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Autore: Das ist Felicita    18/10/2012    1 recensioni
Avete mai sognato? Avete mai sperato che il vostro sogno potesse, un giorno, realizzarsi? Io sì. E vi è mai capitato che qualcuno vi abbia detto di smettere di crederci, perchè in realtà era solo una perdita di tempo, solo una grande e grossa illusione? A me è successo.
Ma voi vi siete mai arresi? Avete dato retta agli scettici? IO NO.
Sono Felicita e questa è la mia storia.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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              Believe In Everything Because Everything's Reachable.

 

//Spazio autrice.

"Breve presentazione: Ciao a tutti! Sono Felicita, ho 14 anni e vivo in provincia di Salerno. Questa è la mia prima O.S. per cui siate clementi, mi scuso per eventuali errori ortografici (non mi andava di rileggere) e ne approfitto, già da adesso per ringraziare tutti coloro che hanno aperto la storia e stanno per leggerla, a quelli che si sono già scocciati e hanno preferito passare ad altro e a quelli che recensiranno e non.
Breve chiarimento di questa O.S:
Ho preso inspirazione dal concerto di Justin a Milano, del 09 nove aprile 2011, al quale ho partecipato e, infatti come potrete notare mi sono soffermata molto sui miei stati d'animo, i miei pensieri e le mie emozioni riguardo a quest'esperienza. Ma sappiate già da adesso che molti avvenimenti sono purament casuali".

Grazie per la vostra attenzione e buona lettura :))
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25 Dicembre 2010.

Ormai avevo smesso di piangere, avevo smesso di sperarci, avevo smesso di crederci. Che senso aveva continuare a disperarsi, inutilmente? Le mie “moine” non avrebbero mai fatto cambiare idea ai miei, avevano già le idee chiare loro e niente e nessuno li avrebbe smossi. Milano non era di certo dietro l’angolo e, infondo, anche se non lo ammettevo comprendevo la loro decisione, ma ciò non voleva dire che l’accettavo.
Il 3 dicembre misero in vendita i biglietti e poco prima annunciarono le date europee. Lo ricordo come se fosse ieri. Ricordo esattamente la fitta allo stomaco.
Italia: Milano.
Come era possibile? Non c’era solo Milano in Italia, Milano non rappresentava l’Italia. C’erano Verona, Bologna, Firenze, Roma (nonché Capitale), Napoli, Palermo… E tante altre città, dove però lui non ci avrebbe mai messo piede. Perché? Perché l’unica data era Milano. Quante ragazze non ci sarebbero state quel giorno? Quante sarebbero rimaste chiuse nella loro camera a non far altro che piangere? Eh, quante? Non ci aveva pensato il suo team? E lui non aveva pensato quante fans avrebbe fatto soffrire? No, non ci aveva pensato. Non lo sapeva.
Sforzai di ficcarmi questo in testa, e nient’altro. Forse come scusa, sicuramente come scusa ma in un modo o nell’altro dovevo reprimere quell’ atroce sofferenza.
 


Non avevo chiesto nulla per Natale, non mi interessava aprire una moltitudine di pacchetti colorati come gli scorsi anni, perché sapevo che non ci sarebbe stato ciò che volevo. Chiesi solo un miracolo. Ero in attesa di un miracolo. Forse, dopotutto, ci speravo ancora un po’, giusto un pochino, ecco.
 
“Dai, apri!”-Mi incitarono i miei famigliari- “Coraggio!”- Continuarono.
Io non volevo, sarebbe stato solo un colpo più duro da ammortizzare.
“Muoviti!”-Sentii dirmi.
Non li sopportavo più!
Presi, con decisione, quella minuscola bustina bianca e con forza strappai l’apertura. L’aprii leggermente e lasciai cadere lo sguardo in essa.
Un biglietto di carta, giallo. Alcune scritte nere stampate su di esso.
Una data, quella data.
Un nome, quel nome.
Un luogo, quel luogo.
Non era possibile, continuavo a ripetermi. Non ci credevo, era un sogno.
Non piansi, non urlai. Rimasi lì, ferma con quel biglietto fra le mani, molto più che incredula e spiazzata. A stento respiravo. Un’emozione forte, troppo forte era arrivata così, all’improvviso.
 
