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Autore: Breed 107    27/04/2007    10 recensioni
Salve! Questa storia è il seguito di ''Qualcosa da desiderare'' e costituisce la seconda parte di una trilogia. Ora che Ranma ed Akane hanno confessato finalmente i propri sentimenti, nulla sembra impedir loro di essere felici... ma non è così.COMPLETA! "REVISIONATO" ANCHE ULTIMO CAPITOLO
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ranma Saotome
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Ancora qualcosa da desiderare

di Breed 107

 

Capitolo diciannovesimo

 

Pioveva. Figurarsi…

Chissà se esisteva al mondo un luogo più piovoso di quello? Se l’era sempre chiesto, eppure ne aveva visitati tanti di posti nel suo eterno peregrinare.

Spesso aveva avuto la tentazione di chiedere ai Tendo, gli unici originari di Nerima che conoscesse, se il tempo instabile che caratterizzava la cittadina fosse sempre stato tale. Era una supposizione sciocca, ma non di rado aveva pensato a tutta quella pioggia come ad un optional gentilmente offerto dalle divinità ai maledetti di Jusenkyo: un pacchetto all-inclusive davvero irritante!

Come non pensarlo del resto? In quale altra parte del pianeta pioveva magari solo per alcuni secondi, giusto il tempo di trasformare il poveretto di turno in ragazza, oca o mailino nero proprio nel peggior momento possibile, per giunta?

Il ragazzo strinse ancor più saldamente l’impugnatura del suo fedele ombrello e aumentò l’andatura. Sperava solo di non bagnarsi prima di aver raggiunto il suo obiettivo; in realtà non aveva la minima idea di quanto ancora gli mancasse per raggiungere l’okonomiyakeria verso il quale era diretto, ma contrariamente al solito Ryoga Hibiki era ottimista.Nonostante la pioggia, nonostante la propria tendenza a perdersi in un metro quadrato, nonostante tutto appunto, non poteva che sentirsi euforico.

Nervoso ma non di meno euforico. Impaziente anche, ma sapeva che se si fosse dato troppa fretta probabilmente avrebbe finito per ritrovarsi ad abbronzarsi tra le palme d’Okinawa. Non poteva concedersi ulteriori perdite di tempo, Akari aveva aspettato fin troppo.

Un pensiero subdolo lo fece rabbrividire più della pioggia che continuava ad imperversare su Nerima: e se lei si fosse stancata di aspettarlo? Dopotutto, ne avrebbe avuto ben donde.

Era andato via un pomeriggio di ben cinque mesi prima lasciandola solo con una promessa vuota e la triste aspettativa di una lunga attesa, chi avrebbe potuto darle torto se avesse deciso di andarsene rinunciando per sempre a lui? Suo compagno di viaggio persino più fedele dell’ombrello di bambù, il senso di colpa tornò a tormentarlo.

Dopo quello che aveva fatto passare ad Akari, aveva avuto persino la faccia tosta di chiederle di aspettarlo! Come aveva potuto?! E come poteva ora, dopo tutti quei mesi in cui non aveva dato mai notizie di sé, pretendere che lei fosse lì dove l’aveva lasciata, da Ukyo, pronta ad accoglierlo a braccia aperte?

Cinque mesi erano lunghi, infinitamente lunghi, quasi interminabili per chi non aveva altro a cui aggrapparsi che una promessa flebile quale era stata la sua.

Ryoga si morse il labbro inferiore per impedirgli di tremare e renderlo ancora più patetico di quel che era. Non voleva rovinare quel momento con la propria negatività, voleva sperare e sognare.

Regalarsi una dolce illusione non era una novità per lui, dopotutto: quando ancora si credeva follemente innamorato d’Akane era stato il pensiero, l’illusione appunto, che lei potesse prima o poi ricambiarlo a dar forza ad ogni sua azione, a dare la spinta ad ogni passo. Stavolta però aveva qualcosa di più solido di un amore indefinito… Stavolta Ryoga Hibiki era certo di essere davvero innamorato.

Da quando quel pomeriggio aveva salutato lei ed una Ukyo ancora furiosa, Akari era sempre nei suoi pensieri, la sua immagine dolce e sorridente l’aveva accompagnato ovunque. Persino nei sogni il suo bel viso aveva fatto capolino, riscaldandogli l’animo come mai Akane aveva potuto fare… Certo, la giovane Tendo non era sparita dal suo cuore, impossibile! Ma tutto quello che era accaduto, da quando aveva scoperto l’identità di P-Chan fino a quando lui non aveva lasciato Nerima, gli avevano aperto gli occhi su molte questioni: il suo affetto spropositato per Akane era una di queste.

Akane era stata il suo primo amore. Gli piaceva crederlo, così come gli piaceva pensare che poche persone avrebbero rivestito meglio un tale ruolo. Akane era bella, gentile, dolce, comprensiva, ma anche volitiva, coraggiosa; leale con le rivali, non era mai ricorsa a trucchi e sotterfugi per conquistare nessuno. Come non adorarla? Come non idealizzarla?

E questo lui aveva fatto: da sempre desideroso d’amore, aveva posto su un piedistallo la dolce Akane rimanendo cieco ai difetti che pur aveva, anzi, negandoli con tutte le sue forze quando qualcuno, Ranma per lo più, ne faceva cenno. No, Akane era perfetta per essere amata. In più Akane non lo amava.

Quando aveva cominciato a valutare seriamente questo aspetto, come dire, masochistico del proprio amore per lei, Ryoga ne era rimasto come minimo sconcertato. Ma più ci aveva pensato in quei mesi d’esilio forzato da Nerima, più gli era sembrato plausibile. Insomma, non poteva negare di aver un temperamento un tantino melodrammatico ed estremo a volte, per cui niente di più facile per lui che gettarsi nel cliché dell’amore impossibile per eccellenza, vale a dire innamorato di chi non l’avrebbe mai ricambiato.

Su questo non c’erano dubbi e provava vergogna per quando, in passato, aveva pensato che Akane potesse mai contraccambiarlo, era impossibile. Lui era sempre stato un amico, il suo migliore amico voleva sperare, ma nient’altro. L’amico gentile che ti riempie di souvenirs al ritorno di uno dei suoi strampalati viaggi, pronto ad aiutarti e farsi in quattro per te, ma al quale mai e poi mai potresti donare il tuo cuore. Non esiste…

Innamorato dell’amore, ecco come avrebbe potuto definirsi.

E poi c’era Ranma.

Ryoga sorrise al pensiero del suo arcirivale. Sperava che ciò non risuonasse troppo… ambiguo, ma doveva ammettere che la sua vita fino a quel momento era stata piena di Ranma Saotome. Era come se, in maniera contorta, la sua stessa esistenza fosse legata al ragazzo con il codino. Chi il suo nemico numero uno? Chi l’essere responsabile delle proprie disgrazie? Chi il suo più instancabile tormentatore? Chi infine colui che trovava sempre il modo per prenderlo in giro e sfruttarlo per i propri comodi?

Ranma. Ma anche chi l’unico che riuscisse a stimolarlo? A spingerlo oltre i suoi limiti per provare ad essere sempre migliore? Chi quello che aveva provato ad aiutarlo proprio con Akari? Chi lo aveva considerato così pericoloso per il proprio amore da provarne gelosia?

Chi, infine, che Akane amava?

Sempre e solo Ranma.

Forse era sbagliato pensarlo, ma Ryoga credeva che se la ragazza non fosse stata così irrimediabilmente innamorata di Saotome, l’infatuazione per lei sarebbe durata molto, molto meno. Non era edificante pensarlo, ma lei era stata sovente un bellissimo e prezioso premio in palio tra loro due, un ennesimo terreno di sfida tra due litiganti.

