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Autore: Dreamersan    16/10/2012    1 recensioni
Cina 1900, ribellione dei boxer.
Angel è scappato lontano da Darla con il neonato fra le braccia, rifiutandosi di ucciderlo, ma cos'è successo dopo?
Genere: Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Angel
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Rivolte, sangue, morte, distruzione...
Angelus, meglio conosciuto come il flagello d'Europa, aveva amato tutto questo.
Ma allora perché, ora stava scappando con un piccolo fagotto fra le braccia?
Perché era stato debole e perché se solo fosse riuscito a uccidere quella piccola creatura, a quest'ora sarebbe stato di nuovo fra le braccia di Darla e, cosa ben più importante, non sarebbe stato più solo.
E dire, che in cuor suo era stato pienamente consapevole del fatto che nessuno avrebbe rimpianto quella bambina.
Entrambi i genitori erano stati uccisi e, se anche Darla non gliela avesse portata, la piccola probabilmente sarebbe morta comunque; ma nonostante si fosse ripetuto quelle frasi più volte, non era riuscito ad alzare un dito su quella creatura.
Quegli occhi enormi e azzurri, l'avevano guardato con una tale innocenza!
E quelle piccole labbra, appena era venuto più vicino, si erano aperte in un piccolo sorriso, che aveva rivelato una tenera bocca ancora sdentata.
Come avrebbe potuto pensare di farle del male?
Quel collo era troppo piccolo per la sua bocca, ma era certo si sarebbe tagliato come il burro sotto i suoi canini affilati.
Maledetta anima umana, avrebbe fatto qualsiasi cosa per ritornare ad essere quello di un tempo, ma ora come ora, aveva capito che il suo sarebbe stato un sogno irrealizzabile.
Tutto quel dolore, tutti quei sensi di colpa, l'avrebbero tormentato per l'eternità.
Non riusciva più a uccidere, né del resto, voleva più farlo.
La sua stessa coscienza poi, si era fatta nuovamente sentire con prepotenza, quando aveva poggiato la bambina davanti alla porta di una missione di suore.
L'aveva portata in salvo, non aveva niente per cui provare rimorso, ma se in sua assenza e prima che venisse accolta dalle donne, le fosse successo qualcosa?
Quel peso all'altezza dello stomaco...
Pure le mani gli erano tremate visibilmente non appena aveva ripreso goffamente in braccio la piccola.
Era così fragile...
«Buon Dio, venite dentro signore!» esclamò una giovane suora, aprendo la porta e distogliendolo dai suoi pensieri.
Non si era neppure accorto di aver bussato e quella donna, del tutto ignara di cosa fosse, l'aveva invitato ad entrare.
Una volta avrebbe gioito, lui adorava le suore, o meglio il loro sangue e il ricevere un invito in un convento...
Il solo pensiero di uccidere quelle donne ora però lo disgustava.
Poteva una semplice anima fare una tale differenza?
Senza dir niente, il vampiro mise fra le braccia della donna il piccolo fagotto e si voltò verso la strada, facendo un passo verso quell'inferno.
«Aspettate, signore!», il demone si voltò lentamente, gli occhi scuri spenti, come quelli di un vecchio che nella sua vita, aveva visto troppe cose.
E lui aveva visto e fatto troppe cose; cose terribili, cose che quella ragazza non sarebbe neppure stata in grado di immaginare nei suoi incubi più oscuri.
«Non posso permettere che torniate la in mezzo» protestò lei, facendo un ampio gesto verso l'esterno.
Edifici che bruciavano, donne che urlavano, spari, sangue...
Una volta questa scena gli sarebbe parsa uno spettacolo meraviglioso...
Tuffarsi nel vortice, era questo quel che aveva detto a Darla, ma a quanto pare lui, alla fine, era finito con l'esserne risucchiato.
«Signore?» lo chiamò la giovane, vedendolo triste e assente e temendo che fosse in stato di shock; aveva un aria così...
Il vampiro scosse la testa, la mente annebbiata da mille pensieri.
Cosa avrebbe dovuto fare?
La suora, dal suo canto, aspettava con impazienza una risposta; non era difficile capire quanto desiderasse rientrare dentro, l'istinto le urlava di scappare da quell'orrore, ma tuttavia si costringeva a restare li ferma, immobile e il tutto per lui.
Tuttavia, proprio nel momento in cui il demone stava per aprir bocca, uno dei tanti assassini che si aggiravano come mietitori per le strade, iniziò a correre verso di loro.
Il vampiro urlò alla donna di scappare, ma la ragazza non si mosse, era paralizzata dalla paura e il suo cuore batteva talmente forte da dare l'impressione che volesse esploderle nel petto.
Veloce come un fulmine, Angel riuscì a bloccare il coltello dell'uomo fra i palmi delle mani, il tutto giusto un attimo prima che raggiungesse la gola della suora e così sotto gli occhi increduli del malvivente, la lama si spezzò in due fra mani pallide del suo avversario.
Cosa diavolo...
Fra i pezzi di metallo ancora a mezz'aria, l'uomo notò due occhi dipinti d'ambra e una mano che velocemente si dirigeva verso il suo collo, stritolandolo con la pressione delle forti dita.
Il bandito boccheggiò in preda al panico, realizzando in quel momento che sarebbe morto entro pochi secondi, la presa di Angel era forte, mortale e lui non riusciva a liberarsi, era finita.
Il vampiro, ringhiando leggermente, si avvicinò piano al suo volto, fino ad arrivare a pochi centimetri dal suo orecchio.
Lungo la guancia dell'aggressore cadde rapida una goccia di sudore e l'odore della sua paura riempì l'aria circostante.
Il demone respirò estasiato.
L'odore della paura...
Rende il sangue più dolce.
Era stata una delle prime cose che il suo sire gli aveva insegnato.
Ma lui non avrebbe ucciso l'uomo, non poteva farlo, non davanti alla suora.
«Vattene» sussurrò allora, con voce profonda, calma, ma al tempo stesso mortale.
Il cuore del criminale perse un battito; non sapeva perché quell'uomo lo spaventasse così tanto, né era sicuro di volerlo scoprire, in ogni caso l'unica cosa di cui fosse certo era soltanto il fatto che fosse pericoloso, molto pericoloso e che avrebbe lottato fino alla morte.
Bastava guardarlo negli occhi per capirlo, il suo sguardo... il suo sguardo era quello di un uomo che non aveva più nulla da perdere, il suo sguardo era quello di un morto.
Quindi con un mormorio strozzato, l'uomo lasciò cadere la metà del coltello che gli era rimasta e scappò via a gambe levate, inciampando più volte durante la fuga.
La suora allora si lasciò cadere sulla soglia della porta, portandosi una mano sul cuore; le sue preghiere si erano esaurite, Dio l'aveva salvata.
«Vi ringrazio...» mormorò dopo un po', con voce affannata e alzando leggermente un sopracciglio, quando l'uomo misterioso abbassò lo sguardo.
«Signore?» lo chiamò esitante, ma riuscendo tuttavia a ricevere un minimo della sua attenzione.
