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Autore: Trestan    19/06/2004    1 recensioni
Vi capita mai di accorgervi di tenere a qualcosa o qualcuno solo dopo averlo perso? Anche in questa storia accadrà qualcosa di molto simile ...
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Osserva la luna macchiata di sangue… La vedi? Lassù!” Con il dito affusolato mi indicò il corpo celeste che si trovava sopra le nostre teste.
Quella notte la luna aveva un colore vermiglio, non era facile che avvenisse ciò, ma era credenza popolare, che ogni volta che accadeva, stesse per essere versato del sangue. Tutte le guerre fino a quel momento erano state preannunciate da questo strano fenomeno: tutte quelle vite scomparse inutilmente per accontentare i capricci dei vari principi, re o regine qualsivoglia. Sputai a terra e mi accesi una sigaretta. Con il corpo immerso nell’erba alta e bagnata dalla rugiada della sera, osservavo ancora quella palla rossa, chiedendomi in cuor mio quante persone avrebbero dovuto soffrire ancora e per quali assurdi motivi. Lei stava accanto a me, in silenzio a sua volta, la vedevo osservarmi per alcuni momenti con la coda dell’occhio.
La mia migliore amica, l’amica di sempre, che a differenza di tutti gli altri non mi aveva mai abbandonato. Quella ragazzina che da piccola girava per le strade del suo paese natale vestita da ragazzo e piena di lividi, collezionati durante le innumerevoli battaglie fra le bande di ragazzini. Quella ragazza che era cresciuta e adesso era così bella da far innamorare gli uomini a prima vista. Occhi profondi come il mare e immensi come il cielo, capelli lunghi e neri come la notte più buia.
A volte mi fermavo a pensare al motivo per cui anche io non fossi innamorato di quella bellezza della natura, pareva un mistero, in fondo era così difficile fuggire ad una simile potenza attrattiva, ma forse io la vedevo sempre come quella ragazzina che combatteva con i maschi più grandi di lei con le spade di legno, che correva per i campi all’inseguimento di conigli o gatti selvatici.

“Un po’ pensieroso, eh?” Disse la ragazza, prima di saltarmi addosso e cercando di farmi il solletico, ma io le bloccai le mani in tempo.
“Vuoi fare la furba?” Gli domandai, senza aspettarmi una risposta.
Ashley aveva quel potere di farmi passare immediatamente il cattivo umore, riusciva con niente a farmi sorridere. Potevo considerarla il mio sole che mi guidava sulla via della felicità.
Mi sorrise enigmaticamente, lo faceva spesso e, ormai, avevo imparato cosa volesse dire quel gesto: me ne stava per fare una delle sue. Si avvicinò lentamente alla mia guancia e mi morse. Gridai per il dolore, poi la guardai furibondo, ma vidi quel suo sorriso che riuscirebbe a sciogliere un iceberg e la mia ira si squagliò proprio come il ghiaccio.
Poi, si accostò di nuovo al mio viso. Mi aspettai un altro morso e cercai di allontanarla, ma lei non indugiò e mi baciò sulle labbra. Sentii qualcosa bruciarmi dentro. Posso solo immaginarmi il colore che assunse il mio viso in quel momento. Ahsley iniziò a ridere.
“Quante volte ti ho detto che non devi baciarmi?!?” Mi finsi arrabbiato per nascondere il mio imbarazzo, ma non ebbe l’effetto desiderato, perché la risata della ragazza aumentò di volume.
Mi dava sui nervi, però, quando si comportava in quel modo infantile. Probabilmente lo faceva solo per scherzare, ma non mi piaceva lo stesso essere baciato: avevo il dubbio che lei provasse veramente qualcosa per me, che io non sentivo di provare in quel momento, o almeno non volevo provare, non volevo perdere la mia amica. Sapevo che se fosse nato qualcosa di più intenso fra noi due, poi un giorno tutto sarebbe finito per sempre e anche la nostra amicizia sarebbe cambiata, fino a tramontare completamente.
Nel frattempo la ragazza si era distesa di nuovo, continuando a ridere, dopo poco decise di finirla.
