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Autore: Federichina    15/10/2012    1 recensioni
Una telefonata breve ma intensa, la paura, l'intraprendenza.... poi... l'inaspettato....
Genere: Introspettivo, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Adam quella mattina era per strada a concedersi qualche sana sghignazzata in compagnia della sua band; si divertiva a sparare battutacce o a fare facce strane. Nel bel mezzo di una risata a crepapelle il suo i-phone vibrò e diffuse una suoneria chiassosissima.
“Scusate, è quel rompi di Neil… torno subito!” pronunciò in tono affettuoso, distaccandosi dal gruppo e trattenendo a fatica le risate.
Aprendo la conversazione, però, si accorse subito che c’era qualcosa di strano, perché quella non era la voce di suo fratello e in sottofondo regnava un silenzio sospetto.
Già col batticuore domandò: “Chi parla? Neil se questo è uno scherzo non è divertente!”
“Non sono Neil, mio caro.- gli disse una voce sibilante e un tantino rauca, somigliava ad un soffio infernale -Ma il tuo fratellino è qui con me. È davvero simpatico, sai? Sarebbe un peccato se dovessi fargli del male…”
Adam sentì il sangue salirgli al cervello con un solo zampillo mentre nello stomaco si spalancò una voragine; oramai la calma era svanita come un granello di sabbia al vento, perciò alzò la voce, alterata dal nervosismo: “Tu chi diamine sei? E come ti permetti? Se solo ti azzardi a…”
“Ehi, cornacchia canterina, qui le leggi le detto io! E se non fai tutto quello che ti dico, dalla a alla zeta, puoi dire addio a Neil. Chiaro?” lo interruppe il tipo dall’altra parte.
“Ok, ok, dimmi cosa devo fare…” si ammansì il cantante.
Seguì un ghigno malefico del sequestratore, il quale poi si affrettò a dire: “Perfetto, ora ci siamo. Adesso calmati, fai finta di nulla e guai a te se fai parola di questa conversazione con qualcuno. Recati tra tre ore a casa di tuo fratello e porta con te la tua auto e i tuoi contanti. Io prendo il malloppo, tu ti riprendi il tuo moccioso. Non farti passare neppure per la testa l’idea di allertare la polizia, altrimenti la prossima volta che scovo tuo fratello, o magari Leila, la tua cara mammina, potrei aver voglia di giocare al tiro al bersaglio piuttosto che ad acchiapparello…”
“Come faccio a sapere che è davvero lì con te? O che non gli hai già fatto del male?...” sussurrò Adam.
Di sicuro il tizio avvicinò la cornetta al ragazzo, che pronunciò sconvolto: “Adam! Aiuto, ti prego! Ho paura!”
Mentre il trentenne chiamava il nome del sequestrato, il telefono venne allontanato da Neil e la chiamata fu interrotta bruscamente.
Adam tremò al solo pensiero che potesse succedere qualcosa ad un membro della sua famiglia, allora si ripeté in mente le istruzioni fino quasi ad impazzire, fissando l’i-phone come fosse un uccello del malaugurio.
Gli amici lo raggiunsero e Tommy, ridendo a più non posso, mise un braccio attorno alla spalla di Adam, pronto a ragguagliarlo in merito alle battute che si era perso mentre era al telefono. Lui, invece, se lo scrollò di dosso delicatamente e disse che aveva fretta. Tutti gli chiesero che avesse, anche perché a guardarlo con un minimo di attenzione si notava che fosse provato. Naturalmente la star negò e si congedò con la scusa che aveva lasciato un rubinetto aperto a casa. Ovviamente non se la bevve nessuno, ma la band sapeva che pressarlo serviva solo a peggiorare le cose.
