Scusami se sono ancora
qui con le mani in mano e lo sguardo fuori dalla finestra.
Piove. Forse. Non ne
sono certo, sono troppo lontano dal vetro per poterlo capire. Il cielo è grigio
e gli alberi stanno perdendo colore come le foglie marce sui cigli delle
strade.
Ho freddo.
Il muro a cui sono
appoggiato è freddo.
Ricordo il tuo
abbraccio caldo mentre tremavi quella mattina, quell’ultima mattina insieme
dove il mondo oltre le lenzuola, in cui eravamo avvolti, gelava tutto.
Ti ho lasciato con una
tazza di caffè in mano, il calore sprigionato da quella bevanda offuscava il
tuo viso. Tu sorridevi, io no.
Io non sorridevo
perché odiavo lasciarti sola a casa la mattina, poiché sapevo che molto
probabilmente tu non ci saresti stata, ma ho dovuto farlo, credo…
Il campanello suona.
Il bicchiere sulla scrivania davanti a me è colmo di Scotch, non mi piace,
preferisco il Whisky ma ho finito anche le bottiglie delle migliori annate,
tutte guardando la tua foto.
Odieresti vedermi in
questo stato: con la barba lunga, i vestiti sgualciti e sporchi, so di alcool,
sento l’odore impresso su di me. So che mi urleresti contro qualcosa, non so
bene cosa, probabilmente qualche minaccia o forse un semplice fai schifo. Ti capirei…
Il campanello continua
a suonare, perché non si fulmina?
Forse è Alexis, mi
aveva detto che sarebbe tornata nel weekend, è già sabato? Non so che giorno
sia, non so neanche se notte o giorno, la stanza è buia. Non ho più orari, mangio,
dormo solo quando arrivo al limite, solo da bere non manca mai, appena finisco
di bere un bicchiere lo riempio immediatamente, poi vomito ma mai il dolore o
il tuo ricordo.
Vorrei solo morire per
stare con te, ma oggi non ho la forza di provarci, basterebbe buttare giù
qualche pastiglia che ho in bagno insieme a questo liquido ambrato, ma non ho
la forza di uscire da queste stanza.
Qui è dove ti ho
stretta a me l’ultima volta, eri fredda come me adesso, non solo fisicamente ma
anche nello sguardo, fermo al superficiale. Avrei voluto esserci io nel tuo
ultimo sguardo so che almeno non saresti morta da sola, so che forse un ultimo
sorriso sarei riuscito a strappartelo, e invece…
Lo sai che la tua
pistola l’hanno portata via Esposito e Ryan? Non volevo, era la cosa a cui
tenevi di più e… e mi faceva sembrare che tu fossi a casa, di nuovo.
È Alexis la sento
urlare preoccupata, non rispondo, non ci riesco, non ancora
Oggi è 227° giorno da
quando te ne sei andata. Sembrano tanti giorni in realtà è come se fossero
passate poche ore. Tutti dicono che dovrei uscire, tornare alla mia vita
quotidiana, senza ricordarsi che eri tu la mia vita quotidiana.
Invidio la loro
capacità di dimenticare, davvero vorrei farlo pure io ma più ci provo e più mi
tornano alla mente nostri momenti, anche banali ma stupendi.
Domani uscirò di qui
te lo prometto, lo so che te l’ho scritto anche ieri, ma domani ci proverò.
Ti amo Kate
Tuo Castle
Always
Rebecca Is Here:
Fa freddo!!!
Ora di ginnastica: I miei “poveri” compagni giocano a pallavolo ed
io cosa faccio? Avendo la caviglia bloccata come il mio solito (almeno questa volta
non è il polso) fingo di fare psicologia e mi ritrovo a scrivere queste poche
parole.
Una lettera scritta da Castle per la sua
Beckett, nonostante sia passato quasi un anno, lui non riesce a darsi pace,
vive di lei e della sua mancanza.
È un missing moment
della mia long “Breathe – Il suo respiro sulla mia pelle” (cliccateci sopra se
vi interessa).
Grazie di aver aperto questa mia piccola
creazione.
Baci Becky