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Autore: clakis    19/10/2012    1 recensioni
Sapevo di esserci caduta di nuovo. Perchè nonostante cadevo spesso l'ascesa al suolo sembrava sempre più leggera e indolore. L'amore a volte può far male ma amare e non fermarsi è il miglior modo per rendere il mondo un posto sempre migliore. Così scelsi l'opzione migliore forse non feci nemmeno in tempo, il mio cuore aveva già scelto.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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Ho sempre pensato che se lascio aperta la finestra prima o poi entrerà tutto il cielo.
Settimo capitolo : Io non dimentico.






Quella mattina era molto più limpida delle altre. Era diversa, le nuvole erano abbastanza sparse e il sole era  ricoperto da esse. Il vento era leggero ma il caldo , afoso e incessante, era tipico di una mattinata di Giugno. Quel giorno presi una decisione, non sarei restata in casa nemmeno un minuto. Sentivo le guance avvampare di rossore, mentre i miei piedi sembrava volassero nel pavimento della mia stanza. Il mio unico pensiero che mi svegliava la mattina era uno solo: Stefan. La sera ormai era abitudine addormentarmi con il suo volto ben impresso davanti alle mie palpebre abbassate ed era anche abitudine svegliarmi e pensarlo. Come se non avessi mai smesso. Nemmeno la notte mi lasciava via libera, percorreva i miei sogni, anzi uno. Sempre lo stesso. Io che corro senza fiato in un bosco , corro nel tentativo di afferrarlo. Ma lui sembra essere ogni volta più lontano. Sempre duecento volte più veloce di me. Qui mi sveglio e il mio fiato è corto. Stringo le mie gambe al petto e cerco di calmarmi. Ogni mattina la solita storia ma adesso avevo deciso. Quel giorno nuvoloso di Giugno l’avrei cercato. Avevo bisogno di rivedere i suoi occhi, i lineamenti del suo viso e la sua voce. Avevo bisogno che il mio cuore cantasse ancora, perché quasi non lo sentivo nemmeno.  Avrei anche sopportato di essere rifiutata di nuovo anche se al sol pensiero ,il cuore accelerava. Ma cos’altro potevo fare? Dimenticarlo sembrava impossibile. Non potevo e non volevo. Ero una povera pazza che si appendeva a un ricordo sbiadito . Avevo perso troppo persone nella mia vita e non volevo che lui fosse il prossimo. Al solo pensiero di rivedere i suoi occhi , il mio cuore sussultò speranzoso. Se l’avrei rivisto, avrei ricominciato a vivere le mie giornate. Perché dopo la sua scomparsa, ogni giorno era un susseguirsi di noia totale e di tristezza assoluta. Avevo ricominciato a provare emozioni solo con la sua presenza . Ma da dove dovevo incominciare? E se avesse lasciato completamente Roma? Il pensiero tagliente mi colpì di nuovo e mi mozzò il respiro. No, non poteva essere così. Mi era rimasta un’ultima cosa: la speranza. Non potevo abbandonarla ,ora che finalmente era parte di me. Avrei setacciato ogni albergo della città solo per vederlo 5 secondi . Mi bastava . Non so se dopo l’incontro sarei tornata a casa integra ma volevo provarci perché volevo ricominciare a vivere le mie giornate. Non avevo più niente da perdere. Desiderosa di allontanarmi dalla mia casa vuota, visto che mia madre era già uscita , indossai le prime cose che trovai sotto mano e mi armai di beauty-case mentre mi dirigevo verso il bagno. Un quart’ora dopo ero pronta. Uscì di casa di corsa, solo pochi minuti dopo mi accorsi che erano ancora le sette e mezza del mattino. Ero così tanto euforica che non avevo guardato l’orario prima di uscire. Ma non m’importava, anzi era un vantaggio.. avevo più tempo. Decisi che per facilitare l’operazione di ricerca era meglio usare il mio motorino. Così a mente lucida mi diressi verso un albergo ,al centro della città. Era un albergo enorme, l’entrata ornata di fiori e di colonne quasi nuove, dava una sensazione ambigua, mi sentivo quasi in un film. Nonostante l’ora tutto era già in funzione. Le cameriere saettavano da una parte e dell’altra dell’enorme entrata ed erano appariscenti perché indossavano vestitini rossi con tacchi vertiginosi. Tutto lì dentro sembrava una fiaba o un film antico. Un uomo robusto e vestito per bene, mi sorrise dietro il bancone con la scritta “reception”. Era un sorriso distaccato, tipico degli uomini di alta società. Ricambia debolmente il sorriso, riflettendo sulle parole giuste da dire. Mi sentivo sottopressione.


