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Autore: Colli58    16/10/2012    2 recensioni
Castle rimase per qualche minuto ad osservare Beckett scostarsi i capelli dal viso con aria imbarazzata e allontanarsi leggermente dal bordo del tavolo. Nonostante l’aria del locale si fosse riempita dell’odore di birra mescolata a varia umanità, riusciva a percepire il suo aroma dolce di ciliegie.
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Quasi tutti | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Terza stagione
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Nel locale la musica era alta. Il rock & roll degli anni 70 vibrava sui muri rivestiti di legno come se fosse una cassa armonica e nonostante non fosse il periodo che amava di più, Castle sentì la necessità di canticchiare a denti stretti quel pezzo mentre si affaccendava sul bancone dell’Old Haunt. Lo aveva comprato dopo quella incredibile scoperta: la riserva di scotch del mitico Boo James. Quelle sì che erano storie che lo entusiasmavano, lo facevano sentire parte di un romanzo di altri tempi, sensazioni che al massimo poteva rivivere nei film, ma viverle di persona stando in quel locale era tutta un’altra cosa. La sua fantasia sfrenata lo faceva rivivere ad occhi aperti il periodo del proibizionismo, con tutto quello che comportava la clandestinità e la continua sfida contro la legge.
Analizzò il paradosso che stava vivendo, arrivando ad idolatrare qualcosa che al tempo era considerato illegale e vivendo una doppia vita come consulente della polizia. La vita era davvero un rebus.
Al ritornello della canzone Castle, di slancio, fece volare due bicchieri che afferrò per pura fortuna prima che di andarsi ad infrangere maldestramente sul bancone o per terra. L’occhiataccia del nuovo barman Jonas fu mitigata solo dal fatto che lui era il padrone e che faceva quel che voleva.
Oh Baby, you're the only thing in this whole world
That's pure and good and right
And wherever you are and wherever you go
There's always gonna be some light…
gracchiò cercando di imitare Meat Loaf ma con scarsi risultati. Era fuori allenamento rispetto al periodo del collage. A quel tempo, quando era sbronzo, aveva dato il meglio, o il peggio di sé dipendeva dai gusti… Così almeno diceva sua madre.
Si sentiva allegro e stava aspettando che la serata andasse ad incominciare. Aspettava gli amici del distretto e lei, la sua incantevole, eccitante musa.
Si sarebbero trovati a bere una birra e chiacchierare allegramente per stemperare la fatica di una settimana estremamente ricca di impegni.
Aveva fatto tante ricerche sul lato oscuro di New York, ma scorrazzare con Beckett per la grande mela era un’inesauribile fonte di orrori adatti alle sue più contorte teorie. Una fonte di fortuna e fascino.
Dopo un paio di anni di questa vita aveva sviluppato un legame con quel gruppo che non si era mai aspettato. Erano forti, ma più di tutti lei era fantastica.
Certo lo bistrattava, lo strapazzava, lo faceva diventare pazzo provocandolo e lo lasciava sempre a strisciare con la lingua per terra. Ma lui non poteva più fare a meno di lei.
E poi adorava darle fastidio a modo suo, invadere il suo spazio, anche solo per sentire il suo profumo di ciliegie. Quale donna adulta profumava di ciliegie? Aveva assaporato donne in chanel, D&G, Dior e così via, ma quel profumo di ciliegie lo scombussolava. Era insolito e dannatamente attraente in un modo che non riusciva a concepire. E lui cercava di sentire quell’essenza avvicinandosi a lei quando meno se lo aspettava: era senza dubbio una mossa molto pericolosa ma lui affrontava il rischio con puro piacere.
Sua figlia avrebbe detto che lui lo faceva per puro masochismo o follia. Consciamente sapeva che era più di tutto quello. Era qualcosa che lo stava cuocendo a fuoco lento da dentro. Quella cosa che gli aggrovigliava lo stomaco tutte le volte che finivano a fare un discorso serio. Quel verde, quelle labbra… Discorso, beh non erano frasi complete. Monosillabi, suoni. Cercò una malattia adatta a spiegare la sua strana assenza di vocaboli eruditi in certe situazioni con lei: gli venne in mente una sola parola, ma non la ripeté a se stesso. Non era il caso. Lei era fidanzata e lui era da poco tornato single. La bagarre dei media si era finalmente dissolta dopo il litigio definitivo tra lui e Gina. Sapeva che in fondo era colpa sua, non avrebbe dovuto darle una falsa speranza di una riconciliazione, in quel momento di sconforto gli era sembrata una scappatoia semplice. Ma per quella sera niente patemi d’animo, voleva solo divertirsi.