 
09 Aprile 2011.

I giorni erano passati, molto lentamente, l’attesa era stata stressante, eterna!
E quel giorno invece sembrò il più veloce che avessi trascorso in vita mia. Era stato un lampo, un fulmine, istantaneo, rapido. Come una follata di vento: apri la finestra, arriva e pochi attimi dopo scompare, lasciandoti fresca; lasciandoti solo il ricordo di quella manciata di secondi.
E’ stato così quel giorno, come una follata di vento.
 
Arrivai lì verso le 15.00 spaccate. La fila era interminabile, orde di Beliebers erano già lì davanti, piazzate difronte i cancelli in attesa, niente e nessuno le avrebbe smosse, neppure un terremoto!
Credevo fossi l’unica ad aver pensato di arrivar prima, così da occupare i posti migliori, proprio quelli sotto il palco e, invece no. Come al solito non ero stata molto geniale, c’erano ragazze che erano lì dalle 11.00!
Iniziai a pensare a quanti ostacoli avevo incontrato prima di arrivare lì e non intendevo solo il traffico! Da quando avevo ricevuto quel biglietto non facevo altro che pensare al concerto, come biasimarmi d’altronde, avevo annullato tutto: a partire dalla scuola fino ad arrivare alla morte della mia vita sociale.
 Da quando avevo ricevuto quel biglietto, la mia unica e sola priorità era incontrarlo.
Se ero lì c’era un motivo, non avevo sofferto per nulla, vuol dire che me lo meritavo e, pensandoci mi era anche passato il pensiero di voler occupare i posti migliori, sarei potuta arrivare all’ultimo e rimanere in fondo a tutti e non vedere neppure un centimetro di lui ma non mi sarebbe importato, perché in quel momento sarei stata lì nel suo stesso posto, a respirare la sua stessa aria, a pochi metri da me, che non sarebbero più stati un ostacolo, ma soprattutto avrei ascoltato la sua voce, dal vivo. Avevo aspettato così tanto tempo, avevo sognato quel momento più di ogni altra cosa al mondo, qualche ora e il mio sogno si sarebbe realizzato. Niente più cuffie, niente più infiniti kilometri, niente più pixel o carta. Da lì a qualche ora lui sarebbe diventato realtà.
 
La coda sembrò muoversi. Avevano finalmente aperto i cancelli. Iniziammo a correre.
Un grande e grosso uomo, strappò il mio biglietto dopo di che iniziai a correre, sempre più veloce, senza sosta su per quelle lunghe e ripide scale. Giusi all’interno della struttura, rimasi a guardarmi intorno, intontita, non capendo in che direzione andare. Trovai un addetto alla sicurezza e chiesi informazioni, dopo di che mi indicò un ampia porta spalancata alla mia destra. Mi ritrovai sulla soglia di essa, non proferii parola, rimasi a bocca aperta, fissando un punto indefinito difronte a me mentre un’orda di ragazze mi sorpassava. La struttura era gremita di Beliebers! Mi affrettai a raggiungere un posto qualsiasi, il più vicino possibile al palco, facendomi strada tra le ragazze, alcune delle quali più volte mi mandarono a quel paese. Ci ripenso e rido. Quella situazione era folle! Sembravo un idiota! Mi guardavo intorno, come fossi una bambina al suo primo giorno d’asilo, se può essere davvero questo il paragone, non capivo nulla, ero come in trance e avevo un sorriso da ebete stampato in faccia, era tutto nuovo e così terribilmente fantastico! Iniziai a chiacchierare con varie ragazze e dopo poco si venne a creare un vero e proprio gruppo. Sembrava ci conoscessimo tutte da una vita, e invece no, eravamo lì da circa dieci minuti ed eravamo già in sintonia, pur avendo solo una cosa in comune: lui, Justin.
E’ strano come delle perfette sconosciute, così da un giorno all’altro possano diventare tue amiche, altre anche più di questo, addirittura sorelle. In poco tempo le Beliebers sono diventate parte fondamentale della mia vita, con qualsiasi ragazza con cui avevo parlato mi ero trovata benissimo, e anche se erano dietro un computer, una chat, erano diventate una sorta di riferimento, per qualsiasi cosa sapevo dove andare, sapevo che loro c’erano anche se non fisicamente, mi aiutavano, cercavano di tirarmi su di morale quando, per esempio, avevo passato una brutta giornata e allo stesso tempo condividevo la mia felicità, i miei segreti e i miei sogni con loro. E’ strano, nel senso che da un giorno all’altro non puoi fidarti così ciecamente di una persona eppure a me è successo.  Mi sentivo in famiglia. Noi eravamo e siamo una famiglia, forse una delle più grandi che possa esistere al modo, una delle più sincere e amorevoli del mondo.
Le luci improvvisamente scomparirono, dando spazio ad altre più fioche ma di intenso colore. Sullo schermo apparve il countdown. Non riuscii a trattenermi: “Cazzo, ma questi ci stanno prendendo per culo?”. E una risata di gruppo si sollevò nel Forum. Era pazzesco, aspettavamo ormai da mezz’ora se non di più, senza contare le quattro ore filate sotto il sole cocente, con 37° all’ombra, una azzeccata all’altra, nel vero senso della parola, sembravamo francobolli viventi, quindi vi lascio immaginare!
 
