mi spiace” aveva
risposto scuotendo la testa, una volta
recuperato un po’ il bene della parola.
Spiacergli? Di restare solo
con lei? Mai nella vita! Insomma, nonostante avessero da poco dichiarato al
mondo di esser innamorati, la situazione non era cambiata molto per certi
aspetti: dovevano ancora arrabattarsi per strappare qualche brandello d’intimità.
Quale altro ragazzo doveva combattere per le attenzioni della propria fidanzata
con la curiosità imbarazzante di due padri impiccioni, una cognata mercenaria
priva di scrupoli ed uno stuolo imprecisato di conoscenti ed amici, che
sembrava sbucar fuori nei momenti più impensati? Ranma non ricordava nemmeno quando era stata l’ultima
volta che aveva potuto baciare Akane senza timore d’essere fotografato,
ricattato, preso in giro o guardato storto!
Quella sera comunque, con un po’ di
macchinosità nei movimenti si era lasciato cadere a terra restando il più
possibile distante da lei e questo le aveva strappato un'altra risata. “Se rimani laggiù dovremo urlare per
parlare, vuoi che ci sentano i nostri genitori?” aveva chiesto, facendogli poi
segno di avvicinarsi.
Chissà da dove diavolo
usciva tanta disinvoltura? Lui da vero imbranato era arrossito fino alle orecchie, mentre la sua fantasia iper-sensibile già
vaneggiava su possibili motivi per cui lei non volesse farsi sentire dal
proprio padre…
Scortato dal sorriso
imperterrito della fidanzata era andato a sederle accanto, tanto vicino questa volta che le loro
spalle si erano sfiorate, il che ne aveva intensificato il rossore del volto,
mentre Akane sembrava esser perfettamente a proprio agio.
La fervida fantasia del
ragazzo si era però sbagliata,
tutto quello che Akane voleva fare era proprio ciò che aveva detto: parlare; a
distanza di tanto tempo Ranma non voleva ancora ammettere di esserne rimasto un
po’ deluso…
Avevano chiacchierato di
cose sciocche per lo più, soffermandosi a commentare le reazioni dei loro amici
alla rivelazione del secolo come l’aveva scherzosamente battezzata
Hiroshi. Akane gli aveva raccontato come Yuka e Sayuri si
fossero dette stra-convinte che sarebbe finita così
visto che, assicuravano loro, avevano sempre saputo quanto i due riottosi
fidanzati si volessero bene in verità.
Era stato piacevole chiacchierare mentre la sera
avanzava, parlare e basta e quando lei era andata via, il casto bacio sulla
guancia era sembrato un perfetto finale per quello che lui aveva creduto esser
un semplice interludio. Per fortuna si era sbagliato: Akane si era ripresentata
la sera dopo e l’altra ancora e non aveva più smesso.
E poi, pensò Ranma
avvertendo un calore non inaspettato al volto, c’era stata una sorta d’evoluzione,
di magnifica e trepidante evoluzione: a
partire da un momento imprecisato, Akane aveva smesso di
salutarlo con il canonico bacio sulla guancia per sfiorargli le labbra in un
bacio altrettanto innocente, ma certo più intimo. In effetti, non c’era davvero
da stupirsi che quello fosse il momento più atteso del giorno.
Gli occhi del giovane
abbandonarono per un istante la visione della pioggia ora più insistente e
rumorosa, per volare alla porta della soffitta sperando di vederla aprirsi
proprio in quel momento, ma come era
accaduto le ultime volte che aveva guardato in quella direzione, rimase ben
chiusa. L’artista marziale sbuffò e si agitò un po’, sistemando meglio le mani
dietro al collo: che stava combinando quella sciocca? Fino a mezz’ora prima
aveva sentito il suono argentino della sua risata attraverso le assi del
pavimento, risata imitata poi
da Kasumi; Nabiki aveva detto qualcosa, ma lui non era riuscito a coglierne il
significato.
Si chiedeva se il fatto che
non sentisse più alcun suono provenire dal piano di sotto significasse che il conciliabolo
delle sorelle Tendo fosse
finito. Arricciò il naso, inevitabilmente infastidito: dove diavolo era Akane?
I suoi occhi tornarono a
fissare la porta, ma anche stavolta fu deluso. Intanto la pioggia cadeva sempre
più fitta, come se avesse fretta di annunciare la fine della primavera nel modo
più chiassoso possibile; sempre più stille infatti tamburellavano sulla liscia superficie del vetro della
finestra ed il loro rumore aritmico e martellante certo non favoriva l’umore
del ragazzo che stava velocemente cambiando.
Non gli andava giù quella
storia, per nulla…
Sbuffando si mise a sedere,
le mani affondarono nel soffice futon su cui era steso. Era titubante: avrebbe
voluto alzarsi, scendere la stretta scalinata, andare di sotto e reclamare la
propria fidanzata. Chi avrebbe potuto dargli torto, dopotutto? Quello era il loro momento, il loro spazio, avevano
faticato tanto a renderlo esclusivo!