                                                                                                                                                                  ***
Intanto Adam raccolse frenetico tutte le banconote che aveva, gettandole in un borsone da palestra, ci mise dentro perfino gli spiccioli, le posate d’argento, gli oggetti in oro. Diamine, c’era in gioco la vita di Neil! Come un razzo salì a bordo della sua magnifica decappottabile dai vetri fumé appena ritirata dal concessionario e sfrecciò a casa del fratello. Bussò. Silenzio. Poi lo scattare della sicura di una pistola, o peggio. Passi felpati. Il tempo di sbirciare dallo spioncino, uno scatenio dietro la porta, che finalmente si aprì. Comparve sulla soglia un tipo incappucciato da un passamontagna, con una pistola dal calibro sicuramente molto grosso puntata al petto dell’atteso ospite. Il sequestratore gli fece cenno di entrare e Adam si affrettò a fare quanto detto.
Neil era legato ad una sedia bendato ed imbavagliato, tenuto sotto tiro da una ragazza armata e anche lei celata da un passamontagna. Adam alzò le braccia, tenendo ancora il borsone e facendo di tutto per farlo notare.
“Lasciatelo andare, ho qui i soldi e l’auto è lì fuori, vi do subito le chiavi…” balbettò timoroso.
La giovane puntò la pistola verso il cantante, nel frattempo che il compare sbirciava nel borsone; quando il complice le fece un cenno, lei slegò Neil.
Poi fu un attimo.
La femmina prese il bottino e le chiavi della decappottabile, correndo verso l’auto, mentre il maschio afferrò Adam e lo trascinò con sé, nella vettura. Il malcapitato ebbe a stento il tempo di rendersi conto dell’accaduto, il momento prima era in casa di suo fratello e ora era prigioniero sul sedile posteriore della sua auto, con una pistola puntata alla gola.
“Fenice, hai redarguito a sufficienza Neil?” chiese il malvivente.
“Sì, Pegaso, non aprirà bocca. E anche se lo facesse, ho scelto un nascondiglio che neppure Sherlock  Holmes troverebbe!”
Era chiaro che usavano nomi in codice.
Percorso da un inarrestabile tremore, Adam chiese cosa volessero da lui. Nessuna risposta. Naturalmente era stato bendato subito dopo la sgommata di partenza, ma il metallo lo percepiva benissimo sul collo. Quando Fenice rivelò che erano quasi arrivati alla meta, Pegaso gli assestò un colpo sulla nuca che gli fece perdere i sensi.
Riaprendo gli occhi, Adam si accorse che lo avevano condotto in una buia squallida cantinola in disuso, con una finestrella soltanto, sbarrata alla meno peggio da vecchie assi di legno. Era sdraiato su uno sporco pavimento in pietrame, così impolverato che il colore si poteva solo intuire. Tentò di alzarsi ma fu strattonato da due catene che gli legavano i polsi. Era dolorante. Guardando il sudiciume dei suoi abiti e notando quanto fossero sdruciti, capì che lo avevano portato fin laggiù trascinandolo di peso.
“Aiuto! Qualcuno mi aiuti! Nessuno mi sente? Aiutatemi, sono stato rapito! Ehiiiii!” strillò con voce strozzata.
Continuò per vari minuti, finché non si accorse che alle spalle gli era piombato Pegaso, il quale pose la rituale domanda: cosa credi di fare?, tanto per terrorizzare ulteriormente la vittima, infatti nemmeno gli diede il tempo di farfugliare qualche inutile scusa che lo colpì ad uno zigomo col calcio della pistola. Dopodiché gli rifilò una pedata nello stomaco. Adam emise un gemito, afflosciandosi al suolo e accartocciandosi per attutire la sofferenza, o forse per istinto.
“Ma questo rifugio è isolato…” intervenne Fenice.
“Lo so. Ma devo fargli capire chi comanda.” esclamò soddisfatto Pegaso.
Adam insistette nel chiedere cosa volessero e il ragazzo incappucciato, seccato, gli rivelò sgarbatamente che volevano un riscatto, il riscatto più alto della storia, ottenuto mettendo insieme i soldi spillati ai familiari con quelli inviati dai fans, che certamente non si sarebbero sottratti alle donazioni pur di salvare il loro idolo. Adam domandò allora cosa c’entrasse Neil, e il suo rapitore aggiunse che era solo un’esca, molto più facile da catturare della reale preda.
“Ma è una cosa spregevole! Non… non permetterò che tu faccia una cosa simile!” ribatté il prigioniero.