«Venite con me, vi prego...» lo implorò ancora, facendo si che lui la guardasse perplesso.
La ragazza arrossì, imbarazzata per l'impeto con cui aveva pronunciato la sua richiesta e per il modo in cui ora la stesse guardando l'uomo.
E dopotutto, come non darle ragione?
Che motivo avrebbe avuto per invitarlo ad entrare?
Lei non lo conosceva nemmeno e per quanto ne poteva sapere, sarebbe potuto anche essere un assassino?
Ma quale assassino avrebbe salvato un neonato?
E poi, non sembrava pericoloso, senza esitazione l'aveva protetta dal bandito, sarebbe potuto scappare, ma non l'aveva fatto; quell'uomo, senza che ne conoscesse il perché, l'aveva fatta sentire al sicuro.
Angel fissò  il suo sguardo pieno di aspettativa combattuto, aveva capito che la suora avesse bisogno di protezione, ma l'idea di stare in un convento e vicino a tanti corpi caldi e pieni di sangue...
Tuttavia, forse per una notte sarebbe anche potuto rimanere...
Si, forse per una notte soltanto avrebbe resistito.
Senza dire una parola e con l'espressione di un uomo che ha appena commesso un atto gravissimo, il vampiro guardò la ragazza negli occhi ed annuì debolmente.
La donna allora gli regalò un caldo sorriso, cercando di non dar troppo a vedere quanto fosse felice e con un cenno del capo, lo invitò a seguirla.
Il lungo corridoio all'ingresso dell'edificio era poco illuminato e se non fosse stato per le due o tre candele poste ai suoi angoli, sarebbe stato interamente buio.
La suora controllava continuamente che lo sconosciuto la seguisse; il vampiro infatti era poco più che un ombra e come tale scivolava silenzioso dietro di lei, mettendola, suo malgrado, leggermente a disagio.
«Qual è il vostro nome?» gli chiese lei dopo un po', deglutendo rumorosamente e stringendo forte a se il bebè.
Il vampiro ebbe un attimo di esitazione nel rispondere.
Chi era?
Angelus?
No, non era più Angelus, ma non era neppure più Liam...
Ma allora chi era?
«Angel...» mormorò piano, poco convinto.
La ragazza lo guardò inclinando leggermente il capo, come se fissandolo da un'altra prospettiva avesse potuto intenderlo meglio.
«Il mio nome è Angel» ripeté lui con più convinzione e sperando che la donna non facesse altre domande.
Si, in mancanza di alternativa migliore, "Angel" sarebbe potuto andare bene; Kathy l'aveva chiamato così quando...
Il vampiro scosse violentemente la testa, odiandosi profondamente; era orribile il fatto che prendere quel nome lì per un attimo l'avesse fatto sentire un po' meglio, più in pace con se stesso, lui non ne aveva il diritto, lui non se lo meritava, lui non meritava niente.
«E lei come si chiama?» domandò la suora, indicando il fagotto con un sorriso e facendogli aggrottare le sopracciglia pensieroso.
«Non lo so...» ammise dopo un attimo.
«I suoi genitori sono morti» aggiunse poi a mo' di scusa e in risposta allo sguardo della donna di chiesa.
«Ma ha bisogno di nome!», protestò la suora, mettendogli la piccola sotto il naso, «Dateglielo voi, dopotutto le avete salvato la vita...»
No, lui non le aveva salvato la vita e se solo non ci fosse stato lui, forse il suo sire avrebbe lasciato in pace la famigliola.
Inoltre, cosa ben più importante, aveva pure preso seriamente in considerazione l'idea di mangiarsela.
Quindi come poteva darle un nome, quando l'aveva considerata poco più che un gustoso spuntino?
«Coraggio...» lo incitò la ragazza, mettendogli la bambina fra le braccia.
Era così piccola in confronto alle sue mani...
E dopotutto, cosa gli sarebbe costato darle un nome?
La neonata gli sorrise e Angel fece un piccolo sforzo per ricambiare; i bambini erano molto sensibili alle emozioni altrui...
Ricordava ancora la prima volta in cui aveva preso in braccio la piccola Kathy...
Già la piccola Kathy che poi aveva ucciso senza pietà; no, non voleva ricordare, non voleva rivivere quella scena terribile.
Lui l'aveva uccisa, lui li aveva uccisi tutti.
Angel....
Di angelico lui non aveva proprio niente, perfino il suo viso era una pura menzogna.
«Vi sentite bene, signor Angel?» gli chiese la donna, preoccupata dal suo sguardo.
«Ailis...» disse dopo un po', fissando la piccola con un sorriso appena accennato.
Ailis era un nome perfetto e legato a tanti bei ricordi, era stato il nome di sua zia, forse l'unica sua parente che non avesse ucciso.
Non che non l'avesse voluto o l'avesse voluta risparmiare, semplicemente non era riuscito a trovarla; dopo i primi giorni in cui erano iniziati gli omicidi a Galway era sparita e a poco era servito che prima di ucciderli, avesse torturato tutti i suoi concittadini per scoprirlo, nessuno ne aveva saputo più niente.
Angelus però non si era arreso e per anni, decenni, aveva continuato a cercarla, senza però, per la gioia di Angel, aver avuto successo.
«È un nome irlandese» gli disse con un sorriso la suora, distogliendolo dai suoi pensieri.
«Si, lo è...», si grattò il capo imbarazzato, «sembra che le piaccia, in ogni caso» aggiunse, vedendo il sorriso sdentato della neonata.
«Siete irlandese?» gli chiese poi lei, avendo notato per la prima volta un debole accento, impresa ardua se consideriamo il fatto che Angel parlasse a poco più che monosillabi.
Il vampiro abbassò lo sguardo, pensava di aver perso l'accento dopo tutti quegli anni e invece...
«Lo sono stato» mormorò in modo evasivo, facendole aggrottare le sopracciglia.
«Venite, andiamo a cercar di rimediare un po' di coperte per questa povera piccola...»
Il convento era molto più grande di quanto Angel si aspettasse, ma soprattutto, c'erano molte più persone di quante sperasse, persone che, al suo passaggio, non facevano altro che rivolgergli sguardi sospettosi e diffidenti, mettendolo così inevitabilmente a disagio.
«Perdonateli, signore, ma negli ultimi giorni sono diventati ancor più sospettose nei confronti degli estranei, hanno paura e come biasimarli? Inoltre... si vocifera che... no, mi prendereste per pazza» ridacchiò nervosa la ragazza, scuotendo piano la testa, come a rimproverarsi dell'aver detto una cosa del genere.
«Non so neppure il vostro nome, come potrei prendervi per pazza?» la rimproverò lui, con gentilezza, facendola arrossire per il fatto di essere stata così maleducata da non presentarsi nemmeno.
«Vi chiedo scusa, ma con tutta la confusione di prima e... e...», si fermò un attimo per prendere un respiro, «Il mio nome è Grace Lewis e sono di origine inglese» finì con un sorriso, non riuscendo a capire il perché quell'uomo la spingesse ad agire in modo così... così...
«E perché pensate vi possa prendere per matta, Grace?» le domandò dolcemente, la sua voce benché bassa, rassicurante.
La ragazza deglutì rumorosamente, notando, ora che le era venuto più vicino, quanto fosse bello, talmente tanto che forse sarebbe potuto essere davvero un angelo...