Quindi, in sostanza, era mai stato Ryoga Hibiki innamorato di Akane Tendo? Sì, innamorato sì, ma per i presupposti più sbagliati.

Innamorato di un ideale, di una sfida, di una voglia di rivalsa contro lo storico rivale, ma mai forse innamorato di Akane come persona, come essere umano. Ranma sì, lui sì che l'amava per i suoi mille pregi, ma anche nonostante i difetti… Ranma aveva visto la dolcezza vera d’Akane dietro la violenza, la gentilezza dietro la testardaggine, la grazia del cuore dietro la goffaggine, mentre lui, Ryoga, aveva idealizzato le sue virtù senza mai vederle davvero.

Ed Akari in tutto questo? Akari era stata a lungo tempo il balsamo del suo animo ferito. Il calore dell’amore, la certezza di contare per qualcuno al mondo, di poter dire “per lei, esisto”. Valere agli occhi di qualcuno…

Però Akari non lo aveva idealizzato, lo aveva sempre e solo accettato. Aveva accettato la sua maledizione come se fosse una benedizione; persino l’eterno disperdersi per il mondo non aveva intaccato il suo amore adamantino.

Per questo adesso, sotto la pioggia scrosciante di Nerima, Ryoga si teneva stretto alla speranza come al suo ombrello, perché Akari lo aveva sempre accettato, nel bene e soprattutto nel male. Lei gli aveva insegnato cos’era l’amore adulto, quello che non mette sul piedistallo, ma che viene prima di tutto, prima di se stessi, prima del proprio orgoglio.

Ryoga sorrise, per nulla stupito dal calore che lo invase. Era bello tornare da lei…

Impiegò alcuni secondi a riconoscere il posto, non scorgendo subito l’insegna sferzata dal vento. Si fermò stupito lui per primo per esservi effettivamente giunto.

Era lì, Akari era oltre quella porta scorrevole… Un solo istante d’incertezza, il tempo necessario a scacciare la timidezza e poi, risoluto come non era mai stato, alzò una mano per bussare.

Era davvero tornato…

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Tutto era pronto. Tristemente pronto.

Gli occhi violetti si posarono a turno sulle grandi valigie accantonate vicino alla porta. Era strano pensare che la loro vita a Nerima potesse racchiudersi in un paio di valigie ed un fagotto… Tutto quello che avevano passato, poteva essere raccolto in un così misero insieme? Era crudele. E triste.

Un sospiro lasciò le belle labbra, un sospiro per provare a diminuire l’oppressione che sentiva in petto, ma naturalmente fallì. Non c’era modo per allentare quella morsa dolorosa, inutile ingannarsi.

“Shan-po?”

“Cosa vuoi?”

Mousse sorrise, per nulla sorpreso dal tono acido di lei. Anzi, per quanto assurdo potesse sembrare, se ne compiaceva: senza, non sarebbe stata la vera Shan-po.

Lo sapeva, lo vedeva dalla luce che a volte le illuminava lo sguardo, lei probabilmente pensava di esser cambiata, di non essere più la stessa da quando aveva affrontato Akane Tendo su quel ponte quella che sembrava un’eternità prima, ma si sbagliava. Nonostante la miopia, Mousse sapeva anche che in fondo a quegli occhi afflitti, la sua Shan-po c’era ancora; dietro i modi innaturalmente pacati e l’apparente apatia, la sua Shan-po c’era ancora. La vedeva. La riconosceva.

Chi altri avrebbe potuto, d’altra parte? Aveva passato la vita a guardarla… o meglio, a sentirla. Aveva dovuto far affidamento all’istinto più che alla vista, ma il risultato non cambiava. Nessuno al mondo conosceva l’asprezza di Shan-po meglio di lui.

Ora faticava a venir fuori, per lo meno con gli altri, ma con lui… no, con lui no. Con lui Shan-po poteva esser se stessa. E ciò gli bastava perché sapeva che nessun altro al mondo poteva affermare lo stesso.

“Obaba vorrebbe parlarti.”

La ragazza sollevò il volto che teneva poggiato alle piccole mani aggraziate e lo guardò aggrottando le sopracciglia “Vuole vedelmi? Pelché?”

“Credo sia per la storia del matrimonio. Penso voglia ancora convincerti ad andarci.”

La giovane cinese non parve stupita e tornò a fissare le valigie “Pel salvale onole di Shan-po…” mormorò in un soffio. Non era una domanda, ma Mousse annuì lo stesso.

“Ed anch’io penso che dovremmo esserci.”

A quelle parole lei si volse di scatto a fissarlo, lo sguardo furioso “Come se a Shan-po impoltasse cosa pensa lagazzo papela! Shan-po non vuole andale e non ci andlà! Nemmeno Obaba può dile cosa fale a Shan-po, non più! Non c’è più onole da salvale!”

“L’onore non c’entra… Non so perché la vecchia mummia insista tanto, ma io credo che dovresti andarci per i nostri amici.”

Shan-po strinse i pugni, ora raccolti in grembo. Il silenzio scese quasi compatto sul ristorante vuoto, interrotto solo dal rumore della pioggia.

Mousse notò che l’incarnato della sua adorata sembrava ancora più pallido alla fioca luce dell’unica lampada lasciata accesa nella sala. C’era qualcosa di spettrale in un ristorante vuoto ed avvolto nel buio, pensò fuggevolmente il cinese, forse perché lo si associa sempre alla tanta gente che lo frequenta di solito, o meglio nel caso del Neko-hanten, che lo aveva frequentato. Ormai era chiuso da tanto di quel tempo che persino i clienti più affezionati avevano smesso di venire a domandare quando avrebbero potuto assaggiare di nuovo le delicatezze esotiche di Obaba. La lunga chiusura aveva dato a quel posto un’aria d’abbandono davvero malinconica e Mousse non capiva perché Shan-po passasse così tanto del suo tempo a fissare i tavoli spogli e le sedie ammonticchiate in un angolo.

“Non sono amici. Akane non è amica.”

“Ci hanno invitato al matrimonio, forse loro ci considerano amici, non credi?” provò conciliante lui, ottenendo solo uno sbuffo infastidito.

“Celto è idea di Nabiki Tendo pel legalo.” Non le si potevano dare tutti i torti, pensò Mousse decidendo di smetterla con tanti giri di parole e di arrivare al dunque.

Scostò la sedia accanto a quella della sua amata e sedette, poggiando le mani sulla liscia superficie del tavolo. Poi inspirò, per darsi coraggio “Io penso che tu ci voglia andare.”

“Lagazzo papela è tloppo stupido pel pensale e…”

“Tu lo vuoi rivedere no?”

Shan-po sgranò gli occhi, sorpresa non tanto dalla perspicacia di Mousse quanto dal fatto che lui sembrava volesse spingerla ad andare, a rivedere Ranma. Abbassò lo sguardo indaco e quasi per caso osservò le grandi mani del ragazzo sporgere dalle maniche della sua tunica bianca. C’era qualcosa di strano in quelle mani…

“E credo anche che tu non veda l’ora di poter litigare di nuovo con Akane Tendo. Quale migliore occasione se non un matrimonio?”

Shan-po si morse le labbra. Era quasi offensivo pensare che lui riuscisse ad indovinare in maniera tanto eclatante i propri desideri! Era così facile leggerle nel cuore? Che amasse ancora Ranma era fin troppo ovvio, ma la struggente e assolutamente assurda nostalgia per le discussioni con quella violenta avvelenatrice di pasti? Era un sentimento così sconcertante che uno stupido come Mousse non poteva comprenderlo, non lo capiva lei per prima!

