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Autore: Subutai Khan    19/10/2012    2 recensioni
Ci si butta un po' di tutto in questa raccolta, come sempre. E come sempre solo i matti e chi non ha considerazione del proprio tempo può azzardarsi a mettere il becco qui.
Genere: Comico, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: Natalia Estrada era molto fortunata ai tempi.
Generi: demenziale.
Traccia: Originale, Demenziale, Acciaio diciotto-dieci nelle nocche di Giorgio Mastrota/cavalca un elefante, l'Eminflex di Giorgio Mastrota/armato di daghe in legno e trapunte scamosciate/batterie di dodici pentole col fondo fuso alto un centimetro (Giorgio Mastrota - Nanowar). Scritta per la seconda sfida della Staffetta in Piscina della Piscina di Prompt.


“Oggi abbiamo il piacere di presentarvi un’azienda italiana leader nel campo delle biciclette, più di trent’anni per migliorare la libertà di movimento di ognuno di noi...”.
Guglielmino rise a sentire l’introduzione dell’ennesima televendita di Giorgio Mastrota. Quella mattina era partita male: gli avevano cancellato le lezioni all’università e non aveva nient’altro da fare, così non trovò alternativa migliore allo sbattersi in poltrona a vedere la televisione.
Sfiga volle che da lui il digitale terrestre non fosse ancora arrivato, abitando in un paesello sperduto in mezzo alle Alpi Graie dimenticato da Dio, dallo Stato e persino dalla mafia. Pertanto era inchiodato sul divano rosso di casa sua a guardare una stupidissima reclame di quel buffo ometto dai capelli radi, la voce irritante e il sorriso da ramarro. Sarebbe stato meglio un autotreno, avrebbe detto Il Profeta.
E più guardava la sua quasi deforme figura agitarsi nello scatolone catodico, più gli saliva in gola un misto di rabbia e ilarità. Perché era uno spettacolo francamente ridicolo, sebbene del tutto innocuo, e nel contempo secondo lui rappresentava mille e più aspetti del decadimento della civiltà occidentale.
Perché dovrei farmi prendere in giro da una ditta a cui non interessa il mio benessere, ma solo i miei soldi? Perché pagano quel tizio, per tanti motivi paragonabile a uno scaldabagno, per sputare stupidaggini a raffica? Perché ha una tale figa al suo fianco, e per quel poco che ne posso sapere se la scopa nei camerini?
Stava per cambiare canale.
Poi avvenne l’impensabile.
Risuonò come un rombo di tuono nella stanza.
Ci fu un lampo accecante. Dovette coprirsi gli occhi per non avere danni alle retine.
Gli parve anche di sentire urla di guerra. Mai più serate brave ad Aosta a ubriacarsi di angeli azzurri. Fanno male.
Dopo qualche secondo tutto si calmò.
Riaprì le palpebre, un poco stordito. E pensò di essere morto o qualcosa del genere.
Di fronte a lui, posto davanti all’apparecchio televisivo, c’era una figura... gli sarebbe piaciuto capire chi o cosa fosse, ma un pugno direttamente sul naso non gli diede il tempo.
CRONCH.
Quello sganassone aveva rotto qualcosa. Il contatto era stato con qualcosa di freddo. E duro.
Cazzo. Un dolore mostruoso si irradiò dal punto offeso, arpionandogli tutta la faccia.
“Piacciono le mie nocche in acciaio 18/10, pischello?”.
“Chi minchia...” balbettò il poveretto cercando di limitare la fuoriuscita di sangue.
“Silenzio! Non ti permetto di avere simili, impuri pensieri nei confronti miei e del mio sacro compito!”.
Finalmente riuscì a focalizzare, pur fra le fitte. Quel che vide lo convinse di essere impazzito o morto. Non necessariamente una sola delle due cose.
Vide Giorgio Mastrota.
Con uno slip leopardato e poco altro addosso. Per la precisione un paio di sandali risalenti a qualche secolo avanti Cristo e un elmo con quattro corna, una per lato.
E nonostante quello rifulgeva di luce, come se si fosse spalmato due o tre strati di crema di quelle che usano i body builder per sembrare lucidati.
“Io sono il magnifico guerriero in pura lana merinos, sir Mastrota. È mio dovere punire come meritano i piccoli miscredenti avventati come te, che si permettono di disturbare l’ordine prestabilito con atteggiamenti tanto anarcoidi. Ti sfiderei a singolar tenzone ma non meriti un simile privilegio. Il tuo sarà un massacro a senso unico” dichiarò quello che, nella mente di Guglielmino, era già stato classificato come il prodotto dell’ultimo sabato sera che aveva solo tardato a farsi vivo.
Questo nonostante avesse il setto nasale in fiamme. A volte la mente umana sa giocare degli scherzi veramente crudeli.
“Smamma, sgorbio. Non ho tempo da perdere con le manifestazioni oniriche”.
La sua risposta fu un diretto sulla guancia sinistra.
“Forse non hai capito con chi hai a che fare. Lascia che la mia sterminata pietà ti mostri l’errore dei tuoi metodi”.
Gli si avventò addosso.
I gemiti di agonia si alzarono come una colonna e si estesero per l’intero arco alpino. A Milano arrivarono come un terremoto sonoro, a Torino temettero che ci fosse un attacco batteriologico di Al Qaeda, a Genova tutti gli sguardi si puntarono verso il mare nell’attesa dello tsunami.
Guglielmino Neoburger aveva appena imparato cosa vuol dire far incazzare un dio della guerra.
   
 
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