No, non andava decisamente bene, Dio era la sua vocazione, non gli uomini, si rimproverò scuotendo la testa e cercando di ricordarsi la domanda che le aveva fatto.
«Perché gli uomini non credono più a queste cose al giorno d'oggi» sospirò, mordendosi il labbro inferiore.
«Vi prego, non chiamatemi signore, mi mettete a disagio, non sono così vecchio» le sorrise lui, mentendo spudoratamente; essere chiamato signore lo metteva a
disagio soltanto per il fatto che Angelus si fosse fatto chiamare così troppe volte, senza contare che quello, fosse un appellativo riservato solo agli esseri umani, non ai mostri.
«Non riderò di voi, lo prometto e vi posso assicurare che ormai sono poche le cose in cui non credo Grace» ammise con un sorriso amaro.
«Si vocifera che in città ci siano... demoni...» disse dopo aver preso un profondo respiro e tremando visibilmente a quella parola orribile.
Anche il corpo di Angel venne percorso da un brivido.
«E... e voi avete paura di questi demoni?» le chiese poi, con un espressione strana che la donna non seppe decifrare.
«Io... Io all'inizio non ci credevo, ma poi ho visto uno di loro che... che... stava bevendo il sangue di un uomo e la sua faccia era... era...» singhiozzò, incapace di finire e sull'orlo delle lacrime.
Angel chiuse gli occhi, avendo paura che se lei lo avesse guardato in quel momento, avrebbe capito che fosse uno di loro.
 «Vi credo sorella, anche io ho avuto il dispiacere di aver a che fare con qualcuno di loro» sospirò, massaggiandosi la base del naso con pollice ed indice.
Dal giorno in cui era morto in un sudicio vicolo per mano di Darla, poteva dire di aver avuto a che fare con i vampiri tutti i giorni, considerando il fatto che anima o no, rimanesse ancora uno di loro.
«E voi li temete?» gli chiese lei, ammirando il fatto che dopo aver incontrato più volte quei diavoli, fosse ancora vivo per raccontarlo.
«Più di quanto non vorrei» confessò lui, ammettendo in cuor suo che a volte fosse pure se stesso a spaventarlo.
Tutti quei desideri oscuri, la consapevolezza di aver tratto più che piacere dalla morte di migliaia di vittime innocenti...
Come poteva non essere terrorizzato da tutto questo?
Senza considerare poi, per quanto di sforzasse di non pensarci, il suo sguardo ormai stava cadendo sempre più spesso sulla giugulare di Grace e che le sue zanne non desiderassero altro che uscir fuori e strappare con violenza la tenera carne del suo collo.
Nessuno l'avrebbe sentita urlare, dopotutto, la mensa era vuota, c'erano solo loro tre e la bambina non avrebbe di certo parlato...
La bambina, la bambina che probabilmente aveva percepito le sue emozioni e che ora stava piangendo a squarciagola.
La suora iniziò a mormorarle un sacco di parole dolci, cullandola fra le sue braccia, poi, vedendo che non si calmava, lanciò uno sorriso imbarazzato al vampiro, notando finalmente il suo sguardo.
Accortosi dello sguardo della ragazza, Angel cercò di ridarsi un contegno, provando a rassicurarla con un lieve sorriso.
Grace scosse la testa, rimproverandosi per aver avuto anche se solo per un attimo, timore di lui.
Aveva salvato la vita e quella della piccola, non aveva motivo di temerlo.
«Ha bisogno del latte, la potete tenere un attimo, per favore?» gli chiese dopo un attimo, pensando che i lamenti della piccola fossero dovuti alla fame.
Angel annuì, imponendo a se stesso di resistere, perdere il controllo non era neppure da prendere in considerazione.
Lei si era fidata di lui, l'aveva invitato ad entrare, non poteva ripagarla in questo modo; perché ora aveva un'anima e, di conseguenza, la possibilità di scegliere e lui non voleva essere un mostro, non più almeno...
Dopo aver mangiato, la bimba smise finalmente di piangere e, distrutta da tutto quell'urlare, si addormentò fra le braccia del vampiro, visibilmente a disagio in quella situazione.
Infatti Angel la teneva goffamente senza sapere se dovesse cullarla o meno e avendo un morboso terrore di stringerla troppo forte e farle così del male.
Il grande Angelus che aveva paura di ferire una bambina...
Chi l'avrebbe mai detto?
La suora dal suo canto, dopo essersi scusata, era andata a controllare i feriti di guerra che avevano trovato riparo fra quelle fredde mura, lasciandolo così facendo solo.
Mai errore più grande...
La fame gli stava quasi impedendo di ragionare lucidamente ed era sempre più difficile cercare di non pensare alla piccola creatura che teneva fra le braccia, come a un succulento spuntino...
Quando stava ormai per cedere ai desideri del demone, un disperato bussare al portone del convento, lo distolse dai suoi pensieri.
Il vampiro deglutì, facendo una smorfia quando la saliva scese dolorosamente lungo la gola secca e ci volle un attimo prima che si decidesse, o meglio, che si imponesse di andare ad aprire.
Riacquistando un minimo di lucidità si permise di guardare per un attimo la neonata, provando un ondata orribile di vergogna quando la piccola, ignara delle sue precedenti intenzioni, gli sorrise ingenuamente.
«Scusami...» mormorò, con un filo di voce e non gli importava il fatto che lei non avrebbe in ogni caso né potuto capirlo, né quantomeno rispondergli, aveva soltanto bisogno di dirglielo, il resto era irrilevante.
Nel frattempo, i colpi alla porta si erano fatti più disperati e insistenti.
Angel fece un profondo respiro e dopo aver poggiato la piccola su un tavolo andò ad aprire.
Quel che però il vampiro non si era aspettato, era di vedersi piombar addosso un uomo interamente coperto di sangue e con la gola tagliata.
Perché dovevano capitare tutte a lui?
Non che non se lo meritasse, questo é ovvio, ma per una volta che stava tentando di far la cosa giusta, ogni cosa sembrava volesse ostacolarlo.
Intanto il ferito, con voce strozzata e gli occhi bagnati dal pianto lo stava implorando di aiutarlo.
Rimanendo rigido come un pezzo di legno, il demone lo afferrò piano per le spalle e con più delicatezza possibile lo poggiò a terra.
Dopodiché, strappato un pezzo della camicia ormai lacera dello sconosciuto, la legò intorno al suo collo, in un disperato tentativo di fermare l'emorragia.
Non sapeva che altro fare per aiutarlo.
Aveva visto centinaia di quelle ferite nella sua vita e spesso era stato perfino lui stesso a procurarle, quindi sapeva che l'uomo sarebbe morto entro pochi minuti, non ci sarebbe stato nulla che avrebbe potuto fare per salvarlo.
Puoi sempre alleviare le sue sofferenze...
Gli suggerì la sua parte più malvagia.
Angel scosse la testa con violenza e strinse i denti, no, sarebbe stato in ogni caso un omicidio, un'altro, l'ennesimo da aggiungere a una lista infinita e lui non voleva più uccidere.