“Le tue mani – sbottò all’improvviso, cogliendo il ragazzo di sorpresa – Sono… sono senza felite. E’ plima volta che Shan-po le vede così.”

“Le mie…? Oh, sì, è vero. Forse perché non combatto più con Saotome da un pezzo…”

A giudicare dal tono con cui aveva detto quella frase, Shan-po cominciò a domandarsi chi tra loro due avesse più nostalgia per il loro recente passato: possibile che a Mousse mancasse Ranma nello stesso modo in cui Akane mancava a lei?

“Mousse vuole andale a matlimonio, velo?”

Un sorriso convinto si fece largo sul volto serio del cinese; annuì con convinzione, la luce debole che si rifletteva nelle spesse lenti “Sì. Tu non sai per quanto tempo ho sognato di vedere Ranma ed Akane insieme, di vederli come veri fidanzati. Quando ero ancora convinto che bastasse farli innamorare sul serio per far sì che tu t’accorgessi di me, era uno dei miei desideri più grandi! E poi non mi perderei l’occasione di prendere in giro Saotome per nulla al mondo... Ma se tu non vuoi andarci davvero, Shan-po, allora non ci andremo! Forse è troppo per te, lo capisco, ci vorrà del coraggio per presentarsi lì e…”

“Tloppo?! Tloppo pel me?! – ferita nell’orgoglio, la ragazza scattò in piedi, gli occhi come braci ardenti – Salà senza onole , ma Shan-po ha ancola suo colaggio! Nulla è tloppo pel Shan-po, stupido papelo miope! Andlemo a matlimonio e legalo di Shan-po salà più bello di tutti! Così bello che Nabiki Tendo limallà a bocca apelta!”

A Mousse non restò che annuire vedendola allontanarsi verso le scale, diretta al piano di sopra dove avrebbe detto alla vecchia che al matrimonio previsto per il pomeriggio successivo loro ci sarebbero stati, altrochè!

Chi l’avrebbe mai detto che proprio lui, tra tutti, riuscisse a manovrare la piccola ed adorata Shan-po? Un sorrisetto beffardo si dipinse sul suo volto compiaciuto. Chissà, forse vedendo quanto felici fossero Ranma ed Akane, lei si sarebbe arresa ed avrebbe finalmente capito che nessuno, nessuno al mondo era più adatto di lui a renderla ugualmente felice. Si allenava da una vita per quello!

Un colpo lieve alla porta lo strappò a quelle considerazioni forse un tantino vaneggianti e, domandandosi chi fosse a bussare con un tempo simile alla porta di un ristorante chiuso da mesi, si alzò per andare ad aprire.

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Pioveva. Non era una novità quella, pensò Ranma con un mezzo sorriso ironico: probabilmente non esisteva al mondo un altro posto dove piovesse tanto quanto Nerima.

'Fa’ quel che vuoi, scatenati pure…' pensò il ragazzo, osservando le gocce di pioggia infrangersi contro la piccola finestra della sua camera. Che piovesse pure tutta l’acqua del cielo! Fino a quando lui era lì, sdraiato su un caldo futon nell’ex-soffitta del dojo, gli elementi potevano scatenarsi quanto volevano. Era felice quella sera, Ranma Saotome.

Varie erano le cause che contribuivano a renderlo tale, contento e soddisfatto. Tanto per dirne una, era al coperto mentre fuori si scatenava uno degli ultimi temporali primaverili; l’estate era alle porte e questo avrebbe voluto dire vacanze e addio scuola per un po’… come non esser contenti di questo? Poi, particolare di non poco conto, Ranma era deliziosamente sazio, il che era da sempre motivo di gioia per lui. Kasumi aveva dato proprio fondo alla propria arte nella cena di quella sera ed il risultato era una famiglia felice e satolla. Ma c’era dell’altro.

Tra poco lei sarebbe arrivata. Avrebbe bussato delicatamente alla porta e dopo qualche istante sarebbe entrata senza nemmeno attendere risposta. Lei ed il suo sorriso si sarebbero avvicinati, facendogli battere il cuore un po’ più velocemente e poi gli si sarebbe sdraiata accanto… Ranma si morse il labbro inferiore: non c’era da stupirsi che quello fosse diventato il momento più atteso dell’intera giornata.

Da mesi oramai tra loro avevano istituito quella sorta d'abitudine, anzi sbilanciandosi avrebbe persino potuto definirlo come un rito personalissimo e che lui voleva restasse tale. Ricordava sempre con un palpito come Akane avesse dato il via al tutto, una sera di mesi prima.

Al ritorno dal bagno serale l’aveva trovata proprio lì dove ora lui se ne stava beatamente sdraiato, sul suo futon; stupito l’aveva guardata ad occhi sgranati, troppo confuso per domandarle qualcosa. L’espressione tranquilla di lei poi era stata assolutamente inspiegabile: come faceva a starsene lì, seduta sul suo letto con indosso solo un pigiama giallo, sfoderando il sorriso più dolce dell’universo… così, come se nulla fosse? Era arrossito di fronte a quel sorriso tenero e si era grattato la nuca, al colmo dell’imbarazzo.

“Ti spiace?” aveva chiesto lei, senza smettere di sorridergli. Aveva anche leggermente inclinato il capo nel domandarglielo e chissà perché a Ranma era parsa più femminile.

“Eh? Cosa?” aveva domandato lui, non molto brillantemente a dire il vero.

Akane aveva riso del suo impaccio “Ti va di fare due chiacchiere?” aveva precisato e, con sommo sbalordimento del povero ragazzo, aveva dato un paio di colpetti al futon proprio accanto a lei ad indicargli di sederle accanto.

“No, non mi spiace” aveva risposto scuotendo la testa, una volta recuperato un po’ il bene della parola.

Spiacergli? Di restare solo con lei? Mai nella vita! Insomma, nonostante avessero da poco dichiarato al mondo di esser innamorati, la situazione non era cambiata molto per certi aspetti: dovevano ancora arrabattarsi per strappare qualche brandello d’intimità. Quale altro ragazzo doveva combattere per le attenzioni della propria fidanzata con la curiosità imbarazzante di due padri impiccioni, una cognata mercenaria priva di scrupoli ed uno stuolo imprecisato di conoscenti ed amici, che sembrava sbucar fuori nei momenti più impensati? Ranma non ricordava nemmeno quando era stata l’ultima volta che aveva potuto baciare Akane senza timore d’essere fotografato, ricattato, preso in giro o guardato storto!

Quella sera comunque, con un po’ di macchinosità nei movimenti si era lasciato cadere a terra restando il più possibile distante da lei e questo le aveva strappato un'altra risata. “Se rimani laggiù dovremo urlare per parlare, vuoi che ci sentano i nostri genitori?” aveva chiesto, facendogli poi segno di avvicinarsi.

Chissà da dove diavolo usciva tanta disinvoltura? Lui da vero imbranato era arrossito fino alle orecchie, mentre la sua fantasia iper-sensibile già vaneggiava su possibili motivi per cui lei non volesse farsi sentire dal proprio padre…

Scortato dal sorriso imperterrito della fidanzata era andato a sederle accanto, tanto vicino questa volta che le loro spalle si erano sfiorate, il che ne aveva intensificato il rossore del volto, mentre Akane sembrava esser perfettamente a proprio agio.

