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Autore: Le Furie    16/10/2012    3 recensioni
[Magic Mike]
Hayley, Elizabeth ed Eveline sono tre sorelle convinte dal padre a trascorrere un'estate da sogno a Miami. Tra mare, sole, battibecchi e risate, tutto scorre liscio e in modo assolutamente idillico... Almeno fino a quando Eveline non incontrerà un certo ragazzo che sconvolgerà un po' l'equilibrio del gruppo...
[FF a tre mani]
[Il Rating potrebbe essere alzato a rosso nel corso della storia!]
Genere: Comico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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One More Night
(Una FF a tre mani di @Bellamy__, @tisifonesrage e @Slallah)



Capitolo 1 – From Lansing with love
 
- Haley Harrison
 
Stamattina la sveglia non è suonata.
L’unica mattina in cui l’allarme della sveglia sarebbe davvero stato utile, l’affare malefico non è suonato.
E questo ovviamente mi innervosisce a bestia.
Balzo giù dal letto con uno scatto felino, come se non mi sia appena svegliata, uscendo in fretta da camera mia per attraversare il corridoio e piombare nella stanza in fondo, non preoccupandomi troppo di fare un gran casino.
«Liz! Eve! Giù dai letti, è tardissimo!» urlo spalancando la finestra.
Non mi è mai piaciuto essere in ritardo; sono una persona molto puntigliosa ed essere in ritardo è una delle cose che ho sempre odiato. Diciamo che non sono quel tipo di sposa che ama essere aspettata fino all’inverosimile, lasciando tutti quei poveri invitati al freddo gelido o al caldo afoso.
Che poi, non sono nemmeno sposata.
Forse neppure impegnata, dipende dai punti di vista.
«Che ore sono?» biascica Eveline, con la voce ancora impastata di sonno mentre si tira a sedere.
«Le otto meno un quarto. E il volo è alle nove e mezza, per cui dobbiamo essere all’aeroporto fra  un’ora al massimo» dico prendendo le loro valigie e portandole giù, all’ingresso.
Papà è già sveglio e sta guardando alla tv le notizie del mattino, come fa sempre.
E’ la prima volta che lo lasciamo solo da quando mamma è andata via e non avremmo mai preso la decisione di partire, se lui non ci avesse fatto trovare tre biglietti per Miami, un giorno, per obbligarci a dedicare un po’ di tempo a noi stesse. «State sprecando del tempo, e non è giusto perché questi sono momenti che non tornano più» aveva detto come per giustificarsi di quel gesto.
Eve gli schiocca un sonoro bacio sulla guancia, prende posto a tavola e afferra famelica tutto ciò che le serve per fare colazione.
Abbandono i bagagli accanto alla porta e sono sul punto di prendere anch’io qualcosa da mangiare, quando mi accorgo che Elizabeth non è ancora scesa. Mi spiattello una mano sulla faccia, mentre papà, che mi osserva già da qualche minuto, ride piano.
Salgo in fretta la scale e trovo Liz ancora lì dove l’ho lasciata, tutta stretta intorno al suo grande amore: il cuscino.
«Cazzo, Liz! – urlo tirandole via la coperta – E’ tardi! Vuoi partire sì o no?».
La lotta dura almeno cinque minuti: la bionda continua a borbottare mentre cerca invano di coprirsi, sperando di riprendere sonno, ed io non faccio altro che tentare di buttarla giù dal letto.
Niente di strano, quindi.
Alla fine ho la meglio e cadiamo entrambe per terra.
«Va bene, va bene, sono sveglia!» protesta mia sorella scostandosi dal viso i capelli biondi dalle ciocche blu.
Si alza e le tendo una mano per aiutarmi a fare lo stesso, ma mi mostra la lingua ed esce dalla stanza lasciandomi lì, per terra, incastrata tra il letto e il comodino.
«Stronza» sbuffo alzandomi a fatica.
 