 
Castle si versò una birra soffermandosi a imitare poi un assolo di chitarra mentre il pezzo continuava a suonare dalle casse dello stereo.
Jonas lo guardava dubbioso scuotendo la testa. Probabilmente Castle pensò che doveva ritenersi fortunato ad avere un boss divertente come lui.
“Ehi bro, ti sei già bevuto l’anima?” Lo distolse Esposito dai suoi vaneggiamenti musicali.
“Non ancora, aspettavo la giusta compagnia…” rispose allegramente voltandosi e bloccandosi di colpo su quella visione che aveva appena varcato la porta. Kate Beckett era entrata sorridendo mentre chiacchierava con la dottoressa Parish. Portava un vestito aderente scuro e stivali lunghi. Si era appena tolta il cappotto e già Castle sentiva un certo calore in corpo.
Stivali… selvaggia!” pensò affascinato. Quella donna era una vera tentazione.
Ryan si piazzò davanti al bancone. “Sei vivo?” gli disse poi vedendolo fin troppo concentrato sulla collega. “Bevi una birra Ryan…” disse lui allungandogli quella che si era versato ma non aveva nemmeno toccato.
“Signore! Prego…” esclamò destandosi dai suoi pensieri e facendo strada ai ragazzi verso il tavolo che si era riservato.
Lanie rise, mentre Beckett scosse la testa. Castle si strinse le labbra e socchiuse gli occhi. “Suvvia detective, almeno per stasera mi da una tregua?”
“Forse… Se fai il bravo!”
“Sarò un santo…” disse giungendo le mani a mo’ di preghiera.
Lanie osservò i due battibeccare. Si sedette al tavolo di legno e fece spazio a Ryan. Aveva convinto Beckett a uscire senza Josh perché voleva vedere quei due frequentarsi fuori dal lavoro. Era curiosa e li vedeva molto bene insieme ed il suo spirito romantico e anche un po’ perverso le diceva che quei due erano fatti l’uno per l’altra.
Sedettero e fecero le loro ordinazioni al solerte padrone di casa, il quale si muoveva con disinvoltura come se non avesse fatto altro tutta la vita. Portò le ordinazioni e infine sedette a capotavola, con Beckett alla sua destra. Un tocco lieve del ginocchio a quello di lei lo fece sorridere.
“Sei proprio affascinato da questo locale non è vero?” disse lei prendendo la sua birra. Lo vedeva completamente calato nella parte di barman vecchio stile.
Castle annuì sorridendo. “Questo è un pezzo di storia Beckett, una parte della storia di questa città e va conservato come si deve…”
Esposito alzò il boccale di birra e propose un brindisi: “a noi ed al padrone di casa. Che possa farci bere gratis per un bel po’ di tempo…”
“Ehi!” Esclamò Castle mentre tutti ridevano. “Ed io che speravo di farci dei soldi…”
“Ma non lo fai per la storia?” lo canzonò Beckett.
“Indubbiamente ma io non sono un’associazione benefica!” Sbottò allargando le braccia.
Jonas arrivò e lasciò sul tavolo snake di tacos e salsa piccante.
Risero e continuarono a lanciare frecciatine al povero scrittore, che non perse un colpo.
“Ammetto che tutto questo è affascinante, ma dico perché voi non lo sentite questo brivido? Questo odore di alcool e legno. Queste mura piene di storia!” gesticolò vivacemente.
“Dai bro, è solo un bar! Si spera solo che poi non finisca col puzzare di vomito” aggiunse Esposito divertito.
“Ma che schifo! Esclamò Lanie. “Certo tu sei un esperto nel migliorare l’atmosfera della serata… Che tocco di classe” lo fulminò Castle disgustato dall’idea.
“Non è solo perché c’è la tua foto sul muro?” disse Ryan prima di alzarsi e rispondere alla sua Jenny. “No assolutamente no! Questo posto mi ha ispirato sul serio!”
