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Autore: Blue Eich    14/10/2012    5 recensioni
Ho immaginato come potrebbe essere il primo incontro di Vera e Drew, quando entrambi non hanno ancora cominciato il loro viaggio e sono dei bambini.
Genere: Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Drew, Vera | Coppie: Drew/Vera
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Anime
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|Little Things|
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Vera stava giocando nel parco di Petalipoli. Portava un adorabile vestitino con le maniche a sbuffo, una gonna che le arrivava appena alle ginocchia e un vistoso fiocco rosso in testa. Fingeva che i suoi due bambolotti fossero un coraggioso principe e una bellissima principessa che si dovevano sposare, perciò li muoveva su e giù, elaborando con entusiasmo i loro dialoghi.

D’un tratto, un ragazzetto più grande di lei comparve in cima allo scivolo più alto, con un sorriso sadico sulle labbra. «Missilspillo, Cacnea!»

Al sentire quella voce, la piccola si voltò giusto in tempo per vedere un mostriciattolo ricoperto di spine fare un balzo e attaccare. Dai suoi tozzi arti partirono degli aculei luminosi, che mancarono di poco lo spiazzo d’erba dove stava serenamente giocando.

«Ehi! Perché l’hai fatto?» gli chiese, intristita.

«Perché mi andava!» ghignò lo sconosciuto dagli ondulati capelli viola. La bambina, osservandolo, pensò che il suo abbigliamento era davvero buffo: indossava uno stravagante completo verde menta coi pantaloni a zampa d’elefante e un cappello triangolare simile ai tratti di un cactus.

«Sei cattivo!» lo accusò, imbronciata.

Quello rise all’affermazione e scese dallo scivolo, seguito dal suo Pokémon tanto minuto quanto pericoloso. «Ma che bel complimento, grazie mille!» esclamò, compiaciuto, per poi strapparle con uno scatto le bambole di mano. «Turbosabbia, Cacnea!»

All’ordine, la pianta mosse velocemente le braccia che le fungevano da armi, per creare una vorticosa tempesta di terra. Vera rimase a guardare i suoi inanimati amici che venivano trascinati sempre più al largo, impotente.

Corse subito a riprenderli, sotto la risata sguaiata del giovane, che la osservò andare via: non sarebbe uscita tanto facilmente da quel bosco.

 

E aveva ragione: la castana, piano e cautamente, si addentrava sempre di più in quel labirinto naturale. Alternava il guardare con attenzione per terra al controllare con occhi colmi di paura il paesaggio attorno a sé. Stava camminando da molto, ma vedeva solo imponenti alberi. A un certo punto si arrestò, presa dallo sconforto, perché avrebbe tanto voluto essere a casa con mamma e papà, che le avevano intimato di non allontanarsi per nessuna ragione finché non fossero venuti a riprenderla. Si sedette su quel terroso manto di foglie secche, affondando la testa tra le ginocchia. Presto, le lacrime cominciarono a rigarle il viso paffuto. I suoi singhiozzi, dapprima flebili, divennero sempre più incontrollati.

«Cerchi qualcosa?»

Alzò i suoi occhi color del mare e ne incrociò due di un acceso verde smeraldo. Un altro bambino mai visto prima la fissava, in attesa di una risposta.

«Sì» tagliò corto, con la vocina rotta dal pianto.

«Cerchi queste?» Lui alzò le mani: in una teneva il principe, mentre nell’altra la principessa, fortunatamente illesi.

Vera riprese entrambi con fretta, per stringerseli forte al petto: aveva temuto di perderli per sempre. Stette in quella posizione a lungo, senza smettere di singhiozzare.

Il ragazzino la osservò in silenzio per un po’, non spiegandosi il suo comportamento. Le aveva riportato le bambole, insomma, avrebbe dovuto essere felice. «Perché piangi?»

«Mi sono persa…»

All’udire quella rivelazione stette a guardarla, indeciso. Avrebbe potuto andarsene e tornare dalla sua famiglia, dall’altra parte del bosco, ma agli scout gli avevano insegnato che le persone in difficoltà si devono sempre aiutare. «Vieni, ci penso io» si offrì infine, prendendola d’impulso per mano.

Iniziarono a camminare nella direzione opposta. Vera era sorpresa che si fosse rivelato così gentile, perciò si limitò a scrutarlo con indiscrezione mentre la trascinava, perfettamente sicuro di dove stessero andando.

«Qual è il tuo nome?» si decise a chiedergli dopo un po’, curiosa.

In risposta ottenne un sorrisetto. «Non te lo dico.»

«Antipatico!» Gonfiò le guancette di rabbia e voltò il capo, offesa, senza tuttavia rinunciare alla sua stretta.

 

Vera riconosceva vagamente il sentiero, ciò significava che ormai stavano raggiungendo il parco. Abbozzò un sorriso in direzione del misterioso bambino. Sciolse timidamente l’intreccio delle loro mani e portò le proprie dietro la schiena, impacciata. Stava per aprir bocca per dirgli grazie, ma un ringhio minaccioso la distrasse dal farlo.

