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Autore: IamShe    18/10/2012    11 recensioni
Tre momenti dolci, appassionati, ed intimi, delle coppie più belle di Detective Conan:
* Kaito & Aoko
* Shinichi & Ran
* Heiji & Kazuha
Tre spin-off della mia serie, dedicati esclusivamente a loro.
A quelli che amano.
Genere: Comico, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Heiji Hattori, Kaito Kuroba/Kaito Kid, Kazuha Toyama, Ran Mori, Shinichi Kudo/Conan Edogawa | Coppie: Heiji Hattori/Kazuha Toyama, Ran Mori/Shinichi Kudo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Una vita d'emozioni'
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Premessa dell’autrice:
 
Eccola là! Lo so, vi starete chiedendo quando potrete togliervi
dalle scatole una rompiballe come me! Ed io, sono qui, per rincuorarvi
e per assicurarvi che dovrete farlo ancora per poco. Eh sì, perché
come avevo preannunciato nelle note dell’ultimo capitolo di “E se io vivessi d’odio?”,
la mia folle mente ha partorito la geniale idea di dedicare tre momenti,
e quindi, tre shots, alle coppie più belle di Detective Conan:
Shinichi e Ran, Kaito e Aoko ed Heiji e Kazuha.
Tre spin-off che prenderanno mosse dalla mia serie, ma comunque godibili
anche per chi non l’ha letta ^^. La prima, per volere di qualcuno *devil*,
vede protagonisti il ladro più figo del Giappone e consorte, subito dopo la
telefonata di Ran (quella dell’undicesimo capitolo).
Insomma, come l’avrà presa Aoko?

 

Kaito & Aoko
Spin-off


Dedicato ad Assunta

 
 
