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Autore: Deademia    14/10/2012    5 recensioni
Quando Stefan si rivolge a Nina Lefevre, giovane vampira francese conosciuta decenni prima a La Rochelle, per chiederle aiuto nella lotta contro Klaus, non sa quanto la sua richiesta sconvolgerà il fragile equilibrio della ragazza. Perchè Nina fugge da un passato macchiato da una colpa fugace ed innocente, un passato dove l'amore è stato oscurato dall'odio, dove il paradiso è mutato sotto i suoi occhi in un eterno inferno. Così quando arriva a Mystic Fall, si trova persa: da una parte vecchi e nuovi amici che combattono per una giusta causa, dall'altra lui, l'amore della sua vita, l'uomo per il quale anni prima avrebbe fatto follie. Per chi lotterà? Per chi metterà a repentaglio la proprio vita? Per quegli amici appena trovati, solari e vivaci, che le faranno scordare la solitudine in cui è sempre vissuta, o per Elijah, bello e dannato, che un tempo l'aveva amata come nessuno mai aveva fatto ma che ora sembra odiarla dal profondo del cuore, quello stesso cuore che lei comincia a temere non possa più provare nulla nei suoi confronti?
Genere: Azione, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Elijah, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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1. IL LIBRO DELLE DISCENDENZE




“L'amore può condurci all'Inferno o al Paradiso, comunque ci porta sempre in qualche luogo. È necessario accettarlo, perché esso è ciò che alimenta la nostra esistenza.”

(Paulo Coelho)

 



Ero a Mystic Falls da due ore scarse, già sistemata nella mia “nuova dimora” che mi avrebbe ospitata per il tempo necessario, una piccola camera di un fatiscente Bad&Breakfast per nulla pretenzioso trovata all’ultimo istante e già sobbarcata dalle mie numerose valigie aperte e semi sfatte, e già la voglia di prendere il primo volo per Parigi e fuggire come la peggiore delle codarde si faceva largo in me, tentatrice e soffocante.

A trattenermi, oltre all’amicizia e alla promessa stretta con Stefan, c’era quel malsano desiderio masochistico di rivederlo, incurante del fatto che piombandogli gli tra capo e collo senza preavviso, e soprattutto sfruttando il fatto che tecnicamente lui mi credeva morta da quasi due secoli, forse con gioia  pensai tristemente, avrebbe accresciuto le probabilità di farmi strappare il cuore senza tante pretese in maniera esponenziale.

Sospirai. Non era stata una buona idea mettere piede in quella cittadina dimenticata da Dio che sembrava fungere da punto di sfogo a tutte le peggiori catastrofi soprannaturali di questo mondo e oltre. Per nulla.

Poi però ripensai alla chiamata di Stefan, non lo risentivo dal lontano 1963 e francamente rimasi stupita del fatto che mi avesse scovata con tanta facilità, ma mi diede poco tempo per pensare a quello. Ciò che infatti mi raccontò in seguito bastò a mettermi in allarme e precipitarmi lì esattamente due giorni dopo, con quello che sembrava essere la risoluzione ad almeno una parte degli enormi problemi che affliggevano i fratelli Salvatore, gli Originali e con loro praticamente tutta la popolazione vampiresca del pianeta. Alla fine non avevo avuto poi molta scelta.

Rabbrividii pensando a tutta quella storia, e non tanto per l’enorme pericolo in cui tutti quelli della mia razza stavano incorrendo, quanto più per chi l’aveva scatenato. Troppi anni erano passati da quando avevo sentito parlare di loro per l’ultima volta, troppi decenni da quando avevo potuto vederli, toccarli, parlarci. Ed ora eccoli lì, rispuntati nella mia vita come un uragano a sconquassare la precaria pace appena ritrovata. Avevo forse chiesto troppo, fuggendo e allontanandomi? Ero forse stata troppo codarda, nel mio infinito tentativo di evitarli, o meglio evitarlo, incapace di affrontare nuovamente quegli occhi scuri, collerici, e quel senso di colpa dettato da un tradimento puramente scaturito dalla mera  ingenuità? A quanto pare si, perché adesso Dio, o il Fato o qualunque altra forza maggiore incombente sulle nostre teste aveva deciso di riportarmi su quella via tortuosa e insormontabile che anni addietro avevo abbandonato a forza, più per costrizione che per volontà mia, deciso a farmi impazzire dai dubbi, dalle paure e dal lancinante terrore di ciò che ne sarebbe conseguito.