Castle allungò la mano nel cesto dei tacos mentre seguiva involontariamente Ryan con lo sguardo e incrociò la mano di lei. Si guardarono imbarazzati e Becket ritrasse la mano velocemente. Lanie osservò la scena e sorrise. Castle mormorò delle scuse a bassa voce e poi si schiarì la gola tornando a scherzare con Esposito.
Beckett si era sentita gli occhi di Castle addosso, anche se lui realmente non aveva fatto nulla del genere. Insomma non l’aveva riempita di attenzioni come suo solito, ma averlo accanto le piaceva. Era passata poco più una settimana dal caso che aveva visto la presenza dell’attrice Nathalie Rodes, e lei non aveva smesso di pensare che Castle aveva detto di no alle sue avances. L’aveva sorpresa. Certo l’argomentazione sulla metaletteratura era veramente un exploit tipico dello scrittore, ma lei non riusciva a non tornarci con la mente.
Cercò di scacciare quei pensieri che non doveva avere e prese un sorso della sua birra ascoltando le battutacce di Esposito e le repliche di Lanie. Si sentiva abbastanza bene, ma non era del tutto rilassata. Di tanto in tanto guardava quell’adorabile triangolo di torace che Castle mostrava dalla camicia aperta. Lui la teneva sempre così ed era ormai abituata ad averlo intorno, forse era solo colpa dell’alcol o dell’aria ma si sentiva stranamente attratta da quei due bottoni aperti sulla sua camicia blu. Castle rise di nuovo ad una battuta che lei non aveva sentito, presa dai suoi pensieri, però gli occhi allegri e l’espressione gioviale la fecero sorridere di rimando.
Stranamente non riusciva a entrare nel discorso e così decise di alzarsi e fare un salto in bagno. Lui la seguì con lo sguardo interrogativo e gli occhi limpidi di un bambino che vede portarsi via il suo giocattolo. “Che cosa si starà chiedendo Castle...” pensò allontanandosi. Raggiunse il bagno e si guardò allo specchio: “Piantala Kate, hai un fidanzato a casa che ti aspetta…” si disse stringendo le labbra in un gesto di stizza. Pensò poi che a casa non c’era quasi mai, ma era un dettaglio che poteva gestire. “Non è diverso dagli altri giorni. Non è diverso dall’uomo che è andato a passare 4 mesi negli Hamptons con la sua ex moglie…”. Si rinfrescò il viso e si guardò di nuovo allo specchio.
Per quale ragione si era vestita in quel modo? Gli stivali erano sexy, certo non erano del tutto adatti a evitare di focalizzare su di sé gli sguardi di Castle. Aveva notato, quando era entrata nel locale, quel suo sguardo di fuoco.
Lanie le aveva detto che era da urlo e si era dimenticata per un attimo chi era in realtà la sua amica: non aveva misure sulle provocazioni. E lei ci era cascata in pieno.
Quando tornò al tavolo si trovò ad incrociare lo sguardo interrogativo di Lanie e lei sorrise scuotendo il capo. Esposito stava intanto facendo l’imitazione dell’espressione ebete di Ryan davanti a Nathalie Rodes. Ryan obbiettò sottolineando vivacemente che Esposito non era stato da meno. In aggiunta Castle li prese in giro entrambi perché loro erano più bassi di lei.
“Aveva i tacchi…” replicarono entrambi. “Ah beh, anche io” rispose Castle di rimando. “Tacco 12 e sono comunque più alto”. Disse avvicinandosi a Kate.
“Tu sei solo fortunato Castle, solo fortunato…” replicò Esposito.
“Mai negato di esserlo, ma dal canto mio posso dire che il fascino non è solo fortuna…” disse lo scrittore, “sono o non sono io stesso l’artefice della mia fortuna?”
“Ah, mister fascino, allora com’è che quel bocconcino di Nathalie ti ha ignorato?” replicò Lanie.
“Chi ti dice che l’abbia fatto…” Castle guardò i ragazzi con aria sorniona.
“E tu non ci dici nulla? Non si fa così tra fratelli…” sbottò Esposito.