La fervida fantasia del ragazzo si era però sbagliata, tutto quello che Akane voleva fare era proprio ciò che aveva detto: parlare; a distanza di tanto tempo Ranma non voleva ancora ammettere di esserne rimasto un po’ deluso…

Avevano chiacchierato di cose sciocche per lo più, soffermandosi a commentare le reazioni dei loro amici alla rivelazione del secolo come l’aveva scherzosamente battezzata Hiroshi. Akane gli aveva raccontato come Yuka e Sayuri si fossero dette stra-convinte che sarebbe finita così visto che, assicuravano loro, avevano sempre saputo quanto i due riottosi fidanzati si volessero bene in verità.

Era stato piacevole chiacchierare mentre la sera avanzava, parlare e basta e quando lei era andata via, il casto bacio sulla guancia era sembrato un perfetto finale per quello che lui aveva creduto esser un semplice interludio. Per fortuna si era sbagliato: Akane si era ripresentata la sera dopo e l’altra ancora e non aveva più smesso.

E poi, pensò Ranma avvertendo un calore non inaspettato al volto, c’era stata una sorta d’evoluzione, di magnifica e trepidante evoluzione: a partire da un momento imprecisato, Akane aveva smesso di salutarlo con il canonico bacio sulla guancia per sfiorargli le labbra in un bacio altrettanto innocente, ma certo più intimo. In effetti, non c’era davvero da stupirsi che quello fosse il momento più atteso del giorno.

Gli occhi del giovane abbandonarono per un istante la visione della pioggia ora più insistente e rumorosa, per volare alla porta della soffitta sperando di vederla aprirsi proprio in quel momento, ma come era accaduto le ultime volte che aveva guardato in quella direzione, rimase ben chiusa. L’artista marziale sbuffò e si agitò un po’, sistemando meglio le mani dietro al collo: che stava combinando quella sciocca? Fino a mezz’ora prima aveva sentito il suono argentino della sua risata attraverso le assi del pavimento, risata imitata poi da Kasumi; Nabiki aveva detto qualcosa, ma lui non era riuscito a coglierne il significato.

Si chiedeva se il fatto che non sentisse più alcun suono provenire dal piano di sotto significasse che il conciliabolo delle sorelle Tendo fosse finito. Arricciò il naso, inevitabilmente infastidito: dove diavolo era Akane?

I suoi occhi tornarono a fissare la porta, ma anche stavolta fu deluso. Intanto la pioggia cadeva sempre più fitta, come se avesse fretta di annunciare la fine della primavera nel modo più chiassoso possibile; sempre più stille infatti tamburellavano sulla liscia superficie del vetro della finestra ed il loro rumore aritmico e martellante certo non favoriva l’umore del ragazzo che stava velocemente cambiando.

Non gli andava giù quella storia, per nulla…

Sbuffando si mise a sedere, le mani affondarono nel soffice futon su cui era steso. Era titubante: avrebbe voluto alzarsi, scendere la stretta scalinata, andare di sotto e reclamare la propria fidanzata. Chi avrebbe potuto dargli torto, dopotutto? Quello era il loro momento, il loro spazio, avevano faticato tanto a renderlo esclusivo!

Abbandonò il proposito quasi subito, il pensiero dei lazzi che un simile comportamento avrebbe attirato lo scoraggiò; già doveva sopportare quotidianamente le pesanti insinuazioni di Nabiki e le raccomandazioni di Soun. Comprendeva perché il capofamiglia potesse esser preoccupato, ma essere minacciato dal padre della propria fidanzata trasformato in una specie di oni che lo inseguiva per casa intimandogli di comportarsi come un gentiluomo e di non provare a fare niente di compromettente, pena la sua stessa vita… beh, era spiacevole, molto spiacevole.

“Dopotutto se non ci vediamo per una sera…” borbottò, gli occhi talmente inchiodati alla liscia superficie della porticina da lacrimargli.

Appena udibile tra lo scrosciare della pioggia, un colpo lieve lo fece sussultare.

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Ukyo richiuse la rivista con uno sbuffo annoiato. Il mal tempo teneva lontano gli avventori quella sera e ben pochi erano i coraggiosi che si erano avventurati fin lì per un’okonomiyaki.

Poggiò il viso alle mani incrociate e lasciò correre lo sguardo per il locale semi-deserto, soffermandosi appena sulla giovane coppia che occupava uno dei tavoli in fondo, le uniche persone presenti tranne i due dipendenti dell’Ucchan. Probabilmente si trattava di un primo appuntamento, pensò di sfuggita la cuoca notando l’aria felice di lei e quella un po’ imbarazzata di lui.

Appena i due fidanzatini sarebbero andati via avrebbe chiuso, dando fine a quella serata infruttuosa e uggiosa non solo per il clima. Si sentiva intimamente irrequieta, la giovane cuoca quella sera.

Lasciando perdere la coppia, Ukyo volse la propria attenzione alla bacheca quadrata che da un po’ di tempo faceva bella mostra accanto al bancone, un’idea di Akari. Una buona idea, doveva ammetterlo: in quel modo teneva sempre a portata di vista le varie fatture che fin troppo spesso il parsimonioso Konatsu dimenticava di pagare, forse perché ancora restio a separarsi dal denaro anche non suo.

La lettera che però faceva bella mostra di sé appuntata proprio al centro della bacheca di sughero non era una bolletta che il kunoichi aveva volutamente dimenticato. Con un sospiro stanco e maledicendo se stessa a mezza voce per esser incapace di trattenersi, Ukyo si alzò dallo sgabello e si avvicinò al biglietto fissandolo accigliata per qualche secondo, prima di staccarlo dall’attache. Lo soppesò tra le mani, sorprendendosi ancora dell’estremo biancore della carta e della sua levigatezza: un invito di gran classe, non c’era dubbio.

Aprì l’involucro per quella che valutò essere almeno la decima volta e lasciò che il sottile cartoncino le scivolasse tra le dita; osservò i kanji stampati in inchiostro argentato, sobri nonostante il colore non certo ortodosso e valutò ancora positivamente il tono misurato dell’invito. Se il matrimonio fosse stato elegante la metà di quell’invito, di certo il dojo Tendo avrebbe avuto una cerimonia con i fiocchi… questa volta.

Scuotendo la testa, ripose la busta al suo posto, punzonandola con maggior forza del necessario in uno scatto d’ira superflua. Non capiva perché volesse farsi del male a tenere quell’affare sotto il naso tutto il giorno! Era una masochista per caso? Non capiva perché non l’avesse buttato nel cestino appena arrivatole la settimana prima, tanto era chiaro che non sarebbe mai e poi mai andata a quel matrimonio, quindi perché conservare quel maledetto invito?

Quando aveva voglia di ingannarsi, si raccontava di non averlo fatto perché si trattava di un invito rivolto non esclusivamente a lei; i nomi di Konatsu, Akari e persino di quel debosciato di Ryoga erano stati gentilmente inclusi oltre al suo, quindi a rigor di logica la richiesta di voler “cortesemente partecipare alla felicità della famiglia Tendo” non era stata rivolta solo a lei. Una trovata di Nabiki per risparmiare i costi della tipografia, senza dubbio.

La cosa più assurda era che lei però stesse davvero pensando di andarci a quel matrimonio! Spesso si sorprendeva a pensare ad abiti da acquistare e scarpe da abbinare; addirittura si era chiesta se esistesse da qualche parte una lista di nozze, in modo da non doversi scervellare nella ricerca di un regalo utile… Non che pensasse seriamente di andarci, solo il fatto di gingillarsi con certi pensieri era inconcepibile! E poi se ad occuparsi della lista nozze era stata Nabiki, allora c’era da giurarsi che nessun regalo sarebbe stato alla portata delle sue tasche. Però magari una spatola in argento non avrebbe sfigurato…

Oh, ecco che ci ricascava! Sbuffò di nuovo dando le spalle a quell’involucro tentatore e tornò ad arrampicarsi sullo sgabello, più imbronciata che mai.