 
Aoko aprì gli occhi con lentezza, lasciandosi andare ad un rumoroso sbadiglio mattutino, che tirò via la stanchezza dai muscoli del suo viso. Si stropicciò le palpebre, e sorniona mandò un’occhiata alla sua destra: il letto era vuoto. Quello stupido di suo marito ultimamente non faceva che preoccuparla; era tornato ad essere misterioso, proprio come quando, anni prima, nei panni di Kaito Kid, le mentiva sulla sua vera identità.
Usciva spesso, e quando gli chiedeva dove fosse diretto faceva il vago; la notte rincasava tardi, e nelle giornate si mostrava sempre più stanco e ambiguo che mai.
Sebbene avesse voluto ignorare le sue fobie, nel suo cuore alleggiava la paura che qualche sua fan di troppo avesse scoperto il suo segreto, o peggio ancora, avesse ricominciato a travestirsi da gelataio per dimostrare a tutto il Giappone quanto bravo fosse come prestigiatore.
I suoi dubbi vennero repentinamente smorzati dal suono dell’acqua, che lontana, cadeva copiosamente a terra: Kaito era sotto la doccia. Mettendosi a sedere sul letto, meditò sul cosa fare; avrebbe potuto mostrarsi offesa ed ignorarlo per l’intera giornata, ma l’istinto le suggeriva di raggiungerlo ed abbandonarsi alle sue braccia e al dolce calore di una rinfrescata mattutina. La discussione, in fondo, poteva essere rimandata. Così, con un sorriso malizioso, poggiò i piedi al pavimento e lentamente si avviò verso il bagno, dal quale sentiva il marito fischiettare qualche strana ed allegra canzone. Ma i suoi passi si bloccarono, e repentinamente il suo corpo si voltò verso il cellulare di Kaito, che aveva preso, da qualche secondo, a squillare.
Aoko raggiunse l’apparecchio in un istante, e scrutò per un po’ il numero che ne appariva; il marito non l’aveva segnato nella rubrica, e quella sequenza di cifre non le sembrava in nessun modo familiare. Titubò un attimo prima di rispondere; non le sembrava giusto farlo senza avvisare Kaito, ma in fondo lasciar squillare quel cellulare così inutilmente poteva essere sbagliato: sarebbe potuta essere una chiamata importante! Così pigiò il verde, e con un tono abbastanza calmo, azzardò: “Pronto?”
Dovette aspettare qualche attimo prima di sentire la voce del suo interlocutore; che, per tutta sorpresa, si dimostrò essere una donna, ed anche abbastanza giovane, da quanto poteva dedurre dal tono.
- Ehm... Starei cercando Kaito Kuroba. E’ lì?-
Aoko strinse con forza il cellulare tra le mani, irritata. Repentinamente, decise di continuare la conversazione, stando attenta a non far trapelare troppo, dalle parole, il suo fastidio.
“E lei cosa vuole da mio marito?”
Effettivamente il tono era uscito più tenue del previsto, ma intorno a lei ardevano fuoco e fiamme, e i dubbi di qualche minuto prima tornarono ad affiorare la sua mente. E si alimentarono, nel momento in cui, la misteriosa donna che aveva chiamato titubasse a rispondere, o meglio evitasse di farlo. Aoko la sentiva, attraverso la cornetta, farfugliare qualcosa di incomprensibile, che portò alle stelle i suoi nervi. Cosa stava cercando, una scusa forse?
“Insomma!” La richiamò, con un tono molto più veemente del precedente. “Mi risponde?!” tuonò ancora, sentendo il sangue ribollirle nelle vene.
- Ehm... sono una collega. -
La donna, in evidente impaccio, azzardò una scusa, che però non fece altro che condurla in un vicolo buio, che Aoko illuminò con le fiamme della sua ira.
“Lei è una collega di mio marito?” chiese con stizza, ma anche con un pizzico d’ironia amara.
Probabilmente le sue parole scioccarono la giovane dall’altro capo del cellulare, tant’è che non la sentì fiatare più.
“Ma Aoko! Insomma! Dammi il cellulare!”
Già pronta a rincarare la dose - di possibili minacce e ricatti di ogni genere -, Aoko dovette bloccarsi nel sentire una mano sfiorarle l’orecchio, per poi afferrare il telefono, e strapparglielo con forza.
Giratasi verso il marito, la giovane arrossì debolmente alla sua vista; alcune goccioline gli percorrevano la pelle ancora umida e lucida per via della doccia, bloccandosi sui suoi pettorali scolpiti, per poi scivolare sugli addominali ed infrangersi sull’unica cosa che lo copriva: un asciugamano azzurro, come il colore dei suoi occhi. Una meravigliosa visione, che però si spezzò nel momento in cui il giovane portò il cellulare all’orecchio, nel tentativo di recuperare quella chiamata.
Inaridita, Aoko s’infiammò: “Kaito! Hai colleghe donne e non me l’hai detto?!”
Il Lupin del nuovo millennio sussultò, incredulo. Lui era un prestigiatore, ed anche rinomato, che avesse assistenti era normale; ma colleghe proprio no. La scena doveva dirigerla solo lui, e gli applausi dovevano rimbombare del suo nome.
Così, immediatamente, captò l’intera situazione, e chi fosse a causarla: Ran.
E con la sua indelebile faccia da poker, inventò alla moglie la miglior scusa che, in quell’istante, gli attraversò il cervello: “Macché, è un amico che si diverte a farmi gli scherzi.” Recitò con maestria, come era solito suo fare.
Ma Aoko non aveva intenzioni di demordere, ed ancora più stizzita, alimentò quella discussione.
“E’ la voce di una donna, idiota!” gli ricordò, facendolo cadere in fallo.
Tossicchiò, resosi conto del guaio combinato e azzardò ancora, incapace ad inventarsi altro.
“E si diverte anche a cambiare voce!” per poi aggiungere, e per sua sfortuna, un: “Mi lasci dedicare ad una cosa importante?”
La moglie grugnì, per nulla convinta, per poi cominciare ad allontanarsi dalla stanza, visibilmente arrabbiata.
“Tanto tutto è più importante di me!” sbottò poi, aprendo con violenza la porta della camera, e nascondendosi dietro alle mura, troppo curiosa di ascoltare ancora quella conversazione. Ma chi poteva essere? E poi, a quell’ora del mattino? Avvicinandosi con le orecchie, stette attenta a non farsi scoprire da suo marito, che intanto, senza curarsi minimamente di lei, proseguiva la telefonata, sorridente.
“Sei Ran vero?”
La giovane sussultò: chi era questa Ran? La conosceva bene per chiamarla per nome, e il suo tono confidenziale non presagiva nulla di buono! Drizzò ancor di più le orecchie, tentando di mantenere una calma pressoché invidiabile.
“Se conoscessi il mio vero lavoro sapresti di non poter essere una mia collega... Vuol dire che non mi conoscevi, ma avevi comunque il mio nome. Solo tu potevi essere.”
A quanto pare, allora, non era davvero una sua collega. Ma allora perché fingere? E poi, questo voleva significare che quella donna non conosceva Kaito in quanto prestigiatore, ma personalmente! E allora, perché mai suo marito non gliene aveva mai parlato?
“Ah, e scusa mia moglie, è un tantino gelosa.”
Aoko si ritrovò a mandare mille e più maledizioni: lei non era gelosa, le dava soltanto fastidio che suo marito non l’avvisasse di nulla! Così, rientrando in camera, ma uscendone subito dopo, decretò l’inizio delle torture di Kaito Kuroba, alias Kaito Kid.
“Io non sono gelosa, ladro da strapazzo!”
Peccato che, il suddetto ladro, si rese conto troppo tardi di che guaio avesse combinato.

