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Autore: tartufo    17/10/2012    1 recensioni
Blaine osservò per vari secondi il ragazzo che gli stava davanti, un unica domanda gli martellava nella testa.
“Cosa sei?” chiese guardandolo in volto.
Il ragazzo sorrise dolcemente, e prima di cadere al suolo svenuto, disse solamente una parola.
“Aiutami”.
Genere: Malinconico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yuri | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Blaine/Kurt, Brittany/Santana
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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L'unica cosa a cui riusciva a pensare in quel momento, era il branco, doveva avvertirlo che lo aveva trovato, era ferito, ma era sicuro, che l'umano non gli avrebbe fatto del male, e se c'era una cosa di cui lei si fidava, era l'istinto di Kurt, non sbagliava mai.

Mentre correva per la foresta, si sentiva libera, libera da quel dolore, da quell'incessante sensazione di rabbia che le avvelenava il sangue, le annebbiava la vista e tramutava il suo cuore in un gelido pezzo di ghiaccio, era una macchia inconsistente che si muoveva veloce come il vento, indefinita come un déjà vù.

Solitamente, quando i suoi pensieri non erano offuscati dalla preoccupazione, preferiva evitare di attraversare la radura, non perché avesse paura di essere troppo esposta, non protetta tra la folta vegetazione, ma per quello che quello spazio le ricordava, quel giorno però, i suoi sentimenti per il giovane lupo, erano talmente intensi, da offuscare tutto il resto.

Quando spiccò il salto, fu troppo tardi.

Con un balzo, attraversò i confini del luogo che si cibava dei suoi incubi, in quell'immenso spazio vuoto i ricordi riempirono la sua mente, trafiggendola come mille lame affilate, le sue zampe toccarono il terreno instabili facendole perdere l'equilibrio e ruzzolare in malo modo, nessuna cespuglio aveva attutito la caduta.

Mentre cercava di sollevarsi lo vide, il punto esatto, dove era successo, dove tutto era cambiato.

Le poteva sentire come se tutto stesse accadendo nuovamente, c'erano mani ovunque, mani che la toccavano, mani che la costringevano a terra, che esploravano il suo corpo contro la sua volonta, mani che le tenevano le gambe aperte.

Poi un corpo sudato che la schiacciava con il suo peso, un corpo che si muoveva sopra di lei, dentro di lei, spezzandola, nella semi coscienza aveva domandato perché le faceva quello, come una cantilena, perché non riusciva a capire, perché non c'erano altre domande che avrebbero avuto un significato più di quella.

Il Buio l'aveva raggiunta solo quando tutte quelle mani avevano abusato più volte del suo corpo, abbandonandola in una pozza di sangue.

Si era risvegliata in stato di trans quando aveva sentito nuove mani su di se, aveva iniziato a piangere perché non avrebbe resistito un altra volta e pianse ancora più disperatamente quando quelle mani la adagiarono delicatamente su un morbido manto,l' aveva riconosciuto subito , e sapeva che aveva gravato il cuore di quel lupo di un nuovo peso, di una nuova rabbia, pur non volendo, stava alimentando il fuoco che lo corrodeva da dentro.

Quei ricordi, erano così vividi, così reali, da annientarla, la sua fragile anima, ri-assemblata così faticosamente, si stava lentamente sbriciolando sotto il tocco di quelle avide mani.

“Come sei bella...”.

Se non avesse udito quelle parole, avrebbe continuato a sprofondare sempre più in basso, in profondità, dove la luce non arriva, la speranza non conosce la strada e avrebbe varcato la soglia, dove quello che ti riserva la vita, non riesci ad affrontarlo.

Risvegliata, la lupa iniziò a ringhiare sottraendosi a quel tocco, sottraendosi alla vicinanza dell'umana, perché lei li odiava, tutti, non avrebbe permesso a nessuno di farle del male. Mai più.

“Aspetta, non avere paura...”.

E per un attimo, il suo corpo, parve prendere il sopravvento, pronto a credere a quella promessa, ma lei lo sapeva, era solo una futura bugia.

Santana la fissò per un lungo istante, il suo volto era familiare, l'aveva già vista, quel giorno quando lo aveva scorto al fiume, quando si era trasformata per la prima volta, c'era anche lei.