Si, io, Nina Levefre, vampiro dal 1824, tremavo come una foglia di fronte all’idea di ritrovarmi faccia a faccia con l’amore della mia vita, che con ogni probabilità mi odiava dal profondo di quel cuore che non batteva più da secoli.

Mi passai stanca una mano sul volto, passando poi le dita tra le lunghe ciocche bionde tentando di strappare a forza quei ricordi dalla mente. Era inutile rimuginarci tanto sopra, oramai mi trovavo lì, la mia scelta l’avevo fatta e per una volta nella vita non sarei fuggita, ma l’avrei affrontato, a costo di rimetterci l’esistenza.

Il cellulare che vibrò sul comodino mi fece sobbalzare, mentre mi allungavo ad afferrarlo.

-Pronto?-

-Nina? Sei arrivata?-

-Oh, Stefan- sorrisi, sedendomi su di una poltrona accanto alla finestra –Si, da un paio d’ore. Ho già trovato una sistemazione, basta che mi dici quando posso venire e sarò lì da te-

-Anche subito, prima vediamo di risolvere questa situazione e meglio è-

-Allora arrivo. E, Stefan?-

-Si?-

-Cerca di procurarti una strega, ci sarà utile- lo informai, gettando un’occhiata distratta alla valigetta in cuoio che sbucava da sotto il letto.

-D’accordo, a dopo Nina-

-A dopo- e riattaccai, abbassandomi a prenderla e mettendomi il cellulare nella tasca posteriore dei jeans, prima di dirigermi verso la porta, lasciando tutto com’era e uscendo dal B&B a passo svelto. Per quanto sapevo che pur essendo la cittadina un piccolo centro in cui le voci si spargevano in ogni dove più dell’aria stessa, avevo sperato che la notizia del mio arrivo giungesse alle orecchie degli Originali con un ritardo tale da permettermi di muovermi almeno per quel momento con una certa libertà, eppure il terrore che lui, o quel pazzo di suo fratello, mi sbucassero davanti da un momento all’altro era capace di bloccarmi il respiro nel petto. Ecco perché quasi corsi verso l’auto presa a noleggio appena sbarcata in America, una Mercedes SLK rossa che mio malgrado sapevo avrebbe attirato parecchi sguardi, ma alla quale non avevo saputo resistere in nessun modo. Avrei sorriso per quel piccolo capriccio, per gli interni in pelle beige confortevoli e lussuosi e per la grinta delle linee, se solo la serietà di tutta quella faccenda non mi avesse gravato costantemente sulla spalle in modo soffocante, tanto che quando aprii lo sportello e lanciai con poca grazia la valigetta sul sedile del passeggero non pensai a nulla di quelle cose, ma solo alla via più veloce per raggiungere casa Salvatore indenne e senza spiacevoli incontri a sorpresa.

Viaggiai a tavoletta, impiegando cinque minuti scarsi a raggiungere la villa dall’aria rustica e antiquata, cambiando le marce con gesti secchi e affondando i tacchi sui pedali , e quando finalmente parcheggiai tirai un sospiro di sollievo chiudendo per un attimo gli occhi. Avevo realmente avuto il terrore che mi si parasse davanti alla macchina in corsa, che mi vedesse di sfuggita e mi seguisse o qualsivoglia altro terribile incontro che avrebbe preceduto la mia morte, conoscendolo e sapendolo quanto il suo odio nei miei confronti sarebbe stato incontenibile. D’altronde era così, per lui un tradimento era il peggiore dei crimini, e la condanna era la morte. Me l’aveva fatta scampare secoli prima, forse ancora assuefatto dall’amore che aveva provato per me, ma certamente ora, senza più la traccia di quei sentimenti a placargli lo spirito, non c’avrebbe pensato due volte a strapparmi il cuore sena tanti preamboli. Mi morsi un labbro scuotendo la testa, quei pensieri non facevano altro che ferirmi, ed ora quello era l’ultimo dei miei pensiero, ben altro mi aspettava.