#
 
Trascorse un’intera giornata, ma di Aoko nemmeno l’ombra. Sbuffando attraverso le labbra, Kaito aveva abbandonato il suo corpo al divano. Il palmo della mano a sorreggergli il viso, gli occhi leggermente chiusi, ed apparentemente attenti al programma che trasmettevano in tv, lasciavano sfuggire una certa preoccupazione. Non solo per l’amico, e per la situazione in cui si trovava, ma propriamente per la moglie, e il modo in cui aveva reagito; in fondo, se solo Aoko avesse saputo, lui non stava facendo nulla di male. Quindi, perché prendersela tanto?
Avvertii lo scricchiolio della porta, e la conseguente entrata della figlia dell’ispettore, un po’ troppo burrascosa. Era in momenti come questi che temeva che la sua amata potesse rivelare tutto al suo adorato papà, facendolo sbattere in gattabuia per la vita, sebbene sapesse che le sue intenzioni fossero nobili anche da Kaito Kid. E lei, sua amica d’infanzia, questo lo sapeva da sempre, ma non evitava a rinfacciarglielo ogni qualvolta avesse voluto offenderlo; il sostantivo “ladro” gli si addiceva alla perfezione, doveva riconoscerlo, ma lui, Kaito Kid in incognito, adorava esser apostrofato come “mago”, perché era quello che era. Un mago. Vestito o no di bianco, luminoso o no nelle notti di luna piena, lui rimaneva l’uomo che attraverso la fantasia era capace di meravigliare, stupire, lasciar senza parole; e non semplice inganno, ma pura magia.
E forse, era quello il momento di lasciare che gli occhi della sua Aoko risplendessero alla sua magia.
“E’ comodo il divano?” Gli arrivò la sua voce, pungente e alterata, ma che Kaito decise di sorvolare.
Le si avvicinò con gentilezza, e con un irresistibile sorriso stampato sul viso, che lei, però, in quel momento, ignorò.
“Bentornata...” la salutò poi, parandosi contro di lei, e tentando di stabilire un certo contatto fisico che lei, però, evitò.
“Ciao idiota.” Soffiò acida, dirigendosi verso le scale, stando attenta a non osservarlo troppo: avrebbe ceduto. Ma suo marito, in vena quel giorno, non aveva voglia di demordere; così la seguì, nel tentativo di infastidirla.
“Sei ancora arrabbiata per stamattina?”
“Certo che no.”
“E non vuoi sapere con chi parlavo a cellulare?”
“No.”
“Nemmeno perché mi ha chiamato?”
“No.”
Sospirò il mago, abbassando lo sguardo. Aveva senz’altro ereditato tutta quella cocciutaggine dal padre, che ad anni di distanza, ancora non si era arreso all’idea di catturarlo. Così, appoggiatosi allo stipite della porta, Kaito la vide entrare in camera da letto, e chiudere tende e finestre. Un’idea gli attraversò il cervello, ma lo sguardo truce e maligno della moglie la sbriciolò nel giro di qualche secondo. Così, riprovò a farsi avanti, circondandole con dolcezza la schiena, e facendola sussultare.
“Mi posso far perdonare almeno?” le chiese in un sussurro, facendo vacillare il suo autocontrollo.
“Ti ho trascurato un po’ in questo periodo...”
“Certo.” Annuii lei, sorridendogli. Scostandosi dalla sua presa, fece in modo che il ladro indietreggiasse di qualche passo, fino a ritrovarsi vicino alla porta della camera. Poi, staccandosi da lui, e dirigendosi verso il letto, cominciò a spogliarsi, lasciando che il marito rimanesse a guardarla. Dapprima tolse il maglioncino che le copriva il petto, per poi sfilarsi i pantaloni, e rimanere in intimo, rigorosamente rosa.
“Uh uh...” sentì lui mugugnare, malizioso. “Quel colore non ti si addice, perché non le facciamo volare?”
La giovane, però, non fiatò, ed attendendo che il suo mago si avvicinasse, lo aspettò accovacciata al letto, afferrando un cuscino. Giratasi verso di lui, glielo tirò contro, sorridente.
“Eh?”
Kaito si fermò qualche istante a contemplare il guanciale; perché gliel’aveva lanciato?
Ma prima che potesse pensare ancora, Aoko lo trascinò via dalla camera, spingendolo sino in corridoio.
“E comodo il divano?” Gli chiese ancora, ripetendo il sarcasmo di prima.
Lui annuii impercettibilmente, preparandosi al peggio.
“Bene, buonanotte!”
E quello che si ritrovò davanti non fu nient’altro che la porta in legno massiccio della sua camera, sbattuta con forza sul suo naso.
 “Avresti almeno potuto evitare di spogliarti davanti a me...”
Sospirò ancora, per l’ennesima volta in quella giornata.
Si preannunciava una meravigliosa nottata: lui, e il divano.
 