“Non sei contento? Potrai vedere quanto ti ama la gente! Più soldi arriveranno, più significa che sei famoso!” ridacchiò Pegaso.
Fece finta di andarsene; in realtà tornò indietro e incominciò a prenderlo a calci e pugni. Ridotto ad un ammasso indolenzito e tumefatto di carne e ossa, il cantante non aveva nemmeno la forza di mettersi carponi e rimase sdraiato nella posa scomposta in cui lo lasciò l’aggressore. Quest’ultimo gli scattò una foto cercando di evidenziarne il volto livido, lo zigomo viola e i graffi su braccia e mani. Poi passò il cellulare alla socia, suggerendole di accompagnare la richiesta di riscatto inviata sul web con quella foto.
“No, non farlo! Fermati!” cercò di bloccarla Adam, che provò anche a rialzarsi ma fu atterrato dal peso delle catene, reso insostenibile dalle percosse ricevute.
Pegaso tuonò di non fiatare, poiché lui era il capo, sferrò un pugno nell’occhio all’impertinente ostaggio e sospinse la ragazza verso la porta.
Facendo appello a tutta la propria rabbia, la star scandì meglio che poté: “Tu… mi fai schifo!”
Il malvivente lo afferrò dai capelli e gli sbatté la testa contro la parete, causandogli il sanguinamento di una tempia. Adam si portò le dita alla zona lesa e le osservò nel loro innaturale colore rosso cupo. Intanto fuori il cielo si scuriva e la notte avanzava recando con sé una brezza frizzante ed un’umidità penetrante. Il trentenne fu assalito dai brividi, brividi dovuti al freddo, alla paura, al ribrezzo nei confronti di quell’essere spietato.
Pegaso lo teneva d’occhio senza distrarsi un momento, come se un poveraccio incatenato e malmenato potesse avere la meglio su due nemici integri e armati… Ed ecco sopraggiungere la ragazza, la quale informò seriosa l’alleato che molti erano diffidenti e pensavano fosse un fotomontaggio, quell’immagine.
“Avete fallito, non si lasceranno usare da due vermi come voi!” affermò impavidamente l’ostaggio, con i denti digrignati ed uno sguardo tagliente come un pugnale, anche se sfigurato.
Ci furono alcuni istanti di silenzio assoluto, dopodiché Pegaso trascinò una botte vuota al centro della stanza e si allontanò per un breve lasso di tempo, affidando il sorvegliato a Fenice. Tornò poco dopo, reggendo una telecamera portatile che venne posata sulla botte. Afferrando un’asse di legno in cui erano ancora conficcati due grossi chiodi arrugginiti, il sequestratore sbraitò: “Vediamo se dopo questo bel videoclip ci crederanno o meno, mio caro signor Lambert!”
I due grandi occhi impauriti di Adam si spalancarono prima di serrarsi a causa del terrore; Pegaso brandì l’asse e la schiantò contro la star dalla lingua troppo lunga per i suoi gusti. Un urlo assordante riecheggiò riempiendo tutta la cantina, seguito da un gemito e infine da un piagnucolio più somigliante al verso di un cucciolo ferito che ad un lamento umano. Lo spietato giovanotto si apprestava a continuare con il proprio metodo di punizione, ma si fermò e cedette la vittima alla complice, informandola che avrebbe dovuto sbrigarsi perché il video andava girato prima dell’alba. Detto ciò, appoggiò l’asse al muro e uscì da quella sottospecie di mattatoio. Fenice avanzò verso Adam; quegli occhi castano chiaro non promettevano nulla di buono. Lei lo mise seduto di peso, accostandolo senza la minima accortezza alla parete. Gli si accoccolò di fronte, scrutandolo impassibilmente. Inaspettatamente, si sporse per tentare di baciarlo e lui si scansò. Irata, la sgraziata fanciulla sfogò la sua frustrazione sferrandogli una testata sulla bocca, siglando il suo gesto con un’affermazione acida: così impari a fare lo schizzinoso coi potenti.