Scesi portando con me la valigetta e bussai alla porta del mio vecchio amico con una certa impazienza. Questa si aprì proprio mentre mi guardavo attorno circospetta, ed un ragazzo dai capelli neri e un sorrisetto ironico e malizioso sulle labbra mi squadrò da capo a piedi.

-Tu devi essere Nina Lefevre. L’ho sempre detto che le francesi hanno quel tocco in più che le rende…uniche- constatò, guardandomi lascivo con un braccio appoggiato allo stipite della porta e nessuna intenzione di smetterla di fissarmi.

Alzai gli occhi al cielo.

-E tu devi essere Damon Salvatore. Tuo fratello mi ha parlato molto di te, e devo dire che tutto ciò che mi ha detto è perfettamente veritiero- sorrisi ironica, prendendomi gioco di lui e buttando un’occhiata alle sue spalle, nella speranza di veder comparire il minore dei Salvatore.

-Ah quindi sono già famoso. La cosa mi piace ma certo bisogna compensare, io non so nulla di te- il suo sguardo malizioso non lasciò spazio ai dubbi, e mi ritrovai a trattenere le risate davanti a quel suo tentativo di abbordarmi da sciupa femmine incallito.

-Che ne dici col cominciare a farmi entrare, sai non vorrei che occhi o orecchie indiscrete scoprissero il nostro piccolo segreto- mi adeguai al suo tono seducente, sfottendolo, perché in qualche modo mi pareva di conoscerlo tanto Stefan mi aveva parlato di lui anche l’ultima volta che ci eravamo sentiti, e allusi con un’occhiata alla valigetta, buttando sul ridere quella che effettivamente era una questione serissima.

-Ma certo, entra pure Nina- calcò sul mio nome facendo un ampio gesto col braccio, seguito da un semi inchino in perfetto stile ottocentesco, mentre io varcavo la soglia trattenendo una risata. Prima che il nostro teatrino potesse continuare una voce alle mie spalle mi fece voltare di scatto, il sorriso sulle labbra e lo sguardo puntato negli occhi verdi del mio vecchio amico.

-Sefan!- lo abbracciai di slancio, felice di rivederlo dopo tanti anni, e lui ricambiò.

-Nina, che piacere rivederti-

-Anche per me lo è. Hai quasi cinque decenni senza tue notizie da farti perdonare, sai?- lo minacciai, staccandomi e puntandogli un dito accusatorio contro con un mezzo sorriso.

-Mi spiace, ma neanche tu ti sei fatta viva in questi anni se non sbaglio- si passò una mano tra i capelli, scompigliandoseli con uno sguardo che sembrava chiedermi scusa per quel colpo basso.

-Touchè- inchinai appena il capo sorridendoli, prima di sospirare guardandolo attentamente. Come era giusto che fosse, in quegli anni non era cambiato di una virgola, il dolce effetto dell’eternità, ma vedevo in quegli occhi verdi la sofferenza di una realtà che non lo lasciava in pace. Erano diversi dagli anni in cui lo avevo conosciuto, giovane vampiro americano i n viaggio verso mete sconosciute, più malinconici, segnati da lotte continue e tormenti che glieli avevano sconvolti dal profondo, rendendoli stanchi, consapevoli e addolorati. Mi rattristai per lui.

-Ragazzi, ragazzi! Abbiamo tutti capito quanto la felicità di rivedervi sia grande e tutte queste grandissime ed affettuosissime cose qua, ma a questo punto direi che potete rimandare i tuffi nel passato a dopo, perché in questo momento abbiamo bel altre cose a cui pensare, ad esempio capire chi è il nostro dannato capostipite tra l’allegra famigliola originale così da evitare di condannarci tutti nel tentativo di uccidere Klaus, che ne dite?- esclamò con sarcasmo, allargando le braccia in maniera plateale e venendoci incontro. Vidi Stefan alzare gli occhi al cielo, dandogli comunque ragione.

