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Autore: DK in a Madow    20/10/2012    3 recensioni
Piccola non-sense ispirata dal fatto che ascolto tipo venti volte al giorno l'anteprima di Lazy Bones.
Non si attiene al titolo o tanto meno al testo, ma semplicemente è ricavata dalle emozioni che ha suscitato in me.
Trovare una piccola recensione fa sempre piacere. Ergo, se volete tipo prendermi a pietre virtuali, fatelo pure. ^^
Genere: Demenziale, Drammatico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Billie J. Armstrong
Note: Nonsense, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Lazy Bones


Te lo ricordi il giorno in cui ti hanno dato il permesso di volare?
Prendesti subito carta e penna e iniziasti a disegnare lo scheletro per le ali. Linee e linee d’inchiostro che andavano a sistemarsi ordinatamente sulle righe e oltre. Di tanto in tanto comparivano piccole nuvole nere, pesanti, di quelle che promettono temporali. Nuvole per nascondere gli errori, per cancellare le sviste. Piccole nuvole su cui atterrare nel caso il vento fosse diventato più forte. Nuvole per distendersi e non cadere sulla fredda roccia della terra.
Disegnasti centinaia di paia d’ali su altri cento fogli. Ali per volare sull’amore, altre per sfogare la rabbia e la frustrazione. Allora prendesti del legno, o forse una chitarra, e quelle ali di carta divennero elettricità e suono.
Luce e suono. I più veloci a viaggiare nel tempo e nello spazio.
Non avevi bisogno di piume, non avevi bisogno di ossa.
Luce e suono e il decollo era dolce e facile come addormentarsi.
Ti ritrovasti a galleggiare sotto il tetto del cielo senza nemmeno accorgertene. Non trovavi la differenza tra suonare e volare. Per te erano la medesima cosa.
Iniziasti a sorvolare le soffitte della tua città e i tetti dei grattacieli. Trovasti anime simili alle tue; alcune sono rimaste indietro, troppo attaccate al loro nido per seguirti, altre ti hanno seguito, senza chiederti dove stessi andando. L’hanno fatto per lo stesso amore che riempie il tuo cuore.
Amore per la musica.
Allora siete rimasti in tre, anzi quattro, a volare e un mondo intero a osservare il vostro volo.
Pochi hanno assistito al decollo, eppure chi non c’era sente di farne parte.

Però, forse, hai creduto più volte che da lassù il mondo facesse meno male, che stare più vicino a chi se n’è andato ti facesse sentire tranquillo. Che non avresti sofferto per chi se ne andava e che il tempo sarebbe trascorso più lentamente.
E invece no.
La verità è che il tempo non cambia dalla terra al cielo, ma solo spazio.
Un problema, visto da lassù, può sembrare più piccolo, ma c’è. Un po’ come quando t’infili una spina nelle dita. Non la vedi, ma il dolore lo senti comunque.
Ed è così che hai iniziato a perdere quota, a sentire il peso sotto le tue ali.
Cantare non bastava, né tanto meno scrivere. Il suono non era magari quello che volevi e la luce dei riflettori iniziava a diventare accecante.
Hai adottato la tecnica del silenzio e accettato le avance della depressione. Ci sei andato in giro bello e sorridente. Come se nulla fosse.
Hai preso a volare basso, tra le mura dei grattacieli e grattando i tetti delle case. Hai schivato all’ultimo istante la cima di un albero e il campanile di qualche chiesa.
Hai ceduto. Sei andato a schiantarti contro quei fili della luce dove a volte qualche rondine ci rimane secca. Hai rischiato di rimanere crocefisso su qualche palo della luce.
Era da vent’anni che volavi e non te ne sei nemmeno accorto. Hai sofferto per quel tempo passato in fretta cercando di trovare un perché a quel corpo e a quell’anima che non ne hanno risentito. Non riuscivi a trovare il perché di quella stanchezza e di quel dolore, quando poi eri sempre lo stesso.
È lì che il tuo canto di fenice è diventato un lamento di gufo.
Loro ti hanno ascoltato e ti hanno preso in tempo, a qualche metro da terra.
Ti hanno adagiato piano su quelle nuvole nere che avevi riempito con tanta cura per i momenti di debolezza, in cui avresti tremato di paura.
Ti hanno dato tempo e fiducia.
Sanno che tornerai con quel sorriso storto e gli occhi verdi di speranza.
Perché volare è il tuo mestiere, ormai, e chi ti guarda da quaggiù lo sa!
Perché, in fondo, ci hai insegnato a volare.
Perché, lo sappiamo, siamo parte dello stesso volo.




wat









Angolo della pazza/demente:
Holà, son tornata. Cioè, vi ho lasciato questa semi-cagata (togliamo anche il semi), in attesa che mi torni l'ispirazione per un nuovo racconto.
Credo si capisca il motivo che ha ispirato questa non-so-cosa.
Ad ogni modo, se volete lasciare una recensione anche per insultare, ne sarò felice.
Bye!
Franny
   
 
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