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Autore: drunkofben    15/10/2012    1 recensioni
“E come in un duello far dici passi e poi guardarsi un'ultima volta e via...”
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo
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Via - 1981
 
Il mare urlava sotto di noi, implorandomi di non farlo. Le stelle tacevano spaventate, tremando appena per il vento freddo. La luna mi dava le spalle. Sapevo che non sarebbe stata d'accordo.
Il vento freddo mi scompigliava i capelli e mi seccava la pelle mentre l'unica cosa che vedevo erano i suoi occhi profondi ridere.
Mi sembrava un miracolo che ridesse, con tutto quello che gli stava succedendo. Il suo cuore era schiacciato sotto un tram, ma lui aveva ancora la forza di ridere. E forse era questo che mi fece sentire così importante, quasi avessi diritto di farlo solo perché riuscivo a dargli un sorriso.
Le mie labbra sfiorarono le sue, infrangendo una risata che il vento si portò via e prima che potessi rendermi conto davvero di ciò che avevo fatto già correvo sulla strada con il vento che mi ghiacciava le lacrime sulle guance mentre mi spingeva in un angolo buio non troppo lontano, dove mi accovacciai sul marciapiede gelato.
Affondai il viso nella sciarpa mentre il mio respiro si perdeva nel mare, distante solo due angoli da me, per alzare lo sguardo solo quando sentii i suoi passi tornare lenti. Lo vidi camminare a testa bassa, le mani in tasca e il mento nella ciambella della sciarpa. Per un po' rimasi immobile, guardando la sua sagoma camminare nera contro il giallo artificiale di un lampione, poi non resistetti alla tentazione, no... al bisogno di tentare di aggiustare quello che avevo rotto. Provai a salvare il salvabile.
Le mie scarpe ticchettarono veloci sull'asfalto mentre lo raggiungevo e lo costringevo a voltarsi. Non lo vidi in viso e fu meglio così. Non mi allontanò nè alzò lo sguardo. Mi andava bene, forse era meglio di qualunque altra alternativa.
- Lo so che non ci riuscirai perché il pensiero ci sarà sempre, ma devo dirtelo. Dimenticati di quello che è successo... dimentica quello che ho fatto. E' un bene per tutti. Tu la ami e lo so. E posso anche capirti. Io? Sono solo una cretina che non sa tenersi dentro le cose e agisce senza pensare alle conseguenze - Parlavo combattendo contro le lacrime, fortuna che il vento era dalla mia e le asciugava. Lui ascoltava silenzioso, senza muovere un muscolo. - Lo so che io a suo confronto non sono nulla. Lo so che ora stai pensando che io sto male, che soffro e che muoio dentro. Ma voglio che tu sappia che sto bene, non morirò - accennai un sorriso incoraggiante, forse più per me che per lui, e continuai - Sappi che se mai starò tanto male da dover morire lo saprai. E adesso scusami, ma il freddo mi sta uccidendo -
Per un solo attimo sperai che lui mi guardasse, che facesse una battuta e che mi prendesse per la vita. Nell'attimo dopo mi resi conto che questo non sarebbe successo per nulla al mondo. Così nell'istante che seguì sperai che lui davvero si dimenticasse di quello che avevo fatto e detto, ma ancora una volta la mia speranza appassì nel vento gelido della notte. E mentre mi voltavo per tornare verso il mare mi resi conto che dovevo spiegare il perché. Lui non si era mosso di lì, lo sapevo anche se ora gli davo le spalle. Parlai normalmente, perché sapevo che il vento che si infrangeva sulle mie labbra gli avrebbe portato la mia voce.
- Domani parto per Londra. Prendo il treno all'alba, praticamente. Mi fermo in Francia e di lì vado in aereo. E' stato... non potevo aspettare -
Feci qualche passo controvento sentendo che anche lui si allontanava, ma dopo una manciata di secondi lo sentii frenare. Mi fermai di colpo e mi voltai, le mani serrate che mi tremavano nelle tasche del cappotto.
Vidi i suoi occhi scrutarmi scuri e profondi nella notte. Avevano l'espressione di malinconia che ormai ero abituata a vedervi impressa. Lo scrutai per un po', giusto il tempo di capire se avesse intenzione di parlare. Non ne aveva.
Tornai a guardare le stelle che affogavano fra il mare e la notte guardandomi severe e dicendomi - Te l'avevo detto - il mare urlava ancora, ma non capivo più cosa dicesse. La luna piangeva in un angolo di cielo mentre un lampione si spegneva al mio passaggio e si riaccendeva dopo qualche secondo.
Non sentii l'eco dei suoi passi andare via, ma mi parve che il vento mi urlasse qualcosa con la sua voce. Qualcosa che non volli capire. Forse solo un urlo di rabbia, una canzone per distruggersi.
 
Passai le ultime ore di quella notte a bere tè caldo e a guardare il mare dalla finestra, sperando in segreto che lui passasse di lì, mentre qualcosa di più ragionevole dei miei sogni mi diceva che non sarebbe successo. E quando la sveglia del mio cellulare mi avvisò che era ora di andare mi preparai a lasciare la mia casa per l'ultima volta. Chiusi la porta lasciandovi dietro un piccolo pezzo della mia vita e fino a che il treno che mi avrebbe portato in Francia non ebbe svoltato la prima curva mi illusi di incontrarlo. Solo allora, la testa appoggiata al vetro freddo del finestrino, accessi l'mp3.
 
“E come in un duello far dici passi e poi guardarsi un'ultima volta e via...”
 
Mentre affogavo in un mare urlante di lacrime un ragazzo entrava in stazione correndo, mancando il suo obbiettivo di appena una curva e una goccia di tristezza.
Non gli avevo nemmeno detto - Ti amo -
   
 
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