Meno due minuti!
Quelli sembrarono i due minuti più lunghi della mia intera vita!
Tutto buio. L’intero Forum allarmato. Urla di fondo. Una struttura di metallo a forma di palla al centro dell’enorme e scuro palco. Qualche luce penetrante viola illuminava, finalmente il tutto. Lieve musica, crescente di sottofondo. Love Me.
Un ragazzo, alto, biondo, con indosso una giacca e un pantalone bianco dai bordi viola e un paio di occhiali, da sole, sempre viola. Justin. Fuoriuscì dalla struttura metallica, Dio sembrava un angelo, ma che dico, lui era un angelo! Iniziò ad intonare le prime note di Love Me, non ci credevo, lui era lì a pochi metri da me, e mi stava guardando, o meglio io stavo guardando lui ma diamine era lì, in carne ed ossa ed io ero come imbambolata, in trance, non spiaccicavo parola con nessuna, mentre le altre si erano affrettate a parlare con la vicina di posto, sulla loro prima impressione. Non sapevo cosa mi stesse accadendo, non riuscivo a capire più niente ormai, ero in tilt. Ero fusa, completamente. Strabuzzavo gli occhi, assorta da ogni singolo e più piccolo movimento di Justin. Non piangevo, né urlavo, stranamente. Io credevo fossero quelle le prime reazioni che avrei avuto non appena me lo fossi trovato davanti e invece no, ero incapace di dire e di fare qualsiasi cosa.

 
Never Let You Go.
 
Le prime note di quella canzone iniziarono a impermeare l’area circostante. Continuai a osservare, attenta, il palco e Justin alla sua sinistra, sorridente verso i fans, mentre una struttura di metallo a forma di cuore si faceva largo al centro del palco.
Lo vidi avviarsi verso di essa, intendo a salirvi sopra. Ero incantata; in poco tempo il cuore si librò in aria e in men che non si dica la massa si dimenava da una parte all’altra, seguendo il movimento di quest’ultimo. Lui sempre sorridente, accompagnato dalla sua chitarra cominciò a cantare la canzone. Era da sempre stata la mia “preferita” e da quel momento ne ero certa.  Era lì, proprio sopra di me. Alzai lo sguardo, incrociando il suo. Le stelle erano un offesa a quei due fari che si ritrovava. Impercettibilmente, ritornai con il viso chino, verso il suolo. Il cuore batteva, incessantemente e respiravo a fatica. Mi aveva guardata e mi aveva sorriso. Ne ero certa, in quel momento aveva visto solo me. Avrei voluto sostenere di più il suo sguardo ma, era praticamente impossibile. In pochi attimi aveva illuminato tutto l’edificio, buio.
“I’ll never let you go…”
La sua dolce voce, quel suo profondo acuto mi fece venire la pelle d’oca. Brividi ovunque. Le mie gambe non ressero più il peso del mio corpo e sprofondai a terra, guardai su e lui non era più sopra di me, si era spostato verso le ultime file. Le ragazze accanto a me, terribilmente preoccupate mi chiesero se stessi bene, accennai un flebile sì con la testa e poi… booom! Di colpo, senza nessun preavviso, senza alcun motivo annegai nelle mie stesse lacrime. Le prime di quella giornata, di quella serata, lacrime di gioia, quella vera.
Una moltitudine di emozioni rimbombava nel mio cuore, come se l’unica cosa che volesse fare in quel momento fosse uscire dalla gabbia toracica e urlare quanto amore provasse per lui, quanto potesse essere felice, grato, riconoscente, fortunato, orgoglioso… e chissà quante altre cose dentro di esso ci fossero per lui.
Urlai; come se quello fosse l’unico modo per sprigionare tutte le emozioni racchiuse in me, ma non era abbastanza, non era sufficiente, tutte quelle sensazioni erano troppe, indecifrabili, insostenibili, pure, vere, importanti… per poter essere cacciate via in un solo urlo. Continuai imperterrita, seppure tutte le mie grida si fondessero con le altre non mi importava, a ogni ottava in più mi sentivo meglio.
 