Era... era... sbagliato...
Coraggio Angel, ce la puoi fare, si disse e fu così strano pensare a se stesso con quel nuovo nome...
«Andrà tutto bene» si ritrovò a mormorare, più a se stesso che al moribondo, che mano a mano che passavano i minuti aveva gli occhi sempre più spenti.
«Io... Ti salverai» parlò di nuovo, sempre meno convinto e scuotendolo per una spalla quando non gli rispose.
«Coraggio, non puoi morire così!» esclamò, dandogli uno strattone ancora più forte, ma gli occhi dell'uomo ormai erano vuoti.
Era morto.
Deglutendo rumorosamente Angel si scostò da lui immediatamente, quasi spaventato.
La bambina piangeva, lui sarebbe dovuto andare a prenderla in braccio e consolarla, ma...
Il sangue si stava lentamente spargendo sul pavimento e nonostante si fosse allontanato già di un passo, aveva ormai raggiunto i suoi piedi.
No, non poteva farlo, ma voleva farlo e mentre sosteneva quella lotta interiore, il suo volto era già cambiato. 
Angel scosse la testa con violenza, iniziando a respirare affannosamente; i suoi occhi non riuscivano a staccarsi dalla gola del cadavere.
Era già morto, possibile che non riuscisse a nutrirsi neppure di un cadavere?
Possibile che, da ogni punto di vista, gli sembrasse così sbagliato?
La neonata nel frattempo aveva smesso di urlare e lo stava fissando con gli occhi spalancati.
Tuttavia nel suo sguardo non c'era paura, solo... curiosità...
Con un sorriso, la piccola protese le piccole manine verso di lui, ridendo divertita da quella che, ai suoi occhi innocenti, appariva soltanto come una buffa faccia.
Sentendo quel suono, il vampiro si voltò di scatto, guardandola stralunato e con la bocca leggermente socchiusa, quel tanto che bastasse perché si vedessero le zanne.
Ma la bambina non smise di ridere ed Angel, abbassando lo sguardo si morse il labbro inferiore, facendolo sanguinare.
Era stato abituato ad essere sempre guardato con paura e disgusto, non meritava di essere fissato come se fosse soltanto una persona normale.
Più di tutto però, non meritava di gioire per il fatto che lei lo accettasse, no, non se lo meritava proprio. 
La piccola emise un verso di protesta; perché non la prendeva in braccio?
Il vampiro fece un profondo respiro, alternando il suo sguardo fra la neonata e il morto. 
Era davanti a un bivio e doveva fare una scelta.
Eppure scegliere la via più semplice sarebbe stato così facile! Ma in questo modo avrebbe dimostrato di non essere migliore di... di com'era prima.
Optare per la via più difficile sarebbe stato faticoso, ma in qualche modo giusto.
Optare per la via più difficile avrebbe significato ammettere che, anche per una creatura come lui, in fondo, ci fosse ancora qualche speranza. 
Speranza...
Sentimento spesso sottovalutato dagli uomini, ma in realtà ciò che gli tiene in vita davvero. 
Un uomo senza speranza era un uomo morto ed era stato proprio questo sentimento a spingere il vampiro a non piantarsi un paletto nel cuore.
Infatti ognuno di noi, anche nei momenti più duri e oscuri, sceglie di continuare a vivere proprio sperando che un domani le cose andranno meglio, che un domani sarà un uomo migliore.
E per Angel la questione non era diversa.
Per quanto stupido gli potesse sembrare, non riusciva a smettere di sperare nel perdono e che perdono ci sarebbe stato per lui, se avesse succhiato il sangue di quell'uomo?
Nessuno, sarebbe stato peggio di una bestia.
Tuttavia, proprio quando era riuscito ad allontanare definitivamente il pensiero di addentare la gola di quel povero disgraziato, la giovane suora fece il suo ingresso.
Il sorriso che aveva in volto, le morì subito sulle labbra non appena vide il volto di quello che, fino a poco tempo prima, aveva considerato un amico.
«Signore, invoco la tua protezione» mormorò senza voce e facendo istintivamente un passo indietro.
Angel dal suo canto, non poté che guardarla con gli occhi gialli spalancati, maledicendosi per non averla sentita arrivare.
Quello sguardo impaurito e disgustato, l'odore di terrore che emanava...
Come avrebbe potuto fare per cancellare tutte quelle emozioni dal suo volto?
«Grace, io...» cercò di parlare, facendo un passo verso di lei.
La sua voce gentile, associata a quel volto mostruoso era quasi surreale.
Ma la povera suora, non poteva far altro che alternare lo sguardo dal cadavere al vampiro ed Angel improvvisamente si ricordò di essersi precedentemente morso il labbro e che per questo motivo, il suo mento fosse leggermente sporco di sangue.
«Grace, non è come...» provò ancora a giustificarsi, facendo un altro passo verso di lei.
La donna lo guardò con occhi sbarrati e scosse fortemente la testa.
Dio la stava mettendo alla prova, non doveva cedere alle lusinghe di quello sporco diavolo; così, guardando il mostro con odio e con rinnovata rabbia, si preparò ad affrontarlo.
«Pensavo che foste un angelo, pensavo che Dio vi avesse mandato da me, ma la verità è che siete soltanto un mostro...» gli disse con voce glaciale, talmente fredda da fargli fare un passo indietro.
«Solo... Occupati della bambina» si limitò a dirle con tristezza, gli occhi, nuovamente scuri, come due pozze di sconforto.
Dopo aver lanciato un ultimo sguardo alla bambina e alla ragazza, con la schiena curva, Angel uscì dal convento, per ritornare nel caos della guerra, fra le fiamme, dove i diavoli come lui dovevano stare.
Ma la realtà dei fatti era un'altra e quella sera gliene aveva dato un ulteriore prova.
Chi era lui?
Non era più un demone e non era più un uomo.
Non era niente, se non un altra creatura smarrita, che sarebbe stata incapace, probabilmente per il resto dell'eternità, di trovare il suo posto nel mondo.
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Bene, bene, eccoci alla fine di questa lunga one-shot che spero vivamente vi sia piaciuta.
 Dopo aver rivisto la puntata con il flashback ambientato in Cina, non ho potuto fare a meno di chiedermi che fine avesse fatto la bambina che Angel aveva salvato e così...
Inoltre, ho colto l'occasione per scrivere di un Angel un po' diverso da quel che conosciamo, un Angel che non ha ancora trovato il suo posto nel mondo,
completamente solo e con la consapevolezza, dopo l'incontro con Darla di non poter più fingere di essere quello di un tempo.
È convinto di essere un mostro e che per lui non ci sia perdono, l'anima, appena ripristinata, gli pesa addosso come un fardello e purtroppo,
sappiamo dovrà aspettare quasi un secolo prima di diventare "qualcuno" e trovare finalmente uno scopo...
Spero che la copertina non vi sia sembrata troppo brutta xD e mi farebbe anche piacere se mi lasciaste un parere sul lavoro in generale ;)
Grazie in anticipo e alla prossima :) 
 