#
 
Aoko scese dal letto con flemma, indecisa se abbandonare o meno il caldo che le donavano le coperte. Le scostò, avviandosi verso la cucina, passando poi per il salone. Rallentò i suoi passi nell’affiancare il divano, sul quale era addormentato colui che da un po’ di tempo definiva marito. Kaito aveva braccia e gambe divaricate, respirava pesantemente e si rigirava più volte su se stesso, probabilmente incapace a trovare la posizione giusta.
Ad Aoko fece quasi tenerezza.
Rapita dalla sua immagine, si appoggiò allo schienale del salotto con i gomiti, dipingendosi un sorriso maligno sulle labbra. Gli occhi cristallini trasducevano ira, gettata sull’incosciente ladro, che con palpebre chiuse, e con un cuscino striminzito sotto il capo, tentava inutilmente di regalarsi un po’ di sonno riconciliatore.
La giovane si avvicinò ancora di più a lui, sforandogli l’orecchio. Si bloccò su di esso, ed inspirando tutta l’aria della stanza, donò al marito il più dolce dei risvegli.
“SVEGLIA IDIOTA!!!”
Al che, alle urla stridule della moglie, Kaito sobbalzò dal divano, issandosi all’in piedi con l’agilità di un trapezista al circo. Sveglio, ma parecchio intontito, si girò attorno spaesato, probabilmente chiedendosi chi fosse, come si chiamasse e dove si trovasse; recuperò comunque ben presto le facoltà mentali, nel ritrovarsi Aoko davanti, che con un ghigno maligno gli augurava il buongiorno.
Sbatté più volte le palpebre, per poi puntarle il dito contro.
“Ti pare il modo di svegliarmi?!?”
“Sono le otto idiota. Dovresti già essere bello e pronto.” Lo rimbeccò lei, ignorando le sue (seppur giuste) lamentele, ed avviandosi finalmente verso la cucina, con la sola intenzione di prepararsi un’abbondante colazione, che forse, avrebbe fatto partire la giornata col piede giusto.
Kaito la seguì, lasciandosi andare ad un sonoro sbadiglio.
“Io sono sempre bello e pronto. Soprattutto bello.” Tentò di ricordarle con fierezza, casomai l’avesse dimenticato.
Aoko azzardò un risata sarcastica, per poi assottigliare gli occhi, seccata: “Questo te l’hanno fatto credere tutte quelle galline che si considerano tue fan.”
L’uomo ridacchiò, poggiandosi alla tavola.
“Ah! Le mie fan... da quanto non vedono Kaito Kid! Saranno disperate, staranno piangendo, debbo aiutarle!” cominciò a recitare melodrammatico, alzando gli occhi al cielo.
“Anche quella Ran è tua fan?” lo bloccò poi la moglie, con una punta di gelosia. Kaito esitò qualche attimo prima di rispondere, intento a scrutarla per bene.
“Tu che ne sai di lei?”
“Allora?” chiese ancora, ma con un tono più insistente.
Il marito sospirò, afflitto, per poi avvicinarsi al suo corpo.
“No, è un’amica. La sto aiutando, è in difficoltà.”
“U-un’amica?” inceppò nelle parole, stentando a crederlo. “Non me l’hai mai presentata!”
“Lo so... è che è la moglie di un mio amico.” Riprovò poi, incrementando la sua curiosità.
“Quale amico?” chiese la giovane, stizzita. Tutte le sembrava una scusa.
“Ehm...” si grattò poi la testa Kaito, in difficoltà. “Non te l’ho mai presentato. E’ che... abbiamo un rapporto un po’ particolare noi due.” Azzardò poi, la sua spiegazione non sembrava convincere la moglie, che invece, appariva più agguerrita che mai.
“Ah sì?” si avvicinò al suo volto, facendolo sudare. “Rapporto particolare? Cos’è hai cambiato gusti?”
“Eh?” sbatté più volte le palpebre, incredulo. “Ma che vai a pensare?!?”
“Cosa dovrei pensare?!?”
L’uomo sbuffò, guardandola allibito. “Idiota! Credi mi piacciano gli uomini?!?”
“No, però vorrei mi dicessi la verità!” sbraitò poi lei, alimentando ancor di più la discussione.
“E’ la verità!” esclamò il mago bianco della notte, esausto.
“Kaito?” lo chiamò poi, guardandolo truce.