Le canzoni si susseguirono velocemente. Perché? Perché quella serata stava passando troppo in fretta?
Era terminata troppo in fretta. Senza neanche avere il tempo di rimanere a pensare quanto bella, magica fosse stata.
Come un sogno, come un altro sogno, interrotto bruscamente dallo squillo assordante della sveglia, proprio sul punto più bello. Era ingiusto perché era come se quelle due ore trascorse non fossero mai esistite, come se il ricordo di quella sera, di quella giornata non fosse mai esistito. Erano le 22.30 ed ero ancora più rimbecillita!
Salutai a malincuore le ragazze che mi avevano fatto compagnia quella sera e, con mio enorme dispiacere, fui, letteralmente cacciata fuori dalla struttura. Fosse stato per me sarei rimasta lì dentro per il resto della mia vita. Sarei rimasta lì dentro per ammirare i coriandoli sparsi sul palco e sotto, sarei rimasta lì dentro solo per avere i ricordi più nitidi di lui, di tutti gli strumenti suonati, della sua voce calda, rassicurante, dolce, solare, positiva, energica…, della sua figura muoversi di qua e di là, del suo sorriso, del nostro scambio di sguardi… di tutto, ecco! Dalla cosa più semplice, quella meno accennata a quella più evidente!
 


Mi avviai, lentamente, ancora immersa nei miei pensieri, verso il parcheggio, ormai quasi vuoto e composi velocemente il numero di mia zia. Non rispose. Riprovai. Ancora niente. Tentai ancora una volta. Bene, ora anche la segreteria telefonica! Riposai, innervosita, stremata e seccata il cellulare nella tasca dei jeans.
Continuai, ripetutamente a fare avanti e indietro per quel parcheggio, morsicandomi nervosamente le unghie.
Un brusio di voci, poco distanti da me. Ero a dir poco terrorizzata. Vidi una porta difronte di me schiudersi, piano.
Mi allontanai sempre di più da essa. La vidi spalancarsi. Il chiacchiericcio, le risate cessarono improvvisamente.
E’ come se per un’ attimo il tempo si fosse fermato: Lo stesso ragazzo, alto, slanciato, dai capelli biondo cenere, sorridente, e il volto semi-illuminato da un palo della luce poco più distante da lui. Stavo guardando solo lui.
Di nuovo quella sensazione al petto.  Il respiro affaticato. Le forze più deboli. Lo stomaco in subbuglio.
Alzai lo sguardo, accuratamente e lentamente verso il suo viso. Lo inquadrai meglio. Lo vidi avvicinarsi. Impercettibilmente mossi qualche passo nella sua direzione. Ero incantata. La sua figura dinnanzi a me. Non c’erano più metri, solo qualche centimetro. Deglutii, il niente assoluto.
“Va tutto bene?”-Chiese, preoccupato lui.
Boccheggiai, sorpresa, ancora schockata.
Annui, veementemente e deglutii, guardando meglio i suoi occhi. Stavo sostenendo il suo sguardo. In pochi secondi mi ci persi in quelle iridi color cioccolato.
“Sei tu? Sei tu sul serio?”- Lasciai scapparmi questa sciocca frase, sentivo gli occhi pieni di lacrime, pronte a farsi largo sulle mie guance e il respiro mozzarsi. Ma non ne ero sicura. Chi mi diceva che quello non fosse stato l’ennesimo miraggio dovuto al poco sonno? Chi mi diceva che quello non fosse un altro sogno? Chi mi diceva che quello non fosse solo dell’altra carta stampata? Volevo esserne certa e udire nuovamente la sua voce.
“Sì”- Sorrise lui.
Mi precipitai fra le sue braccia e affondai il capo nell’incavo del suo collo. Inspirai profondamente il suo intenso e dolce profumo. Era paradisiaco. Non sembrava fosse il mio idolo e non sembrava che io fossi una sua fan. Sembrava, piuttosto fosse un amico, uno di quelli vecchi, che non vedi da anni e che, quando finalmente hai la possibilità di rincontrarlo, non ci pensi due volte ad abbracciarlo. Dopotutto lui era sempre stato una sorta di migliore amico, un punto di riferimento, una fonte di ispirazione.