Lo sguardo di entrambi saettò al cespuglio che si trovavano dinnanzi, dal quale era spuntato fuori un Poochyena coi denti digrignati.

La bimba soffocò un grido di terrore, pietrificandosi, mentre il suo salvatore le si parava davanti con una veloce scivolata.

«Non muoverti» le intimò, sicuro di sé. «Vai, Budew!»

Lanciò sul terreno una Sfera, che dopo qualche secondo d’attesa si aprì e rivelò con un fascio di luce una piantina dalla faccia gialla, che si posizionò pronta per attaccare l’avversario.

Vera rimase immobile, come le era stato detto, sbirciando con timore da dietro una delle esili spalle del suo compagno d’avventura.

Intanto il lupetto avanzava, deciso ad aggredirli con Morso.

«Budew, attacco Paralizzante!» ordinò lui, puntando il braccio in avanti.

Il Pokémon emanò una polvere dal suo bocciolo, che si sparse nell’aria in direzione del cagnolino. Latrò, spaventato da quell’odore pungente, per poi fuggire via tra gli alberi con la coda tra le zampe e le orecchie basse in segno di sottomissione.

«Wow, sei stato fenomenale!» disse la bambina, ammaliata, intanto che il verde accarezzava affettuosamente la testa del suo combattente, prima di farlo rientrare nella Poké Ball.

«Prima mi hai detto antipatico» replicò con una leggera smorfia, appoggiandosi all’ultimo albero della foresta.

«Va beh, non lo pensavo!» sostenne lei, frettolosamente e con leggerezza.

«E cosa pensi, allora?»

«Che sei stato fantastico!» esclamò, arrossendo.

Lui fece un sorriso. «Da grande diventerò il Coordinatore più bravo del mondo, come la mia mamma» ammise, senza nascondere l’ammirazione nella voce. «E tu?»

«Non lo so. La verità è che a me non piacciono i Pokémon…» rivelò Vera, con un sorrisino lievemente amaro.

«Perché?»

«Beh…» balbettò, in cerca delle parole giuste, tormentandosi le mani. «Non mi piacciono e basta! Però adoro viaggiare: non so cosa diventerò, ma mi metterò in viaggio e sarò famosa anch’io, un giorno!» spiegò, innalzando un pugno in segno di grinta.

«Magari ci rincontreremo. Adesso scusa, ma devo andare via…» tagliò corto il ragazzino, pensando che di sicuro i suoi genitori e sua sorella erano in pensiero. «Allora… Ci vediamo.»

Frugò in tasca e le lanciò una rosa senza gambo, che lei prese al volo, mettendosi sulle punte per afferrarla. Poi le diede le spalle e prese a camminare.

«Sì, ci vediamo…» sussurrò la piccola, stringendo il fiore. Mise una manina stretta a pugno sul cuore. «Ci conto» aggiunse dolcemente, mentre lui si allontanava e la sua figura si rimpiccioliva all’orizzonte.

Quando fu da sola, posò le bambole su un’altalena cigolante del parco e si sedette a dondolarsi su quella accanto, mentre ammirava il tramonto in lontananza.

Forse non sono poi così brutti i Pokémon, senza di loro non lo avrei incontrato…” rifletté, fermandosi per alcuni secondi. Poi si diede un’altra spinta decisa. “Chissà se un giorno lo rivedrò davvero… Mi piacerebbe davvero tanto tanto…” pensò, arrossendo.

Guardò la corolla della rosa: era stupenda, con quei petali vellutati. La avrebbe conservata per sempre, come suo ricordo, in attesa di rivederlo. Sì, perché era certa che prima o poi sarebbe successo… Era il suo cuore a dirglielo e si sa: il cuore non sbaglia mai.

«Vera, torniamo a casa, la cena è pronta!» si sentì chiamare, da una voce dolce che conosceva fin troppo bene.

Scese dalla giostra, con un balzo energico e il sorriso sulle labbra. «Arrivo, mamma!»


 

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 Angolo Autrice
da1ca4af3fa1dfb8e2ded11bcc07c026
Salve!
Sì, questa può essere considerata una cavolata, ma era un'idea che avevo in mente da molto e sono felice di averla scritta.
È inverosimile che i personaggi si conoscessero già, soprattutto la scena iniziale con Harley, ma va beh.
Drew qui ha una sorella perché nella mia long
Desire to be together gliene ho inventata una e ho voluto mantenerla anche in questo universo. L'accenno agli scout è dovuto al fatto che alla fine di un episodio lui abbia salutato Vera proprio con il saluto tipico degli scout e, da lì, la mia mente ha immaginato che da piccolo ne facesse parte.
Spero sia piaciuta a qualcuno.
Alla prossima!

-H.H.-

 

   
 
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