Abbandonò il proposito
quasi subito, il pensiero dei lazzi che un simile comportamento avrebbe
attirato lo scoraggiò; già doveva sopportare quotidianamente le pesanti
insinuazioni di Nabiki e le raccomandazioni di Soun. Comprendeva perché
il capofamiglia potesse esser preoccupato, ma essere minacciato dal padre della
propria fidanzata trasformato in una specie di oni che lo inseguiva per casa intimandogli di comportarsi come un gentiluomo e di
non provare a fare niente di compromettente, pena la sua stessa vita… beh, era
spiacevole, molto spiacevole.
“Dopotutto se non ci
vediamo per una sera…” borbottò, gli occhi talmente inchiodati alla liscia
superficie della porticina da lacrimargli.
Appena udibile tra lo scrosciare
della pioggia, un colpo lieve lo fece sussultare.
--- --- ---
Ukyo richiuse la rivista
con uno sbuffo annoiato. Il mal tempo teneva lontano gli avventori quella sera e ben pochi erano i
coraggiosi che si erano avventurati fin lì per un’okonomiyaki.
Poggiò il viso alle mani
incrociate e lasciò correre lo sguardo per il locale semi-deserto,
soffermandosi appena sulla giovane coppia che occupava uno dei tavoli in fondo,
le uniche persone presenti tranne i due dipendenti dell’Ucchan. Probabilmente
si trattava di un primo appuntamento, pensò di sfuggita la cuoca notando l’aria felice di lei e quella un po’ imbarazzata
di lui.
Appena i due fidanzatini
sarebbero andati via avrebbe chiuso, dando fine a quella serata infruttuosa e
uggiosa non solo per il clima. Si sentiva intimamente irrequieta, la giovane
cuoca quella sera.
Lasciando
perdere la coppia, Ukyo volse la propria attenzione alla bacheca quadrata che da un po’
di tempo faceva bella mostra accanto al bancone, un’idea di Akari. Una buona idea, doveva ammetterlo: in
quel modo teneva sempre a portata di vista le varie fatture che fin troppo
spesso il parsimonioso Konatsu dimenticava di pagare, forse perché ancora
restio a separarsi dal denaro anche non suo.
La lettera che però faceva
bella mostra di sé appuntata proprio al centro della bacheca di sughero non era
una bolletta che il kunoichi aveva volutamente dimenticato. Con un sospiro
stanco e maledicendo se stessa a mezza voce per esser incapace di trattenersi,
Ukyo si alzò dallo sgabello e si avvicinò al biglietto fissandolo accigliata
per qualche secondo, prima di staccarlo dall’attache. Lo soppesò tra le mani, sorprendendosi ancora dell’estremo biancore
della carta e della sua levigatezza: un invito di gran classe, non c’era
dubbio.
Aprì l’involucro per quella
che valutò essere almeno la decima volta e lasciò che il sottile cartoncino le
scivolasse tra le dita; osservò i kanji stampati in inchiostro argentato, sobri
nonostante il colore non certo ortodosso e valutò ancora positivamente il tono
misurato dell’invito. Se il
matrimonio fosse stato elegante la metà di quell’invito, di certo il dojo Tendo
avrebbe avuto una cerimonia con i fiocchi… questa volta.
Scuotendo la testa, ripose
la busta al suo posto, punzonandola con maggior forza del necessario in uno
scatto d’ira superflua. Non capiva perché volesse farsi del male a tenere quell’affare
sotto il naso tutto il giorno! Era una masochista per caso? Non capiva perché
non l’avesse buttato nel cestino appena arrivatole la settimana prima, tanto
era chiaro che non sarebbe mai e poi mai andata a quel matrimonio, quindi
perché conservare quel maledetto invito?
Quando aveva
voglia di ingannarsi, si raccontava di non averlo fatto perché si trattava di
un invito rivolto non esclusivamente a lei; i nomi di Konatsu, Akari e persino
di quel debosciato di Ryoga erano stati gentilmente inclusi oltre al suo,
quindi a rigor di logica la richiesta di voler “cortesemente partecipare alla felicità della famiglia Tendo” non
era stata rivolta solo a lei. Una trovata di Nabiki per
risparmiare i costi della tipografia, senza dubbio.
La cosa più assurda era che lei però stesse davvero
pensando di andarci a quel matrimonio! Spesso si sorprendeva a pensare ad abiti
da acquistare e scarpe da abbinare; addirittura si era chiesta se esistesse da
qualche parte una lista di nozze, in modo da non doversi scervellare nella
ricerca di un regalo utile… Non che pensasse seriamente di andarci, solo il
fatto di gingillarsi con certi pensieri era inconcepibile! E poi se ad occuparsi della lista nozze era stata
Nabiki, allora c’era da giurarsi che nessun regalo sarebbe stato alla portata
delle sue tasche. Però magari
una spatola in argento non avrebbe sfigurato…
Oh, ecco che ci ricascava!
Sbuffò di nuovo dando le spalle a quell’involucro tentatore e tornò ad
arrampicarsi sullo sgabello, più imbronciata che mai.
