E tutto fu come doveva essere. Dopo sguardi fugaci, sorrisi nascosti, sogni ad occhi aperti e forti palpitazioni erano lì, sotto il lungo porticato, abbracciati stretti l’uno all’altra, con il profumo di pioggia nell’aria e la consapevolezza di aver finalmente realizzato i proprio desideri. Si conoscevano da poco, ma avevano condiviso così tanto che quel tempo intenso a loro sembrava un’eternità. Samira guardò quegli occhi verdi, profondi, e si sentì persa. Sapeva che suo padre non l’avrebbe mai perdonata per quella follia. Eppure era contenta. Contenta perché si sentiva speciale. Contenta perché lui era speciale. Contenta perché per quanto il resto del mondo potesse farla sentire meno importante, ci sarebbe sempre stata la sua mano, tesa, pronta ad accoglierla in un lungo bacio risanatore, un bacio che le faceva capire come valesse la pena di vivere, se vivere significava stare lì, con lui. Leo chiuse e riaprì gli occhi: doveva riuscire a fissare bene nella mente quel momento, perchè era il più felice che viveva da quando i suoi genitori lo avevano abbandonato. Erano passati più di 15 anni ormai, ma ciò che stava provando ora era un sentimento del quale aveva solo sentito parlare nelle canzoni che sentiva per non pensare a nulla, per non pensare alla sua esistenza sgangherata. Era AMORE. Nella sua mente da quel momento in poi non rimase che l’immagine di quella dolce ragazza che lo fissava con gli occhi lucidi, e che sarebbe stata la sua fonte di vita per il resto dei suoi giorni. Perché ormai per loro separarsi sarebbe stato come tentare il suicidio, come provare a scappare da se stessi. Erano legati da un’invisibile catena che faceva in modo che potessero essere l’uno di conforto all’altra nei momenti di smarrimento, perché tutti hanno bisogno di sentirsi amati. Rimasero abbracciati per un tempo indefinito, ad ascoltare i reciproci battiti che si fondevano con lo scalpiccio della pioggia, finchè non decisero che fosse giunto il momento di iniziare una nuova vita, insieme.