Buongiorno. Sto cercando un ragazzo, Stefan Masen,  ha prenotato una stanza di questo hotel?

Le parole mi uscirono a strozzo, stupida timidezza!

Buongiorno signora..oh scusa signorina. Dovrei controllare, aspetti un secondo.

Da sotto il bancone lussuoso e lucido ,estrasse un libro enorme e si posò gli occhiali sopra il naso. Con l’indice scorse intere pagine e una smorfia anziana comparve sul suo viso pieno di rughe.

No, mi dispiace. Nessun Masen. Però se vuole abbiamo a disposizione camere insonorizzate o  camere perfettamente silenziose. Dove potrete  dormire sonni tranquilli senza essere disturbati da rumori molesti.

Mentre parlava perso nella sua solita routine di spiegazione che sembrava ormai sapere a memoria, aspettavo che finisse, non volevo essere maleducata. Non feci caso nemmeno alla sue parole e lo fissai, fingendomi interessata. Appena concluse si sistemò gli occhiali e mi guardò curioso, aspettando e sperando in una mia risposta positiva.

Ehm.. no grazie. Arrivederci e grazie ancora per l’informazione.
Frettolosa di uscire da quella fiaba e sotto le occhiate turbate dell’uomo ,camminai velocemente verso il mio motorino che mi aspettava silenzioso. Dovevo visitare ancora mezza città. Con un sospiro e con tanta voglia di rivedere Stefan ,mi diressi verso l’hotel successivo. Speranzosa e nervosa. Pochi isolati dopo, visitai il “Palm Gallery Hotel”, l’aria di benvenuto potevo respirarla. Era un hotel poco appariscente e l’entrata ad arco di pietra dava davvero una sensazione di casa. Avevano quello che stavo cercando? Colui che era più importante di 5 stelle, di una stanza lussuosa, di una sfarzosa piscina o di una doccia con sauna compresa? Non ci speravo troppo ma volevo provare. Mi avvicinai al solito bancone dove vi era una donna bassa, con occhiaie scavate sotto gli occhi e un taglio di capelli corti di un color  biondo cenere. Un sorriso di cortesia si dipinse sul viso della giovane. Ricambia timidamente.
Buongiorno, sto cercando un ragazzo di nome Stefan Masen, per caso ha prenotato una stanza di questo hotel?

Sospirai speranzosa e anche un po’ nervosa. Lo avrei mai trovato? Il pensiero bollente mi bruciò il cuore e cercai di trovare un po’ di quella speranza che mi era rimasta. La donna con il viso da bambina che sembrava non dormisse da tempo, abbassò lo sguardo sotto di sé e il suo viso si dipinse di un’espressione confusa e successivamente distaccata. Mi sorrise più forzatamente.