“Che c’è?!”
“Quante altre notti vuoi dormire sul divano?”
Al suono di quella minaccia, tanto travestita da domanda, Kaito sobbalzò. Non una sola ora in più su quei cuscini così scomodi e pungenti. La pelle gli era diventata carta vetrata quella nottata.
Ma come convincere Aoko che lui stesse raccontando il vero?
“Te lo giuro! Ti sto dicendo la verità!” la supplicò quasi di crederlo, congiungendo le mani.
“Ok.” Sospirò lei, poggiandosi al tavolo con i palmi delle mani. “E che genere di aiuto staresti dando?”
Kaito ci pensò su un attimo, ma con prontezza, pochi secondi dopo, rispose.
“Professionale...”
“Cioè!?!?” urlò nuovamente Aoko, allargando gli occhi. “Tu sei un ladro!”
“Sarei un mago veramente.” Ci tenne a sottolineare, fiero.
“Ovvero li aiuti a fare i trucchi con le carte?”
“Ti sembro il tipo di mago che fa giochetti con le carte?” ribatté lui, leggermente offeso.
“Con i conigli?” lo sfotté poi, sarcastica.
Lui assottigliò gli occhi, stizzito. “Io sono il mago dei travestimenti idiota!”
Al suono delle sue parole, Aoko sbatté le palpebre più volte, e rimase in silenzio per alcuni secondi, che a Kaito sembrarono interminabili. Lei lo fissava, e lui non aveva il coraggio di fiatare oltre, vista la situazione.
“COSA!?!?!” sbottò poi, strabuzzando le palpebre e stonandolo. “Tu li stai aiutando come Kaito Kid!?!”
“Eh?!? No, Aok...”
“Idiota! Mi avevi promesso che non ti saresti più travestito da lui! Me l’avevi promesso! Bugiardo! Bugiardo!” e con ripetuti pugni sul petto, si gettò verso di lui, quasi in lacrime. Non poteva sopportare l’idea che lui stesse continuando a mentirle, proprio come aveva fatto tempo prima, facendole odiare quel ladro, che tanti nervi dava a suo padre.
“No, Aoko!” Cercò di calmarla, afferrando i suoi polsi. “Non da Kaito Kid. Ma presto loro delle maschere... credimi, sono in un bel guaio.”
“Quindi non hai ricominciato a rubare?” gli chiese titubante, aggrappandosi alla sua maglia.
“Certo che no.”
“E non hai nemmeno ricominciato a tartassare mio padre?” continuò ancora, avvicinandosi ancor di più al suo volto.
“No” asserì lui, ridacchiando.
“Giurami che non ti travesti più da gelataio, che non l’hai mai fatto, e che non lo rifarai più!”
Lui titubò un po’, stranito. “Gelataio?”
“Giura!” rimbeccò lei, con i pugni contro il suo petto.
Kaito le sorrise, per poi avvicinare le labbra alle sue, donandole un dolce e tenero bacio.
“Giuro.”
Finalmente anche Aoko si lasciò andare, abbandonasi al corpo di suo marito, gli intrecciò le braccia intorno alla schiena, e permise che lui le sorreggesse il viso con le mani.
Inebriandosi del suo profumo dolce e penetrante allo stesso tempo, la figlia dell’ispettore sentì il caldo respiro di Kaito sulla sue labbra, mentre le loro lingue si intrecciavano con veemenza nella cavità orali. Si baciarono, e sebbene con passione, la dolcezza non li abbandonò, donando a quel tocco qualcosa di speciale, che mai avrebbero dimenticato.
Staccandosi dalla moglie, il giovane le sorrise.
“Dovremmo litigare più spesso, non trovi?”
Lei mugugnò, invitandolo a continuare.
“Se questo è il perdono...” proseguì lui, malizioso. “Sei terribilmente dolce dopo una litigata.”
“No no!” si staccò lei, indietreggiando di un passo. “Tu non sei stato ancora perdonato!”
“Ah no?”
“No.” Asserì, con convinzione. “Ci vuole ben altro.”
“Beh, allora...” cercò di afferrarla lui, per poi avvicinarsi, ma lei lo evitò. Furbetta, scivolò via dalla cucina, sorridendogli felice.
“Ci vediamo stasera!” completò lei la sua frase, maliziosa.
Kaito ridacchiò, osservandola uscire di casa, ed avviare la sua giornata lavorativa.
Buttò uno sguardo fuori dalla finestra.
Sorrise.
 
