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Autore: _IWantAnIceCream_    19/10/2012    7 recensioni
Parole di un uomo che parla al vento, consapevole di quello che fa, ma che non sa, e probabilmente non saprà mai, che nessuna di queste sillabe verrà sprecata.
Damon/Alaric.
Spoiler 4x02
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Alaric Saltzman, Damon Salvatore
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Title: I miss you, buddy.

Fandom: The Vampire Diaries

Characters: Alaric Saltzman; Damon Salvatore

Timeline: 4x02

Notes: Non so da dove questa cosa è uscita fuori. Sarà che le lacrime dopo il finale della 4x02 sono uscite a fiotti. Sarà che mi manca Rick. Sarà che il nostro fighissimo prof di storia tirava fuori qualcosa…qualcosa, sì, da Damon. Sarà che mi sembra che Damon sia più solo che mai.

Avvertimenti:  Le frasi in corsivo appartengono all'episodio 4x02 di The Vampire Diaries.

 

Sembrava quasi strano, per quante cose fuori dal normale avesse visto da quando era arrivato a Mystic Falls – lui stesso era un fantasma –, vedere Damon parlare da solo.

Si chiese se l’avesse fatto altre volte. L’unica cosa di cui era sicuro, al momento, era che se la risposta alla sua domanda fosse stata sì, lui non l’avrebbe mai saputo, perché Damon non gliel’avrebbe mai detto.

Eppure, gli scappava quasi un sorriso a vederlo così. E non gli dispiaceva, alla fine. Perché cosa gli rimaneva da fare, se non provare a tirare su gli angoli della bocca in una strana smorfia? Perlomeno, non si lasciava prendere dallo sconforto.

Si chiese cosa gli avrebbe fatto il vampiro, se l’avesse visto a ridere sotto i baffi dei suoi problemi esistenziali. Non importava: al momento – e sentì una fitta, o un qualcosa di simile, all’altezza del petto, dove una volta avrebbe avuto un cuore che batteva e pompava sangue – nessuno dei due avrebbe proprio potuto fare nulla.

Damon non gli metteva le cose facili, certo. Ora fingeva che fosse lì.

Beh, fingeva. In qualche modo, aveva ragione: lui era lì. C’era sempre, con l’aria da vagabondo fuori dal mondo, e ci sarebbe sempre stato, a rodere e maledirsi perché non poteva parlare con nessuno di coloro che guardava.

Venne riportato alla realtà, la sua realtà di vago spettatore silenzioso ed attento, dalla voce di Damon che riprendeva il discorso lasciato in sospeso.

«Sai che stanno facendo?» chiese retoricamente, spalancando gli occhi e stringendo il collo della bottiglia di whiskey che teneva in mano.

Rick pensò che anche se fosse stato lì e non avesse mostrato interesse per il monologo del vampiro, lui avrebbe ovviamente continuato lo stesso, fregandosene altamente.

«Stanno lanciando in cielo delle lanterne.» sbottò, nella voce una punta d’ironia. «Riesci a crederci?» continuò, voltando il capo accanto a dove era seduto, dove effettivamente lui c’era, nonostante Damon non lo sapesse.

Il vampiro andò avanti a parlare: «Le lanterne giapponesi simboleggiano il lasciarsi alle spalle il passato.» spiegò, borbottando. «Beh, notizia dell’ultima ora. Noi non siamo giapponesi.» fece una battuta fiacca, che forse non lo era nemmeno, con un mezzo sorriso.

Anche lui stiracchiò le labbra, imitandolo.

Poi, però, lo sguardo di Damon si rabbuiò, colto improvvisamente da una nuova consapevolezza, e ogni traccia di sarcasmo sparì dalla sua voce. «Sai cosa sono?» chiese, serio. «Dei bambini.» sputò la parola come se lo infastidisse, con risentimento.

«Come se accendere una candela potesse aggiustare tutto. O dire una preghiera…o fingere che Elena non diventerà come il resto di noi vampiri assassini.» proseguì, con sguardo vacuo.

