Salve a tutti !!! Questo è il primo
capitolo della mia storia, a cui tengo moltissimo,e spero che mi
lascerete qualche commento, sia che vi piaccia oppure no!
È d’obbligo però fare una piccola
premessa: mi sono liberamente ispirata per l’ambientazione e per il
protagonista maschile al bellissimo romanzo di Emma Pomilio,
Dominus. Ma non è necessario averlo letto per seguire la
fiction, poiché del romanzo c’è solo il personaggio, null’altro.
Il rating per ora è PG 13, ma se la
storia verrà apprezzata (lo spero molto!!!) la seconda parte sarà
una NY 17.
Detto questo…fuoco alle polveri!
Buona lettura
Red Rome
Piccola
descrizione di Marco: è un rampollo della società romana, e quindi è
un ragazzo viziato, prepotente, presuntuoso e straordinariamente
bello. Aristocratico e ricco, è senza limiti. Ovviamente è portato a
pensare che Roma sia la potenza più grande del mondo, e che i Romani
come lui siano i migliori. Ma la sua altezzosità non deve ingannare.
È anche un ragazzo dolce e generoso, che non sopporta le ingiustizie
e non tollera i pregiudizi. È vivace, sempre allegro ed un gran
combina guai. È legatissimo al suo fratellastro Ardach, col quale è
cresciuto e spinge perché diventi un uomo libero e venga
riconosciuto come suo fratello. Suo padre Caio è un senatore romano
molto conosciuto, ma per il giovane Marco è stato lo schiavo Milone
a rappresentare la figura paterna nella sua
infanzia
Per chi ha letto il libro:
Marco, Ardach e Milone sono da poco tornati dalla Grecia.
Tra Ardach e Caio non ci sono ancora dissapori e ovviamente, per il
fine della storia (ma anche per gusti personali) Elettra non esiste.
??Ë??
Capitolo 1: Un Incontro
Inatteso
Roma, I sec.
a.C.
Era una serata
come molte a Roma. Una tipica notte estiva che si prospettava uguale
a tutte le altre. Il cielo sereno stellato illuminava le vie deserte
della città, mentre l’afa opprimeva come di consueto i cittadini.
Non c’era un filo di vento. Le fronde degli alberi erano immobili, i
grilli canticchiavano annoiati e il riverbero della luna piena si
infrangeva sui muri colorati delle ville e dei tanti templi della
capitale.
Marco stava
girovagando svogliatamente per la villa. Cercava inutilmente di
sfuggire dal fracasso che gli amici di suo padre stavano producendo
nella sala da pranzo. Quanto li odiava quegli stupidi banchetti.
Dopo anni non era ancora riuscito a capirne il motivo. Proprio si
rifiutava di comprendere il perché quell’idiota di suo padre dovesse
invitare alla villa metà del senato e tutti i ricchi mercanti di
Roma. Non era forse già abbastanza potente e rispettato in città?
Non riusciva a capacitarsene. Ma quella sera, in particolare, suo
padre aveva deciso di
dargli il tormento. Non gli bastava aver trasformato la casa in un
bordello di terza categoria colmo di ubriachi. No,
questo sarebbe stato il minimo, pensò Marco mentre si
aggirava furtivo per i corridoi deserti della casa in cerca di
tranquillità. Quella sera, il buon Caio, aveva deciso di introdurlo
nel mondo della politica. Pensava che fosse giunto il momento di
presentarlo alla società. In fondo, aveva sapientemente argomentato,
aveva raggiunto la maggiore età, e poi era l’unico erede
dell’illustre famiglia dei Cedici. E così, da qualche settimana a
quella parte, Caio cercava di farlo partecipare attivamente ai suoi
convivi, illudendosi di fargli un favore. In verità Marco non ne era
minimamente interessato. Era giovane, ricco, bello e rispettato da
tutti, l’ultima cosa di cui voleva occuparsi era la politica. Un
giorno, non molto lontano, avrebbe ereditato da suo nonno una
fortuna immensa e dal padre probabilmente il ruolo di senatore.
Aveva studiato nelle migliori scuole del mondo, dalla Grecia a Roma,
era di bell’aspetto, forte e in salute. Non gli interessava nulla di
quello che il padre gli stava offrendo. Voleva solo divertirsi,
godersi gli ultimi anni di adolescenza, trascorrere il tempo con gli
amici a non fare assolutamente nulla di faticoso o impegnativo. In
fondo Marco era un ragazzo come tutti gli altri. Se non fosse che il
padre gli dava il tormento, come quella sera. Marco aveva provato a
inventarsi una scusa per non trovarsi a casa quella sera, ma non era
servito a nulla. Caio lo aveva costretto ad essere presente al
banchetto minacciandolo. E per di più, come se la sfortuna non gli
avesse già voltato le spalle abbastanza, Ardach era stato mandato a
controllare una tenuta fuori Roma proprio quella sera. Accidenti,
aveva pensato il giovane rampollo Romano. Senza il suo fratellastro
si stava annoiando a morte. Dopo un paio d’ore infatti tutti i
vegliardi invitati dal padre si erano riversati sui comodi divani
ubriachi fino al midollo, e Marco conosceva perfettamente il
proseguimento della serata. Prima Caio lo avrebbe presentato a
qualche famoso mercante, magari anche cercando di accasarlo con una
ragazza dell’alta società, e poi il padre avrebbe concluso la serata
con una specie di orgia generale. No, non faceva per lui quella
roba. Certamente, Marco era un amante di bacco e delle belle donne,
ma la presenza di tutti quei vecchi in casa sua lo indispettiva
parecchio.