 

Rivolte

 

Rivolte, sangue, morte, distruzione...

Angelus, meglio conosciuto come il flagello d'Europa, aveva amato tutto questo.

Ma allora perché, ora stava scappando con un piccolo fagotto fra le braccia?

Perché era stato debole e perché se solo fosse riuscito a uccidere quella piccola creatura, a quest'ora sarebbe stato di nuovo fra le braccia di Darla e, cosa ben più importante, non sarebbe stato più solo.

E dire, che in cuor suo era stato pienamente consapevole del fatto che nessuno avrebbe rimpianto quella bambina.

Entrambi i genitori erano stati uccisi e, se anche Darla non gliela avesse portata, la piccola probabilmente sarebbe morta comunque; ma nonostante si fosse ripetuto quelle frasi più volte, non era riuscito ad alzare un dito su quella creatura.

Quegli occhi enormi e azzurri, l'avevano guardato con una tale innocenza!

E quelle piccole labbra, appena era venuto più vicino, si erano aperte in un piccolo sorriso, che aveva rivelato una tenera bocca ancora sdentata.

Come avrebbe potuto pensare di farle del male?

Quel collo era troppo piccolo per la sua bocca, ma era certo si sarebbe tagliato come il burro sotto i suoi canini affilati.

Maledetta anima umana, avrebbe fatto qualsiasi cosa per ritornare ad essere quello di un tempo, ma ora come ora, aveva capito che il suo sarebbe stato un sogno irrealizzabile.

Tutto quel dolore, tutti quei sensi di colpa, l'avrebbero tormentato per l'eternità.

Non riusciva più a uccidere, né del resto, voleva più farlo.

La sua stessa coscienza poi, si era fatta nuovamente sentire con prepotenza, quando aveva poggiato la bambina davanti alla porta diuna missione di suore.

L'aveva portata in salvo, non aveva niente per cui provare rimorso, ma se in sua assenza e prima che venisse accolta dalle donne, le fosse successo qualcosa?

Quel peso all'altezza dello stomaco...

Pure le mani gli erano tremate visibilmente non appena aveva ripreso goffamente in braccio la piccola.

Era così fragile...

«Buon Dio, venite dentro signore!» esclamò una giovane suora, aprendo la porta e distogliendolo dai suoi pensieri.

Non si era neppure accorto di aver bussato e quella donna, del tutto ignara di cosa fosse, l'aveva invitato ad entrare.

Una volta avrebbe gioito, lui adorava le suore, o meglio il loro sangue e il ricevere un invito in un convento...

Il solo pensiero di uccidere quelle donne ora però lo disgustava.

Poteva una semplice anima fare una tale differenza?

Senza dir niente, il vampiro mise fra le braccia della donna il piccolo fagotto e si voltò verso la strada, facendo un passo versoquell'inferno.

«Aspettate, signore!», il demone si voltò lentamente, gli occhi scuri spenti, come quelli di un vecchio che nella sua vita, aveva visto troppe cose.

E lui aveva visto e fatto troppe cose; cose terribili, cose che quella ragazza non sarebbe neppure stata in grado di immaginare nei suoi incubi più oscuri.

«Non posso permettere che torniate la in mezzo» protestò lei, facendo un ampio gesto verso l'esterno.

Edifici che bruciavano, donne che urlavano, spari, sangue...

Una volta questa scena gli sarebbe parsa uno spettacolo meraviglioso...

Tuffarsi nel vortice, era questo quel che aveva detto a Darla, ma a quanto pare lui, alla fine, era finito con l'esserne risucchiato.

«Signore?» lo chiamò la giovane, vedendolo triste e assente e temendo che fosse in stato di shock; aveva un aria così...

Il vampiro scosse la testa, la mente annebbiata da mille pensieri.

Cosa avrebbe dovuto fare?

La suora, dal suo canto, aspettava con impazienza una risposta; non era difficile capire quanto desiderasse rientrare dentro, l'istinto le urlava di scappare da quell'orrore, ma tuttavia si costringeva a restare li ferma, immobile e il tutto per lui.

Tuttavia, proprio nel momento in cui il demone stava per aprir bocca, uno dei tanti assassini che si aggiravano come mietitori per le strade, iniziò a correre verso di loro.

Il vampiro urlò alla donna di scappare, ma la ragazza non si mosse, era paralizzata dalla paura e il suo cuore batteva talmente forte da dare l'impressione che volesse esploderle nel petto.

Veloce come un fulmine, Angel riuscì a bloccare il coltello dell'uomo fra i palmi delle mani, il tutto giusto un attimo prima che raggiungesse la gola della suora e così sotto gli occhi increduli del malvivente, la lama si spezzò in due fra mani pallide del suo avversario.

Cosa diavolo...

Fra i pezzi di metallo ancora a mezz'aria, l'uomo notò due occhi dipinti d'ambra e una mano che velocemente si dirigeva verso il suocollo, stritolandolo con la pressione delle forti dita.

Il bandito boccheggiò in preda al panico, realizzando in quel momento che sarebbe morto entro pochi secondi, la presa di Angel era forte, mortale e lui non riusciva a liberarsi, era finita.

Il vampiro, ringhiando leggermente, si avvicinò piano al suo volto, fino ad arrivare a pochi centimetri dal suo orecchio.

Lungo la guancia dell'aggressore cadde rapida una goccia di sudore e l'odore della sua paura riempì l'aria circostante.

Il demone respirò estasiato.

L'odore della paura...

Rende il sangue più dolce.

Era stata una delle prime cose che il suo sire gli aveva insegnato.

Ma lui non avrebbe ucciso l'uomo, non poteva farlo, non davanti alla suora.

«Vattene» sussurrò allora, con voce profonda, calma, ma al tempo stesso mortale.

Il cuore del criminale perse un battito; non sapeva perché quell'uomo lo spaventasse così tanto, né era sicuro di volerlo scoprire, in ogni caso l'unica cosa di cui fosse certo era soltanto il fatto che fosse pericoloso, molto pericoloso e che avrebbe lottato fino alla morte.

Bastava guardarlo negli occhi per capirlo, il suo sguardo... il suo sguardo era quello di un uomo che non aveva più nulla da perdere, il suo sguardo era quello di un morto.

Quindi con un mormorio strozzato, l'uomo lasciò cadere la metà del coltello che gli era rimasta e scappò via a gambe levate, inciampando più volte durante la fuga.

La suora allora si lasciò cadere sulla soglia della porta, portandosi una mano sul cuore; le sue preghiere si erano esaurite, Dio l'aveva salvata.

«Vi ringrazio...» mormorò dopo un po', con voce affannata e alzando leggermente un sopracciglio, quando l'uomo misterioso abbassò lo sguardo.

«Signore?» lo chiamò esitante, ma riuscendo tuttavia a ricevere un minimo della sua attenzione.

«Venite con me, vi prego...» lo implorò ancora, facendo si che lui la guardasse perplesso.

