Storie originali > Generale
Segui la storia  |      
Autore: Trestan    18/06/2004    1 recensioni
Una strana gelosia, una storia al limite del reale. Una sottile linea fra la vita e la morte. La linea che si spezza...
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
“Fidarsi è bene, non fidarsi è meglio”
E’ un proverbio noto, ma io preferisco usare la prima parte soltanto. Non sono un tipo geloso, non lo sono mai stato. Mi piace fidarmi delle persone a tal punto che le mie ragazze, non vedendo in me tracce di gelosia, arrivano a pensare che non mi interessi niente di loro. Ma io sono fatto così e mi sono comportato sempre così, tranne quella volta…

Era ormai un anno che stavo insieme a Lei e in quel fatidico anniversario la portai fuori a cena. Cenetta in due a lume di candela in un locale chic. Tutto perfetto. Parlammo del più e del meno per tutta la sera, poi venne il momento darle il regalo che le avevo fatto. In realtà erano due i regali: una collanina d’oro e un fazzoletto colorato, che fungeva anche da bandana. Ne rimase estasiata o così diede a vedere. Si mise la collanina al collo e si legò l’altro legalo intorno alla nuca, tutta sorridente, continuando a ringraziarmi per quei due stupendi doni, come li aveva definiti Lei.
Tutto filò liscio per un mesetto, la nostra storia non sembrava avere pecche e Lei era sempre la stessa. Lei era sempre quella della prima volta, che mi aveva fatto innamorare.
Poi un giorno uscendo di palestra grondante di sudore per la frenetica attività sportiva, vidi il Suo migliore amico, giocare a basket, indossava una bandana molto colorata e stranamente familiare. Ci misi qualche attimo a riconoscerla: era il fazzoletto che Le avevo regalato. La rabbia montò nel mio corpo e riuscii a trattenere a malapena quell’incandescente vulcano d’ira. Fui quasi sul punto di entrare di entrare in campo, prendere a cazzotti quel bastardo e recuperare quel dono che avevo fatto a Lei, ma preferii non fare niente. Avrei agito in un’altra maniera. Risi perfidamente fra me e me e quella cosa mi riempì di una strana gioia: la vendetta sarebbe arrivata. L’avrei vista quella sera, i Suoi non erano in casa e sarei andato a trovarlo direttamente a casa Sua. Il sapore della rivincita si fece più intenso nelle mie narici, ne fui inebriato, mi rese ebbro. Tornai a casa accompagnato da quei dolci pensieri.
Alle otto fui davanti casa Sua, nascosi i miei pensieri e con la solita faccia sorridente suonai il campanello. Mi aprì, mi fece entrare e andammo nella Sua stanza. Lei si sdraiò sul letto, io mi sedei sul divanetto. Chiacchierammo un po’, poi mi avvicinai, appoggiandomi sul materasso col ginocchio e accostandomi a lei. La baciai, una, due, tre volte e una quarta.
“Ti amo” gli dissi dolcemente e lei rispose con un semplice “Anche io”
Dopo mi scostai e la guardai in quegli occhi falsamente innamorati. Il sentimento di quel pomeriggio tornò più intenso. Lei, Lei, Lei.
“Tu, tu, tu”
Mi guardò sorpresa, ma non aprì bocca.
“Dov’è il fazzoletto che ti ho regalato? L’hai dato a Lui?”
Il suo sguardo mutò ancora, vidi in quelle retine marittime il suo pensiero. Credeva che fossi pazzo, ma non lo ero, non lo ero sicuramente. Non ero io, il pazzo.
“Cosa?” Mi chiese con aria ingenua e innocente. Quelle parole aumentarono la mia ira, le mani iniziarono a fremere. Strinsi i pugni, finché le unghie non mi penetrarono nella pelle, ma non sentii alcun dolore.
“Il fazzoletto! Dov’è?”
“Non ce l’ho”
“L’hai donato a lui? Non negare”
Abbassò lo sguardo, senza dire niente. Non riuscii più a trattenere i miei arti che scattarono verso di lei. Gli salii addosso, impedendole ogni movimento e mi guardai intorno. C’era un coltello sulla scrivania, feci per allungare la mano, ma ci ripensai: non volevo macchiare quello stupendo copriletto. Scelsi un metodo meno truce. Le miei mani scattarono verso il collo di Lei e si serrarono intorno ad esso.
“Tornerò ad amarti quando sarai morta”
Emise un acuto urlo, pieno di dolore e attaccamento alla vita. Cercò di ribellarsi, ma non poté niente e le mie mani si serrarono su quello splendido bianco collo che tante volte avevo baciato. Cercò di urlare ancora, ma il suono Le rimase strozzato in gola. Presto fu soffocata e i suoi sforzi per liberarsi si annullarono adagiando candidamente il corpo sul materasso. La liberai dalla mia presa e mi avvicinai dolcemente alle sue labbra. La baciai.
“Ti amo” Le dissi ancora, un’ultima volta. Non rispose. “Chi tace acconsente”

La ritrovarono senza vita distesa su quel letto di morte con quello splendido copriletto che avevo sempre amato, tanto quanto lei, o forse di più; accanto a lei, ai piedi del letto, il mio corpo, anch’esso privo di vita.
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Generale / Vai alla pagina dell'autore: Trestan