Basta, domani lo brucio, si disse tornando a sfogliare la
rivista di prima con tanta foga da staccarne un paio di pagine prima di
calmarsi. Tanto non credeva che nessuno dei sunnominati invitati ci sarebbe
andato a quel matrimonio del cavolo. Ryoga addirittura non ne sapeva nulla,
impegnato com’era nel suo girovagare per boschi e montagne del mondo…
Richiamare alla mente l’eterno
disperso servì a distrarre la ragazza dall’idea indesiderata del matrimonio
imminente e, sollevando pensosa gli occhi al soffitto, Ukyo considerò quelli
che erano stati gli ultimi mesi, passati in pratica nella trepidante attesa
dell’idiota.
Se non
fosse stata per la sofferenza che ancora affliggeva Akari, Ukyo avrebbe
ringraziato Ryoga per la sua scellerata scelta: grazie alla sua inettitudine,
lei aveva goduto della compagnia dell’amica per tutto quel tempo.
Non s’illudeva, infatti.
Per quanto l’amicizia tra loro fosse profonda ed indubbiamente importante, era
proprio quel suino sotto mentite spoglie l’unico motivo per il quale Akari non
era scappata a gambe levate
da quel posto folle che era Nerima, per tornarsene alla sua tranquilla
fattoria.
La cuoca non sapeva come
avrebbe resistito in quei lunghi giorni senza il suo appoggio gentile, discreto
ma partecipe; dopo quando accaduto con Ranma…
Il ragazzo aveva persino
mantenuto la promessa, rifacendosi vivo una volta che le sue ferite erano guarite, ma a quel punto Ucchan non aveva
avuto più il coraggio di vendicare l’onore ferito. Persino ridurlo in una
poltiglia sanguinolenta non l’avrebbe ripagata della delusione quindi, se pur a
fatica e non senza sofferenza da parte d’entrambi, avevano riprovato a ricucire la loro amicizia.
Non era facile, per nulla.
Ritrovarsi quel viso sorridente e speranzoso ogni giorno a scuola era un
tormento, soprattutto perché la speranza di Ranma non aveva nulla a che fare
con l’amore… e poi c’era Akane, l’onnipresente Akane. Con lei le cose erano
addirittura peggio!
La discrezione di cui era
oggetto da parte sua era
snervante: se per lo meno si fosse dimostrata delusa o arrabbiata per la sua
scelta di non volerla più nella propria vita! Ed invece la giovane Tendo aveva mostrato un tatto
impensabile per un simile maschiaccio imbranato, standole alla larga e non
interferendo nemmeno nei tentativi del fidanzato di riallacciare l’antica
amicizia.
Un simile sfoggio di virtù
irritava Ucchan più di tutto. Non ci stava a
fare la figura della cattiva, ma cos’altro poteva fare? Non era
pronta a perdonare Akane… non quando scorgeva il vero e proprio sguardo adorante che Ranma dedicava alla sua amata,
credendo di non esser visto.
Disgustoso… certo, se fosse
stata lei ad esser guardata in quel modo probabilmente non l’avrebbe trovato disgustoso, c’era da giurarlo.
Il fatto peggiore era però
un altro, persino peggio dell’esser stata scartata da Ranma come fidanzata. Sì,
addirittura peggio di quello! Ciò che irritava Ukyo più di tutto era che sotto, sotto stava cominciando a
perdonare Akane. C’erano volte in cui addirittura non riusciva a capire perché ce l’avesse tanto con lei, e
allora, crudelmente, le toccava ricordarsi i mille e più svariati motivi per
cui la giovane Tendo andava cancellata dalla propria esistenza. Lo scippo di Ranma era solo il primo
motivo, anche se il più rilevante.
Secondo, Akane era la causa per cui Akari stava
soffrendo. Aveva un gran dire la poveretta che la signorina Tendo
non aveva nulla a che fare con la decisione di Ryoga! Akari era troppo
generosa, lo aveva sempre pensato… Bastava vedere la dedizione con cui pensava
a quel ragazzo che, diciamolo, aveva una fortuna sfacciata. Era stato perdonato
dalla sua adorata Akane e quando si sarebbe degnato di tornare a Nerima, avrebbe ritrovato una fidanzata
trepidante e più innamorata che mai. Troppa grazia per un simile smidollato!
“Ehi, tutto bene Ucchan?”
Batté le palpebre, stupita
di ritrovarsi l’amica proprio accanto. Non l’aveva sentita arrivare “Sì, Akari,
tutto bene… Sono solo un po’ annoiata, è una sera fiacca per gli affari.”
Akari annuì, prendendo posto di fronte a lei
“Già, ma per una volta non lamentiamoci dei pochi clienti. Hai bisogno di
riposo, ultimamente ti sei dedicata al lavoro con troppa energia, secondo me.”
Ukyo si strinse nelle
spalle “Me ne avanza sempre
molta, visto che non sono più alla caccia di un marito – osservò l’invito,
corrucciandosi ancora di più – Non riesco proprio a capire perché ci abbiano
invitato… Quella Nabiki Tendo farebbe di tutto per un regalo in più.”
“Non trovo poi così strano
che ci vogliano al matrimonio, Ucchan. Sei un’amica di famiglia, in un certo
senso.”
“Sì, come no! I Tendo mi
considerano proprio una grande amica!”
“Allora è deciso, non ci andrai?”