La ragazza arrossì, imbarazzata per l'impeto con cui aveva pronunciato la sua richiesta e per il modo in cui ora la stesse guardando l'uomo.

E dopotutto, come non darle ragione?

Che motivo avrebbe avuto per invitarlo ad entrare?

Lei non lo conosceva nemmeno e per quanto ne poteva sapere, sarebbe potuto anche essere un assassino?

Ma quale assassino avrebbe salvato un neonato?

E poi, non sembrava pericoloso, senza esitazione l'aveva protetta dal bandito, sarebbe potuto scappare, ma non l'aveva fatto; quell'uomo, senza che ne conoscesse il perché, l'aveva fatta sentire al sicuro.

Angel fissò  il suo sguardo pieno di aspettativa combattuto, aveva capito che la suora avesse bisogno di protezione, ma l'idea di stare in un convento e vicino a tanti corpi caldi e pieni di sangue...

Tuttavia, forse per una notte sarebbe anche potuto rimanere...

Si, forse per una notte soltanto avrebbe resistito.

Senza dire una parola e con l'espressione di un uomo che ha appena commesso un atto gravissimo, il vampiro guardò la ragazza negli occhi ed annuì debolmente.

La donna allora gli regalò un caldo sorriso, cercando di non dar troppo a vedere quanto fosse felice e con un cenno del capo, lo invitò a seguirla.

Il lungo corridoio all'ingresso dell'edificio era poco illuminato e se non fosse stato per le due o tre candele poste ai suoi angoli, sarebbe stato interamente buio.

La suora controllava continuamente che lo sconosciuto la seguisse; il vampiro infatti era poco più che un ombra e come tale scivolava silenzioso dietro di lei, mettendola, suo malgrado, leggermente a disagio.

«Qual è il vostro nome?» gli chiese lei dopo un po', deglutendo rumorosamente e stringendo forte a se il bebè.

Il vampiro ebbe un attimo di esitazione nel rispondere.

Chi era?

Angelus?

No, non era più Angelus, ma non era neppure più Liam...

Ma allora chi era?

«Angel...» mormorò piano, poco convinto.

La ragazza lo guardò inclinando leggermente il capo, come se fissandolo da un'altra prospettiva avesse potuto intenderlo meglio.

«Il mio nome è Angel» ripeté lui con più convinzione e sperando che la donna non facesse altre domande.

Si, in mancanza di alternativa migliore, "Angel" sarebbe potuto andare bene; Kathy l'aveva chiamato così quando...

Il vampiro scosse violentemente la testa, odiandosi profondamente; era orribile il fatto che prendere quel nome lì per un attimo l'avesse fatto sentire un po' meglio, più in pace con se stesso, lui non ne aveva il diritto, lui non se lo meritava, lui non meritava niente.

«E lei come si chiama?» domandò la suora, indicando il fagotto con un sorriso e facendogli aggrottare le sopracciglia pensieroso.

«Non lo so...» ammise dopo un attimo.

«I suoi genitori sono morti» aggiunse poi a mo' di scusa e in risposta allo sguardo della donna di chiesa.

«Ma ha bisogno di nome!», protestò la suora, mettendogli la piccola sotto il naso, «Dateglielo voi, dopotutto le avete salvato la vita...»

No, lui non le aveva salvato la vita e se solo non ci fosse stato lui, forse il suo sire avrebbe lasciato in pace la famigliola.

Inoltre, cosa ben più importante, aveva pure preso seriamente in considerazione l'idea di mangiarsela.

Quindi come poteva darle un nome, quando l'aveva considerata poco più che un gustoso spuntino?

«Coraggio...» lo incitò la ragazza, mettendogli la bambina fra le braccia.

Era così piccola in confronto alle sue mani...

E dopotutto, cosa gli sarebbe costato darle un nome?

La neonata gli sorrise e Angel fece un piccolo sforzo per ricambiare; i bambini erano molto sensibili alle emozioni altrui...

Ricordava ancora la prima volta in cui aveva preso in braccio la piccola Kathy...

Già la piccola Kathy che poi aveva ucciso senza pietà; no, non voleva ricordare, non voleva rivivere quella scena terribile.

Lui l'aveva uccisa, lui li aveva uccisi tutti.

Angel....

Di angelico lui non aveva proprio niente, perfino il suo viso era una pura menzogna.

«Vi sentite bene, signor Angel?» gli chiese la donna, preoccupata dal suo sguardo.

«Ailis...» disse dopo un po', fissando la piccola con un sorriso appena accennato.

Ailis era un nome perfetto e legato a tanti bei ricordi, era stato il nome di sua zia, forse l'unica sua parente che non avesse ucciso.

Non che non l'avesse voluto o l'avesse voluta risparmiare, semplicemente non era riuscito a trovarla; dopo i primi giorni in cui erano iniziati gli omicidi a Galway era sparita e a poco era servito che prima di ucciderli, avesse torturato tutti i suoi concittadini per scoprirlo, nessuno ne aveva saputo più niente.

Angelus però non si era arreso e per anni, decenni, aveva continuato a cercarla, senza però, per la gioia di Angel, aver avuto successo.

«È un nome irlandese» gli disse con un sorriso la suora, distogliendolo dai suoi pensieri.

«Si, lo è...», si grattò il capo imbarazzato, «sembra che le piaccia, in ogni caso» aggiunse, vedendo il sorriso sdentato della neonata.

«Siete irlandese?» gli chiese poi lei, avendo notato per la prima volta un debole accento, impresa ardua se consideriamo il fatto che

Angel parlasse a poco più che monosillabi.

Il vampiro abbassò lo sguardo, pensava di aver perso l'accento dopo tutti quegli anni e invece...

«Lo sono stato» mormorò in modo evasivo, facendole aggrottare le sopracciglia.

«Venite, andiamo a cercar di rimediare un po' di coperte per questa povera piccola...»


                                                                                   


Il convento era molto più grande di quanto Angel si aspettasse, ma soprattutto, c'erano molte più persone di quante sperasse, persone che, al suo passaggio, non facevano altro che rivolgergli sguardi sospettosi e diffidenti, mettendolo così inevitabilmente a disagio.

«Perdonateli, signore, ma negli ultimi giorni sono diventati ancor più sospettose nei confronti degli estranei, hanno paura e come biasimarli? Inoltre... si vocifera che... no, mi prendereste per pazza» ridacchiò nervosa la ragazza, scuotendo piano la testa, come a rimproverarsi dell'aver detto una cosa del genere.

«Non so neppure il vostro nome, come potrei prendervi per pazza?» la rimproverò lui, con gentilezza, facendola arrossire per il fatto di essere stata così maleducata da non presentarsi nemmeno.

«Vi chiedo scusa, ma con tutta la confusione di prima e... e...», si fermò un attimo per prendere un respiro, «Il mio nome è Grace Lewis e sono di origine inglese» finì con un sorriso, non riuscendo a capire il perché quell'uomo la spingesse ad agire in modo così... così...

«E perché pensate vi possa prendere per matta, Grace?» le domandò dolcemente, la sua voce benché bassa, rassicurante.

