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Autore: AngelOfSnow    15/10/2012    1 recensioni
Guardò quest’ultima e sorrise: sui cinquanta anni, sorridente, rassicurante e dall’aria bonaria; l’altezza intorno al metro e cinquanta e il corpo - fasciato in un completo elegante – lasciava intuire la rigidità con cui avrebbe condotto l’esame.
Ciò che non piacque lei - e le fece salire un brivido su per tutta la schiena - fu il viso del secondo professore con cui avrebbe avuto a che fare: sui quaranta anni, forse, dal viso tondo statico in una maschera di freddezza mista a odio e rabbia, da gelarle il sangue; molto basso per essere un uomo, superava di poco la donna, e il corpo fasciato in abiti sportivi-eleganti, neri.
“O mio Dio…” esclamò interiormente spaventata a morte e quando incrociò gli occhi del docente per alcuni secondi vide, negli stessi e nell’espressione, baluginare in un qualcosa di sadico e cattivo; si ritrovò a tremare impaurita mentre tornava in quel cerchio, prendendo posto e dimenticandosi completamente di dare una rapida occhiata all’altro uomo.
Genere: Generale, Satirico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Le cronache di un esame:
Denise, la Storia della storia e la lotta contro il “Pinguino”.


 

 L’edifico si stagliava in cielo fieramente, trasmettendo a chi l’osservava, l’importanza della propria funzione di Università Musicale- a detta di molti; le arcate delle porte erano poco sgretolate, annerite dalla polvere e dallo smog urbano pur essendo una struttura nuova; la scala - che un tempo era stata condominiale - faceva puzza di fumo, chiuso e polvere.
Nulla di particolare.” Pensò interiormente una ragazza sui sedici anni, di carnagione scura a causa della tintarella estiva, mentre camminava lentamente guardandosi intorno che, dopo cinque secondi, si diede della stupida: adorava quel posto, semmai, era la situazione a farle vedere le cose in modo grigio e pessimistico.
Con passo incerto salì le scale di marmo e si fermò al primo piano, entrando dentro una porta spalancata alla propria destra, colorata dalla quantità ingente di manifestini riguardanti concorsi e master di ogni dove
Denise guardava quell’ambiente con una sicurezza stentata e finta, facendo intravedere - anche dal gesto più infinitesimale - tutta la tensione che il suo corpo era in grado di trasmettere.
Quel Conservatorio, le metteva una strana inquietudine quando era vuoto e - soprattutto - in quelle situazioni di tensione.
Sospirò soppesando le probabilità di non fare quell’esame e negò a se stessa quella possibilità: non aveva scelta.
Si morse le labbra carnose con fare nervoso, adagiò la borsa su una panca posta nei corridoi e sfilò dalla stessa un raccoglitore.
Lo sfogliò con fare teso e spostò gli occhiali dal volto, al limite della sopportazione.
-“Denise!”- si sentì chiamare e alzò il volto alla voce maschile.
-“Ciao.”- mormorò lei in modo stanco e trascinato, tornando ad un mutismo insolito.
-“Tutto bene?”- lei alzò un sopracciglio castano.
Improvvisamente ripensò al motivo di quella follia e si rivide raggiante , piena di vita e coraggiosa - subito dopo gli invalsi di scuola superiore -  dove la propria idea le era parsa una soluzione stupenda: fare l’esame di Storia della Musica a Settembre. Si portò una mano alla testa con fare addolorato per quella scelta, ignorando i richiami del ragazzo davanti a lei.
-“Ehi, parlo con te…”- la riportò sulla terra.
-“No, non va bene per nulla...”- sussurrò in modo contrito a causa dell’ansia, poi guardò il ragazzo come se l’avesse considerato solo in quel momento. -“piuttosto: tu che ci fai qui?”-
E sorrise nel constatare che in quella pazzia, non era sola.
 
