Tristezza: malinconia, dolore, angoscia, afflizione.
Morale? Credo di essere la persona più triste del mondo.
Sono nata senza sapere chi fosse mio padre, prendendo il cognome di mia madre, la quale mi ha tenuto lontano da una famiglia intera.
Arrivo a New York per fare l'attrice e questa famiglia squinternata non si rende nemmeno conto di cosa voglia dire trovarsi nella mia situazione, tutti presi come sono dai loro problemi di cui, per la cronaca, non voglio entrare a far parte.
Ma chissene importa della povera, dolce Lola, vero?
Perché alla prima occasione, mia cugina, ovvero mia sorella, mi ha pugnalata alla spalle.
Okay, soffre di sindrome dall'abbandono e cazzate varie, ma questa non è certo una scusa sufficiente per darmi addosso e umiliarmi pubblicamente.
E, se ciò non bastasse, il mio ragazzo se la fa con il suo capo, mentre la mia vita sociale si articola come quella di una cortigiana di basso borgo, costretta a starmene rintanata in una stanza, dato che ho perso il lavoro per colpa di Serena, ovvero mia cugina, ovvero sorella.
E poi uno si meraviglia se cado in depressione.
Perché non c'è dubbio sul fatto che io sia dannatamente triste, che la mia intera vita sia costernata da alti e bassi, i cui picchi vanno da “triste” a “mortalmente depressa”.
E questo era solo prima di scoprire che mia madre è stata messa in galera da sua sorella. Cioè, secondo loro cosa devo fare?