Basta, domani lo brucio, si disse tornando a sfogliare la rivista di prima con tanta foga da staccarne un paio di pagine prima di calmarsi. Tanto non credeva che nessuno dei sunnominati invitati ci sarebbe andato a quel matrimonio del cavolo. Ryoga addirittura non ne sapeva nulla, impegnato com’era nel suo girovagare per boschi e montagne del mondo…

Richiamare alla mente l’eterno disperso servì a distrarre la ragazza dall’idea indesiderata del matrimonio imminente e, sollevando pensosa gli occhi al soffitto, Ukyo considerò quelli che erano stati gli ultimi mesi, passati in pratica nella trepidante attesa dell’idiota.

Se non fosse stata per la sofferenza che ancora affliggeva Akari, Ukyo avrebbe ringraziato Ryoga per la sua scellerata scelta: grazie alla sua inettitudine, lei aveva goduto della compagnia dell’amica per tutto quel tempo.

Non s’illudeva, infatti. Per quanto l’amicizia tra loro fosse profonda ed indubbiamente importante, era proprio quel suino sotto mentite spoglie l’unico motivo per il quale Akari non era scappata a gambe levate da quel posto folle che era Nerima, per tornarsene alla sua tranquilla fattoria.

La cuoca non sapeva come avrebbe resistito in quei lunghi giorni senza il suo appoggio gentile, discreto ma partecipe; dopo quando accaduto con Ranma…

Il ragazzo aveva persino mantenuto la promessa, rifacendosi vivo una volta che le sue ferite erano guarite, ma a quel punto Ucchan non aveva avuto più il coraggio di vendicare l’onore ferito. Persino ridurlo in una poltiglia sanguinolenta non l’avrebbe ripagata della delusione quindi, se pur a fatica e non senza sofferenza da parte d’entrambi, avevano riprovato a ricucire la loro amicizia.

Non era facile, per nulla. Ritrovarsi quel viso sorridente e speranzoso ogni giorno a scuola era un tormento, soprattutto perché la speranza di Ranma non aveva nulla a che fare con l’amore… e poi c’era Akane, l’onnipresente Akane. Con lei le cose erano addirittura peggio!

La discrezione di cui era oggetto da parte sua era snervante: se per lo meno si fosse dimostrata delusa o arrabbiata per la sua scelta di non volerla più nella propria vita! Ed invece la giovane Tendo aveva mostrato un tatto impensabile per un simile maschiaccio imbranato, standole alla larga e non interferendo nemmeno nei tentativi del fidanzato di riallacciare l’antica amicizia.

Un simile sfoggio di virtù irritava Ucchan più di tutto. Non ci stava a fare la figura della cattiva, ma cos’altro poteva fare? Non era pronta a perdonare Akane… non quando scorgeva il vero e proprio sguardo adorante che Ranma dedicava alla sua amata, credendo di non esser visto.

Disgustoso… certo, se fosse stata lei ad esser guardata in quel modo probabilmente non l’avrebbe trovato disgustoso, c’era da giurarlo.

Il fatto peggiore era però un altro, persino peggio dell’esser stata scartata da Ranma come fidanzata. Sì, addirittura peggio di quello! Ciò che irritava Ukyo più di tutto era che sotto, sotto stava cominciando a perdonare Akane. C’erano volte in cui addirittura non riusciva a capire perché ce l’avesse tanto con lei, e allora, crudelmente, le toccava ricordarsi i mille e più svariati motivi per cui la giovane Tendo andava cancellata dalla propria esistenza. Lo scippo di Ranma era solo il primo motivo, anche se il più rilevante.

Secondo, Akane era la causa per cui Akari stava soffrendo. Aveva un gran dire la poveretta che la signorina Tendo non aveva nulla a che fare con la decisione di Ryoga! Akari era troppo generosa, lo aveva sempre pensato… Bastava vedere la dedizione con cui pensava a quel ragazzo che, diciamolo, aveva una fortuna sfacciata. Era stato perdonato dalla sua adorata Akane e quando si sarebbe degnato di tornare a Nerima, avrebbe ritrovato una fidanzata trepidante e più innamorata che mai. Troppa grazia per un simile smidollato!

“Ehi, tutto bene Ucchan?”

Batté le palpebre, stupita di ritrovarsi l’amica proprio accanto. Non l’aveva sentita arrivare “Sì, Akari, tutto bene… Sono solo un po’ annoiata, è una sera fiacca per gli affari.”

Akari annuì, prendendo posto di fronte a lei “Già, ma per una volta non lamentiamoci dei pochi clienti. Hai bisogno di riposo, ultimamente ti sei dedicata al lavoro con troppa energia, secondo me.”

Ukyo si strinse nelle spalle “Me ne avanza sempre molta, visto che non sono più alla caccia di un marito – osservò l’invito, corrucciandosi ancora di più – Non riesco proprio a capire perché ci abbiano invitato… Quella Nabiki Tendo farebbe di tutto per un regalo in più.”

“Non trovo poi così strano che ci vogliano al matrimonio, Ucchan. Sei un’amica di famiglia, in un certo senso.”

“Sì, come no! I Tendo mi considerano proprio una grande amica!”

“Allora è deciso, non ci andrai?”

“Per ritrovarmi faccia a faccia con la felicità di Akane e Ranma? No, grazie, posso farne a meno. Riesco a malapena a sopportare quei due a scuola, non ci tengo a sorbirmeli anche versione casalinga, con lui che la guarda come un salame e lei che cinguetta felice spolverando il suo martello!”

Akari aggrottò le sopracciglia, confusa. Stava per chiedere da dove le venissero certe idee, quando alcuni colpi alla porta la interruppero “Altri clienti, presumo. Vado io” saltò giù dallo sgabello e si avviò verso l’entrata.

“Chi è così scemo da bussare alla porta di un ristorante? Chiunque sia, digli che stiamo per chiudere, non ho alcuna voglia di rimettermi alla griglia.”

“D’accordo signora Ukyo, ai suoi ordini!” scherzò la ragazza, imitando il tono ossequioso del kunoichi. Il ragazzo era assente da un paio di giorni per motivi familiari: la vecchia megera che si ritrovava per matrigna aveva deciso di chiudere il sexy-bar e aveva richiesto l’aiuto del figliastro per un trasloco veloce. A quanto pareva senza Konatsu, gli affari non procedevano per niente bene…

“Non ti ci mettere anche tu adesso!”

Akari rise allegra e andò alla porta, dove i lievi colpi continuavano “Arrivo, arrivo!”

Sorrideva ancora quando lasciò scivolare la porta scorrevole, aprendola sullo sconosciuto cliente e sull’ultimo temporale di primavera.

--- --- ---

 

Mousse batté le palpebre dietro gli spessi occhiali: forse era uno dei suoi soliti abbagli, pensò. Aveva aperto la porta convinto di trovarsi di fronte un eventuale cliente, era anche pronto a mandarlo via spiegandogli che il Neko-hanten aveva chiuso per sempre, ma non si trattava affatto di un cliente sconosciuto.

“Ryoga?” domandò all’immagine sfocata dinanzi a lui, per esser certo di non sbagliarsi. Gli sembrava di intravedere una macchia gialla tra i folti capelli del ragazzo comparsogli davanti.

“Ehm, ciao Mousse!” salutò l’altro con un’allegria esagerata, ridendo per l’imbarazzo.

“Cosa… ti sei perso?” chiese il cinese perplesso. Non ricordava nemmeno quando fosse stata l’ultima volta che si era trovato a cospetto di Hibiki. Forse al mancato matrimonio di Saotome e Akane Tendo.