Lui, dalla sua postazione, lo guardò di sbieco. Notò, malinconicamente, quanto Damon continuasse a tenere ad Elena. Come lei fosse sempre il primo dei suoi pensieri, il più delle volte.

Si meravigliò che l’avesse dimostrato così apertamente – più o meno, insomma – davanti a lui, o al finto lui con cui Damon pensava di parlare.

«Sono dei bambinetti…stupidi, illusi e esasperanti.» riprese il discorso, bofonchiando. Portò la bottiglia alla bocca, e bevve un sorso.

Se va bene a loro, Damon, lasciali fare, pensò, sospirando.

«Lo so cosa dirai. “Li fa sentire meglio, Damon.”»

Dovette ammettere che Damon lo conosceva piuttosto bene, visto quanto si ostinava a spergiurare il contrario.

«E allora? Per quanto? Per un minuto? Un giorno? Che differenza fa?» un altro sorso, e Damon si alzò di scatto.

«Perché alla fine, quando perdi qualcuno, ogni candela, ogni preghiera non rimedierà al fatto che l’unica cosa che ti resta è un vuoto dove una volta c’era quel qualcuno a cui tenevi.» tirò fuori quasi a fatica quelle parole, gesticolando. Si vedeva con che sforzo tentasse di trattenere il dolore dentro di sé. Di non lasciare che quel ghiaccio fuoriuscisse sotto forma di lingue di fuoco.

Lui abbassò lievemente lo sguardo.

Quanto aveva ragione.

Per quanta speranza aveva avuto e per tutti gli imperterriti tentativi che aveva fatto da vivo, ricordava perfettamente il vuoto della perdita di Isobel, prima, e di quella di Jenna, dopo.

Un dolore  vivo, bruciante, insopportabile. Eppure, lui incanalava il dolore ed il senso di perdita in ricerche, cercava di non sprofondare e farsi prendere dal vuoto, mentre Damon scatenava le pene sugli altri, trasformandole in ira.

Prima, almeno.

Per ora il vampiro si limitava a starsene lì nel cimitero, consapevole che le sue parole venivano accolte dal vento, mentre lui le ascoltava segretamente.

Damon abbassò lo sguardo. «E una pietra.» indicò la sua tomba con aria scocciata. Ingoiò un altro sorso, fece un respiro. «Con sopra incisa una data di nascita che sono certo sia sbagliata.» ironizzò, chiudendo per un secondo gli occhi e lasciandosi cadere di nuovo seduto sulla panchina grigia.

Anche lui non trattenne una mezza risata silenziosa.

«Perciò grazie tante, amico mio.» commentò, contrariato.

Si chiese per che apocalittico fatto lo incolpasse.

«Grazie per avermi lasciato qui a fare il babysitter. Perché a quest’ora me ne sarei dovuto essere andato da tempo

Eccolo, il motivo. La parola esatta sarebbe stata “Grazie per avermi lasciato solo”, ma nemmeno se avesse potuto parlargli l’avrebbe specificato.

«Non ho ottenuto la ragazza, ricordi?» illustrò, con una punta di malinconia, voltandosi nuovamente verso di lui.

Bevve ancora. «Sono solo bloccato qui a litigare con mio fratello e ad occuparmi dei bambini.» strascicò le parole, in un moto d’irritazione.

Fece per alzarsi.

«Sei in grosso debito con me.» chiarì infine, come se fosse di vitale importanza, e se ne andò.

Il fantasma di Alaric Saltzman osservò la figura del suo migliore amico allontanarsi, e scrollò le spalle.

Sapendo di non essere ascoltato – purtroppo, proprio quella volta che l’avrebbe detto davvero davanti a Damon – espresse tutta la sua tristezza – fatta dai ricordi di quei piccoli momenti, quegli insignificanti scambi di battute con dei bicchierini da liquore alla mano – in un’unica, sfuggente, frase.

«Mi manchi anche tu, amico.»



______

Spero vi sia piaciuta! *Q*
Un commentino? :3

Baci,

xAlly.

  
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