“Per ritrovarmi faccia a faccia con la felicità di
Akane e Ranma? No, grazie, posso farne a meno. Riesco a malapena a sopportare
quei due a scuola, non ci tengo a sorbirmeli anche versione casalinga, con lui
che la guarda come un salame e lei che cinguetta felice spolverando il suo
martello!”
Akari aggrottò le
sopracciglia, confusa. Stava per chiedere da dove le venissero certe idee, quando alcuni colpi alla porta
la interruppero “Altri clienti, presumo. Vado io” saltò giù dallo sgabello e si avviò verso l’entrata.
“Chi è così scemo da
bussare alla porta di un ristorante? Chiunque sia, digli che stiamo per chiudere, non ho alcuna voglia
di rimettermi alla griglia.”
“D’accordo signora Ukyo, ai
suoi ordini!” scherzò la ragazza, imitando il tono ossequioso del kunoichi. Il
ragazzo era assente da un paio di giorni per motivi familiari: la vecchia
megera che si ritrovava per matrigna aveva deciso di chiudere il sexy-bar e
aveva richiesto l’aiuto del figliastro per un trasloco veloce. A quanto pareva
senza Konatsu, gli affari non procedevano per niente bene…
“Non ti ci mettere anche tu adesso!”
Akari rise allegra e andò
alla porta, dove i lievi colpi continuavano “Arrivo, arrivo!”
Sorrideva ancora quando lasciò scivolare la
porta scorrevole, aprendola sullo sconosciuto cliente e sull’ultimo temporale
di primavera.
--- --- ---
Mousse batté le
palpebre dietro gli spessi occhiali: forse era uno dei suoi soliti abbagli,
pensò. Aveva aperto la porta convinto di trovarsi di fronte
un eventuale cliente, era anche pronto a mandarlo via spiegandogli che il Neko-hanten aveva
chiuso per sempre, ma non si trattava affatto di un cliente sconosciuto.
“Ryoga?” domandò
all’immagine sfocata dinanzi a lui, per esser certo di non sbagliarsi. Gli
sembrava di intravedere una macchia gialla tra i folti capelli del ragazzo
comparsogli davanti.
“Ehm, ciao Mousse!” salutò l’altro con
un’allegria esagerata, ridendo per l’imbarazzo.
“Cosa… ti sei perso?” chiese il cinese perplesso. Non
ricordava nemmeno quando fosse stata l’ultima volta che si era trovato a cospetto di Hibiki. Forse al
mancato matrimonio di Saotome e Akane Tendo.
Ryoga sospirò e abbassò il
capo, vergognoso “In un certo senso. Mousse, posso chiederti un favore?”
“Uhm? Un favore, a me?”
“Sì. Devo arrivare in un
posto e sono già in ritardo. Mi ci porteresti?”
Questa poi! Conosceva
abbastanza quell’idiota da saperlo particolarmente sensibile ai suoi problemi
con l’orientamento (un po’ come per lui con i suoi problemi di vista…) e che accantonasse così l’orgoglio per
chiedere aiuto era davvero incredibile. Probabilmente non vedeva l’ora di
andare al dojo dalla sua Akane.
“Devi andare dai Tendo per
il matrimonio?” domandò, ancora incerto se aiutarlo o meno.
Ryoga sgranò gli occhi “Matrimonio? Che matrimonio?
Io sono diretto all’Ucchan!”
“Oh. Non sai del
matrimonio, quindi. Manchi da molto da Nerima, vero?”
Ryoga annuì. Era combattuto
tra la curiosità su questo matrimonio da un lato e dal desiderio di raggiungere Akari al più presto.
“Senti, perché non mi racconti le ultime novità
mentre mi accompagni all’Ucchan?” domandò speranzoso. Non amava
chiedere aiuto, soprattutto a Mousse che non considerava un vero e proprio amico, ma cosa altro poteva fare?
Già il fatto di esser
arrivato a Nerima aveva del miracoloso! Quando aveva notato l’insegna del Neko-hanten il cuore gli si era allargato dalla gioia: almeno era
nella città giusta! Aveva bussato in cerca di una guida perché temeva troppo di
finire con il perdersi di nuovo, ora che era a pochi passi dalla meta. Sperava
che Mousse lo accompagnasse in nome delle passate avventure almeno, d’altra
parte ne avevano davvero
passate tante insieme…
---
--- ---
“Come mai ci hai messo tanto?” per quanto si fosse sforzato,
non riuscì a nascondere il fastidio per il ritardo.
Akane ignorò il tono acido
e andò a sederglisi accanto, avevano poco tempo e non
voleva passarlo a litigare con il suo scorbutico fidanzato. “Nogata ha tardato
un po’” spiegò sdraiandosi.
Ranma sbuffò, sempre più
immusonito, ma Akane non se ne stupì. Era l’effetto che gli faceva sentire
nominare il loro futuro cognato.
“Figurarsi se il signorino
non tardava…” borbottò polemico, incrociando le mani dietro alla nuca ancor di
più. Sapeva che Akane stava guardandolo con esasperazione, ma che poteva farci
se quello non lo sopportava? Gli era stato
antipatico dal primo istante in cui l’aveva conosciuto. Anzi,
probabilmente già da prima! Quando Nabiki Tendo aveva dato la clamorosa notizia del suo fidanzamento
qualche tempo prima, il suo primo pensiero era stato che nessun essere dotato
di intelletto potesse volontariamente diventare il fidanzato di quella avida
calcolatrice. Chi, si era detto, dotato di un minimo di cervello, avrebbe messo la sua vita, e le sue
ingenti fortune nel caso specifico, nelle mani di quella ragazza? Un idiota,
appunto.