- Elizabeth Harrison
 
Dopo una bella sciacquata al viso sono come nuova. Mi lego i capelli in uno chignon fatto alla bell’e meglio e scendo ad aiutare le mie sorelle con le valigie. O meglio, aiuto Hay, visto che Eve è ancora seduta al tavolo a fare colazione.
«Eve, sbrigati!»
«Il viaggio è lungo e devo assumere la giusta quantità di zuccheri se voglio affrontare al meglio la giornata»la sua solita giustificazione.
Sbuffo e senza dare troppo peso a Eveline, che continua a borbottare quelle sue teorie mattutine, io e Hayley abbiamo già sistemato tutto.
Papà è il nostro spettatore più affezionato; si diverte molto a vedere le disavventure delle sue tre figlie, soprattutto quelle mattutine. Appoggiata al cofano della macchina lo guardo sorridere per ogni gesto che compiamo. Anche la cosa più banale, come lavare la tazza della colazione, per lui è fonte di un sorriso.
«Ragazze, è tardi! Siete pronte?».
«Certo papà!»esclamiamo all’unisono io e le mie sorelle.
Saliamo tutti quanti in macchina e partiamo per l’aeroporto. In macchina regna la gioia più assoluta, tutte noi ridiamo e scherziamo. Anche se, questo devo ammetterlo, ho un po’di timore della nuova avventura che stiamo per intraprendere.
Io sono sempre stata la meno paurosona della famiglia, ho sempre affrontato tutto alla grande e ho sempre combinato guai. E il colore dei miei capelli afferma la mia scapestrataggine.
Però il lasciare papà da solo in quella grande casa piena di ricordi mi mette ansia e penso così anche per le altre.
Soprattutto Hay, la più grande di noi: lei ha un rapporto speciale con papà. Tra di loro c’è una sintonia tale che anche uno sguardo, un movimento delle palpebre, una minima espressione del viso faccia sì che loro si capiscano al volo. Io la chiamo magia.
Oh, eccolo lì, l’aeroporto. Purtroppo (ma anche per fortuna) siamo arrivate.
Ed è arrivato anche il momento più brutto.
Siamo già parecchio in ritardo e non abbiamo bisogno che ci venga detto di poter dirigerci in direzione del gate, perciò ci affrettiamo a scaricare i bagagli dall’auto ed entriamo in fretta e furia per sistemarli sul nastro trasportatore e fare il check-in.
Hayley sta sbraitando qualcosa in turco (o forse, in aramaico antico, non sono un’esperta) lamentandosi della lentezza del personale e vedo la sua folta chioma castana ondeggiare senza sosta. No, in realtà mia sorella non è sempre così incazzata: è solo preoccupata e ansiosa, ecco tutto.
Eveline, invece,  sta controllando ancora una volta e freneticamente nella sua borsa, sperando di non aver dimenticato il suo prezioso libro; e, quando lo trova, esclama tutta eccitata.
Finisco di caricare la mia valigia e mi giro in direzione di papà, sospirando.
«E’ tardi, non perdiamo tempo con i saluti» dice fingendo una nota di autorità nella voce.
Mi mancherà da morire, lo so già.
«Papà,  mi raccomando, non esitare a chiamarci per qualsiasi cosa e in qualsiasi momento…» inizia Hay, che viene però interrotta da Eve che si butta al collo del nostro uomo.
«Ho quasi sessant’anni, credete che non riuscirò a cavarmela? – sorride lui, bonario come sempre – Mi potrei offendere sentendomi dare dell’automa… Ma dato che siete le mie figlie, ci passerò sopra».
A turno salutiamo papà con un lungo abbraccio e un sacco di baci sulle guance, ma alla fine non resisto più e coinvolgo tutti in un abbraccio di gruppo. Sono tornata mentalmente agli abbracci di gruppo del liceo.
Il distacco è duro ma necessario, e alla fine riusciamo a prendere la nostra strada.
«Eh, ragazze! Quando dico “divertitevi” intendo dire… Ehm… Avete capito» dice in fine abbassando notevolmente il tono della voce.
Io e le mie sorelle scoppiamo a ridere all’unisono: certi argomenti sono sempre stati taboo con nostro padre.