La ragazza deglutì rumorosamente, notando, ora che le era venuto più vicino, quanto fosse bello, talmente tanto che forse sarebbe potuto essere davvero un angelo...

No, non andava decisamente bene, Dio era la sua vocazione, non gli uomini, si rimproverò scuotendo la testa e cercando di ricordarsi la domanda che le aveva fatto.

«Perché gli uomini non credono più a queste cose al giorno d'oggi» sospirò, mordendosi il labbro inferiore.

«Vi prego, non chiamatemi signore, mi mettete a disagio, non sono così vecchio» le sorrise lui, mentendo spudoratamente; essere chiamato signore lo metteva a disagio soltanto per il fatto che Angelus si fosse fatto chiamare così troppe volte, senza contare che quello, fosse un appellativo riservato solo agli esseri umani, non ai mostri.

«Non riderò di voi, lo prometto e vi posso assicurare che ormai sono poche le cose in cui non credo Grace» ammise con un sorriso amaro.

«Si vocifera che in città ci siano... demoni...» disse dopo aver preso un profondo respiro e tremando visibilmente a quella parola orribile.

Anche il corpo di Angel venne percorso da un brivido.

«E... e voi avete paura di questi demoni?» le chiese poi, con un espressione strana che la donna non seppe decifrare.

«Io... Io all'inizio non ci credevo, ma poi ho visto uno di loro che... che... stava bevendo il sangue di un uomo e la sua faccia era... era...» singhiozzò, incapace di finire e sull'orlo delle lacrime.

Angel chiuse gli occhi, avendo paura che se lei lo avesse guardato in quel momento, avrebbe capito che fosse uno di loro.

 «Vi credo sorella, anche io ho avuto il dispiacere di aver a che fare con qualcuno di loro» sospirò, massaggiandosi la base del naso con pollice ed indice.

Dal giorno in cui era morto in un sudicio vicolo per mano di Darla, poteva dire di aver avuto a che fare con i vampiri tutti i giorni, considerando il fatto che anima o no, rimanesse ancora uno di loro.

«E voi li temete?» gli chiese lei, ammirando il fatto che dopo aver incontrato più volte quei diavoli, fosse ancora vivo per raccontarlo.

«Più di quanto non vorrei» confessò lui, ammettendo in cuor suo che a volte fosse pure se stesso a spaventarlo.

Tutti quei desideri oscuri, la consapevolezza di aver tratto più che piacere dalla morte di migliaia di vittime innocenti...

Come poteva non essere terrorizzato da tutto questo?

Senza considerare poi, per quanto di sforzasse di non pensarci, il suo sguardo ormai stava cadendo sempre più spesso sulla giugulare di Grace e che le sue zanne non desiderassero altro che uscir fuori e strappare con violenza la tenera carne del suo collo.

Nessuno l'avrebbe sentita urlare, dopotutto, la mensa era vuota, c'erano solo loro tre e la bambina non avrebbe di certo parlato...

La bambina, la bambina che probabilmente aveva percepito le sue emozioni e che ora stava piangendo a squarciagola.

La suora iniziò a mormorarle un sacco di parole dolci, cullandola fra le sue braccia, poi, vedendo che non si calmava, lanciò uno sorriso imbarazzato al vampiro, notando finalmente il suo sguardo.

Accortosi dello sguardo della ragazza, Angel cercò di ridarsi un contegno, provando a rassicurarla con un lieve sorriso.

Grace scosse la testa, rimproverandosi per aver avuto anche se solo per un attimo, timore di lui.

Aveva salvato la vita e quella della piccola, non aveva motivo di temerlo.

«Ha bisogno del latte, la potete tenere un attimo, per favore?» gli chiese dopo un attimo, pensando che i lamenti della piccola fossero dovuti alla fame.

Angel annuì, imponendo a se stesso di resistere, perdere il controllo non era neppure da prendere in considerazione.

Lei si era fidata di lui, l'aveva invitato ad entrare, non poteva ripagarla in questo modo; perché ora aveva un'anima e, di conseguenza, la possibilità di scegliere e lui non voleva essere un mostro, non più almeno...

Dopo aver mangiato, la bimba smise finalmente di piangere e, distrutta da tutto quell'urlare, si addormentò fra le braccia del vampiro, visibilmente a disagio in quella situazione.

Infatti Angel la teneva goffamente senza sapere se dovesse cullarla o meno e avendo un morboso terrore di stringerla troppo forte e farle così del male.

Il grande Angelus che aveva paura di ferire una bambina...

Chi l'avrebbe mai detto?

La suora dal suo canto, dopo essersi scusata, era andata a controllare i feriti di guerra che avevano trovato riparo fra quelle fredde mura, lasciandolo così facendo solo.

Mai errore più grande...

La fame gli stava quasi impedendo di ragionare lucidamente ed era sempre più difficile cercare di non pensare alla piccola creatura che teneva fra le braccia, come a un succulento spuntino...

Quando stava ormai per cedere ai desideri del demone, un disperato bussare al portone del convento, lo distolse dai suoi pensieri.

Il vampiro deglutì, facendo una smorfia quando la saliva scese dolorosamente lungo la gola secca e ci volle un attimo prima che si decidesse, o meglio, che si imponesse di andare ad aprire.

Riacquistando un minimo di lucidità si permise di guardare per un attimo la neonata, provando un ondata orribile di vergogna quando la piccola, ignara delle sue precedenti intenzioni, gli sorrise ingenuamente.

«Scusami...» mormorò, con un filo di voce e non gli importava il fatto che lei non avrebbe in ogni caso né potuto capirlo, né quantomeno rispondergli, aveva soltanto bisogno di dirglielo, il resto era irrilevante.

Nel frattempo, i colpi alla porta si erano fatti più disperati e insistenti.

Angel fece un profondo respiro e dopo aver poggiato la piccola su un tavolo andò ad aprire.

Quel che però il vampiro non si era aspettato, era di vedersi piombar addosso un uomo interamente coperto di sangue e con la gola tagliata.

Perché dovevano capitare tutte a lui?

Non che non se lo meritasse, questo é ovvio, ma per una volta che stava tentando di far la cosa giusta, ogni cosa sembrava volesse ostacolarlo.

Intanto il ferito, con voce strozzata e gli occhi bagnati dal pianto lo stava implorando di aiutarlo.

Rimanendo rigido come un pezzo di legno, il demone lo afferrò piano per le spalle e con più delicatezza possibile lo poggiò a terra.

Dopodiché, strappato un pezzo della camicia ormai lacera dello sconosciuto, la legò intorno al suo collo, in un disperato tentativo di fermare l'emorragia.

Non sapeva che altro fare per aiutarlo.

Aveva visto centinaia di quelle ferite nella sua vita e spesso era stato perfino lui stesso a procurarle, quindi sapeva che l'uomo sarebbe morto entro pochi minuti, non ci sarebbe stato nulla che avrebbe potuto fare per salvarlo.

Puoi sempre alleviare le sue sofferenze...

Gli suggerì la sua parte più malvagia.

Angel scosse la testa con violenza e strinse i denti, no, sarebbe stato in ogni caso un omicidio, un'altro, l'ennesimo da aggiungere a una lista infinita e lui non voleva più uccidere.

