Questa fanfiction è incentrata sul rapporto non ben chiaro tra Alexander Anderson ed Enrico Maxwell.In particolare,contiene i dubbi e le riflessioni di Padre Anderson a questo proposito.Spero vi sia gradito.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Alexander Andersen, Enrico Maxwell
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
“La luna non è mai stata così
luminosa…”.
Vero. Quella notte,
avvolgendo Città Del Vaticano come un giovane fa con la
propria amante,
esaltava ancor più la bellezza dell’astro
d’argento.
Padre
Anderson, seduto a un angolo del grande letto matrimoniale, le mani
adagiate in grembo, contemplava con tacito affetto la figura
dormiente
del suo giovane discepolo. Quanto tempo era passato
dall’ultima volta
che gli aveva accarezzato i capelli? Quei bei capelli color
platino…a
guardarli bene, sembravano molto più lunghi ora che erano
sciolti e
sparsi in modo graziosamente disordinato sul morbido cuscino di raso
rosso. Avrebbe voluto toccarli. Avrebbe voluto sfiorare il volto del
giovane, vederlo sorridere come da tempo non faceva. Avrebbe voluto
parlargli.
Eppure sapeva che Maxwell sarebbe stato troppo occupato,
o in ogni caso di cattivo umore, e si sarebbe rifiutato di sostenere
una conversazione. Anderson sospirò, lasciando che un
malinconico
sorriso, appena accennato, attraversasse per un attimo il suo viso
segnato da un’ennesima giornata di duro lavoro. E,
sorridendo, si
abbandonò per qualche istante a un ricordo della quale
veridicità non
era certo: un Enrico Maxwell ancora infante, indifeso e
disperato, che
piangeva tra le sue braccia.
“Amo consolarti, te l’avevo mai
detto?” sussurrò in maniera impercettibile,
avvicinando il viso a quello del vescovo assopito.
“Non
svegliarti. Non voglio che quel tuo sonno così leggero
rovini questo
momento.” Mormorò, per poi sospirare nuovamente.
“Lo sai, Maxwell?
Credevo che ne sarei stato capace. Un tempo, io…avrei potuto
nascondere
il sentimento che mi consuma nei tuoi confronti dietro
l’amore che un
padre può provare per un figlio. Avrei potuto osservarti da
lontano,
stringere i denti, serrare i pugni, e andare avanti. Credevo che avrei
potuto essere un attore più credibile.”
Si lasciò sfuggire un’amara risata.
“Ma ora…ora che non hai più bisogno di
me…che farò?”.
Chiedersi
cosa ne sarebbe stato di lui…Anderson aveva promesso a
sé stesso di non
porsi mai quella domanda. Eppure…eccolo lì, a
contemplare l’oggetto
delle uniche fantasie alle quali, di tanto in tanto, si era lasciato
andare. “Oh, io sono davvero egoista, Maxwell. Desidererei
con tutto me
stesso che tu avessi ancora bisogno di me; vorrei davvero che, senza di
me, tu non sapessi come andare avanti. Ma la verità
è…” mosso da un
improvviso coraggio, o semplicemente ormai incapace di contenersi come
aveva fatto da quindic’anni a quella parte, il templare di
Giuda
allungò una mano a sfiorare amorevolmente il volto del
giovane uomo
sdraiato sul letto.
“…è che ho bisogno di te
più di quanto tu non
ne abbia di me, ormai.” Sorrise, Anderson, consapevole di non
poter più
negare a sé stesso i propri sentimenti, e felice di non
essere più
costretto a farlo. “Sei quasi un uomo, ora. E malgrado
tutto…sono del
parere che sarai un grande uomo. Io ti sarò sempre affianco.
Perché
vedi…ho avuto l’onore di vederti
sbocciare…senza mai poterti cogliere.
Permetti che mi compiaccia nel vedere che il fiore che non ho potuto
nascondere dalle intemperie della vita, ha spine tutte sue con le quali
farsi strada.
Buonanotte…Enrico…io…”
Non completò quella frase.
L’avrebbe fatto, se solo in quel momento il giovane uomo di
chiesa non
avesse aperto gli occhi, per poi guardare con muta sicurezza
l’austera
figura del prete. Aveva forse udito l’intero monologo? Non
aveva
importanza, Anderson pensò. I due si fissarono. Si fissarono
senza dire
una parola. Si fissarono finché Anderson non si
alzò, dirigendosi con
passo deciso verso l’uscita della camera da letto, pregando
in cuor suo
che l’oscurità nascondesse le lacrime che rigavano
il suo viso. Fino a
quando anche Maxwell, meno forte o semplicemente meno orgoglioso, non
affondò il volto nel cuscino, lasciandosi andare ad un
pianto disperato.
“Anderson…”
la voce di Enrico, rotta dalle lacrime, risuonò per i
corridoi deserti
dell’orfanotrofio. “Anderson!!!” Ma no,
il prete non avrebbe risposto.
“Un
uomo, un uomo adulto e capace di camminare con le proprie gambe, non ha
bisogno di essere consolato.” rimuginò.
Chissà a chi dei due si
riferiva…