-Vieni, Nina. Gli altri ci stanno aspettando-

Lo seguii attraverso l’ingresso, fino ad arrivare nell’ampio salone dove altre due ragazze ci attendevano. Quando vidi il volto di quella seduta sul divano, per poco non mi bloccai in mezzo alla stanza, scioccata. Stefan mi aveva avvertita che Elena, essendo la doppelganger, era la copia esatta di Katherine, ma rivedere comunque quei lineamenti a pochi metri  da me, gli stessi che quasi duecento anni prima avevo visto, avevo compatito in preda ad un moto caritatevole che mi aveva segnato l’esistenza per sempre, in modo radicale e doloroso, fu comunque come ricevere un pugno allo stomaco. Dovetti annaspare per riprendere aria e al tempo stesso evitare che la mia reazione, esagerata che chi non sapeva, potesse attrarre i dubbi dei più curiosi.

-Nina, lei è Elena- il mio amico fece un cenno verso la doppelganger, che si alzò salutandomi gentilmente –E lei è Bonnie, una nostra amica, e una strega- anche lei mi salutò, più fredda e scostante, dalla sua postazione vicino al caminetto acceso.

-Ora che le presentazioni sono state fatte, passiamo al dunque. Il libro-

Alle parole di Damon annuii, avvicinandomi ad un tavolo e poggiandovi sopra la valigetta che per tutto il tempo avevo tenuto tra le mani. Sentii tutti avvicinarsi a me, mettendosi alle mie spalle in un silenzio che sapeva d’attesa, mentre facevo scattare le serrature e svelavo il vecchio volume ingiallito al suo interno. Era voluminoso, antico, e soprattutto stregato.

-E’ una mia impressione o si è…ingrandito dall’ultima volta che l’ho visto?- disse Stefan stranito, fissandolo attentamente senza capacitarsi della cosa. Sorrisi.

-Non sbagli. Alla nascita di ogni nuovo vampiro il suo nome, oltre a quello di chi l’ha generato, viene inciso sulle pagine. Negli ultimi cinquant’anni ne sono stati creati a sufficienza da costringerlo ad aggiungere nuove pagine. Ecco perché si chiama “Il Libro delle Dinastie”- spiegai a tutti, tirandolo fuori e poggiandolo sul tavolo, alla portata di tutti.

-Ma come…- Elena aggottò la fronte, sfiorando incerta la pelle scura e macchiata della copertina rigida –…come può essere?- domandò confusa.

-E’ stregato. Qualche mago, o strega, nel passato vi ha lanciato un incantesimo. Diciamo che ha un aggiornamento costante e perenne- sorrisi, nel tentativo di far loro capire come funzionasse quel cimelio prezioso –E qui c’è un problema- sospirai.

-Quale?- si informò subito Stefan, preoccupato.

Senza dir niente mi allungai ad aprirlo, svelando l’intoppo di quell’intricato meccanismo di incantesimi.

-Ma che diavolo…?!- Sbottò Damon, aggrottando la fronte ed avvicinandosi maggiormente.

Mi strinsi nelle spalle, sospirando, e guadai come loro quelle pagine completamente piene di lettere messe l’una di seguito all’altra in un ordine sconclusionato e senza senso.

-Questo è il problema: chi ha gettato l’incantesimo per far sì che il libro funzionasse nei secoli, si è anche premurato di proteggerne il prezioso contenuto. Solo un incantesimo può sbloccare questo scudo, e non so né quale sia né quanto sia potente. Per questo vi ho detto che vi sarebbe servita una strega-

-Bene. Fantastico- proruppe Damon seccato, mettendosi le mani in tasca e sbuffando palesemente irritato –Streghetta ho la netta sensazione che tu abbia una bella bega da risolvere, ed al più presto- la diretta interessata gli lanciò un’occhiata di fuoco, probabilmente non amava ricevere ordini da lui, ma quest’ultimo la guardo ghignando –So quanto l’idea che noi vampiri brutti e cattivi sparissimo dalla terra ti attrae in maniera sublime, ma vedi se non  sbagli alcuni tuoi amichetti sono esattamente come  e…ops! Pure la tua dolce mammina ora che mi ricordo bene- sgranai gli occhi nel vedere Elena trattenere la ragazza, infuriata, mentre scalpitava per lanciarsi addosso a Damon, il quale dal canto suo rimase impassibile, se non divertito, persino sotto i richiami seccati del fratello.