 
Erano passati quarantacinque minuti e oltre a lei - davanti alla porta della biblioteca, dove sarebbe accaduto il “misfatto” - si erano aggiunti altri dieci ragazzi che avrebbero dovuto affrontare l’esame. In quei minuti avevano preso sedie e banchi dalle aule e li avevano posizionati in modo tale da creare un cerchio. Un cerchio per ripassare, per ripetere e crogiolarsi nell’ansia più totale a causa del ritardo.
No, davvero?! Fa vedere!” mormorava una. “Ricordi tutto?” commentava un’altra. “I fiamminghi in quali tesi li troviamo?” domandava un altro e Denise cercava di non perdere il controllo, rispondendo ora, ad una domanda posta improvvisamente e con zelo, da una ragazza dai folti capelli ricci, ed ora, ad un ragazzo che cercava di non far notare le proprie carenze in materia e ridacchiava quando sentiva gli altri porgerle dei complimenti. Doveva ammetterlo: era la più preparata.
 In quello stesso momento, tre individui entrarono nella stanza e gli esaminandi sussultarono - Denise inclusa - nello stesso momento; questo significava solo una cosa: l’esame stava per iniziare.
Dopo pochi secondi - come a dar conferma del timore collettivo - gli stessi, riuscirono dalla biblioteca, chiamandoli in ordine alfabetico: lei era la terza.
Guarda il lato positivo,” si disse. “prima è, meglio è.
Mentre pensava, si soffermò a guardare meglio i professori che avrebbe dovuto guardare successivamente, evitando di soffermarsi sui dettagli per non fissarli troppo: due uomini e una donna.
Guardò quest’ultima e sorrise: sui cinquanta anni, sorridente, rassicurante e dall’aria bonaria; l’altezza intorno al metro e cinquanta e il corpo - fasciato in un completo elegante – lasciava intuire la rigidità con cui avrebbe condotto l’esame.
Ciò che non piacque lei - e le fece salire un brivido su per tutta la schiena - fu il viso del secondo professore con cui avrebbe avuto a che fare: sui quaranta anni, forse, dal viso tondo statico in una maschera di freddezza mista a odio e rabbia, da gelarle il sangue; molto basso per essere un uomo, superava di poco la donna, e il corpo fasciato in abiti sportivi-eleganti, neri.
O mio Dio…” esclamò interiormente spaventata a morte e quando incrociò gli occhi del docente per alcuni secondi vide, negli stessi e nell’espressione, baluginare in un qualcosa di sadico e cattivo; si ritrovò a tremare impaurita mentre tornava in quel cerchio, prendendo posto e dimenticandosi completamente di dare una rapida occhiata all’altro uomo.
Fu in quel momento che entrarono i primi due esaminandi, facendole perdere il senso del tempo e sentire i discorsi degli altri, in modo del tutto disinteressato.
-“Quello lì è venuto per bocciare.”- Denise aggrottò le sopracciglia rimanendo in silenzio, ascoltando quello che diceva un ragazzo dai capelli rasati a zero e gli occhi azzurri.
-“Hai visto che espressione? Sicuramente farà come ha fatto a Giugno.”- sbuffò una ragazza indignata, masticando la gomma da masticare voracemente in un moto di stizza.
-“Perché, che ha fatto?”- chiese lei, curiosa di sapere.
Gli altri la guardarono storta come se avesse pronunciato una bestemmia , se non peggio.
-“Ha bocciato i trequarti della classe, perché non sapevano cosa fosse lo stile concertato.”-
Strabuzzò gli occhi, nemmeno lei che stava affrontando quell’esame da esterna e aveva portato il doppio del programma, conosceva quella forma musicale.
Gli altri le sorrisero in modo bonario e prima ancora che potessero spiegarle cosa fosse e a quale periodo appartenesse quello stile, la porta si aprì a gran velocità, mostrando uno dei due ragazzi precedentemente entrati che rideva sotto i baffi, con le guance scarlatte - dello stesso colore dei capelli - mirando a quel cerchio con aria sempre più divertita e facendo aumentare l’alone scarlatto sul viso. Aveva un brutto presentimento, Denise.
-“Figghioli, siamo consumati!” parlò in dialetto siciliano, portandosi le mani al volto in modo pessimistico. -“dicono di far entrare qualcuno più preparato per salvarci almeno in parte, chi entra?”- domandò con fare supplichevole, facendo calare il gelo sui presenti.
-“Chi è il più preparato?”- tornò alla carica il ragazzo.
Denise si guardò intorno per cercare un volontario ma sgranò gli occhi quando in coro, con dita puntate e espressioni atterrite, tutti i presenti scoccarono all’unisono un’unica parola che la fece sobbalzare.  
-“LEI!”- 
E fu costretta ad alzarsi, guardarsi intorno, pregare per la propria anima, attraversare il corridoio con la coda fra le gambe, entrare dentro la biblioteca e chiudersi l’uscio alle spalle, rimanendo con le stesse girate per alcuni secondi.
-“Bene,” scoccò una voce fredda e austera prima che avesse potuto girarsi. -“speriamo che lei vada meglio, signorina.”
Denise si girò sobbalzando e guardò la sedia di pelle lucida marrone, mentre l’altro docente la invitava a sedersi e firmare in modo bonario; della donna nessuna traccia.
Lei lo fece e vide l’ombra di un sorriso cattivo, formarsi nell’angolo sinistro delle labbra fine dell’uomo che poi disse:
 -“Cominciamo.”- guardandola come un predatore pronto all’attacco.
 