Ryoga sospirò e abbassò il capo, vergognoso “In un certo senso. Mousse, posso chiederti un favore?”

“Uhm? Un favore, a me?”

“Sì. Devo arrivare in un posto e sono già in ritardo. Mi ci porteresti?”

Questa poi! Conosceva abbastanza quell’idiota da saperlo particolarmente sensibile ai suoi problemi con l’orientamento (un po’ come per lui con i suoi problemi di vista…) e che accantonasse così l’orgoglio per chiedere aiuto era davvero incredibile. Probabilmente non vedeva l’ora di andare al dojo dalla sua Akane.

“Devi andare dai Tendo per il matrimonio?” domandò, ancora incerto se aiutarlo o meno.

Ryoga sgranò gli occhi “Matrimonio? Che matrimonio? Io sono diretto all’Ucchan!”

“Oh. Non sai del matrimonio, quindi. Manchi da molto da Nerima, vero?”

Ryoga annuì. Era combattuto tra la curiosità su questo matrimonio da un lato e dal desiderio di raggiungere Akari al più presto. “Senti, perché non mi racconti le ultime novità mentre mi accompagni all’Ucchan?” domandò speranzoso. Non amava chiedere aiuto, soprattutto a Mousse che non considerava un vero e proprio amico, ma cosa altro poteva fare?

Già il fatto di esser arrivato a Nerima aveva del miracoloso! Quando aveva notato l’insegna del Neko-hanten il cuore gli si era allargato dalla gioia: almeno era nella città giusta! Aveva bussato in cerca di una guida perché temeva troppo di finire con il perdersi di nuovo, ora che era a pochi passi dalla meta. Sperava che Mousse lo accompagnasse in nome delle passate avventure almeno, d’altra parte ne avevano davvero passate tante insieme…

--- --- ---

 

“Come mai ci hai messo tanto?” per quanto si fosse sforzato, non riuscì a nascondere il fastidio per il ritardo.

Akane ignorò il tono acido e andò a sederglisi accanto, avevano poco tempo e non voleva passarlo a litigare con il suo scorbutico fidanzato. “Nogata ha tardato un po’” spiegò sdraiandosi.

Ranma sbuffò, sempre più immusonito, ma Akane non se ne stupì. Era l’effetto che gli faceva sentire nominare il loro futuro cognato.

“Figurarsi se il signorino non tardava…” borbottò polemico, incrociando le mani dietro alla nuca ancor di più. Sapeva che Akane stava guardandolo con esasperazione, ma che poteva farci se quello non lo sopportava? Gli era stato antipatico dal primo istante in cui l’aveva conosciuto. Anzi, probabilmente già da prima! Quando Nabiki Tendo aveva dato la clamorosa notizia del suo fidanzamento qualche tempo prima, il suo primo pensiero era stato che nessun essere dotato di intelletto potesse volontariamente diventare il fidanzato di quella avida calcolatrice. Chi, si era detto, dotato di un minimo di cervello, avrebbe messo la sua vita, e le sue ingenti fortune nel caso specifico, nelle mani di quella ragazza? Un idiota, appunto.

Anche se per poche ore, lui era stato fidanzato con lei e ricordava ancora con un brivido l’esperienza.(*)

Conoscere Toshio Nogata poi non era servito a fargli cambiare idea, al contrario: il fatto che possedesse fascino, ricchezza e un’inaspettata intelligenza erano diventati un’aggravante agli occhi del giovane Saotome, che aveva etichettato come uno “smidollato” il futuro marito di Nabiki. Forse il fatto che Akane andasse in giro a sperticare le sue lodi aveva qualcosa a che fare con tanta antipatia, non poteva negarlo…

L’unico aspetto positivo che Ranma riconosceva al riccastro era quello di non essere Kuno. Ancora non capiva bene il perché, ma a quanto pareva Nabiki era stata da un passo dal far diventare reale un suo incubo, vale a dire imparentarlo con il senpai. Per fortuna le divinità avevano fatto rinsavire quella sciocca in tempo o la sua vita sarebbe stata rovinata per sempre! Dava per scontato che fosse stata Nabiki infatti a sventare la tragedia in extremis, ma ogni volta che aveva provato a chiedere spiegazioni sulla faccenda era stato zittito da Akane. Mah, fatto stava che Kuno era finalmente un ricordo lontano: le ultime notizie lo davano ancora in viaggio di nozze alle Hawaii e Ranma gli augurava, e lo augurava a tutta Nerima, che la luna di miele durasse a lungo… una cinquantina d’anni sarebbe stato l’ideale.

“Nabiki ci ha mostrato l’abito stasera.”

Ranma si volse di scatto verso la sua fidanzata, stupito dal tono sognante della sua voce “Eh?”

Lei annuì e si girò su un fianco per poterlo guardare meglio “Sì, alla fine ha ceduto alle suppliche mie e di Kasumi e ce l’ha mostrato. Dice che si accontenta che sia una sorpresa per tutti gli altri… Io credo che non l’abbia mostrato a nostro padre per evitare che avesse un’altra delle sue crisi.”

“A proposito, come sta adesso il signor Soun?”

Akane ridacchiò “Tuo padre l’ha convinto ad uscire per un po’. Dal momento che Happosai era con loro scommetto che torneranno completamente ubriachi e forse non è una cattiva idea: se domani pomeriggio fosse ancora alticcio, papà non ricomincerebbe a piangere a dirotto.”

Ranma annuì, ma non poté evitarsi di pensare che i due impiccioni numero uno non fossero in casa… anzi, a ben vedere, mancava anche la ricattatrice esosa! Un’occasione irripetibile! Quasi impercettibilmente, si avvicinò ad Akane, troppo impegnata ad esser d’umore stranamente allegro per rendersene conto, sembrava quasi che fosse lei quella ad aver alzato un po’ il gomito…

Guardandola infatti si poteva avere quell’idea, dopotutto. I suoi occhi sembravano esser più vividi del solito e poteva avvertire il calore delle sue guance persino a quella distanza! E quel risolino impertinente che sembrava non voler sparire dalle sue belle labbra? Quasi senza volere, Ranma si trovò a fissarle la bocca, la gola sempre più arida.

“Naturalmente non ti dirò nulla del vestito, Nabiki mi ucciderebbe! – continuava la ragazza ignara degli sguardi e del nervosismo crescente del fidanzato – Sono sicura che resteranno tutti senza fiato! E’ così bella! Scommetto che anche Toshio resterà senza parole e per una volta lascerà perdere la sua aria imperturbabile!”

Ranma si stese a sua volta su un fianco in modo da esserle di fronte e, sperando di non esser scoperto, si avvicinò ancor di più “Vuoi dire che quella sua espressione non è dovuta ad una paresi facciale? Ne ero convinto…”

“Ranma! Insomma, lui tra poco entrerà a far parte della nostra famiglia, non potresti esser più gentile?” provò a sgridarlo, ma il sorriso aleggiava ancora per esser credibile.

Sempre più baldanzoso, Ranma le scostò una ciocca dei capelli scurissimi e gliela sistemò dietro all’orecchio, indugiando un po’ troppo nello sfiorarle il viso. Il cuore gli batté più rapido quando l’espressione di lei si addolcì. Si avvicinò ancora, ora gli era così vicino che solo un soffio li separava… e Akane non sembrava affatto infastidita!