-Damon finiscila!- gli sibilò all’orecchio.

-Su fratello, stavo scherzando-

-Piantala- Elena lo guardò male, frustrata ed arrabbiata, prima di voltarsi verso l’amica per dirle qualcosa all’orecchio che volli evitare di ascoltare.

-Quindi…- mi intromisi esitante –Ve lo lascio?- chiesi, riferendomi al libro che giaceva sul tavolo scuro.

Bonnie, se non ricordavo male era questo il nome della strega, si voltò ora più calma verso di me, senza però accennare un sorriso.

-Si, devo studiarlo e provare vari incantesimi. Appena ho novità vi avverto-

-Aspetta- Stefan la fermò –Preferirei che tu facessi gli incantesimi qui, è più sicuro- alla faccia tra lo scocciato ed il diffidente della ragazza continuò –Quel libro è importante, se finisse in mani sbagliate…non è che non mi fido di te, ma abbiamo tutti capito quanto a volte le cose non vadano come previsto, e non ho intenzione di rischiare anche questa volta. Per favore Bonnie, è per non correre ulteriori pericoli. Starai con Elena- aggiunse, guardando un attimo quest’ultima, che annuì convinta.

Bonnie scosse la testa, alzando gli occhi al cielo in maniera arrendevole e afferrando il libro.

-E va bene, mi metto subito all’opera- e con queste ultime parole si diresse al piano superiore, senza salutare nessuno. Rimasi un po’ stupita da quel suo modo seccato di trattarci, ma avevo capito che non provava molta simpatia verso i vampiri, quindi lasciai stare.

-Io vado con lei, ci vediamo dopo- Elena salutò i due fratelli, prima di voltarsi verso di me –E’ stato un piacere conoscerti, e grazie per tutto quello che fai per noi. Grazie per essere venuta- mi sorrise sincera, e non potei fare altro che ricambiarla, ancora un po’ a disagio per quella sconcertante somiglianza, mentre la guardavo sparire su per le scale.

-Fratellino, io devo sbrigare degli affari, ci si vede- fece un gesto di saluto, poi mi sfilò accanto, fermandosi ad un passo da me e facendomi rimanere interdetta. Mi prese con delicatezza da sotto il palmo, imitando un baciamano perfetto, prima di sorridermi suadente –Mademoiselle, a presto- soffio con le labbra ancora vicine al dorso della mano, guardandomi dal basso verso l’alto e facendomi più che altro sorridere divertita e un po’ scombussolata da quella sua personalità così carica di sbalzi d’umore. Poi sparì in un lampo, fischiettando, lasciando dietro di sé solo l’eco della porta che sbatteva. Mi voltai verso Stefan.

-Scusalo, è fatto così…-

Risi.

-Ma no, alla fine non è tanto male. Ha una personalità molto…eccentrica ecco-

-Di pure egocentrica, è la pura verità- risi nuovamente di fronte a tutta quella critica esasperata.

-Comunque grazie davvero Nina, per essere venuta fin qui, per non averci abbandonato, per…-

-Stefan- lo bloccai scuotendo la testa –Anche se non fossimo stati amici, anche se non ti avessi mai conosciuto e tu fossi stato un completo estraneo, ti avrei aiutato lo stesso, perché è un mio dovere innanzitutto, non un favore che ti faccio in quanto amica. In questa situazione stiamo rischiando tutti, non solo voi, perché se quello che mi hai detto è vero, e non dubito lo sia, allora ogni vampiro su questa terra è a rischio. E a tal proposito volevo informarti che non me ne starò certo in disparte, aspettando che una pazza strega originaria cerchi di rimediare ai suoi errori sterminando la razza che lei stessa ha creato più di un millennio fa, o che tu ti faccia ammazzare nel tentativo di salvarci tutti-