Anche se per poche ore, lui
era stato fidanzato con lei e ricordava ancora con un brivido l’esperienza.(*)
Conoscere Toshio Nogata poi
non era servito a fargli cambiare idea, al contrario: il fatto che possedesse
fascino, ricchezza e un’inaspettata intelligenza erano diventati un’aggravante agli occhi del giovane
Saotome, che aveva etichettato come uno “smidollato” il futuro marito di
Nabiki. Forse il fatto che Akane andasse in giro a sperticare le sue lodi aveva qualcosa a che
fare con tanta antipatia, non poteva negarlo…
L’unico aspetto positivo che Ranma riconosceva al
riccastro era quello di non essere Kuno. Ancora non capiva bene il perché, ma a
quanto pareva Nabiki era stata da un passo dal far diventare reale un suo
incubo, vale a dire
imparentarlo con il senpai. Per fortuna le divinità avevano fatto rinsavire
quella sciocca in tempo o la sua vita sarebbe
stata rovinata per sempre! Dava per scontato che fosse stata Nabiki infatti a
sventare la tragedia in extremis, ma ogni volta che aveva provato a chiedere
spiegazioni sulla faccenda era stato zittito da Akane. Mah, fatto stava che
Kuno era finalmente un ricordo lontano: le ultime notizie lo davano ancora in
viaggio di nozze alle Hawaii e Ranma gli augurava, e lo augurava a tutta Nerima, che la luna di miele durasse
a lungo… una cinquantina d’anni sarebbe stato l’ideale.
“Nabiki ci ha mostrato
l’abito stasera.”
Ranma si volse di scatto
verso la sua fidanzata, stupito dal tono sognante della sua voce “Eh?”
Lei annuì e si girò su un
fianco per poterlo guardare meglio “Sì, alla fine ha ceduto alle suppliche mie
e di Kasumi e ce l’ha mostrato. Dice che si
accontenta che sia una sorpresa per tutti gli altri… Io credo che non l’abbia
mostrato a nostro padre per evitare che avesse un’altra delle sue crisi.”
“A proposito, come sta
adesso il signor Soun?”
Akane ridacchiò “Tuo padre l’ha convinto ad uscire per un
po’. Dal momento che Happosai
era con loro scommetto che torneranno completamente ubriachi e forse non è una
cattiva idea: se domani pomeriggio fosse ancora alticcio, papà non
ricomincerebbe a piangere a dirotto.”
Ranma annuì, ma non poté
evitarsi di pensare che i due impiccioni numero uno non fossero in casa… anzi, a ben vedere, mancava anche la ricattatrice
esosa! Un’occasione irripetibile! Quasi impercettibilmente, si avvicinò ad Akane, troppo impegnata ad esser d’umore stranamente allegro per rendersene conto, sembrava
quasi che fosse lei quella ad aver alzato un po’ il gomito…
Guardandola infatti si poteva avere
quell’idea, dopotutto. I suoi occhi sembravano esser più vividi del solito e
poteva avvertire il calore delle sue guance persino a quella distanza! E quel risolino impertinente che
sembrava non voler sparire dalle sue belle labbra? Quasi senza volere, Ranma si
trovò a fissarle la bocca, la gola sempre più arida.
“Naturalmente non ti dirò nulla del vestito, Nabiki mi ucciderebbe!
– continuava la ragazza ignara degli sguardi e del nervosismo crescente del
fidanzato – Sono sicura che resteranno tutti senza fiato! E’ così bella! Scommetto che anche Toshio
resterà senza parole e per una volta lascerà
perdere la sua aria imperturbabile!”
Ranma si stese a sua volta
su un fianco in modo da esserle di fronte e, sperando di non esser scoperto, si
avvicinò ancor di più “Vuoi dire che quella sua espressione non è dovuta ad una paresi facciale? Ne ero convinto…”
“Ranma! Insomma, lui tra
poco entrerà a far parte della nostra famiglia, non potresti esser più
gentile?” provò a sgridarlo,
ma il sorriso aleggiava ancora per esser credibile.
Sempre più baldanzoso,
Ranma le scostò una ciocca dei capelli scurissimi e gliela sistemò dietro
all’orecchio, indugiando un po’ troppo nello sfiorarle il viso. Il cuore gli
batté più rapido quando l’espressione di lei si addolcì. Si avvicinò ancora, ora gli era così vicino
che solo un soffio li separava… e Akane non
sembrava affatto infastidita!
“Non posso essere gentile
con chi mi ha portato via preziosi minuti da passare solo con te… “
Oddio, sperava solo che
quella frase le sembrasse sdolcinata la metà di quanto era parsa a lui! Avvertì
il rossore invadergli viso e collo ma, grato, notò che
invece lei sorrideva compiaciuta. Ancora più ardimentoso, le carezzò il braccio
lasciato scoperto dal pigiama a maniche corte con la stessa mano che le aveva sfiorato il viso e fu felice di
sentirla rabbrividire.