Era... era... sbagliato...

Coraggio Angel, ce la puoi fare, si disse e fu così strano pensare a se stesso con quel nuovo nome...

«Andrà tutto bene» si ritrovò a mormorare, più a se stesso che al moribondo, che mano a mano che passavano i minuti aveva gli occhi sempre più spenti.

«Io... Ti salverai» parlò di nuovo, sempre meno convinto e scuotendolo per una spalla quando non gli rispose.

«Coraggio, non puoi morire così!» esclamò, dandogli uno strattone ancora più forte, ma gli occhi dell'uomo ormai erano vuoti.

Era morto.

Deglutendo rumorosamente Angel si scostò da lui immediatamente, quasi spaventato.

La bambina piangeva, lui sarebbe dovuto andare a prenderla in braccio e consolarla, ma...

Il sangue si stava lentamente spargendo sul pavimento e nonostante si fosse allontanato già di un passo, aveva ormai raggiunto i suoi piedi.

No, non poteva farlo, ma voleva farlo e mentre sosteneva quella lotta interiore, il suo volto era già cambiato. 

Angel scosse la testa con violenza, iniziando a respirare affannosamente; i suoi occhi non riuscivano a staccarsi dalla gola del cadavere.

Era già morto, possibile che non riuscisse a nutrirsi neppure di un cadavere?

Possibile che, da ogni punto di vista, gli sembrasse così sbagliato?

La neonata nel frattempo aveva smesso di urlare e lo stava fissando con gli occhi spalancati.

Tuttavia nel suo sguardo non c'era paura, solo... curiosità...

Con un sorriso, la piccola protese le piccole manine verso di lui, ridendo divertita da quella che, ai suoi occhi innocenti, appariva soltanto come una buffa faccia.

Sentendo quel suono, il vampiro si voltò di scatto, guardandola stralunato e con la bocca leggermente socchiusa, quel tanto che bastasse perché si vedessero le zanne.

Ma la bambina non smise di ridere ed Angel, abbassando lo sguardo si morse il labbro inferiore, facendolo sanguinare.

Era stato abituato ad essere sempre guardato con paura e disgusto, non meritava di essere fissato come se fosse soltanto una persona normale.

Più di tutto però, non meritava di gioire per il fatto che lei lo accettasse, no, non se lo meritava proprio. 

La piccola emise un verso di protesta; perché non la prendeva in braccio?

Il vampiro fece un profondo respiro, alternando il suo sguardo fra la neonata e il morto. 

Era davanti a un bivio e doveva fare una scelta.

Eppure scegliere la via più semplice sarebbe stato così facile! Ma in questo modo avrebbe dimostrato di non essere migliore di... di com'era prima.

Optare per la via più difficile sarebbe stato faticoso, ma in qualche modo giusto.

Optare per la via più difficile avrebbe significato ammettere che, anche per una creatura come lui, in fondo, ci fosse ancora qualche speranza. 

Speranza...

Sentimento spesso sottovalutato dagli uomini, ma in realtà ciò che gli tiene in vita davvero. 

Un uomo senza speranza era un uomo morto ed era stato proprio questo sentimento a spingere il vampiro a non piantarsi un paletto nel cuore.

Infatti ognuno di noi, anche nei momenti più duri e oscuri, sceglie di continuare a vivere proprio sperando che un domani le coseandranno meglio, che un domani sarà un uomo migliore.

E per Angel la questione non era diversa.

Per quanto stupido gli potesse sembrare, non riusciva a smettere di sperare nel perdono e che perdono ci sarebbe stato per lui, se avesse succhiato il sangue di quell'uomo?

Nessuno, sarebbe stato peggio di una bestia.

Tuttavia, proprio quando era riuscito ad allontanare definitivamente il pensiero di addentare la gola di quel povero disgraziato, la giovane suora fece il suo ingresso.

Il sorriso che aveva in volto, le morì subito sulle labbra non appena vide il volto di quello che, fino a poco tempo prima, aveva considerato un amico.

«Signore, invoco la tua protezione» mormorò senza voce e facendo istintivamente un passo indietro.

Angel dal suo canto, non poté che guardarla con gli occhi gialli spalancati, maledicendosi per non averla sentita arrivare.

Quello sguardo impaurito e disgustato, l'odore di terrore che emanava...

Come avrebbe potuto fare per cancellare tutte quelle emozioni dal suo volto?

«Grace, io...» cercò di parlare, facendo un passo verso di lei.

La sua voce gentile, associata a quel volto mostruoso era quasi surreale.

Ma la povera suora, non poteva far altro che alternare lo sguardo dal cadavere al vampiro ed Angel improvvisamente si ricordò di essersi precedentemente morso il labbro e che per questo motivo, il suo mento fosse leggermente sporco di sangue.

«Grace, non è come...» provò ancora a giustificarsi, facendo un altro passo verso di lei.

La donna lo guardò con occhi sbarrati e scosse fortemente la testa.

Dio la stava mettendo alla prova, non doveva cedere alle lusinghe di quello sporco diavolo; così, guardando il mostro con odio e con rinnovata rabbia, si preparò ad affrontarlo.

«Pensavo che foste un angelo, pensavo che Dio vi avesse mandato da me, ma la verità è che siete soltanto un mostro...» gli disse convoce glaciale, talmente fredda da fargli fare un passo indietro.

«Solo... Occupati della bambina» si limitò a dirle con tristezza, gli occhi, nuovamente scuri, come due pozze di sconforto.

Dopo aver lanciato un ultimo sguardo alla bambina e alla ragazza, con la schiena curva, Angel uscì dal convento, per ritornare nel caos della guerra, fra le fiamme, dove i diavoli come lui dovevano stare.

Ma la realtà dei fatti era un'altra e quella sera gliene aveva dato un ulteriore prova.

Chi era lui?

Non era più un demone e non era più un uomo.

Non era niente, se non un altra creatura smarrita, che sarebbe stata incapace, probabilmente per il resto dell'eternità, di trovare il suo posto nel mondo.

 

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Bene, bene, eccoci alla fine di questa lunga one-shot che spero vivamente vi sia piaciuta. Dopo aver rivisto la puntata con il flashback ambientato in Cina, non ho potuto fare a meno di chiedermi che fine avesse fatto la bambina che Angel aveva salvato e così...

Inoltre, ho colto l'occasione per scrivere di un Angel un po' diverso da quel che conosciamo, un Angel che non ha ancora trovato il suo posto nel mondo,completamente solo e con la consapevolezza, dopo l'incontro con Darla di non poter più fingere di essere quello di un tempo.

È convinto di essere un mostro e che per lui non ci sia perdono, l'anima, appena ripristinata, gli pesa addosso come un fardello e purtroppo,sappiamo dovrà aspettare quasi un secolo prima di diventare "qualcuno" e trovare finalmente uno scopo...

Spero che la copertina non vi sia sembrata troppo brutta xD e mi farebbe anche piacere se mi lasciaste un parere sul lavoro in generale ;)Grazie in anticipo e alla prossima :) 


 

   
 
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