-E con questo cosa vorresti dire?-

-Sono qui, e resto qui. Combatterò con voi se sarà necessario, e vi darò una mano. Un vampiro in più fa sempre comodo, no?- sorrisi –E poi sono anni che non faccio qualcosa di eccitante e diverso dal solito, l’eternità comincia ad annoiarmi, almeno mi tengo in allenamento- risi, più che altro per mascherare la piccola omissione che mi ero permessa di fare: non gli avrei mai rivelato che un altro grosso motivo per il quale ero reticente a lasciare quella cittadina era lui, l’amore folle della mia vita,  il fratello del suo peggior nemico. Stefan non sapeva la mia storia, e semmai gliel’avessi voluta raccontare, non l’avrei fatto in quel momento, né in quel contesto.  E poi non avrei voluto che provasse compassione per me, me che come una folle mi stavo sacrificando per rivederlo un’ultima volta, sapendo che l’odio che avrei letto nel suo sguardo mi avrebbe uccisa molto più di uno stiletto nel cuore.

-Sei sicura? Non devi farlo per forza, hai già fatto tanto venendo qui e portandoci il libro, non voglio chiederti di restare a combattere, è pericoloso-

-Stefan, non me lo stai chiedendo tu, è una mia scelta. E poi sono più vecchia di te e del tuo fratellino, credi non sappia badare a me stessa?-  inclinai la testa di lato, sfidandolo a contraddirmi e facendolo ridere.

-E va bene, se è questo che vuoi…-

Annuii convinta –E’ questo che voglio. Voglio dare una mano- ed ero convinta delle mie parole.

-Allora d’accordo, benvenuta in famiglia e congratulazioni, hai appena firmato il contratto per la tua condanna a morte- scherzò lugubre, e Dio quanto aveva ragione non lo sapeva neanche lui!

Mi morsi un labbro –Mh…promette bene-

-Già ti tiri indietro?-

-Mai detto questo- affermai convinta, sorridendo, poi gettai un’occhiata all’orologio a pendola che segnava le sei del pomeriggio –Sarà bene che vada, ci sentiamo domani perché ora che mi sono messa in gioco, voglio sapere tutto delle regole-

-Certamente. Vieni domani mattina, verso le dieci, così ti faccio conoscere anche gli altri-

-D’accordo- sorrisi, avviandomi verso l’ingresso, poi arrivata sulla porta mi voltai a salutarlo –A domani-

-A domani Nina, e grazie ancora- mi sorrise riconoscente, mentre mi chiudevo la porta alle spalle e mi avviavo a passo lento verso la macchina, sentendo i tacchi affondare nel terriccio umido del giardino.  Se una parte di me si sentiva più leggera per aver preso quella scelta, per essermi messa in gioco non fuggendo più come una vigliacca, l’altra tremava di fronte alla pazzia che avevo deciso di compiere. Un conto era arrivare lì, consegnare un libro ed andarmene, l’altro era decidere di rimanere, schierandomi da un lato del campo e segnando il mio futuro. Ero folle, folle e sciocca. Avevo deciso di aiutarlo perché era la cosa giusta da fare, perché lui avrebbe fatto lo stesso con me e perché diciamocelo, nella barca c’eravamo tutti, ma proprio tutti, ed era inutile mettersi in un angolo ad aspettare la fine, pregando di non affondare, mentre altri sudavano nel tentativo di farla rimanere a galla. Ma facendo così, mi ero condannata ad incontrarlo. 188 anni a sfuggirgli, timorosa alla sola idea di incrociare la sua ombra, ed ora eccomi lì, a fermarmi a tempo indeterminato nella stessa piccola cittadina dove si era stabilito lui, per di più combattendo a fianco dei suoi stessi nemici. Avevo davvero firmato la mia condanna a morte.

Scrollai la testa, salendo al posto del guidatore e mettendo in moto. Quel che era fatto era fatto. Niente più ripensamenti, dissi a me stessa.