“Ryan…”
“Dimmi”
“Devo dirti una cosa…”
Il mio cuore sussulto: le mie ipotesi si stavano concretizzando. Stava per confidarmi i suoi sentimenti ed io non ero pronto, no assolutamente no. Dovevo fare qualcosa: non volevo sentire quelle parole, ma non avevo idee in quell’istante. La mia mente viaggiava veloce, ma non abbastanza. Ahsley riprese a parlare:
“Sei proprio un’idiota!”
Sbuffai. Per fortuna avevo sbagliato. Il mio cuore riprese pian piano il suo battito regolare. Mi asciugai una gocciolina di sudore dalla fronte. La ragazza mi sorrise maliziosa, ma io non gli rivolsi lo sguardo, continuando a guardare il cielo.
“Sei proprio una bambina, lo sai?”
“Ma non è vero!!” Disse irata. Era davvero buffa quando perdeva le staffe, a volte mi divertivo a farla arrabbiare per vedere il suo volto imbronciato. Mi voltai verso di lei e gli accarezzai il volto.
“Sei proprio carina così”
Lei si voltò facendo l’offesa.
“Ah ah ah! Che stupida!”
Mi alzai in piedi e, dopo essermi ripulito dalla polvere, feci per accucciarmi sulla mia amica, ma qualcosa mi colpì violentemente e finii disteso a terra lontano da lei.
Sentii degli urli atroci, grotteschi, non umani. Riuscii ad alzare lo sguardo in tempo per vedere un figura oscura calare la sua ascia e ferire a morte la mia amica d’infanzia. Un brivido attraversò il mio corpo e per qualche secondo non potei muovermi. Misi tutti i pensieri da parte, mi rialzai di colpo e presi la mia spada dalla sua fodera.
La ruotai un paio di volte sopra la mia testa, richiamando l’attenzione del nemico: un grosso orco. Aspettai che mi si scagliasse contro e quando fu a pochi metri da me balzai agilmente verso sinistra, schivando il suo colpo. Ormai scoperto e privo d’ogni difesa, gli conficcai la spada nella schiena e la girai su se stessa un paio di volte, poi la estrassi con violenza. Altri due orchi erano arrivati a dare man forte al primo, ormai deceduto. Il primo mi si fiondò contro come aveva fatto il suo compagno e fece la sua stessa fine: una testa di orco rotolò a terra con un rumore sordo. L’altro, invece, un arciere riuscì a scagliare una freccia e mi colpì ad una gamba. Non sentii niente, nessun dolore, ormai la mia rabbia superava di gran lunga qualsiasi altra emozione o percezione sensoriale. Con la mano sinistra tolsi la freccia dalla ferita e la spezzai davanti ai suoi occhi, poi balzai verso di lui. Non poté porre alcuna resistenza: dopo alcune secondi aveva già esalato il suo ultimo respiro.
Lasciai cadere la lama in terra e osservai il corpo, ormai quasi privo di vita, della mia compagna. Mi avvicinai a lei, che mi sorrise dolcemente, ma la sua bocca era macchiata dal sangue.
“La leggenda è vera, allora…” Quelle parole gli costarono moltissima fatica. Tossì, aumentando il rigetto di sangue.
“Non parlare, ce la farai, non ti preoccupare.”
“Ryan… Ti amo…” Dopo quelle parole, i suoi occhi persero di vita, il suo ventre non si muoveva più nell’atto di respirare.
Sentii le lacrime calde solcarmi il viso, non feci nulla per fermarle. Le chiusi dolcemente gli occhi e la appoggiai delicatamente a terra. La baciai sulle labbra.
Mi ero accorto solo in quel momento di cosa provavo realmente per lei, proprio quando l’avevo persa. Avevo sempre avuto di perderla se l’avessi amata, mi ero sempre ripromesso di non esprimere mai i miei veri sentimenti, ma adesso lei non era più con me, cosa restava ormai della mia vita? Lei era la mia vita, lei mi aveva dato tutto, la gioia di vivere, il sorriso, l’affetto. Non sarei stato nulla senza di lei, né ora né mai, ma adesso lei non era più con me…
Mi alzai, conficcai la mia arma per terra con la lama rivolta verso il cielo e mi lasciai cadere a braccia aperte.
Sto arrivando, amore …
  
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