No, mi dispiace cara. Nessun Masen.
Era stata veloce e decisa, niente da propormi, aveva capito che non bisognava sforzarsi a parlare. Sinceramente quella donna mi piaceva, era proprio adatta a fare quel lavoro. Le sfoggiai un sorriso sincero e la ringraziai calorosamente. Successivamente mi diressi verso altri due hotel e il risultato fu lo stesso. La speranza iniziava a scemare. Stavo cercando il nulla. Stavo cercando qualcuno che non voleva essere trovato. Che senso aveva cercare una persona che non ti vuole? Che senso aveva andare in giro per il paese alla ricerca di una persona che popolava ogni notte i miei sogni e riempiva la mia mente ogni santissimo secondo? A quel punto la sensazione di tristezza e di vuoto m’invase. Arrivai alla conclusione un po’ più tardi del dovuto. Non dovevo essere in quel posto. Non dovevo perdere il mio tempo. Avevo promesso a me stessa niente coinvolgimenti da parte di qualsiasi ragazzo. Ma Stefan poteva definirsi qualsiasi? Lui non era come tutti gli altri. Perlomeno, il mio cuore lo sapeva. Nessun altro ragazzo era in grado di farmi sentire in quel modo. Come se al suo solo sguardo.. il mondo ricominciava a sembrare un posto migliore, accettabile, vivibile. Avevo la gola riarsa dalla sete e camminavo in una stradina stretta, alla ricerca di un bar. Dopo pochi secondi notai l’esistenza di un vecchio locale , proprio davanti a me. Due vecchi signori leggevano il giornale su un tavolino di fuori. Tutto sembrava essere normale, come una normale mattina. Mi fermai sulla porta quando lo vidi. Entrai in iperventilazione. La paura si impadronì del mio corpo. Seduto su una sedia, accanto a una ventenne molto tinta, il volto di Paul Morgan era la cosa più bella e più tenebre della stanza. I suoi folti capelli neri, tirati con il gel , erano sempre gli stessi. Gli occhi piccoli e color nocciola, sembravano preoccupati. La sua espressione era persa nel vuoto. Quell’uomo, la persona che odiavo e che temevo da quasi una vita, era mio padre. Il dolore dei ricordi mi mozzò il respiro. E uscì di corsa dal bar , sotto lo sguardo di tutti. Speravo con tutto il mio cuore che non mi avesse visto. La paura e l’agonia  alimentava sempre di più l’energia e iniziai a correre sempre più veloce verso il mio liberty. Era da ben tre anni che non lo vedevo e la sua assenza aveva migliorato del tutto la mia vita. Come se prima di allora , non avevo mai vissuto davvero. Quando saltai in sella e accelerai con la mano tremante, il ricordo prese vita e le lacrime iniziarono a fuoriuscire, violentemente .
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Tre anni prima.
Era una gelida mattina di pieno inverno. Il vento sbuffava e mi stringevo sempre di più al mio caldo giubbotto. Era appena finita la lunga mattina di scuola e la gioia percorreva ogni mia singola particella di corpo. Tra pochi minuti avrei riferito a mio padre dei bei voti che avevo preso e dalla gita che doveva verificarsi a Maggio. La strada che percorsi per tornare a casa, era sempre la stessa. La scuola distava pochi isolati da casa mia. Il freddo era quasi insopportabile. Corsi veloce verso casa, i miei piedi volavano sull’asfalto. Desideravo tanto che mio padre fosse fiero di me per la prima volta. Lui non faceva altro che lamentarsi in continuazione. Passava le sue ore a borbottare della mia inutilità e riprendeva mia madre ogni volta che commetteva qualcosa di sbagliato. Era stressante. Era diventato morboso, geloso, insopportabile. Quella mattina, per la prima volta, poteva essere fiero di me. Quando arrivai ai pressi di casa, notai che la porta era già aperta. Sentivo delle urla, potevo udire chiaramente la voce strozzata di mia madre che supplicava. Mi precipitai di corsa in cucina, ignara di ciò che stava succedendo. Quando lo vidi, il ricordo straziante non se ne andò mai dalla mia mente. Sapevo che quell’immagine non l’avrei dimenticata mai, nemmeno se avessi vissuto cento