Ecco perché, non
appena si era liberato per pochi secondi dalla stretta del padre,
Marco si era dileguato alla svelta, imboscandosi nei corridoi più
lontani della villa.
Camminava
lentamente e svogliatamente per i meandri della grande casa ormai da
parecchio, quando udì dei passi concitati alle sue spalle. Il cuore
iniziò a battere più veloce, e non appena udì la voce di uno schiavo
urlare – Signorino Marco… dove siete? Vostro padre vi sta cercando!
Signorino Marco!- ebbe un profondo sussulto. Non doveva farsi
trovare, altrimenti sarebbe stata la fine, sarebbe dovuto tornare al
banchetto. Si guardò attorno frettolosamente, in cerca di una via
d’uscita, ma nulla. Era nell’ala orientale della casa, quella
adibita ai notabili. Davanti a lui vedeva solo il buio, ma sapeva
benissimo che al fondo dell’oscuro corridoio c’era una porta. Di
slancio iniziò a correre in quella direzione, sentendo oltre tutto i
passi avvicinarsi terribilmente in fretta. A pochi passi dalla porta
però si fermò di colpo. Gli era appena venuta in mente una cosa: la
porta era bloccata. L’aveva fatto serrare sua madre anni addietro
per impedire alla lucertole di entrarvi, e da allora era rimasta
serrata. Marco imprecò sottovoce. Rapidamente fece mente locale. Si
trovava in una zona che conosceva benissimo. L’aveva percorsa
centinaia di volte quando era bambino, assieme ad Ardach e ad altri bambini vi
giocavano a nascondino. Doveva pur ricordarsi se c’era un’altra via
d’uscita. E la soluzione gli apparve immediatamente. Si ricordò
improvvisamente che sulla sinistra c’era un vecchio magazzino, per
metà murato. Ora era poco più di una nicchia nel muro, ma quando era
piccolo si nascondevano sempre lì. Si stava stretti, è vero, ma era
perfetto. Nascosto dall’esterno da un grande arazzo rosso era
praticamente invisibile dall’esterno, a meno che qualcuno non lo
conoscesse già. Perfetto. Senza pensarci un secondo di più, e
rendendosi conto che il suo inseguitore era poco lontano, fece un
paio di passi verso la sua sinistra e si tuffò verso l’arazzo. Fece
appena in tempo a nascondercisi dietro che lo schiavo aveva svoltato
l’angolo comparendo nel corridoio deserto. Ma oltrepassato
l’arazzo Marco ebbe una gran brutta sorpresa. Il suo nascondiglio
era già stato occupato. Si ritrovò premuto contro un altro corpo,
inconfondibilmente umano. E vivo, soprattutto. Al buio non poteva
riconoscerlo, ma poco ci mancò che Marco non pretendesse un attacco
di cuore. Si aspettava di trovarlo vuoto, e invece vi aveva trovato
un altro ospite, che evidentemente doveva essere spaventato tanto
quanto lui. Infatti non appena Marco gli era piombato addosso aveva
emesso un piccolo gemito. Fortunatamente i riflessi del giovane
romano erano ottimi, e in un secondo appoggiò la sua grande mano
sulla bocca dell’altro individuo. Rimasero immobili per lunghissimi
secondi. Marco tese l’orecchio in ansia, senza togliere la mano dal
viso dell’altro ospite del nascondiglio. Attese di sentire i passi
dello schiavo che lo stava cercando. Quando lo avvertì passare oltre
l’arazzo trattenne il fiato e anche l’altro lo imitò. Lo schiavo
percorse tutto il corridoio, per poi tornare sui suoi passi e
andarsene. Intanto il bel moro stava iniziando a rilassarsi. Il
pericolo era scomparso. Però c’era un’altra questione da risolvere:
il secondo inquilino del nascondiglio segreto. Mentre lo schiavo si
allontanava chiamandolo per nome, poté concentrarsi meglio sulla
persona che stava tenendo premuta contro la parete. Erano talmente
vicini che poteva quasi sentire i batti del suo cuore. Lentamente
iniziò a percepire meglio la sua figura e istintivamente ebbe un
tremito. Non poteva sbagliarsi, non lui, non Marco Cedicio. Quella
era una donna. Assolutamente una donna. Lo capiva dalla carnosità
delle labbra sotto il suo palmo, dalla setosità della pelle premuta
sulla sua e ovviamente dal corpo sinuoso ed estremamente femminile
stretto a contatto col suo più massiccio e virile. Quelle era senza
dubbio una donna. Si stupì di come non se ne fosse accorto subito.
