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Autore: FatherAndersonLover    20/10/2012    2 recensioni
Questa fanfiction è incentrata sul rapporto non ben chiaro tra Alexander Anderson ed Enrico Maxwell.In particolare,contiene i dubbi e le riflessioni di Padre Anderson a questo proposito.Spero vi sia gradito.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Alexander Andersen, Enrico Maxwell
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“La luna non è mai stata così luminosa…”.
 Vero. Quella notte, avvolgendo Città Del Vaticano come un giovane fa con la propria amante, esaltava ancor più la bellezza dell’astro d’argento.
 Padre Anderson, seduto a un angolo del grande letto matrimoniale, le mani adagiate in grembo, contemplava con tacito  affetto la figura dormiente del suo giovane discepolo. Quanto tempo era passato dall’ultima volta che gli aveva accarezzato i capelli? Quei bei capelli color platino…a guardarli bene, sembravano molto più lunghi ora che erano sciolti e sparsi in modo graziosamente disordinato sul morbido cuscino di raso rosso. Avrebbe voluto toccarli. Avrebbe voluto sfiorare il volto del giovane, vederlo sorridere come da tempo non faceva. Avrebbe voluto parlargli.
 Eppure sapeva che Maxwell sarebbe stato troppo occupato, o in ogni caso di cattivo umore, e si sarebbe rifiutato di sostenere una conversazione. Anderson sospirò, lasciando che un malinconico sorriso, appena accennato, attraversasse per un attimo il suo viso segnato da un’ennesima giornata di duro lavoro. E, sorridendo, si abbandonò per qualche istante a un ricordo della quale veridicità non  era certo: un Enrico Maxwell ancora infante, indifeso  e disperato, che piangeva tra le sue braccia.
 “Amo consolarti, te l’avevo mai detto?” sussurrò in maniera impercettibile, avvicinando il viso a quello del vescovo assopito.
 “Non svegliarti. Non voglio che quel tuo sonno così leggero rovini questo momento.” Mormorò, per poi sospirare nuovamente. “Lo sai, Maxwell? Credevo che ne sarei stato capace. Un tempo, io…avrei potuto nascondere il sentimento che mi consuma nei tuoi confronti dietro l’amore che un padre può provare per un figlio. Avrei potuto osservarti da lontano, stringere i denti, serrare i pugni, e andare avanti. Credevo che avrei potuto essere un attore più credibile.”
Si lasciò sfuggire un’amara risata.
“Ma ora…ora che non hai più bisogno di me…che farò?”.
Chiedersi cosa ne sarebbe stato di lui…Anderson aveva promesso a sé stesso di non porsi mai quella domanda. Eppure…eccolo lì, a contemplare l’oggetto delle uniche fantasie alle quali, di tanto in tanto, si era lasciato andare. “Oh, io sono davvero egoista, Maxwell. Desidererei con tutto me stesso che tu avessi ancora bisogno di me; vorrei davvero che, senza di me, tu non sapessi come andare avanti. Ma la verità è…” mosso da un improvviso coraggio, o semplicemente ormai incapace di contenersi come aveva fatto da quindic’anni a quella parte, il templare di Giuda allungò una mano a sfiorare amorevolmente il volto del giovane uomo sdraiato sul letto.
 “…è che ho bisogno di te più di quanto tu non ne abbia di me, ormai.” Sorrise, Anderson, consapevole di non poter più negare a sé stesso i propri sentimenti, e felice di non essere più costretto a farlo. “Sei quasi un uomo, ora. E malgrado tutto…sono del parere che sarai un grande uomo. Io ti sarò sempre affianco. Perché vedi…ho avuto l’onore di vederti sbocciare…senza mai poterti cogliere. Permetti che mi compiaccia nel vedere che il fiore che non ho potuto nascondere dalle intemperie della vita, ha spine tutte sue con le quali farsi strada. Buonanotte…Enrico…io…”
 Non completò quella frase. L’avrebbe fatto, se solo in quel momento il giovane uomo di chiesa non avesse aperto gli occhi, per poi guardare con muta sicurezza l’austera figura del prete. Aveva forse udito l’intero monologo? Non aveva importanza, Anderson pensò. I due si fissarono. Si fissarono senza dire una parola. Si fissarono finché Anderson non si alzò, dirigendosi con passo deciso verso l’uscita della camera da letto, pregando in cuor suo che l’oscurità nascondesse le lacrime che rigavano il suo viso. Fino a quando anche Maxwell, meno forte o semplicemente meno orgoglioso, non affondò il volto nel cuscino, lasciandosi andare ad un pianto disperato.
 “Anderson…” la voce di Enrico, rotta dalle lacrime, risuonò per i corridoi deserti dell’orfanotrofio. “Anderson!!!” Ma no, il prete non avrebbe risposto.
 “Un uomo, un uomo adulto e capace di camminare con le proprie gambe, non ha bisogno di essere consolato.” rimuginò. Chissà a chi dei due si riferiva…
  
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