“Stupido – mai offesa fu
pronunciata con uguale dolcezza – non è colpa di
Toshio se ho tardato. Abbiamo parlato di tante cose con Nabiki e Kasumi, mentre
lo aspettavamo…” Ranma la ascoltava appena, tutta la sua attenzione ed i suoi
sensi di artista marziale
concentrati sulle sue labbra invitanti. Le parole di Akane gli giungevano come un mormorio soffuso,
quasi un melodioso sottofondo a quel momento tanto cruciale: l’avrebbe baciata,
altrochè se l’avrebbe fatto! Quale occasione migliore? Niente panda
sghignazzante e testa di oni svolazzante all’orizzonte!
Niente macchina fotografica pronta a svergognarlo! Ah, voleva proprio vedere
cosa gliel’avrebbe impedito!
“Abbiamo parlato anche di
te e di me… e del nostro futuro…”
“Ah davvero?” mormorò
distratto Ranma, sollevandosi su un gomito e avvicinando il viso al suo.
Finalmente Akane sembrò accorgersi delle sue intenzioni e forse inconsciamente
si leccò le labbra in quello che a lui parve un gentile invito. Si chinò su di
lei, esitando solo il necessario a darle il tempo di rendersi conto pienamente
delle sue intenzioni e poter così ricambiare il bacio.
“S-sì – balbettò
Akane, battendo furiosamente le palpebre un paio di volte – Kasumi parlava di matrimonio e così…”
“Mmm… forse dovremmo
farlo...”
La baciò. Con dolcezza, al
principio… Erano davvero morbide le sue labbra. E le sue spalle, che stava accarezzando, erano
davvero così piccole! Com’era delicata la pelle del suo collo! E la
sua nuca, così esile da sembrare esser fatta apposta per riempire la sua mano,
com’era morbida!
La attirò a sé ancor di
più, inebriato da quella vicinanza assoluta eppure non sufficiente. Di più, di
più sembrava urlargli qualcosa dentro, ancora di più… Ancora di più le sue
labbra dolci, ancora di più del suo profumo, ancora di più la sua morbidezza contro di sé. La curva del seno che premeva contro il proprio
petto, il sapore delle sue labbra schiuse finalmente, il calore delle sue
braccia intorno al corpo, il battito così convulso del suo cuore che si
confondeva con il proprio… Ancora di più. Ne voleva ancora di
più.
Akane fu completamente presa alla sprovvista. Arrancando
quasi per poter ricambiare l’amore di Ranma, ne rimase quasi travolta. Non era
mai stato così…così… Era il ragazzo timido che si pietrificava al solo tenerla
per mano! Ed ora…
Si arrese a lui non senza
sbigottimento e cedette alla dolce pressione delle sue labbra così invadenti.
Fu una sorpresa, come una scossa che le attraversò il corpo facendola tremare…
ed il calore! Ranma sembrava quasi ardere contro di lei, la sua pelle era
bollente sotto le dita che quasi titubanti lo sfioravano. Per un folle,
inebriante momento, Akane pensò di arrendersi completamente a quel calore, di
abbandonarsi del tutto a quelle carezze e a quei baci esigenti, di ignorare la paura. Come poteva
aver paura di Ranma?! Era assurdo! Lui era tutto ciò che voleva, tutto il suo desiderio!
Avvertì con un ulteriore brivido il tocco ruvido e
quasi impaziente della sua lingua contro la propria e strinse ancor di più gli
occhi, decisa ad arrendersi, anzi, pronta a ricambiare ardore con ardore, forza
con forza, si strinse ancor di più a lui, lasciando che la tenerezza con cui
era cominciato quel lungo, incredibile bacio svanisse…
Fu solo quando, quasi per sbaglio, una mano le sfiorò un
seno che il panico tornò. Totale.
Ranma la sentì praticamente irrigidirsi sotto le
sue mani e fu come se un campanello d’allarme cominciasse a trillargli con
violenza nella testa, diradando le nebbia in cui si era piacevolmente
impantanato.
‘Forse dovremmo farlo’…
‘Forse dovremmo farlo?!’
Era questo che aveva detto?! Era davvero questo che le sue
sciagurate labbra si erano lasciate sfuggire?!
Maledizione, Akane era la
campionessa mondiale d’equivoci, come avrebbe interpretato una simile frase… ed
in un simile momento, poi?!
Morto. Ecco cos’era! Un
morto che ancora respirava, ma per poco, molto
poco!
Scattando all’indietro con
la velocità che solo lui poteva raggiungere, Ranma indietreggiò strisciando
carponi fino a quando la
parete bloccò la sua ritirata. Si appiattì contro di essa allarmato, imprecando per essersi costretto da
solo in un angolo, per di più lontano dalla finestra, l’unica via di fuga
accessibile.
“Parlare del matrimonio!
Questo intendevo! Lo giuro!”
urlò, serrando gli occhi e parando le braccia dinanzi al viso a mo’ di
protezione nell’attesa dell’inevitabile punizione divina con cui lei sarebbe
calata su di lui, martello o pugno che fosse.
