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Autore: Subutai Khan    16/10/2012    1 recensioni
È il 1940. Quella che passerà alla storia come Guerra d'Inverno è in pieno svolgimento. E un singolo uomo pensa a sé, al futuro della propria nazione e al tempo che è previsto nevoso.
Genere: Guerra, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Guerre mondiali
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You're in the sniper's sight
the first kill tonight
time to die
you're in the bullet's way
the White Death's prey
say goodbye


"Kollaa terrà?".
"Kollaa terrà. Finché avremo la Morte Bianca con noi, l'Armata Rossa non potrà sfondare".
Sento il general maggiore Hägglund conversare amabilmente con il tenente Juutilainen di questo e di quello, come se non fossimo in guerra contro uno degli eserciti più potenti del mondo.
La cosa che più mi sorprende è che stanno parlando di me. E in termini a dir poco lusinghieri.
Come se l’esito di questa battaglia fosse interamente nelle mie mani.
Io faccio del mio meglio, come ogni buon soldato deve. Ma sentirsi incensato in questo modo, per quanto un pochino mi faccia piacere, è anche un grande carico di responsabilità. Ho come la sensazione che, se Kollaa dovesse cadere e riuscissi a uscirne vivo, qualcuno potrebbe pensare che sia colpa mia.
Quando va tutto bene è facile mettere l’eroe sul piedistallo, così come è facile buttarcelo giù a calci quando le cose non filano come vorresti.
Ma io non sono che un misero cecchino di trentaquattro anni. Qualche volta invece di me si parla come di una divinità della distruzione, come una manifestazione di Ukko sceso sulla terra per far cenere degli invasori. I sovietici mi hanno affibbiato quel soprannome, Belaya Smert. Morte Bianca. Lo so perché qualcuno dei miei commilitoni, che mastica un po’ di russo, giura di aver sentito alcuni loro soldati urlarlo in preda al panico non appena cominciavo a far lavorare il mio fido Mosin-Nagant.
Qualche esagitato è arrivato al punto di scrivere nella neve, a caratteri cubitali, Kollaa Kestää. Pensano che una cosa tanto ridicola possa fungere da monito per chi ha il coraggio di aggredirci.
Eppure... eppure tutto questo mi dà forza.
Non ho particolare piacere nel piantare proiettili in testa ad altri essere umani. Sono una persona umile, senza pretese, per nulla assetata di sangue. Quando vedo le pozze rosse che i miei colpi lasciano sul manto nevoso mi si stringe un po’ la gola. Uccidere è orribile.
Ma è pur vero che stiamo solo difendendo la nostra libertà da un assalto ingiustificato. I russi vorrebbero assorbirci nella loro grande nazione e ridurci a essere l’ennesima provincia, nelle loro intenzioni facendoci fare la fine della Polonia.
E questo non succederà. Io forse sono un caso un po’ particolare, ma so per certo che ogni singolo finlandese arde della mia stessa fiamma.
Ci prenderanno morti o non ci prenderanno affatto. Per noi è indifferente. Nessuno qui la pensa diversamente da me.
Siamo una nazione giovane, indipendente da poco più di vent’anni. Ma il nostro orgoglio, rappresentato dalla fulgida figura del comandante in capo delle forze armate Mannerheim, non ci permette di piegare passivamente la testa di fronte a un tale attacco senza motivo. L’Unione Sovietica vorrebbe incorporarci nuovamente, come ai bei tempi del Gran Ducato di Finlandia che dipendeva direttamente da loro. Santa istruzione elementare che mi fa sembrare intelligente.
Se lo possono sognare.
Ripeto: o la Finlandia uscirà da questo conflitto ancora integra, oppure da Mosca governeranno su un cumulo di rovine fumanti.
Suona la tromba. È tempo di combattere.
Controllo un’ultima volta il mio equipaggiamento: fucile, cappottone di pelle di renna, un po’ di provviste.
Mi attende un altro giorno a vagare nelle foreste, con la neve che mi ricopre quasi interamente, facendo saltare cervella comuniste.
Non mi lamento. Avrei potuto essere dall’altra parte della barricata.
Mi chiamo Simo Häyhä. Sono un cecchino. Lotto per la mia libertà. Non so se tornerò vivo alla base, questa sera. Non sono preoccupato dalla prospettiva di morire. Ho fatto molta pratica.
   
 
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