Un moto di repulsione la invase fin dentro le ossa facendola sussultare e costringendola alla fuga.

La cascata quel giorno, era più irruenta del solito, carica della neve che si era riversata nelle sue anse, sembrava in grado di ribellarsi al suo naturale percorso e di distruggere ogni osa al suo passaggio.

Santana si era sempre paragonata a quell'acqua così piena di forza, inarrestabile, eppure in quel momento, lo sapeva, era più simile alla vegetazione che soccombe sotto di essa.

Impotente.

Attraversato il varco nascosto sotto il getto d'acqua e percorso il suo stretto tunnel, la lupa individuò immediatamente il Capo circondato dal branco quasi al completo, mancavano solo Finn e Puck e ovviamente i cuccioli.

“Burt...” Santana latrò per attirare l'attenzione su di se.

“Kurt sta bene?” non era stato Burt a parlare, bensì la sua compagna, l'unica a potersi permettere il lusso di parlare prima del Capo.

“E' ferito, ma sta bene...”.

Vide che le si riempivano gli occhi di paura.

“Perché non è tornato? E l'umano? E' ancora vivo?” l'ultima domanda l'aveva disorientata.

“L'umano è vivo, Kurt è con lui...”.

Il branco esplose.

“Dobbiamo proteggere l'umano!”.

“Dobbiamo evitare, che accada come l0ultima volta!”.

“Il ragazzo ci porterà nuovi guai, gli umani ci servono, non dobbiamo alimentare il loro odio...”.

“Avremmo dovuto istruire i cuccioli secondo quello che conosciamo, non secondo quello che reputiamo giusto conoscano!”.

“Perché Lei ci ha voltato le spalle?” chiese tristemente qualcuno.

Era scoppiata una discussione che Santana non riusciva a comprendere, quelle parole, non avevano senso per lei.

Proteggere l'umano? Lui aveva ferito Kurt, ,ma a nessuno sembrava importare.

Alimentare il loro odio? Dopo quello che le avevano fatto? Era lei che provava quel sentimento, non viceversa.

“Silenzio!!”.

A quel comando, tutto il branco tacque, ammutolito dal potere che solo il maschio dominante poteva esercitare.

“Santana, perché Kurt non è tornato?” chiese Burt, ignorando i rantoli di protesta del branco.

“Lui... lui non può trasformarsi, per via della ferita, non riesce a riprendere le sue sembianze animali...”.

“Bene, finché è così, l'umano non corre alcun pericolo...” disse ad alta voce.

“E anche lui è salvo” aggiunse sottovoce tra se, solo Santana riuscì a coglierle.

“Ora è arrabbiato, e non vorrà parlare con nessuno... ma di te si fida... Santana, devi dirgli di non morderlo, digli che prima deve sapere delle cose, che gli spiegherò tutto, ma non deve morderlo, per il bene di entrambi... ora va, più in fretta che puoi...”.

Senza attendere altre parole, Santana riprese la sua corsa, non sapeva cosa pensare, l'unica cosa che l'aveva messa così in agitazione, era stata quella frase sussurrata, quella frase piena di paura.

 

Sentiva come un ronzio, nella orecchie, prima era basso, non ci aveva fatto caso all'inizio, aveva cercato di ignorarlo quando aveva iniziato a diventare sempre più forte e insistente, e poi era sparito, all'improvviso, ma la verità è che non era sparito, era lui che non sentiva più, aveva perso l'udito.

“Aiutami” l'aveva pronunciata quella parola ma non era riuscito a sentirla.

E poi il suo corpo, inaspettatamente aveva toccato il suolo.

Un attimo, solo un attimo di totale black-out, perché con la testa adagiata sul terreno coperto si neve, sentiva le vibrazioni che i passi di Blaine producevano, le sentiva nella pelle, come le increspature che un sasso genera quando viene scagliato in acqua, ma le sentiva anche con le orecchie, sentiva il rumore dei piedi che sprofondavano di poco in quella neve leggera, sentiva il rumore della vita che vi si celava al di sotto.

Sentiva, ma non aveva le forze per muoversi. Cos'era la forza misteriosa che lo aveva costretto a terra?

L'unica cosa che poteva fare, era guardarlo con i suoi immensi occhi azzurri e aspettare.