Sempre ad occhi chiusi e
braccia sollevate, restò in ascolto, ma l’unico suono che gli giunse dopo
alcuni secondi che gli parvero eterni fu quello della pioggia scrosciante.
Niente urla.
Titubante aprì prima un
occhio, poi l’altro e chiedendosi come mai fosse ancora vivo, fissò curioso la sua fidanzata.
Akane era seduta, le mani
abbandonate sulle gambe raccolte; i capelli erano arruffati e sparati in tutte
le direzioni, il volto arrossato e le labbra spalancate in un’espressione di
muta sorpresa. In un angolo della sua mente, Ranma si chiese come potesse
essere tanto carina anche con quell’espressione da pesce rosso… Poi, notando la
parte superiore del pigiama di lei ancora tanto sollevata da scoprirle l’addome, si domandò di nuovo come mai
facesse ancora parte del mondo dei vivi.
“Akane?” domandò
tentennante, battendo confuso le palpebre. Lei non gli rispose, ma restò a
guardarlo ancora con quell’espressione scioccata in volto.
Abbassò le braccia, ancora
incredulo di aver evitato una solenne martellatura “Akane?” ripeté e stavolta
lei parve sentirlo.
Sussultò infatti e batté a sua volta le palpebre, gli occhi
stranamente lucidi “Di- dicevi sul serio?”
“Uhm?” di cosa stava …
“Del matrimonio… del nostro matrimonio, dicevi sul serio? Vuoi davvero parlare
del nostro matrimonio?”
Oh, allora era per quello!
Sollevato Ranma tornò a respirare con maggiore tranquillità, ma il sollievo
durò poco. Aveva parlato davvero di matrimonio? Sì, a quanto pareva… ‘Cavoli…’
Si grattò la nuca, agitato
quasi come quando credeva che lei volesse malmenarlo per aver equivocato le sue
parole. Perché dava sempre aria alla bocca senza pensare prima? Era così preso dal suo intento di baciarla
da non aver dato peso alle proprie parole, che idiota! Certo, era stato un gran
bacio, un bacio favoloso anzi, ma adesso? S’impose di ragionare, questa volta: non poteva dire la prima
cosa che gli passava per la testa, o Akane l’avrebbe ucciso davvero!
Così, nello sforzo di
pensare a come cavarsi dall’impiccio e pressato dallo sguardo inquisitorio
della ragazza, fece l’unica cosa possibile, vale a dire fece a se stesso la domanda che lei gli
aveva appena posto. Voleva davvero parlare di matrimonio tra loro?
La guardò, indugiando il
tempo necessario ad osservarla, ad osservare la ragazza di cui era innamorato. Quello però era il punto: ne era abbastanza innamorato da impegnarsi in una
promessa tanto precoce? Non aveva ancora 18 anni! Era assurdo, e questo anche
Akane doveva pensarlo, ma forse non era una proposta di matrimonio quello che
lei cercava… Forse quello che lei voleva non
era che un altro modo di dirle quanto la amasse e se davvero era
questo che desiderava, allora trovare una risposta sarebbe stato più facile del
previsto.
Abbassò il capo, si
vergognava adesso che tutta la spavalderia occorsa per baciarla in quel modo
era scomparsa e annuì “Non… non ne parlerei con nessun...” sussurrò, sincero.
“Oh, Ranma!” la tenerezza e
la gioia che colmarono la voce di lei, colmarono invece lui di panico.
“Questo… questo non vuol dire che ci sposeremo presto! O
che… insomma, lo faremo sul serio, cioè,
ora come ora non mi viene nessun altra in mente con cui potrei davvero… Ma non
è un… ecco, non siamo i nostri genitori noi, no? Parlarne non vuol dire…
insomma, questo non vuol dire che devi precipitarti a scegliere un vestito anche tu! Ho il mio addestramento
da portare a termine, mentre tu devi ancora imparare a come cucinare un uovo,
mi avveleneresti i primi mesi! E non voglio immaginare a quello che combinerebbero quei due sciagurati dei
nostri padri se sospettassero che ne parliamo! Lo sai che tuo padre non
reggerebbe a due matrimoni nello stesso anno?”
Akane lo guardò agitarsi
con un sorriso indulgente sulle labbra ancora pulsanti per il bacio di prima.
Per una volta, si disse, il martello poteva aspettare.
--- --- ---
“Chi era?”
Akari ritornò a sedersi,
stringendosi forte tra le braccia per combattere il freddo che l’aveva
investita aprendo “Volevano un’informazione, purtroppo non sono stata utile… Conosci un locale che si chiama Tiger Eyes?”
Ukyo aggrottò le
sopracciglia, pensando al nome che le era in qualche modo familiare, poi si strinse nelle spalle “Forse è nuovo. Speriamo
che non sia un’altra okonomiyakeria o avremo della concorrenza!”
“Le tue okonomiyaki sono le
migliori del mondo, non hai da temere – la blandì l’amica, tornado a sedere –
Potrebbe essere un ristorante cinese, non ce ne sono molti a Nerima.”
“Con il Neko-hanten chiuso, farebbe ottimi affari – la cuoca sorrise
impertinente – anzi, da quando quel postaccio ha chiuso, anche io ho
incrementato gli affari! Ora è l’Ucchan che può vantare la cameriera più
graziosa e questo attira i clienti quasi quanto il buon cibo!”