“Non posso essere gentile con chi mi ha portato via preziosi minuti da passare solo con te… “

Oddio, sperava solo che quella frase le sembrasse sdolcinata la metà di quanto era parsa a lui! Avvertì il rossore invadergli viso e collo ma, grato, notò che invece lei sorrideva compiaciuta. Ancora più ardimentoso, le carezzò il braccio lasciato scoperto dal pigiama a maniche corte con la stessa mano che le aveva sfiorato il viso e fu felice di sentirla rabbrividire.

“Stupido – mai offesa fu pronunciata con uguale dolcezza – non è colpa di Toshio se ho tardato. Abbiamo parlato di tante cose con Nabiki e Kasumi, mentre lo aspettavamo…” Ranma la ascoltava appena, tutta la sua attenzione ed i suoi sensi di artista marziale concentrati sulle sue labbra invitanti. Le parole di Akane gli giungevano come un mormorio soffuso, quasi un melodioso sottofondo a quel momento tanto cruciale: l’avrebbe baciata, altrochè se l’avrebbe fatto! Quale occasione migliore? Niente panda sghignazzante e testa di oni svolazzante all’orizzonte! Niente macchina fotografica pronta a svergognarlo! Ah, voleva proprio vedere cosa gliel’avrebbe impedito!

“Abbiamo parlato anche di te e di me… e del nostro futuro…”

“Ah davvero?” mormorò distratto Ranma, sollevandosi su un gomito e avvicinando il viso al suo. Finalmente Akane sembrò accorgersi delle sue intenzioni e forse inconsciamente si leccò le labbra in quello che a lui parve un gentile invito. Si chinò su di lei, esitando solo il necessario a darle il tempo di rendersi conto pienamente delle sue intenzioni e poter così ricambiare il bacio.

“S-sì – balbettò Akane, battendo furiosamente le palpebre un paio di volte – Kasumi parlava di matrimonio e così…”

“Mmm… forse dovremmo farlo...”

La baciò. Con dolcezza, al principio… Erano davvero morbide le sue labbra. E le sue spalle, che stava accarezzando, erano davvero così piccole! Com’era delicata la pelle del suo collo! E la sua nuca, così esile da sembrare esser fatta apposta per riempire la sua mano, com’era morbida!

La attirò a sé ancor di più, inebriato da quella vicinanza assoluta eppure non sufficiente. Di più, di più sembrava urlargli qualcosa dentro, ancora di più… Ancora di più le sue labbra dolci, ancora di più del suo profumo, ancora di più la sua morbidezza contro di sé. La curva del seno che premeva contro il proprio petto, il sapore delle sue labbra schiuse finalmente, il calore delle sue braccia intorno al corpo, il battito così convulso del suo cuore che si confondeva con il proprio… Ancora di più. Ne voleva ancora di più.

Akane fu completamente presa alla sprovvista. Arrancando quasi per poter ricambiare l’amore di Ranma, ne rimase quasi travolta. Non era mai stato così…così… Era il ragazzo timido che si pietrificava al solo tenerla per mano! Ed ora…

Si arrese a lui non senza sbigottimento e cedette alla dolce pressione delle sue labbra così invadenti. Fu una sorpresa, come una scossa che le attraversò il corpo facendola tremare… ed il calore! Ranma sembrava quasi ardere contro di lei, la sua pelle era bollente sotto le dita che quasi titubanti lo sfioravano. Per un folle, inebriante momento, Akane pensò di arrendersi completamente a quel calore, di abbandonarsi del tutto a quelle carezze e a quei baci esigenti, di ignorare la paura. Come poteva aver paura di Ranma?! Era assurdo! Lui era tutto ciò che voleva, tutto il suo desiderio!

Avvertì con un ulteriore brivido il tocco ruvido e quasi impaziente della sua lingua contro la propria e strinse ancor di più gli occhi, decisa ad arrendersi, anzi, pronta a ricambiare ardore con ardore, forza con forza, si strinse ancor di più a lui, lasciando che la tenerezza con cui era cominciato quel lungo, incredibile bacio svanisse…

Fu solo quando, quasi per sbaglio, una mano le sfiorò un seno che il panico tornò. Totale.

Ranma la sentì praticamente irrigidirsi sotto le sue mani e fu come se un campanello d’allarme cominciasse a trillargli con violenza nella testa, diradando le nebbia in cui si era piacevolmente impantanato.

‘Forse dovremmo farlo’

‘Forse dovremmo farlo?!’

Era questo che aveva detto?! Era davvero questo che le sue sciagurate labbra si erano lasciate sfuggire?!

Maledizione, Akane era la campionessa mondiale d’equivoci, come avrebbe interpretato una simile frase… ed in un simile momento, poi?!

Morto. Ecco cos’era! Un morto che ancora respirava, ma per poco, molto poco!

Scattando all’indietro con la velocità che solo lui poteva raggiungere, Ranma indietreggiò strisciando carponi fino a quando la parete bloccò la sua ritirata. Si appiattì contro di essa allarmato, imprecando per essersi costretto da solo in un angolo, per di più lontano dalla finestra, l’unica via di fuga accessibile.

“Parlare del matrimonio! Questo intendevo! Lo giuro!” urlò, serrando gli occhi e parando le braccia dinanzi al viso a mo’ di protezione nell’attesa dell’inevitabile punizione divina con cui lei sarebbe calata su di lui, martello o pugno che fosse.

Sempre ad occhi chiusi e braccia sollevate, restò in ascolto, ma l’unico suono che gli giunse dopo alcuni secondi che gli parvero eterni fu quello della pioggia scrosciante. Niente urla.

Titubante aprì prima un occhio, poi l’altro e chiedendosi come mai fosse ancora vivo, fissò curioso la sua fidanzata.

Akane era seduta, le mani abbandonate sulle gambe raccolte; i capelli erano arruffati e sparati in tutte le direzioni, il volto arrossato e le labbra spalancate in un’espressione di muta sorpresa. In un angolo della sua mente, Ranma si chiese come potesse essere tanto carina anche con quell’espressione da pesce rosso… Poi, notando la parte superiore del pigiama di lei ancora tanto sollevata da scoprirle l’addome, si domandò di nuovo come mai facesse ancora parte del mondo dei vivi.

“Akane?” domandò tentennante, battendo confuso le palpebre. Lei non gli rispose, ma restò a guardarlo ancora con quell’espressione scioccata in volto.

Abbassò le braccia, ancora incredulo di aver evitato una solenne martellatura “Akane?” ripeté e stavolta lei parve sentirlo.

Sussultò infatti e batté a sua volta le palpebre, gli occhi stranamente lucidi “Di- dicevi sul serio?”

“Uhm?” di cosa stava …

“Del matrimonio… del nostro matrimonio, dicevi sul serio? Vuoi davvero parlare del nostro matrimonio?”

Oh, allora era per quello! Sollevato Ranma tornò a respirare con maggiore tranquillità, ma il sollievo durò poco. Aveva parlato davvero di matrimonio? Sì, a quanto pareva… ‘Cavoli…’

Si grattò la nuca, agitato quasi come quando credeva che lei volesse malmenarlo per aver equivocato le sue parole. Perché dava sempre aria alla bocca senza pensare prima? Era così preso dal suo intento di baciarla da non aver dato peso alle proprie parole, che idiota! Certo, era stato un gran bacio, un bacio favoloso anzi, ma adesso? S’impose di ragionare, questa volta: non poteva dire la prima cosa che gli passava per la testa, o Akane l’avrebbe ucciso davvero!

Così, nello sforzo di pensare a come cavarsi dall’impiccio e pressato dallo sguardo inquisitorio della ragazza, fece l’unica cosa possibile, vale a dire fece a se stesso la domanda che lei gli aveva appena posto. Voleva davvero parlare di matrimonio tra loro?