 

Stava impazzendo, non era possibile, quel ragazzo, quel, non sapeva nemmeno che definizione dare a l'essere che gli stava davanti, gli stava chiedendo aiuto, e lui, nonostante fosse confuso, e smarrito, come poteva negarglielo, quando con quell'unica parola, la sua voce, si era caricata di dolore e dolcezza?

Blaine si mosse lentamente verso l'essere, lo osservava attento, aspettandosi chissà quale reazione inaspettata, ma il ragazzo rimase inerme, con gli occhi sgranati in attesa.

“Mi senti?” chiese, ma il ragazzo non sembrava in grado di parlare.

“Va bene...” anche se piuttosto imbarazzato, Blaine prese il giovane per le spalle e lo mise in posizione seduta, afferrò una piccola manciata di neve candida tra le mani e strofinandole tra loro la fece sciogliere, poi con molta delicatezza si mise a detergere il volto e la nuca del giovane, che a contatto con le mani bagnate di Blaine parve riscuotersi.

“Co'è successo?” chiese esitante.

“Sei svenuto per un attimo”.

“Svenuto? Cosa significa?”.

Blaine smise di rinfrescarlo, cercando le parole per spiegare cos'era successo.

“Significa che hai perso i sensi...”.

“Oh... si, i sensi, non sentivo più...” disse, ricordando con orrore, come il suo finissimo udito avesse cessato di funzionare.

“Riesci a camminare?”.

Il ragazzo si mise in piedi, guardò Blaine fiero di se, solo che Blaine stava girando, e non solo lui, tutta la foresta girava, sapeva cosa stava succedendo, stava per cadere nuovamente a terra, l'aveva appena pensato, che due forti braccia gli erano corse incontro per sostenerlo, non era caduto, non era solo.

“Ti porto io, però, non così... non così...” disse mentre lo faceva nuovamente sedere e cercava di evitare che il suo sguardo scendesse al di sotto del volto, se lo guardava solo in volto, era tutto più semplice.

“Così come?” chiese il giovane, mentre osservava Blaine che recuperava qualcosa da terra.

“Non è pulitissima, poi rimedierò, adesso indossala” disse porgendogli la maglietta che era rimasta abbandonata all'improvvisa apparizione dei lupi.

Il giovane la prese tra le mani non sapendo bene che fare, la porto al naso e la annuso, il suo olfatto era decisamente calato rispetto alla norma, ma poteva sentire il debole odore del suo sangue, e poi l'Essenza di Blaine, quell'oggetto, urlava BlaineBlaineBlaine.

“Indossala, forza...” disse Blaine distogliendolo dai suoi pensieri.

“Io non so come si fa...” disse con semplicità il ragazzo, continuando a scrutare quell'oggetto morbido che aveva tra le mani.

“Oh...” fu tutto quello che uscì dalle labbra di Blaine, poi si inginocchiò di fronte e con gentilezza lo aiutò ad indossarla, nel compiere quel gesto, si ritrovò ad annusare l'aria, e c'era odore di...

“E' per questo che sono riuscito a trovarti” gli disse ad un palmo dal naso, spezzandogli il respiro, e fissandolo negli occhi.

“Essenza...”.

Blaine abbassò lo sguardo imbarazzato, e come se nulla fosse, sollevò senza fatica il giovane, strappandogli un gemito di dolore.

“Mi dispiace... io, mi dispiace” disse facendolo aderire al suo corpo in modo che stesse più comodo.

“Dove andiamo? A casa tua?”.

“Non posso portarti a casa mia, forse sono impazzito, e forse non conosco la verità, ma penso che mio padre ti ucciderebbe, e poi ucciderebbe me, conosco un posto, non ci va mai nessuno, viene utilizzato solo quando...” e le parole gli morirono in gola.

“Io comunque mi chiamo Blaine” disse per cambiare argomento.

“Lo so... io sono Kurt...”.

Mentre attraversavano la foresta, Blaine continuava a sentirlo, come se si fosse insinuato nella sua pelle, ogni passo, ogni spostamento d'aria, lo colpiva in pieno, quell'odore gli riempiva i polmoni, annebbiandogli ogni facoltà cognitiva.

Ma non era l'aria circostante, era impossibile, si trovavano in una foresta, avrebbe dovuto sentire l'odore degli alberi, l'odore quasi inconsistente della neve nuova, invece.