Riprese a fissarlo con espressione arcigna e maliziosa al tempo stesso. Adam sapeva benissimo che non aveva buone intenzioni, e che non lo avrebbe salvato neppure il fatto di informarla (o comunque di rammentarle) la propria omosessualità, dunque disse con quel po’ di forze che gli rimanevano: “Qualunque cosa tu debba fare, ti prego, falla in fretta…”
Non aveva più un tono arrogante, anzi, appariva supplichevole. Anche se regnavano le tenebre, la fronte gli luccicava di sudore e gli occhi di lacrime; assomigliavano a due pezzi di cielo squisitamente dolci su cui fluttuavano pozzanghere trasparenti intorbidite dal dolore. Pozzanghere che straripavano e gli colavano giù per le guance, mute ma violente come squarci verticali su un’opera d’arte. Sì, perché ridurre così una persona innocente dal viso d’angelo e dalla voce da usignolo era un vero scempio. E non riusciva a sostenere il suo sguardo per più di tre secondi, lei che era la carceriera! No, non ce la faceva e spostava la visuale sulle braccia ammaccate, sulla tempia sanguinante e sul labbro da cui fuoriusciva un rivolo rosso. Si rimproverò perché stava lì immobile, invece di agire, ma la sensazione di avere un cappio attorno al collo, già teso, la paralizzava. I suoi occhi incrociarono nuovamente quelli di Adam, per sbaglio; stavolta le fu impossibile distrarsi. La visione di qualcuno, soprattutto quel qualcuno, ridotto così, la torturava. Perciò fece una cosa che non avrebbe mai neanche immaginato: gli si inginocchiò davanti, provocando in lui un’iniziale reazione di terrore. Proseguì adagiando sul pavimento l’arma e affondando le dita nei soffici folti capelli bicolore dell’ostaggio. Infine lo strinse forte a sé e prese a singhiozzare: “Adam ti prego perdonami, è stata un’idea di mio fratello, io… mi aveva convinta… e poi impazzivo all’idea di averti qui con me, ma ora… ecco, io… scusami, scusami….”
Adam rimase spiazzato, non sapeva cosa dire e nemmeno come reagire, non pensava più nemmeno alle botte avute, si chiedeva solo quale fosse la frase migliore da sfoderare. Non trovandone una adatta, si limitò a ricambiare l’abbraccio con una stretta malferma eppure sentita. Fenice si asciugò le lacrime con un gesto nervoso e secco del braccio, tirò fuori dalla tasca le chiavi e lo liberò dalle catene. Cercando di non fargli ancora del male, lo aiutò a mettersi in piedi e lo sospinse verso l’uscita, intimandogli di affrettarsi. A fatica, Adam acquistò un’andatura abbastanza veloce mentre si dirigeva verso la salvezza. Fenice non lo seguì, si sedette in un angolo e, ancora piangente, si puntò la pistola alla tempia. Doveva riuscire a stare più ferma, se non voleva solo ferirsi o magari fallire il colpo. C’era quasi. Si bloccò quando si accorse che il prigioniero era tornato indietro e le stava dinanzi a fissarla.
“Che fai ancora qui? Muoviti e va’ via!” lo sgridò.
“Cosa… perché vuoi farlo?” disse il cantante, tanto angosciato quanto incuriosito.
“Non merito di vivere dopo quello che ho fatto a te e Neil… e poi quando mio fratello scoprirà che ti ho lasciato fuggire, ci penserà lui a farmi fuori!” rispose Fenice, piena di rammarico.
“Io non me ne vado senza di te.” sentenziò Adam.
Nello sguardo gli brillava una fermezza tenera, quasi paterna; le avvolse la mano armata nella sua, facendole abbassare la pistola, dopodiché le porse il palmo per farla mettere in piedi. Fenice lo guardò zitta per un po’, quelle dannate iridi color mare limpido le liquefacevano il cuore. Perciò non poté sottrarsi ad un invito talmente cortese. Una volta che la ragazza si alzò, Adam la prese per mano e procedette verso l’uscita con lei affianco.