vite. Mia madre accasciata a terra, nel pavimento una quantità esagerata di vetro e chiazze di un rosso accesso e bruciante, il suo sangue. Mio padre, anzi quell’uomo sconosciuto che non avrei più chiamato padre, aveva uno sguardo pieno d’odio e il suo volto era contratto dalla rabbia. Le sue mani sporche di sangue , si muovevano velocemente e con foga nel corpo di mia madre. Fino a quel momento non avevo mai odiato nessuno nella mia vita. Pensavo che l’odio era un sentimento quasi impossibile da covare. Ma quando mi precipitai con foga e rabbia, il mio volto e il mio cuore era accecato dall’odio, freddo e bruciante. Ne potevo sentire il sapore nella lingua e nell’aria che respiravo. Lo spinsi con tutta la forza che potevo ma fu inutile. Mi strattonò con forza e potevo sentire chiaramente il rumore del vetro che si spezza a contatto con la mia testa. Il dolore bruciante e lancinante mi lasciò pochi secondi bloccata, non sentivo nessun muscolo rispondermi. Poi l’istinto di sopravvivenza s’impadronì del mio corpo e cercai con tutta la forza e con tutta la voce che avevo di gridare più che potevo. L’urlo mi uscì straziante ed era molto più forte di quanto pensassi. Tutto il vicinato lo sentì e corse in nostro aiuto. Paul scappò via, codardo com’era. Quel bastardo non si fece più vivo e le due settimane che si succedevano ,le passai ricoverata in una stanza di ospedale, accanto a mia madre. Non ci riprendemmo mai del tutto. Certi ricordi, certe situazioni non si scordano mai. Sembrano scomparire del tutto ma quando meno te lo aspetti, eccole lì. Si fanno di nuovo vive ,mozzandoti il respiro e distruggendo la muraglia di pace che ti sei creata davanti con tanta forza e volontà. Ricordo come se fosse oggi ,lo sguardo perso nel vuoto di mia madre e le sue parole che sembravano rassicurare lei piuttosto che me. La mia vita cambiò del tutto, non trovai mai la felicità che mi aspettava. Non trovai mai nessun’altra forma di felicità.
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Ritornai al presente, avevo il viso bagnato di lacrime amare. Il cuore bruciava e sentivo ancora nella mente le urla strazianti di mia madre e il volto paonazzo di mio padre. Persi il controllo di me stessa e la mia mano destra premeva con forza l’acceleratore, vedevo a malapena la strada. Qualcuno popolò i miei pensieri. La sua sagoma ,bella e raggiante, camminava lenta su una stradina normale. Stefan era a pochi metri da me. Desideravo andargli incontro, abbracciarlo e placare tutti i miei timori. Sentirmi al sicuro nelle sue forti braccia. Vedere di nuovo il suo sorriso, abbandonarmi nella naturalezza dei suoi occhi e perdermi totalmente. Magari facendo fermare il tempo e conservando quel momento per sempre. Ma l’ultima cosa che vidi fu il terrore nei suoi occhi e il suo volto divenne di pietra. Il suo corpo, bello da impazzire, s’immobilizzò. Solo dopo pochi secondi capii il perché della sua reazione. Un rumore forte s’impadronì della mia mente, come un auto che sbatte a velocità devastante contro il cemento armato. Potevo udire chiaramente una frenata chiassosa  e il mio motorino che sbatte a terra, rumorosamente. Potevo sentire totalmente il dolore del mio corpo che sfrega contro la strada gelida e l’odore di ruggine e sale del mio sangue che si spalma sull’asfalto. Potevo sentire e vedere tutto. Ma non m’importava niente. Soltanto il volto dell’angelo terrorizzato era padrone della mia mente. ‘Fate calmare l’angelo’, ‘Dite a Stefan che sto bene ora che lui c’è’..volevo gridargli! Ma non ricordavo nemmeno come si emetteva una sillaba e non sapevo nemmeno se il dolore tremendo che provavo, mi avesse permesso di parlare o addirittura di gridare. Dopo pochi secondi non scorsi più nulla, il vuoto e il buio erano davanti a me. Non vedevo più l’angelo. Persi del tutto i sensi e mi abbandonai in un sogno buio e privo di sagome.

   
 
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