#
 
La donna tornò a casa verso le diciotto circa. Il Sole era tramontato da un’oretta, e il freddo pungente le drizzò i peli, facendola rabbrividire. Seppur primavera, il termometro non riusciva a superare i quindici grandi per colpa di una perturbazione che aveva colpito Tokyo nell’ultimo periodo e che non tendeva ad esaurirsi. La scelta migliore che si potesse fare era rintanarsi in casa e riscaldarsi, in qualsiasi modo possibile.
Entrando, Aoko si affrettò ad accendere le luci per fuggire dal buio che attanagliava il suo nido, incredibilmente silenzioso. Pensò, dunque, che Kaito non fosse in casa, e si avviò verso il salone, nel tentativo di riscaldarsi; per sua sorpresa, il fuoco ardeva già scoppiettante sul legno del camino di casa sua, innalzando la temperatura dell’ambiente.
La luce calda di quel fuoco illuminava la stanza, donandole un’atmosfera rilassante e romantica, che la giovane adorava.
“Ehi...” sentì una voce chiamarla, facendola girare. “Scusa, per caso stai aspettando qualcuno?”*
Quella frase, che tanti e troppi ricordi le rievocava, venne accompagnata dalla bellezza di una rosa rossa, che comparì magicamente dinanzi a lei, tra le mani dell’uomo che amava.
“Sì, ha mica visto mio marito?” domandò lei, ironica, stando al gioco.
Kaito mugugnò, per poi sfiorarle la schiena con un braccio.
“E’ per caso un uomo bello ed intelligente, con gli occhi azzurri e i capelli sbarazzini?”
“Forse.” Replicò lei, ridacchiando.
“Allora, mia signora, ce l’avete dinnanzi.”
E sussurrandole ciò, permise che Aoko scostasse il collo, in modo tale da baciarlo. Lasciò una scia così calda, quasi bollente, che la giovane desiderò non scomparisse più. Il suo corpo, a quel tocco, aveva già scordato il freddo esterno e quella perturbazione, che in quella stanza, sembrava proprio non essere mai passata. Appagato della sua reazione, Kaito fece scivolare le labbra dal collo alla guancia, per poi arrivare alla sua bocca, ed adularla.
Aiutandosi con le mani, il mago la strinse a sé, facendo aderire per bene i loro profili, e le loro ombre, create dalla luce soffusa del fuoco.
Aoko rispose al bacio del marito con tanto ardore quanto bruciava il legno nel fuoco, e permettendogli di sollevarla, Kaito decise di sdraiarla a terra, ma su un comodo tappeto che sostava maestoso davanti al fuoco arancio.
Strusciandosi contro di lei, il mago la liberò della maglia, gettandola al pavimento, poco distante da loro. Le accarezzò la pelle con le labbra, scendendo e risalendo dai seni. Sua moglie, emettendo un gemito, afferrò i bordi del suo maglioncino, sfilandoglielo, e portando allo scoperto il suo fisico. Kaito godeva di muscoli ben allenati e privi di qualsiasi imperfezione che potessero sfigurarlo; da un po’ di tempo, dovette ammettere a se stessa che quelle galline delle sue fan, così come le chiamava, non avevano proprio tutti i torti a sbavargli dietro. Kaito Kid, il suo Kaito Kid, era davvero magnifico.
Impaziente, Kaito l’attirò a sé, sbottonandole il reggiseno; posò quindi le mani sui suoi seni, cominciando a farla ansimare. Il respiro della sua donna sul suo orecchio era troppo da sopportare ancora; con foga decise di liberarla dei pantaloni, aspettando che anche lei facesse altrettanto.
Continuò poi a baciarla con passione, giocando con la sua lingua, e sottraendola quando volesse farle un dispetto; spazientita, ma pur sempre divertita, Aoko gli morse un labbro, caricandolo d’adrenalina.
Così, Kaito finì per liberarsi anche degli ultimi indumenti che potessero bloccarli. Si amarono come se fosse la prima volta; come se tempo non ne fosse passato, come se fosse il loro ultimo desiderio prima di morire.
Senza freni inibitori, senza ostacoli o bugie; tutto ciò che avevano da dirsi lo trasmisero i loro corpi, e le loro ombre, che li imitavano nella passione bruciante del fuoco.
Baciandole il viso, la sentì gemere.
Fu così che capì.
Non esisteva oro o diamante che potesse valere quanto un suo bacio, o un suo sussurro.
Quello che avevano loro, era molto più prezioso di qualsiasi altra gemma, di qualsiasi furto.
E decise di dirglielo, affinché non lo scordasse mai.
 “Sei il gioiello più bello che avessi mai potuto rubare.”
 