Ci avevano messo troppo, però, e Pegaso era tornato al nascondiglio, sventando la fuga. Appena se li vide comparire davanti, mano nella mano, non esitò a tirare fuori la pistola e far fuoco verso la sorella. Fenice fu prontamente circondata dalle braccia di Adam, il quale cadde a terra ferito. Pegaso si preparò a dargli il colpo di grazia nel giro di due secondi. Con altrettanti riflessi pronti, la giovane fece fuoco esattamente sulla mano del sequestratore, in modo da fermarlo e disarmarlo al tempo stesso. Mantenendo il sangue freddo, Fenice calciò lontano l’arma del fratello e gli sparò anche ad una gamba, per indebolirlo ulteriormente. Lo trascinò in fondo alla cantina e lo incatenò al posto dell’ostaggio, ignorando gli insulti e le invettive di Pegaso. Poi andò a vedere come stesse Adam, che si stringeva una spalla e basculava su se stesso dal dolore, tornando a piagnucolare sommessamente.
“Fammi vedere…” disse lei.
Il cantante scostò timoroso la mano imporporata, rivelando un fiume rosso che seguitava a scorrere. Dando un’occhiata veloce, la signorina affermò che non era nulla di grave.
“Ma fa malissimo!” si lamentò Adam.
“Tranquillo, è una ferita superficiale, sei stato preso di striscio. Pegaso ha sempre fatto schifo, nella mira!” nel pronunciare l’ultima frase, Fenice alzò la voce per farsi sentire dal fratello e condì quelle parole con un abbondante strato di soddisfazione e un pizzico di superbia.
Rimase accoccolata accanto alla star, appoggiando la sua testa contro la propria spalla anche nel frattempo che telefonava all’ospedale. Chiudendo la conversazione, la fuorilegge pentita lo rassicurò che sarebbe presto giunta un’ambulanza e si tolse il passamontagna, scoprendo una chioma ondulata e biondo scuro. Gli accarezzò il viso e i capelli, gli baciò la testa e adagiò la propria guancia sulla sua, inoltre adoperò il copricapo per asciugargli le lacrime ed il sangue, aggiungendo che non avrebbe mai più voluto vederlo soffrire. Adam le sorrise in quel suo tipico modo, così angelico e luminoso, pieno di umanità e sentimento.
                                                                                                                                                        ***
La notizia del rapimento di Adam Lambert sollevò un polverone gigantesco, naturalmente i sequestratori furono incarcerati, ma Fenice ottenne una pena inferiore. Non poteva credere ai suoi occhi quando, durante l’ora dei colloqui, si vide di fronte Adam, con ancora i segni visibili dei maltrattamenti sul viso, specialmente sul labbro.
“Oddio, cosa ci fai qui?” pronunciò commossa la galeotta.
“Volevo salutarti il prima possibile e dato che mi hanno dimesso stamattina…” spiegò.
“Non sai quanto mi dispiace, giuro che non farò mai più del male a nessuno…” esclamò turbata Fenice, a capo chino.
“Ne sono certo. – affermò Adam, delicato- Ma adesso non pensarci più. Non sono venuto qui per farti sentire in colpa, ma per un altro motivo, Asia. È questo il tuo vero nome, giusto?”
La ragazza annuì, sorpresa… Cercando di celare il suo moto interno, la giovane domandò ancora come mai fosse in quel postaccio.
“Ecco, io… volevo chiederti se, appena uscirai, ti andrebbe di… insomma… ti piacerebbe diventare una delle mie guardie del corpo?” rispose Adam, imbarazzato senza un apparente motivo.
Le stava offrendo un lavoro, proprio a lei che aveva agito contro di lui in modo terribile. E che lavoro, poi! Un lavoro per cui Adam avrebbe dovuto riporre in lei tutta la fiducia possibile, le  stava affidando la propria incolumità e inoltre le stava praticamente chiedendo di seguirlo in ogni suo spostamento. Allora gli importava davvero di lei! Altro che un bacio o un incontro occasionale, Asia aveva la fortuna di avere da Adam qualcosa di più, ossia attenzioni, premure, amicizia, interessamento: in una parola, affetto.
“Sì! Non vedo l’ora!”
 
   
 
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