In fondo era buio pesto lì dentro, e non sarebbe mai riuscito a
distinguerne i lineamenti. Ma la cosa che lo colpì maggiormente fu
il suo profumo. Fu quello a fargli capire la natura di quella
persona, senza nemmeno vederla. Un profumo intenso, femminile,
forte, vivace ed estremamente attraente. Non sapeva spiegarlo, ma lo
deliziava ed eccitava allo stesso tempo, come una droga.
Dopo che lo
schiavo se ne fu andato i due rimasero immobili per qualche istante,
aspettando che i passi si esaurissero. Infine Marco si decise
tremante a togliere la mano dal viso della donna. Era vicinissimi, i
visi a pochi centimetri l’uno dall’altro, i corpi che si
sovrapponevano completamente. Leggermente imbarazzato Marco sussurrò
un – Scusa…ma non volevo che mi trovassero-. Una banalità, ma non
sapeva cosa altro dire. Era una situazione talmente irreale che lo
coglieva completamente impreparato. Sentì la donna muoversi
leggermente e poi sussurrare a sua volta – non ti preoccupare…lo
avevo capito. Neppure io volevo che mi trovassero!-. La voce era
giovanile ma profonda, dolce e sensuale al punto giusto. Marco pensò
che doveva essere una ragazza della sua età all’incirca, a giudicare
dalla voce gioviale. Probabilmente una schiava che si nascondeva per
non lavorare. Sospirò profondamente, mentre sentiva la ragazza
spostarsi verso la sua sinistra. Da quella parte infatti c’era un
piccola concavità del muro, leggermente più spaziosa. E se ricordava
bene anche una piccola finestrella che dava sul giardino interno
della villa. Infatti la ragazza l’aprì velocemente, come se anche
lei conoscesse l’esistenza di quello spioncino. I raggi della luna
filtrarono all’interno del nascondiglio, illuminando di poco i due
ragazzi. Marco non riusciva ancora a distinguere i tratti della
fanciulla, ma solamente la fisionomia generale. Ora erano divisi da
circa un metro di spazio,ma stranamente il moro riusciva ancora a
percepire il suo profumo intenso sulla pelle.
Dopo qualche
secondo di silenzio, nel quale Marco ebbe l’impressione che la
ragazza stesse ridacchiando divertita, si decise ad interromperla.
Con voce profonda il ragazzo disse – Allora…si può sapere come
facevi a conoscere questo posto?-. Questa volta non si poteva
confondere la risatina cristallina della ragazza. Stava veramente
ridendo, e di cuore anche! Marco si inalberò subito. Non era famoso
per la sua pazienza, no
di certo. Detestava quando le gente rideva di lui,
soprattutto se senza motivo, come in quel caso. Adirato borbottò –
Perché stai ridendo? Ho detto qualcosa di divertente?-. Vide la
ragazza negare con la testa e trattenere a sento le risate. Infine,
mentre stava per imprecare ancora, la fanciulla disse – No, scusa, è
che … non mi hai riconosciuta, Marco?-. Al ragazzo gelò il sangue
nelle vene. Quella ragazza conosceva il suo nome, e ora anche a lui
sembrava di riconoscerla. Le ricordava qualcuno, dimenticato nei
meandri più profondi dell’anima. Quella frase, quel tono divertito e
gioco, quella naturalezza…gli richiamavano alla mente qualcuno. Ma
non riusciva ancora a mettere a fuoco chi potesse essere.
Eppure…sentiva di conoscerla, e anche molto bene. Si perse nei
proprio ricordi. Quel posto… quel nascondiglio…tanti, tantissimi
anni prima… si, ora iniziava a ricordare. Un’immagine. Lui, Ardach e
un’altra bambinetta come loro che correvano per la casa, che si
nascondevano e rideva. Che finivano sempre dietro a quell’arazzo.
Ma no, non era
possibile, si disse Marco. Non poteva essere lei, sarebbe stato
troppo assurdo. Eppure…non era così impossibile in fondo. Erano
pochissimi quelli che conoscevano quel nascondiglio, forse solo loro
tre. E poi quella voce, quel tono, quel profumo. Doveva fare un
tentativo, forse era veramente lei.
Con voce
tremante, del tutto inaspettata da un ragazzo sicuro di se come lui,
disse - Rh…Rhea?-.
Note dell’autrice:
I ringraziamenti qui sono d’obbligo,
altrimenti rischio il linciaggio! Un grazie a coloro che hanno letto
per primi la mia storia, e non si sono scandalizzati troppo per i
capitoli successivi che sono più Hot, ovvero Vale, Giu, Silvy,
Giulia, Kia, Fra,Giorgia e Pachi e naturalmente al mio “editore”
Jaki…Facciamo il botto!!! ^__^
Becky |