“Sei tu... non è un odore, è il tuo profumo... sai di... terra bagnata, e erba appena tagliata, ed è così intenso...” disse quasi non credendo alle sue stesse parole.

“Si sente molto di più quando... beh ecco... tu sai di corteccia e resina, sai di casa... è davvero strano...”.

“Si, è strano... cosa è strano?” chiese, pensando che molto probabilmente erano due strani diversi.

“Che tu senta la mia essenza e che io senta la tua... con queste sembianze... però magari mi sbaglio, dopotutto non so quasi nulla...”.

Blaine aveva ragione, erano due strano completamente diversi.

 

“Certe volte, è come se sentissi la sua Essenza, sento l'adrenalina entrare in circolo, inizio a correre, anche se so che non è possibile, inizio a correre, e poi, sparisce, mi ritrovo solo e impotente, ancora una volta...” disse Finn guardando un punto lontano, senza vederlo.

“Succede anche a Quinn, credo, da quando non c'è più, non passa notte in cui mi sveglio e lei non è al mio fianco, la cerco per ore, e quando la trovo...”.

“Come sta?”.

Puck scosse la testa con un sorriso triste.

“La sto perdendo, non è più lei...”.

 

Lui avrebbe fatto la differenza, era certo, che non avesse bisogno di nessuno, non gli serviva un umano per essere felice, poteva vivere così, in solitudine, e sarebbe andata benissimo, non gli servivano le uscite nel bosco per trovare cosa? Una compagna, la sua parte mancante? No, lui stava bene così, e tanto bastava.

Ad ogni modo non aveva incontrato nessuno, e poteva benissimo tornare dal branco con quella scusa, in realtà aveva volutamente evitato le zone più frequentate dagli umani, ma questo, era un dettaglio.

Aveva appena deciso, che non gli sarebbe dispiaciuto addentare un bel coniglietto grasso, e la cosa che più gli interessava era che avrebbe cacciato da solo e sopratutto, che non avrebbe dovuto dividere la preda con nessuno. Aveva appena drizzato le orecchie per captare qualche piccolo, innocente e succulento passo falso, quando un singhiozzo ininterrotto attirò la sua attenzione.

Mosse qualche passo insicuro verso il rumore, fermandosi con una zampa a mezz'aria quando un campanello d'allarme suonò nella sua testa.

Non doveva avvicinarsi, altrimenti i suoi propositi dove li metteva?

Si voltò pronto ad andarsene, quando i singhiozzi si trasformarono in un pianto da spezzare il cuore.

Certo, non il suo ovviamente, cioè, poteva benissimo avvicinarsi e vedere che succedeva, in fondo quante probabilità c'erano di incontrare qualcuno fatto a posta per te?

Insomma, pochissime, forse una su un milione, o giù di li.

Riprese a muoversi verso quei lamenti, non era agitato, solo perché il suo cuore batteva leggermente più in fretta, non vuol dire che era agitato, era solo...

Niente, non era niente.

E poi lo vide.

Era a terra, le gambe raggomitolate all'altezza del petto, strette dalla morsa delle sue stesse braccia, si dondolava avanti e indietro, forse in modo inconsapevole, e piangeva, gli occhi gonfi e rossi pieni di lacrime che sgorgavano come un fiume in piena.

Gli si era stretto il cuore, cioè gli aveva fatto un po' di pena, ma questo era tutto, soddisfatta la sua curiosità, poteva benissimo tornare a cercare quel bel coniglietto, dopotutto, non erano affari suoi, e comunque non avrebbe potuto fare nulla.

Si lasciò quella vista alle spalle, pronto ad allontanarsi, quando una fitta all'altezza dello sterno lo fece sussultare.

Non è niente.

E poi dolore, dolore dappertutto, gli facevano male anche parti che non sapeva di possedere.

La pelle tirava e bruciava come se si fosse trovato a strisciare sui carboni ardenti, i muscoli si tendevano in spasmi incontrollabili, sentiva gli arti allungarsi, prendere una forma che lui voleva rinnegare, il muso accorciarsi la pelliccia diradarsi e venire sostituita da morbida pelle e da una peluria bionda.

Poi il dolore, com'era arrivato era sparito, lasciandolo steso a terra, ancora ansimante e sudato.

“Le ultime parole famose...” sussurrò esausto.  

  
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