La guardò, indugiando il tempo necessario ad osservarla, ad osservare la ragazza di cui era innamorato. Quello però era il punto: ne era abbastanza innamorato da impegnarsi in una promessa tanto precoce? Non aveva ancora 18 anni! Era assurdo, e questo anche Akane doveva pensarlo, ma forse non era una proposta di matrimonio quello che lei cercava… Forse quello che lei voleva non era che un altro modo di dirle quanto la amasse e se davvero era questo che desiderava, allora trovare una risposta sarebbe stato più facile del previsto.

Abbassò il capo, si vergognava adesso che tutta la spavalderia occorsa per baciarla in quel modo era scomparsa e annuì “Non… non ne parlerei con nessun...” sussurrò, sincero.

“Oh, Ranma!” la tenerezza e la gioia che colmarono la voce di lei, colmarono invece lui di panico.

“Questo… questo non vuol dire che ci sposeremo presto! O che… insomma, lo faremo sul serio, cioè, ora come ora non mi viene nessun altra in mente con cui potrei davvero… Ma non è un… ecco, non siamo i nostri genitori noi, no? Parlarne non vuol dire… insomma, questo non vuol dire che devi precipitarti a scegliere un vestito anche tu! Ho il mio addestramento da portare a termine, mentre tu devi ancora imparare a come cucinare un uovo, mi avveleneresti i primi mesi! E non voglio immaginare a quello che combinerebbero quei due sciagurati dei nostri padri se sospettassero che ne parliamo! Lo sai che tuo padre non reggerebbe a due matrimoni nello stesso anno?”

Akane lo guardò agitarsi con un sorriso indulgente sulle labbra ancora pulsanti per il bacio di prima. Per una volta, si disse, il martello poteva aspettare.

--- --- ---

 

“Chi era?”

Akari ritornò a sedersi, stringendosi forte tra le braccia per combattere il freddo che l’aveva investita aprendo “Volevano un’informazione, purtroppo non sono stata utile… Conosci un locale che si chiama Tiger Eyes?”

Ukyo aggrottò le sopracciglia, pensando al nome che le era in qualche modo familiare, poi si strinse nelle spalle “Forse è nuovo. Speriamo che non sia un’altra okonomiyakeria o avremo della concorrenza!”

“Le tue okonomiyaki sono le migliori del mondo, non hai da temere – la blandì l’amica, tornado a sedere – Potrebbe essere un ristorante cinese, non ce ne sono molti a Nerima.”

“Con il Neko-hanten chiuso, farebbe ottimi affari – la cuoca sorrise impertinente – anzi, da quando quel postaccio ha chiuso, anche io ho incrementato gli affari! Ora è l’Ucchan che può vantare la cameriera più graziosa e questo attira i clienti quasi quanto il buon cibo!”

“La cosa mi farebbe più piacere se sapessi che non stai parlando di Konatsu… e sarebbe ancora meglio se non fosse la verità!” commentò Akari con un sospiro mesto con il quale Ukyo non poté che concordare.

“Non dirlo a me… - altri colpi alla porta superarono il fragore del temporale con maggiore insistenza di prima - Oh, ancora? Lascia, stavolta vado io” con un salto, Ukyo abbandonò il suo posto e stiracchiandosi si avviò verso la porta dove i colpi continuavano imperterriti. Chissà, forse ancora qualcuno che cercava quel posto… com’è che aveva detto Akari? Tiger Eyes? Uhm, era un gran bel nome, sapeva d’esotico al punto giusto. Magari se era un locale nuovo, potevano farci un salto, così tanto per saggiare la concorrenza… ‘E poi un’uscita tra amiche sarebbe proprio divertente!’

Quando aprì la porta, il primo pensiero di Ucchan fu che forse aveva davvero lavorato troppo ultimamente. Battendo le palpebre osservò la strada vuota dinanzi a sé: allucinazioni uditive? Non c’era nessuno! Possibile che…

Qualcosa le sfiorò una gamba, costringendola ad abbassare lo sguardo: per questo non aveva visto nessuno, si disse scuotendo la testa.

“Akari…”

“Sì?”

“Che tu sappia abbiamo ordinato del maiale e dell’anatra per stasera?”

Ai suoi piedi, un maialino nero con tanto di bandana al collo saltellava raggiante, mentre un’anatra con degli spessi occhiali ed un ciuffo sbarazzino sospirava triste.

--- --- ---

Pioveva quella sera su Nerima, ma quasi nessuno pareva farci caso…

 

 

The End

 

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Note: (*) Nabiki e Ranma sono stati fidanzati, per fortuna per un breve periodo, quando in seguito ad una lite tra sorelle fu ‘gentilmente’ passato da una all’altra. Nel manga della Star Comics, versione collana Neverland, questa spassosa (non per Ranma) vicenda è narrata nell’albo n. 24, nei capitoli intitolati: “Non ho bisogno di te”; “La verità dichiarata”; “I sentimenti di Nabiki”; “Perdonami, Ranma”; “Perdonami, Akane”; “Il labirinto dell’amore e della vendetta”.(p.p. 1-80)

 

 

 

Carla’s Corner:

Quanto tempo eh? Ragazzi, non so più in che modo chiedere scusa, per cui, per non offendere oltre la vostra pazienza, non lo farò. Spero solo che vi sia rimasto un briciolo di pazienza per me e per le mie storie. Vi assicuro che sono comunque dispiaciuta per la lunga, lunga attesa. A parte questo, siamo giunti alla fine di questa fiction… è un momento strano, sapete? Non credevo di arrivarci! E tra un po’ si ricomincia, non vedo l’ora!

Che dire? Ringrazio tutti quelli che mi hanno commentato, tutti coloro che mi hanno scritto e-mail alle quali ho tentato di rispondere quando possibile. Chiedo eventualmente scusa a coloro per i quali ciò non è stato possibile. Vi ringrazio per l’affetto, la vicinanza e per non esservi mai dimostrati insofferenti per le mie lunghe pause: non ho ricevuto una sola mail risentita e sì che forse qualcuna me la sarei aspettata! Grazie, grazie, grazie!

Ringrazio anche tutti che si sono espressi circa il titolo dell’ultima parte della trilogia che, a questo punto è ovvio, si intitolerà “L’Ultimo desiderio”. Questa ultima opzione ha stravinto a mani basse, contando anche i voti giunti fuori tempo massimo, il risultato sarebbe stato lo stesso, quindi chi sono io per oppormi al volere del popolo lettore?

Ringrazio Muttley aka Silvia, per avermi prestato il computer nel momento del bisogno e per avermi suggerito una delle battute di questo capitolo. Mi spiace non aver potuto accontentare nessuna delle tue richieste, ma concordo in pieno con te per quel che riguarda Ryoga.

Ringrazio anche la mia beta, Cri per la gentilezza e la consulenza. Per chi non lo sapesse Cri è conosciuta nel mondo delle fic italiane di Ranma come Tiger Eyes, nickname che non a caso compare nella parte finale di questo capitolo: è un piccolo omaggio alla tua bravura, oltre che un indegno premio al fatto che il tuo, cara Crissy, sia stato il centesimo commento. Ora mi toccherà pensare a cosa fare per il 150°, ma m’inventerò qualcosa…

Un bacio e lasciatemelo dire un’ultima volta in questa fiction: i personaggi che ho tanto maltrattato, fino a renderli spesso irriconoscibili non sono assolutamente miei, tranne qualche piccola eccezione, ma appartengono alla geniale principessa dei manga, RumikoTakahashi. Per cui, vi prego, non occorre denunciarmi per lo scempio fatto, dal momento che non un soldo è stato ricavato da quest’opera.

A presto!

  
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