Kate osservò Castle con aria interrogativa. Lei sapeva che lui si era rifiutato di andarci a letto, del resto era stata Nathalie stessa a svelarglielo, ma voleva vedere se aveva il fegato di dirlo agli altri. Voleva vedere fin dove si sarebbe spinto.
Castle assunse quell’espressione posticcia da uomo di mondo navigato che gli aveva visto fare spesso e scosse il capo.
“Beh, lei ci ha provato, ma non mi è sembrato il caso di approfittarne, in fin dei conti lei stava recitando una parte, un personaggio scritto da me e basato su di lei…” disse indicando Kate. “Non era lei. Recitava...”
Esposito si fece andare per traverso la birra e Ryan rimase a bocca spalancata, così come Lanie. Non se lo aspettava davvero e Kate trovò che Castle fosse stato onesto.
Dopo essere rinvenuto dallo shock, Esposito prese a scuotere il capo con disgusto. “Bro tu non sei a posto. Lasciatelo dire, non sei a posto. Ma chi se ne importava che non era lei, era Nathalie Rodes!!”
“Scusate ma non mi solleticava nemmeno l’idea di fare del sesso con l’eroina con la motosega mozza-teste di zombie…” disse Castle.
“E da quando in qua una cosa del genere ti preoccupa?” chiese Ryan.
“Da quando ho scoperto che lei si è rinchiusa per un mese in un soppalco per immedesimarsi in una parte. E per immedesimarsi in quella che ha fatto? Girato a segar teste di cadaveri con una motosega per calarsi nel personaggio come si deve?”
“E’ la tua anima gemella…” disse Lanie.
Kate rise e replicò: “di la verità hai avuto paura…”
Castle si voltò verso di lei con aria di sfida. “Paura io? Tu ti nascondevi nella sala relax per scappare alla tua stessa clonazione. Non dirmi che ti piaceva? Oddio se devo essere onesto preferisco mille volte l’originale al clone! Era inquietante.”
“Grazie Castle, sono davvero commossa!” rispose Kate con ironia. I loro sguardi si incrociarono e lei dovette ammettere che il viso di Castle era troppo vicino al suo.
Ryan constatò che la trasformazione in Kate era decisamente stata uno shock, ma per la sua personale lista lei rimaneva in posizione invariata.
Dal canto suo Castle lasciò che la discussione proseguisse senza di lui. Rimase per qualche minuto ad osservare Beckett scostarsi i capelli dal viso con aria imbarazzata e allontanarsi leggermente dal bordo del tavolo. Nonostante l’aria del locale si fosse riempita dell’odore di birra mescolata a varia umanità, riusciva a percepire il suo aroma dolce di ciliegie.
Jonas lo venne a chiamare per chiedere qualcosa e a malincuore dovette alzarsi. Raggiunse il bancone e aiutò il barman a servire drink mentre quest’ultimo scendeva in cantina per un rifornimento. C’era molto movimento e questo lo rallegrò, adorava vedere quel posto vivo, ma non riusciva comunque a distogliere lo sguardo dal tavolo e da lei.
Era stata stranamente silenziosa, quantomeno non era stata pungente come suo solito.
Dopo una ventina di minuti Ryan lo raggiunse al banco. “Io scappo, si sta facendo tardi e Jenny mi aspetta…” disse chiedendo il suo conto.
“La prossima volta porta anche lei…” lo salutò Castle facendogli un gesto di saluto con la mano. “Mi fai il conto?” Castle scosse il capo. “Paga Esposito.” Disse divertito.  Ryan sorrise e scambiò con Castle un feed the bird.
Quando Castle si liberò degli impegni e tornò al tavolo, gli amici se ne stavano andando.
“Scusate, a fare questo lavoro ci sono diritti e doveri…”
“Ma davvero? Replicò Lanie scarcastica.
“Ve ne andate di già?” constatò Castle dispiaciuto.
“Sai noi abbiamo un lavoro vero domani” rispose Beckett.
“Touché”.
“Oh ma Kate magari resta ancora un po’…” rispose Lanie maliziosa. Kate si voltò a guardare l’amica che si era allontanata velocemente verso il bancone trascinando Esposito e lasciando i due da soli al tavolo. Jonas guardò in direzione di Castle che scosse il capo. Era stata una bella serata e gli amici erano suoi ospiti.
“Non devi…” disse Kate accorgendosi del cenno dell’uomo al barman.