“La cosa mi farebbe più
piacere se sapessi che non stai parlando di Konatsu… e sarebbe ancora meglio se
non fosse la verità!” commentò Akari con un sospiro mesto con il quale Ukyo non
poté che concordare.
“Non dirlo a me… - altri
colpi alla porta superarono il fragore del temporale con maggiore insistenza di
prima - Oh, ancora? Lascia, stavolta vado io” con un salto, Ukyo abbandonò il suo posto e
stiracchiandosi si avviò verso la porta dove i colpi continuavano imperterriti.
Chissà, forse ancora qualcuno che cercava quel posto… com’è che aveva detto
Akari? Tiger Eyes? Uhm, era un gran bel nome,
sapeva d’esotico al punto giusto. Magari se era un locale nuovo, potevano farci un salto, così tanto per
saggiare la concorrenza… ‘E poi un’uscita tra amiche sarebbe proprio
divertente!’
Quando aprì la porta, il
primo pensiero di Ucchan fu
che forse aveva davvero lavorato troppo ultimamente. Battendo le palpebre
osservò la strada vuota dinanzi a sé: allucinazioni uditive? Non c’era nessuno!
Possibile che…
Qualcosa le sfiorò una
gamba, costringendola ad abbassare lo sguardo: per questo non aveva visto
nessuno, si disse scuotendo la testa.
“Akari…”
“Sì?”
“Che tu
sappia abbiamo ordinato del maiale e dell’anatra per
stasera?”
Ai suoi piedi, un maialino
nero con tanto di bandana al collo saltellava raggiante, mentre un’anatra con
degli spessi occhiali ed un ciuffo sbarazzino sospirava triste.
--- --- ---
Pioveva quella sera su
Nerima, ma quasi nessuno pareva farci caso…
The End
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Note: (*) Nabiki e Ranma
sono stati fidanzati, per fortuna per un breve periodo, quando in seguito ad
una lite tra sorelle fu ‘gentilmente’ passato da una all’altra. Nel
manga della Star Comics, versione collana Neverland, questa spassosa (non per Ranma) vicenda è narrata nell’albo n.
24, nei capitoli intitolati: “Non ho bisogno di te”; “La verità dichiarata”; “I
sentimenti di Nabiki”; “Perdonami, Ranma”; “Perdonami, Akane”; “Il labirinto
dell’amore e della vendetta”.(p.p. 1-80)
Carla’s Corner:
Quanto tempo eh? Ragazzi,
non so più in che modo chiedere scusa, per cui, per
non offendere oltre la vostra pazienza, non lo farò. Spero
solo che vi sia rimasto un briciolo di pazienza per me e per le mie storie.
Vi assicuro che sono comunque dispiaciuta per la
lunga, lunga attesa. A parte questo, siamo giunti alla fine
di questa fiction… è un momento strano, sapete? Non credevo di
arrivarci! E tra un po’ si ricomincia, non vedo l’ora!
Che dire? Ringrazio tutti
quelli che mi hanno commentato, tutti coloro che mi
hanno scritto e-mail alle quali ho tentato di rispondere quando possibile.
Chiedo eventualmente scusa a coloro per i quali ciò
non è stato possibile. Vi ringrazio per l’affetto, la vicinanza e per non
esservi mai dimostrati insofferenti per le mie lunghe pause: non ho ricevuto una sola mail risentita e sì che forse qualcuna me la sarei
aspettata! Grazie, grazie, grazie!
Ringrazio anche tutti che
si sono espressi circa il titolo dell’ultima parte della trilogia che, a questo
punto è ovvio, si intitolerà “L’Ultimo desiderio”.
Questa ultima opzione ha stravinto a mani basse,
contando anche i voti giunti fuori tempo massimo, il risultato sarebbe stato lo
stesso, quindi chi sono io per oppormi al volere del popolo lettore?
Ringrazio Muttley aka Silvia, per avermi prestato il computer nel momento del bisogno e per avermi
suggerito una delle battute di questo capitolo. Mi spiace non aver potuto
accontentare nessuna delle tue richieste, ma concordo in pieno con te per quel
che riguarda Ryoga.
Ringrazio anche la mia
beta, Cri per la gentilezza e la consulenza. Per chi non lo sapesse Cri è conosciuta nel mondo delle fic italiane di Ranma come Tiger
Eyes, nickname che non a caso compare
nella parte finale di questo capitolo: è un piccolo omaggio alla tua bravura,
oltre che un indegno premio al fatto che il tuo, cara Crissy, sia stato il centesimo commento. Ora mi
toccherà pensare a cosa fare per il 150°, ma m’inventerò qualcosa…
Un bacio e lasciatemelo dire un’ultima volta in questa fiction: i personaggi
che ho tanto maltrattato, fino a renderli spesso irriconoscibili non sono
assolutamente miei, tranne qualche piccola eccezione, ma appartengono alla
geniale principessa dei manga, RumikoTakahashi. Per cui, vi prego, non occorre denunciarmi per lo scempio fatto, dal momento che non un soldo è stato
ricavato da quest’opera.
A presto!