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Autore: Charlotte Miller    18/10/2012    2 recensioni
Fuori dall’ospedale c’erano milioni di ragazzi e ragazze, che reggevano cartelloni, striscioni, e urlavano il nome dell’uomo che era a un passo dalla morte.
Urlavano, urlavano, sperando che lui potesse sentirli.
Ma sfortunatamente, non avrebbe più potuto sentire le urla dei fan, che lui tanto amava.
Genere: Drammatico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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(Se vi va’ (ve lo consiglio) leggete il capitolo con questa canzone di sottofondo http://www.youtube.com/watch?v=V48ORWZeqP0&feature=related  )
 

 

 

 

<< Mamma? Papà ha sofferto? >>

Queste sono le prime parole dopo quasi due mesi di silenzio da parte della mia quindicenne figlia, Jennifer, davanti la lapide di suo padre.

<< No tesoro, non ha sofferto…sei stata molto brava e coraggiosa a restare con lui… >>
Mio marito era morto in un incidente d’auto, mentre stava andando a prendere Jenny all’allenamento di basket. Una jip era spuntata dal nulla e aveva travolto la sua auto.
Era rimasto agonizzante per mesi, almeno fino a quando mia figlia non si decise a toccarlo.
Lei si sentiva responsabile di quello che era accaduto al suo amato padre, non aveva nemmeno il coraggio di toccarlo per paura di fargli ulteriormente male.
Era la sera del suo quindicesimo compleanno quando cedette all impulso di sfiorarlo, di dargli un minimo di conforto. Gli lasciò un bacio sulla guancia e gli strinse la mano, tutto il giorno, parlando con lui, raccontandogli tutta la sua giornata, cosa faceva a scuola e se qualcuno ci provava con lei.

Era il giorno del compleanno di mio marito e io e Jennifer ci stavamo preparando per andare in ospedale.
Fino a quando non arrivò una chiamata.
<< Suo marito è in arresto cardiaco, ci spiace dirle che stavolta non ce la farà. >>
Mi cadde il telefono dalle mani e iniziai a piangere, correndo ad abbracciare mia figlia.
lei capì istintivamente cosa fosse successo e le lacrime le annebbiarono gli occhi.
Iniziò a urlare, scalciare, tirare i pugni per aria, piangendo, urlando il nome del suo papà e dicendo che non poteva andare via, non poteva lasciarla così.

Arrivando in ospedale lui era ‘’tranquillo’’ per via dei sedativi.
Appena l’effetto dell’anestesia sarebbe svanito, il suo cuore avrebbe cessato di battere.
All’interno della sala d’aspetto c’erano i suoi grandi amici ed ex compagni di band, il restante gruppo dei One Direction.
Fuori dall’ospedale c’erano milioni di ragazzi e ragazze, che reggevano cartelloni, striscioni, e urlavano il nome dell’uomo che era a un passo dalla morte.
Urlavano, urlavano, sperando che lui potesse sentirli.
Ma sfortunatamente, non avrebbe più potuto sentire le urla dei fan, che lui tanto amava.

Ci fecero entrare nella sua camera ed entrai nello sconforto più totale.                           
Era talemente pallido, sciupato e stanco, che non sembrava nemmeno l’uomo che avevo sposato.
Jennifer si avvicinò a lui, andandogli a prendere la mano.
Io presi l’altra mano, mentre i ragazzi accerchiarono il lettino.
Iniziarono a cantare una delle prime canzoni che incisero, Moments, piangendo con me e Jennifer mentre la cantavano.
L’effetto dei sedativi finì.
Il bip delle macchine attaccate a lui impazzì.
Era la fine.
Iniziammo a piangere, stringendoci a lui.
Una voce, la sua, solo un po’ più rauca e intrisa di dolore, riuscì a sovrastare il nostro pianto.
<< Ricordate che vi amo…non dimenticatemi per favore… >>
<< Non andare via papà, non lasciarmi, ti prego, ti prego! >>
Morì così, felice, abbracciando per l’ultima volta sua figlia e stringendomi la mano delicatamente.

Lasciammo i fiori sulla lapide di marmo, e dopo avergli lasciato un bacio e la promessa che saremmo ritornate presto, andammo via, guardando ancora quel pezzo di marmo che segnava il luogo in cui era sepolto l’unico uomo che io abbia mai amato.

 

Louis William Tomlinson.
24.12.1991.
24.12.2030.
L’uomo dal sorriso che illuminava un intero pianeta.
L’uomo che nessuno dimenticherà MAI.

  
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