Tutto cominciò il primo di marzo, c’era freddo e io avevo anche perso l’autobus per la scuola. Decisi di prendere il primo che passava, dove portava non aveva importanza tanto non avevo particolare voglia di andare a scuola oppure a casa. Salì su un autobus azzurro, mezzo vuoto. Salii e basta, non chiesi dove portasse. Ascoltando le mie solite canzoni di Lana del Rey, la strada diventava sempre più sconosciuta. Che mi ero persa lo sapevo di già. Era come quelle mattine in cui ti alzi e non vuoi fare niente, vuoi solo andare dove di portano i piedi. Non ho camminato di fretta perché avessi paura di perdere il bus, ho camminato normalmente perché forse era arrivato il momento di fare qualcosa di diverso da quello che facevo ogni santa mattina, certo la dominica non c’era scuola e infatti la passavo a casa a leggere qualcosa, ad ascoltare la musica o a guardare la tv. Nulla aveva senso di continuare di essere come prima, nulla aveva un’ importanza per me.

Scesi dal bus lentamente. Salii sul marciapiede e continuai dritto, c’erano tanti alberi ovunque ma erano senza foglie, non erano verdi ma gialli. Avevo fatto bene a prendere la sciarpa quella mattina, la sciarpa bianca non quella blu. All’improvviso mi ritrovai davanti a un grande parco, di gente non c’è n’era tanta anzi quasi nessuna tranne qualcuno che girava pensieroso per il parco. Non era il posto giusto quello, decisamente no. Cambiai direzione, avevo bisogno di un posto caldo.

Eccolo lì, il bar che cercavo. Dopo 10 minuti arrivai a destinazione o almeno lì dove volevo andare. “Spingere la porta per aprire”. Spinsi la porta ed entrai, aveva un clima accogliente quel bar. Il freddo non lo sentivo più, era svanito ormai. Andai a sedermi al unico tavolo libero che c’era. Tavolo e sedie erano di legno. Non avevo né sete né fame. Infondo questo misterioso posto, di cui non sapevo neanche il nome, non era così male e neanche disabitato. Mi piaceva…un po’. Ma restando seduta immobile, mi misi a pensare a cosa mai avrei potuto fare lì. Ero solo una studentessa, con la cartella piena di libri e quaderni. Mi sono sempre piaciuti i posti in cui la gente non ti fissa perché sei nuova o perché ti sei semplicemente mossa. La lezione era cominciata da un po’, ma che importanza aveva, tanto a scuola non ci sarei mai andata quel giorno. Più lontano si è, meglio è. Fuggire anche solo per un giorno dalla tua vita, faceva veramente bene.  La mia vita non era così brutta, era solo infelice per me. Non era quello che io volevo, la scuola la maggior parte delle volte era noiosa, a casa era tutto normale e non avevo nessun grande rapporto con la mia famiglia, loro da una parte e io dall’altra. I miei interessi erano e sono la musica e la lettura. Tutti i tipi di musica andavano bene, dipendeva solo dai periodi. La lettura, beh, preferisco storie d’amore impossibili. Pazza per il cinema, per i film drammatici, i miei preferiti da sempre. Mi piace piangere alla fine del film perché ha avuto una brutta fine. Uno dei miei preferiti è L’Attimo Fuggente, ho pianto la prima volta che l’ho visto e credo che ogni volta che lo rivedrò piangerò sempre come succede con Titanic.

Decisi di uscire da quel bar e così feci. Fuori c’era un po’ di vento. Andai alla fermata del bus per prendere il prossimo, non ero l’unica però. C’era un ragazzo.