# Due settimane dopo
 
“Aoko?” la chiamò Kaito dalla porta, preoccupato. “Come stai?”
Dal bagno, ne fuoriuscì la moglie; visibilmente pallida, con delle occhiaie a contornarle gli occhi azzurri.
Eppure, anche in quello stato, lui la trovava meravigliosa.
“Adesso un po’ meglio.”
La donna si portò una mano allo stomaco, ancora in subbuglio per tutto ciò che aveva rigettato; ma decise di non pensarci, e velocemente si avviò in cucina. Scostò una sedia, e si mantenne la fronte con le mani, con il gomito appoggiato al tavolo, o meglio, ad un giornale.
“Sarà colpa di questo ladruncolo che hai dentro di te?” le chiese il marito, con dolcezza.
“Io dico che sarà un maghetto.” Ribatté lei, sorridente. “Un mago, proprio come il padre.”
“Se è come il padre, allora sarà un rubacuori.” La stuzzicò lui, appoggiandosi allo stipite della porta.
Aoko lo ignorò di proposito, lasciandosi sfuggire solo un piccolo risolino. Attenta, posò lo sguardo sul giornale che aveva sotto il gomito.
Sbatté più volte le palpebre, incredula.
Prima pagina, testata centrale.
Lesse e rilesse, sentendo l’ira crescerle dentro.
Il marito la imitò, e nel giro di qualche secondo capì la ragione del suo stupore; solo una cosa poteva, e d’altronde, dopo anni d’esperienza, sapeva fare: scappare.
“KAITOOOOOO!?!?!??!” lo richiamò, inseguendolo per tutta la casa.
Che la figlia dell’ispettore avesse più fortuna del padre nel prendere il famoso ladro?
“CHE SIGNIFICA CHE KID E’ RIAPPARSO A NIIGATA!?!?!?”

 
 

 
*Magic Kaito Volume 4, Black Star
 
 

The end

 
 
 

*
Next spin-off:
Shinichi & Ran
*

 
 

   
 
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