 
A quell’affermazione, il cuore di Denise era imploso in una corsa sgangherata di battiti martellanti e potenti contro la gabbia toracica.
-“Mi parli dei Cristiani.”-
Improvvisamente, sentendo il tema su cui argomentizzare e ripetere, sorrise mentalmente sentendo il cuore decelerare quella corsa per tornare ad un ritmo regolare.
Parlò per molto della nascita del rito, della musica e di alcune formule salmodiche protratte sino ad oggi, prima che l’uomo la interrompesse bruscamente, porgendole un altro quesito.
-“Da dove nasce il Gregoriano?”- chiese in modo austero, mentre lo stesso si guadagnava un’occhiata indecifrabile da parte dell’altro uomo, visto il tasso di disprezzo nella voce di quello vestito in nero nei riguardi di Denise.
Con non certo un sorriso smagliante in volto, rispose alla domanda, fino a trovarsi sommersa da domande quiz senza un filo logico su più di cinque secoli.
In poche parole a Denise quell’esame sembrava una lotta contro la Storia della storia, in cui nel campo nemico, vi era trincerato un docente pronto a sfruttare una minima carenza a proprio vantaggio.
Rispose con facilità ad ogni cosa e, quando pensava che sarebbe presto finito, l’uomo vestito di nero sorrise in modo sfuggevole.
-“Mi parli di Igor Stravinskij.”-
Si morse la lingua, Denise, per evitare di imprecare ad alta voce.
Cosa gli devo dire di uno che non viene citato nel testo nemmeno per errore? Dovrei inventare? Se s’accorge che io non lo conosco mi ridurrà in poltiglia. Non voglio essere bocciata per uno che sembra essere il figlio del Pinguino di Batman. Stravinskij…pensa dannazione, pensa! Non lo conosco!
Il tempo di mettere insieme qualche data o citazione causale per sentito dire, il Pinguino schioccò la lingua per più di due volte con fare canzonatore.
-“Signorina, questi autori sono citati all’interno delle dispense che ho personalmente inviato ai ragazzi esterni al conservatorio.”- con orrore Denise non poté fare altro che guardare l’altro uomo, che cercava di fare ragionare il collega con gli occhi. –“Non ci siamo proprio, signorina, lei ha studiato?”-
Dannazione, certo che ho studiato, altrimenti non avrei parlato per più di venti minuti, no? Stupido Pinguino!” si disse interiormente, mentre il collega che adesso stava considerando come unico aiutante di quella situazione disperata, si schiarì due volte la gola attirando l’attenzione sui presenti.
-“Avanti, non essere così severo, ha parlato molto e bene, non credi che…”-
Lasciò la frase a metà volontariamente e Denise sorrise al suo indirizzo con fare timido.
-“Mh, bene, e adesso parlami dei vari tipi di tropi.”-
-“Come, scusi?”- chiese, a disagio nel non conoscere minimamente quello a cui l’uomo faceva riferimento.
-“Non sa cosa sono i tropi?”-
Lei annuì e prima che potesse sembrare il contrario si affrettò a dare una risposta più che eloquente.
-“E allora ora mi potrebbe dire i vari generi, no? Non lo sa?”-
La sua mente in quel momento, sembrava essersi scissa in più blocchi di memoria, per cercare di trovare una risposta in poco tempo.
-“Non lo sa.”- confermò l’uomo e lei arrossì di rabbia, cominciando a tremare.


L’ultima cosa che desiderava in quel momento era tremare.
Ovviamente non voleva essere nemmeno in quella situazione ma, ne sarebbe venuta fuori in qualche modo, se avesse preso in considerazione l’idea di uscire fuori da quello stato catatonico
Si mise le mani davanti al viso per cercare di calmarsi e riprendere il controllo, ma il suo corpo reagiva alla pressione senza il volere della mente, in un riflesso incondizionato.
-“Si sente bene?”- le chiese l’altro, rimproverando con gli occhi il collega, indifferente alla scena.
-“S-si.”- tartagliò lei, chiudendo momentaneamente gli occhi.
Doveva superare quella prova a qualsiasi costo.
-“Non mi sembra poi così sicura in quello che dice.”- rimbeccò il Pinguino con occhio cattivo.
-“Potrei pensare a questa domanda e rispondere più tardi, continuando l’esame?”-
Questo strabuzzò gli occhi per pochissimi attimi, prima di tornare alla maschera di fredda indifferenza.
La tensione era palpabile ma non così schiacciante da piegare tre mesi pieni di studio.
Denise fece leva su se stessa, ricordando con malinconia i giorni passati a studiare sotto il sole con l’odore della salsedine sotto al naso, quando l’unica cosa che desiderava fare era rilassarsi. Ricordò i festini saltati per lo stesso motivo, le uscite con gli amici, con il proprio ragazzo, le nottate in bianco a ripetere. Doveva farcela, eppure si trovava nei guai…
-“Mi parli del madrigale.”-
 