Partii sgommando, avvolta dalla luce calda del sole al tramonto, e mi abbassai ad accendere la radio, cambiando stazione fin quando una canzone, Come Home degli OneRepublic, non attirò la mia attenzione. Sorrisi, distraendomi, quando una figura in controluce non si stagliò a una ventina di metri dalla macchina, posizionata a gambe larghe e braccia teste lungo i fianchi nel mezzo della strada. Sgranai gli occhi, affondando il piede sul pedale del freno ed inchiodai raggelata prima di investirlo.  Se avessi avuto un cuore funzionante, ero certa che mi sarebbe esploso nel petto. Fissai quella figura dal volto oscurato avvicinarsi lentamente, e Dio solo sa quanto desiderai che non fosse lui. Non era così che avrei voluto trovarmi davanti a lui, non senza prepararmi, non senza un preavviso, un segno, qualsiasi cosa che mi permettesse di rimanere calma e lucida, l’esatto opposto di come mi sentivo in quel momento.

Quando era ormai ad un metro dal muso della macchina, la mia memoria scavò nel passato confrontando i miei ricordi con quella figura, e constatando che no, non era lui, non erano le sue spalle, i suoi capelli, le sue braccia…quell’uomo non era Elijah. Il sollievo che ne derivò fu tale che quasi sorrisi, nonostante la situazione non fosse certo delle più normali e rassicuranti.

Poi però, al suo ultimo passo, quel sorriso mi morì sulle labbra ancor prima di nascere. Raggelai, immobilizzandomi ancora di più se questo era possibile, e trattenni il fiato sgranando gli occhi. Le mani si strinsero sul volante in una presa spasmodica, mentre l’uomo si chinava in avanti, poggiando le sue sul cruscotto e guardandomi dritta negli occhi, il viso contorto in una smorfia inquietante.

-Chi non muore si rivede, vero piccola traditrice?- quel sibilo, quella voce all’apparenza dolce e casuale, ma traboccante di rabbia repressa, mi scivolò addosso quasi fosse un’impalpabile carezza gelida, facendomi rabbrividire fin nelle ossa.

Ingoiai a vuoto, alzando il mento e ostentando una sicurezza che non mi apparteneva, prima di schiudere le labbra.

-Ciao Klaus-

 

 

 

 

 

- - - Angolino dell’autrice - - -

Ok, devo davvero essere pazza per aver cominciato questa storia ma ormai è fatta, e non si torna più indietro :) Allora, tanto per cominciare questa follia è nata dal mio assurdo amore per Elijah, perché sì gente, sono follemente innamorata di lui! Ehm…scusate, momento di sclero…Ritorniamo a noi :) So che è il primo capitolo e so che non ci avete praticamente capito una ceppa, ma vi prometto che col tempo si spiegheranno molte cose, tipo la reazione strana di Nina di fronte alla somiglianza di Elena con Katherine, cosa diamine è successo tra lei ed Elijah e cosa c’entra Klaus….si ok vi sto già  svelando troppo eccheccavoli.
Riguardo all’ambientazione temporale, possiamo dire che si svolge dopo la 3x18, quando cioè il legame tra i fratelli Originali viene spezzato ma si scopre che uccidendone uno, muore tutta la sua stirpe. Da lì in poi quindi non tiene assolutamente conto dei fatti della serie, se non per brevi spunti magari, e anche prima se trovate delle incoerenze beh ci stanno, perché x ragioni di trama potrei aver modificato qualcosa, mi scuso da subito se questo è un problema.
Come coppie…la mia coppia principale in assoluto è ovviamente Elijah e Nina, ma amando alla follia anche Klaus/Caroline potrebbero esserci degli accenni, però non garantisco, lo stesso vale per Damon/Elena, anche se in caso lì sarà del tutto casuale, è il mio inconscio che mi spinge a metterli vicini vicini :P
Ora, mi sembra di aver detto tutto quindi….lapidatemi, insultatemi, criticatemi, denigratemi oppure che so, se vi va magari fate qualche apprezzamento, anche piccolo piccolo mi accontento di poco, ma vi supplico recensite! Perché sì, sono una di quelle che soffre di autostima bassa o chiamatela come vi pare, fatto sta che il mio morale crolla a picco se non vedo nulla di nulla (nooooo questo non è un modo per prendervi per i sensi di colpa, assolutamente, che vi salta mai in mente?!)
Bene, ho finito di dire pazzie per oggi, vi capisco se vi ho spaventate, giuro, spavento già me stessa quindi….
A presto (spero) :)

Deademia

  
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