- Eveline Harrison

Il mio collo è pregno del profumo muschiato di mio padre e spero che non vada via per il resto dell’estate. E’ la prima volta che le mie sorelle riescono a coinvolgermi in una folle avventura e , sinceramente, non so neanche come ci siano riuscite.
Sono sempre stata profondamente legata alla nostra villetta gialla, poco distante da Lansing, dove siamo cresciute e dove abbiamo condiviso momenti rosei e non. Non avevo la minima intenzione di partire perché sono più che certa che papà, nonostante si sia battuto per farci godere questa fuggevole vita, avrà bisogno di una delle sue amate figlie che gli riassetti casa e gli faccia compagnia.
Del resto, avrei dovuto pensare all’università e alla mia futura carriera da psicologa che sarà organizzata in maniera dettagliata, come solo una paranoica delle mia specie sa fare.
Mi volto verso destra, osservando le ciocche blu di Liz ricadere scompostamente sulla spalla di Hay, intenta a contemplare il panorama dalla finestrella tonda dell’aereo. Abbozzo un sorriso, rendendomi conto di quanto quelle due donne siano sempre state il mio punto di riferimento, le mie migliori confidenti e maestre di vita: mi hanno praticamente cresciuta ed è solo per loro che mi ritrovo ad affrontare, seppur con un pizzico di rammarico, questo viaggio verso Miami.
«Tutto bene, Eve?» sghignazza Liz lanciando un’occhiata furba ad Hay che, da donna matura e responsabile, cerca di evitare che scoppi un litigio.
«Stai forse insinuando qualcosa, Lizzie?», la mia mano si aggrappa al bracciolo del sedile come fosse un’ancora di salvezza.
Sarà un tipo competente il nostro caro pilota? Vorrei almeno arrivare a cinquanta anni, essere una celeberrima psicologa, avere un marito (magari una personcina educata, tutta giacca e cravatta e portamento sicuro) e anche due figli. 
Passo la mano libera sulla fronte cercando di tranquillizzami.
«Sai che potrebbe essere compromettente per una psicologa pensare ad alta voce?» sorride Hayley scuotendo il capo, ritenendo che io sia un caso complicato.
«Sei una cacasotto, Eveline. Mi chiedo se tu sia nostra sorella o uno scherzo della natura» afferma Elizabeth spalancando gli occhi, sconcertata.
Ho delle sorelle meravigliose, davvero.
Alzo il mento e mi giro verso sinistra, intenta a non rivolgerle la parola per il resto del viaggio.
Giuro che potrei tornarmene a Lansing dopo sette ore di permanenza a Miami.
Tra l’altro, non ho bisogno di trascorrere i miei diciannove anni su qualche spiaggia o in qualche locale fuori dalla mia portata. Potrei starmene tranquillamente spiaccicata sul letto, con un libro tra le mani e la mia amata solitudine.
Frugo nella borsetta alla ricerca della vecchia copia di Cime Tempestose. Liz ed Hay si guardano nuovamente con sguardo complice.
«Ancora?» chiedono all’unisono e forse anche troppo ad alta voce in quanto mi sento trentadue paia di occhi puntati addosso.
Faccio spallucce. Sono ancora profondamente offesa per quello che Liz ha detto riguardo al mio comportamento puerile.
«A Miami ci saranno librerie immense e potresti comprare qualcosa di nuovo. Cambiare genere, autore», il sorriso di mia sorella maggiore è sincero. Forse ha proprio ragione, dovrei mettere un freno alla mia monotonia e cambiare un po’, senza alterare del tutto quella che sono.
Ripongo il libro al suo posto e affronto il viaggio deponendo l’ascia di guerra e stringendo la mano di Liz, che poggia il capo sulla mia spalla, lasciando che parte dei nostri capelli biondi si confondano.

 
Three, two, one... GO!

Megera (essì, non per niente ci chiamiamo Le Furie u.u)/Hayley Harrison: Sto tipo esultando come una scimmia impazzita (?) per aver avuto l'onore e l'onere di pubblicare il primo capitolo di questa pervers... Cioè, storia. Di questa storia, sì. LOL
Beeene bene bene, sono sincera, non so che dire perchè Oscar Wilde (e la prospettiva dell'interrogazione di domani) mi ha fuso il cervello, quindi... Ai posteri l'ardua sentenza! u.u
Spero solo che questo primo capitolo vi sia piaciuto, ci stiamo divertendo un casino a scrivere e progettare questa storia qua e vi promettiamo di meglio per il futuro ;D
Un graaaaaaaande grazie,
Meg

Aletto/Elizabeth Harrison: Un grazie va a queste due pazze ragazze. Tutto qui, Finito.

Tisifone/Eveline Harrison: Baci e abbracci e salutam a sorta... AHAHAHAHAHAHAHA NO. Allora... Essendo una nuova utente di Efp, spero possiate evitare di prendermi a sprangate e apprezzare scleri e momenti imbarazzanti. Legge e non ve ne pentirete. Love ya all <3

Meg (rompipalle sia nell storia che nella vita vera xD): Se tutto va benem dovremmo postare il secondo capitolo esattamente fra una settimana... O al massimo, dieci giorni ;D


  
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