“Così dai loro solo brutti vizi…”
“Li posso dare anche a te…” replicò lui guardandola, “sono bravo in questo.”
“Non faccio fatica a crederci Castle.” Rimasero in silenzio qualche minuto. Kate si strinse nelle spalle. “C’è qualcosa che non va? Ti ho visto distratta questa sera…” iniziò a dire Castle.
“E solo stanchezza…” replicò lei incollando di nuovo gli occhi sui quei bottoni della sua camicia. “Sono stati giorni intensi. Lo devo ammettere è un periodo pazzesco: pare che tutti i maniaci siano saltati fuori come una serie di jack in the box!”
Kate rise. “Così potrai dire di aver visto un po’ tutti i casi di follia omicida possibili.”
“Credo che la follia omicida abbia delle casistiche così varie che non so se potrò mai sviscerarle tutte…”
“Già…” replicò Beckett facendo scorrere le dita sul tavolo liscio. “Così non ti libererai tanto facilmente di me.” Aggiunse Castle a bassa voce. La guardò di sottecchi, ma lei stranamente non sbuffò e non replicò.
“Beckett?” la distrasse dai suoi pensieri. Per un attimo si era soffermata a pensare ai mesi in cui lui non c’era stato. Quei mesi dove lei aveva sofferto per la delusione che lui le aveva inferto e in cui gli era mancato comunque moltissimo. Non le piaceva affatto l’idea che sparisse di nuovo. In fondo era bello averlo intorno. Era irritante, a volte asfissiante e davvero troppo verboso, riusciva a parlare anche in momenti meno adatti e dire cose fuori luogo, ma era divertente. Rendeva le giornate meno noiose o meno pesanti, stemperando sempre un po’ la tensione di un lavoro così cupo. Certo per lui era tutto un gioco, ma era una variabile che aveva accettato e che le era mancata. Ammetterlo a sé stessa era una cosa che la sorprendeva.
Alzò gli occhi su quelli di lui, trovandovi un’espressione preoccupata. Gli sorrise cercando di non dare a vedere il suo turbamento.
“Stai bene?” Chiese Castle di nuovo.
“Si, ho solo bisogno di un buon sonno. Scappo anche io...” disse alzandosi.
“Ti accompagno alla macchina?” Lei annuì distrattamente raccogliendo la sua borsa ed il suo cappotto, che una volta giunti all’uscita Castle si offrì di aiutarla ad indossare. S’infilò poi il proprio ed uscirono sulle scale che portavano alla strada, 4 metri più sopra.
La serata era calma, una lieve brezza fredda però faceva pensare a una nevicata a breve.
Castle si strofinò le mani vigorosamente e si alzò il bavero del cappotto. “Stasera è perfetta per starsene davanti ad un camino acceso e leggersi un buon libro” commentò annusando l’aria.
“Grazie per la serata…” replicò lei soffermandosi a metà della gradinata. “Quandi vuoi Beckett” rispose raggiungendola.
Lei posò di nuovo lo sguardo sul suo collo. Il bavero alto del cappotto non allacciato lasciava aperta comunque la vista sulla camicia sbottonata.
D’istinto Kate allungò la mano e sfiorò il torace di Castle che rimase fermo come congelato per magia. Si avvicinò a lui e posò leggermente labbra su quel triangolo di pelle a vista facendo rabbrividire l’uomo fino al midollo. Lui, sorpreso da quel gesto, smise di respirare. Sentiva il suo respiro caldo sul collo e il tepore del resto del suo corpo sotto il cappotto. Riuscì a malapena a muovere le braccia quando lei alzò la testa leggermente fino a sfiorare le sue labbra con le proprie in un bacio appena accennato. Poi incrociarono lo sguardo e lui vide l’assenza di malizia nei suoi occhi.
Avrebbe voluto urlare di gioia. Appoggiò una mano sul suo braccio per volerla trattenere ma non la forzò e la lasciò scivolare via, com’era giusto che fosse. La vide salire le scale lentamente e lui aprì la bocca per dire qualcosa ma non gli uscì una sillaba.
Lei arrivò in cima e si voltò sorridendo. “A domani Castle. Grazie.”
Lui annuì con la testa. Non c’era nulla da aggiungere. Non ancora.
  
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