“Grazie Justin”- Sibilai- “Non per questo abbraccio, non solo per questo almeno. Per tutto Justin…”- Presi un profondo respiro intenta a voler continuare ma, le lacrime mi precedettero così da non riuscire più a formulare nulla. Lui mi strinse ancora più forte a sé, ma delicatamente, sentivo il calore del suo corpo sciogliermi e il tocco morbido della sua mano accarezzarmi una guancia, portando verso l’esterno le goccioline salate. Non mi sarei mai e poi mai separata dalla sua stretta. Quelle braccia mi appartenevano. Quegli occhi erano la mia salvezza e quel sorriso la mia forza. Avrei voluto dirglielo prima che se ne andasse ma l’emozione, in questi casi gioca brutti scherzi.
Una voce, lontana pronunciò il suo nome e dall’altra parte sentivo una macchina parcheggiare.
Mi guardai intorno, triste, e cosciente del fatto che da lì a qualche secondo tutto sarebbe finito, finito per davvero questa volta.
“Devo andare...”- Fece lui, chiedendomi il nome.
“Felicita. Mi chiamo Felicita”.
“Tieni, Felicita”- Disse, scandendo lentamente il mio nome, allacciandomi poi, al polso il suo bracciale.
Mi strinse, brevemente, ancora una volta fra le sue braccia. Non immaginava quanto ne avessi bisogno. E mi stampò un live bacio sulla guancia.
“Grazie. Sono io che devo dirtelo”- Terminò lui, correndo via verso un uomo, poco distante da noi.
 
Rimasi lì, impalata ancora per qualche minuto, incredula di quello che fosse appena successo, riaccarezzandomi la guancia e ispirando ancora quell’odore, e passando le dita lungo il bracciale, finchè non sentii un clacson e mia zia agitarmi la mano.
Era successo davvero? Avevo davvero realizzato il mio sogno? Onestamente, tutto ciò che volevo era un sorriso, un abbraccio e la sua presenza accanto a me anche solo per un’ istante. E lo avevo ottenuto.

 
                                                  “Credi in tutto perché tutto è raggiungibile”.

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//Spazio autrice.

Chi ha detto che i sogni non realizzano? E' capitato a Felicita, perchè non dovrebbe accadere a voi?
Certo, questa forse è solo un'altra petetica storiella che racconta il vostro sogno, di come possa essersi realizzato. Ma sapete che c'è? Non credo esista questa colossale differenza tra sogno e realtà, dopo tutto la realtà è piena di sogni e aspirazione, no? Ed è nostro compito far in modo che almeno la maggior parte si realizzino. Ne va della nostra felicità e molte volte anche del nostro futuro. Credo che il segreto sia nel crederci, ma dovete anche essere pronti ad andare contro tutti e tutto, lasciando perdere gli scettici, fregandovene del loro giudizio e combattendo per ciò in cui credete, non arrendendovi mai ma sperandoci continuamente e impegnandovi il più possibile affinchè il vostro sogno si avveri.

Vabbè, evito di prolungarmi troppo rendendomi poi troppo pesante; spero che la O.S vi sia piaciuta, che non vi abbia scocciato troppo e soprattutto che  non vi abbia deluso e che le utilme parole vi abbiano aiutato o fatto riflettere. 
Per favore lasciatemi qualche recensione con le vostre considerazioni, critiche, i vostri pareri, consigli e chi ne ha più ne metta! Mi farebbe immensamente piacere, sul serio ci conto! 

Grazie ancora una volta a tutti :))

  
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