Gli era bastata quella parola, per riprendere in mano la situazione: si sentiva come il tappo di sughero che sguscia via dal collo della bottiglia, a causa dei gas presenti al suo interno.
Smise di tremare e guardò prima in viso l’uomo con due grossi e tondi occhiali – che l’aveva spronata a tranquillizzarsi diverse volte – e poi quel Pinguino imbalsamato che la guardava con sufficienza cominciando a parlare, divenendo anche logorroica sotto certi punti di vista.
-“S’è sbloccata!”- cinguettò quello con gli occhiali, mostrandosi fin troppo esuberante sotto certi punti di vista.
Lei si sentiva una furia, vogliosa di poter dare il meglio, in barba a quel momento di vuoto totale.
-“Bene e la polifonia dei fiamminghi, dove si sviluppò?”-
Entusiasta ricominciò a parlare ma fu costretta ad interrompersi a causa di una seconda voce.
-“E allora? Cosa ci fa ancora qui, questa signorina?! Giuseppe, non mi dire che l’hai trattenuta fino adesso!?”-
Denise guardò il balcone con aria stralunata per ritrovarvi la figura della donna, scomparsa fino a quel momento con in mano un telefonino.
-“Ma…”- provò a difendersi il Pinguino Giuseppe e la donna portò il polso fasciato dal cinturino di un orologio vicino al volto, strabuzzando gli occhi.
-“Mamma mia! Quasi tre quarti d’ora! Forza lasciamola andare!”- e sorrise a Denise, la quale credeva di essere su un ring con tanto di guantoni.
-“Adesso, mia cara, hai un rosario?”-
-“Veramente no, a cosa mi servirebbe?”- s’incuriosì poi, osservando il volto contrariato del Pinguino nell’asciarla andare.
-“Il tuo compagno avrà bisogno di un miracolo.”-
A quella risposta si guardò intorno per ricordarsi della figura dai capelli rossicci e rise: aveva fatto il suo meglio e di più; adesso si sarebbe potuta rilassare.
Gli lasciò il posto volentieri e s’accomodò in quello precedentemente occupato. Quasi ebbe voglia di andare via, mentre sentiva le grandi eresie storiche che stava mettendo insieme per formare un periodo lungo solo dieci anni: il periodo Cuscinetto della scuola Franco-Fiamminga che partiva dal 1380 e finiva nel 1420, il periodo di chiave per anni e anni di musicisti fiamminghi importanti nello studio e sviluppo della musica, anche dopo la riforma Luterana e la Controriforma Cattolica; in poche parole, il miracolo sarebbe servito poco o a nulla.
 
 
Aveva cercato un modo per aiutare il compagno ma – dopo la sfuriata del Pinguino che s’era alzato pur di non ascoltare più quel “perditempo”, così da lui definito -  all’interno dell’aula, era calato il silenzio.
-“Bene!”- osservò la donna, mentre annotava su alcuni documenti cose oscure al sapere di Denise. -“potete andare!”-
Stava quasi per attraversare l’uscio, quando si sentì chiamare dalla stessa, mentre il Pinguino incrociava le braccia al petto e il collega con i buffi occhiali, sfogliava il depliant con il programma d’esame.
-“Si?”- chiese, tesa.
-“Auguri, sei stata promossa!”- sorrise la donna a trentadue denti, mentre la ragazza sorrideva di rimando alla commissione prima di piangere a dirotto, sciogliendo la tensione, soddisfazione e gratifica interiore.
-“Che cos’è successo?!”- si sentiva chiedere e lei non rispondeva, presa come era a scaricarsi del tutto con quelle lacrime.
-“No, niente, tutto a posto: sono stata promossa!”- esultò e - anche se aveva intrapreso una lotta glaciale contro un Pinguino decisamente fuori luogo - era riuscita a passare all’anno successivo con il massimo punteggio in classifica, soddisfacendo il proprio ego e riscattando le proprie fatiche.

 
 

- Fine -  
 

   
 
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