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Autore: Trestan    18/06/2004    3 recensioni
Una storia di maltrattamenti. Una vita distrutta... Ma la voglia di vivere non morirà mai... Liberamente tratta dalla canzone "Mary" dei Gemelli Diversi.
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Una ragazza di sedici anni come tante altre: bionda, occhi verdi, non troppo alta, ma molto bella. Forse un po’ sbadata visto che si riempiva sempre di lividi. Questa potrebbe essere la sua descrizione fatta da uno sconosciuto, ma io la conoscevo, sapevo che non era così.
“Notte fonda. Mary stava sdraiata sul letto, non riusciva ad addormentarsi. La porta della sua camera sbatté. Era suo padre, lo vide di schiena mentre chiudeva a chiave l’entrata. Si voltò e con fare barcollante si avvicinò al suo letto. Aveva bevuto, l’odore dell’alcol si sentiva già da quella distanza. Farfugliò qualcosa, ma lei non lo comprese. Il suo volto era duro, rigido e una strana luce attraversava i suoi occhi. Mary cominciò ad avere paura, sapeva che suo padre non riusciva a controllarsi da ebbro.
“Quando allungò le sue mani verso di lei si scostò verso l’altra parte del letto, vicino al muro.
““Vieni qua!” il padre gli comandò con disprezzo.
“Lei si alzò di colpo e scappò verso l’altro lato della stanza, l’uomo la seguì sempre col suo fare lento e incerto. La ragazza cercò qualcosa sulla scrivania. Trovò il suo porta-disegni e con tutta la forza che aveva in corpo cercò di colpire il suo aggressore. Non ci fu niente da fare. Il padre afferrò quell’arma impropria e la scagliò lontano, contro il muro e si infranse. Lanciò tutto quello che si trovava fra le mani, ma quei bombardamenti non fermarono il nemico.
“Adesso era disarmata, cercò di nuovo di sfuggirgli, ma questa volta egli fu più veloce. Uno schiaffo la colpì in pieno sulla guancia e la scaraventò a terra. Sentì il calore e il dolore diffondersi per il suo corpo, ma non era ancora finita. L’uomo le fu addosso, non la faceva muovere. Era troppo forte per lei.
““Aiuto!! Mamma, aiuto!! Mamma!!!” Fu interrotta da un altro schiaffo che si abbatté sulla sua pelle chiara. Come mai non arrivava nessuno a salvarla? Sapeva che sua madre era in casa, ma perché non faceva niente per aiutarla?
“Calde lacrime torreggiavano lungo il suo volto mentre quella furia non trovava fine. Sembrò durare un’eternità, ma finalmente quel bruto se ne andò. Mary era a pezzi e riuscì a malapena a tornare al suo giaciglio.
“Pianse, pianse per il dolore, per lei e per i suoi genitori.
“Il giorno dopo avrebbe mentito dicendo che quei colpi li aveva ricevuti durante una lezione di kick-boxing.
“Non era affatto sbadata. Non si provocava da sola quei lividi, era il padre a causarglieli. La picchiava, la malmenava ogni volta che tornava sbronzo dal dopolavoro.
“Ero il suo migliore amico, mi raccontava sempre tutto. Vedevo il dolore nei suoi occhi, avevo visto mille volte quel liquido amaro solcarle le guance. La ascoltavo sempre, ma nonostante questo mi sentivo inerte di fronte a quel problema, non potevo far nulla se non starle accanto. Negli ultimi tempi non dormiva più e usciva di casa per evitare il ritorno di quel bastardo. Camminava nella notte, attraversava i giardini poi passata attraverso la stazione. La vedevo sempre dalla finestra, aspettavo che passasse di lì per scendere giù da lei.
“Quante volte l’ho trovata ad osservare i binari, meditando il suicidio, e ogni volta la scostavo dolcemente da quel luogo. Andavamo a sederci su una vecchia locomotiva.
“Fu così anche quella volta, anche se portava sulle spalle un grosso zaino. Quando le chiesi cosa contenesse si limitò a sorridere.
““Sto per partire” la sua voce era sicura.
““Cosa?” rimasi sorpreso da quell’affermazione. L’avevo sentite tante volte quelle parole, ma ogni volta lei non aveva trovato il coraggio necessario per portare avanti quel progetto. Ma quella volta sembrava diversa, molto più sicura e determinata, inoltre il suo viso era diverso dal solito: più disteso e sorridente, ma non si trattava di quel falso sorriso che ostentava a scuola, era qualcosa di puro e sentito.
“Aprì la sua borsa e tirò fuori un barattolo. Lo agitò un po’ facendo tintinnare le monete dentro di esso. Sorrise di nuovo.
““Questi sono i soldi che ho guadagnato lavorando, dovrebbero bastare” S
“embrava una bambina contenta per aver finalmente riempito il suo salvadanaio.
“Mi abbracciò, mi strinse con tutta la forza che aveva, io feci altrettanto. Qualcosa di caldo mi cadde sul collo.
““Tornerò” mi sussurrò all’orecchio. Mi baciò dolcemente sulla guancia e corse via. La guardai mentre spariva nel buio, i suoi passi rimbombarono nel silenzio anche quando fu scomparsa dai miei occhi. Alcune sirene suonarono in lontananza. Quella notte morì la madre di Mary, probabilmente lei non lo seppe mai.
“Passarono 6 anni.
“Il padre di Mary ebbe un incidente: era ubriaco e la sua macchina sbandò, stampandosi in un palo. Restò in coma per due giorni, poi morì.
“Quel giorno stavo aprendo la porta di casa di ritorno dal lavoro, quando sento squillare il telefono. Mi fiondai in casa a rispondere con una strana sensazione dentro.
““Pronto?” risposi col fiatone.
““Puoi venire a prendermi alla stazione?” Era stata una voce femminile a rispondere dall’altra parte. Era lei, quello era il suo tipico modo di telefonare: non diceva mai chi era. Non so esprimervi che sensazioni ebbi in quell’istante, furono troppe e troppo intense, resta il fatto che mi cambiai e corsi di filato alla stazione.
“All’ingresso stavano aspettando tre persone. Una di loro era lei. Il suo viso era diventato adulto, ma aveva l’espressione gioviale di quando era bambina. La sofferenza era sparita da quel volto, vedevo solo amore e tanta voglia di vivere adesso.
“Teneva per mano un bellissimo uomo, alto e moro, sembrava un tipo affabile e simpatico, sicuramente l’uomo adatto per te, Mary; e una bambina: sei tu da piccola, siete identiche. Ha anche i fiocchettini come li portavi sempre tu.
“Ce l’hai fatta, Mary, ce l’hai fatta.
““Chi è questo tato, mamma?” chiese innocentemente la piccola. Mary allora ci presentò, poi ci congedammo da loro.
“In pochi minuti fummo alla nostra meta. Stavano lì, una accanto all’altra, le due tombe dei genitori di Mary. Lei le guardava senza dire niente. Non piangeva. Versare lacrime era impossibile.
“Mi prese a braccetto:
““Andiamo”
““Mi ricordo sempre quando dicevi: “questa vita non la cambio mai. Ci sto provando, sto pregando ma sembra inutile” e invece…”
“E invece ce l’ho fatta”
  
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