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Autore: MmeBovary    21/10/2012    0 recensioni
Remus abbassò la penna e sorrise, perdendosi nei ricordi. Se prima era in dubbio sull’avere o meno il diritto di scrivere ad Harry, adesso aveva almeno la certezza che lo scrivere fosse quanto di più catartico poteva fare. Rivangare i ricordi era doloroso, ma lo aiutava a capire quanto una volta avesse potuto essere felice.
La tristezza più dolce si gusta spremendo a piene mani i ricordi migliori.

Remus ha ricevuto la lettera con cui Silente gli propone di tornare a Hogwarts per insegnare Difesa Contro le Arti Oscure, ma non si sente pronto a rivedere quei luoghi, a incontrare il figlio di James, ad affrontare la vita vera. Allora parte e scrive un'altra lettera, a Harry, senza sapere se la spedirà mai, raccontandogli che cosa abbiano significato i suoi genitori per lui.
Poi un incontro con un oggetto del passato cambia il corso della sua vita…
(Questa storia ha partecipato al Concorso Memories Contest di FeltbeatsDirnt e Cabiria Minerva ed è arrivata terza.)
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Remus Lupin
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
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CAPITOLO 2 – Lost and Found.
 
 
 

29 Giugno 1993,
Uig, Skye Island, Scozia.
 

Caro Harry,
 
Tu ancora non mi conosci, ma io conosco te. Soprattutto, conoscevo tuo padre e tua madre. Il mio nome lo saprai, forse, presto, se ci incontreremo. Nota quel se che al momento sembra voler decidere del resto della mia vita.
Se accetterò la Cattedra che il professor Silente mi ha offerto come insegnante di Difesa Contro le Arti Oscure, allora presto tu saprai almeno il mio nome, Remus Lupin, sebbene non saprai in pieno cosa abbiano rappresentato i tuoi genitori nella mia vita, perché in tal caso straccerò queste poche righe. Non ho il coraggio di fare confessioni a chi so di dover guardare in viso. Ma se, come credo, rifiuterò il posto, allora di me, al contrario, non avrai che questa lettera.
Perché dovrei rifiutare? Perché sono così profondamente in dubbio? Perché non credo che riuscirei a guardarti negli occhi, anche se tu non leggessi mai questa lettera.
Te lo avranno detto un milione di volte da chi hai ereditato i tuoi occhi, ma io sono stato tra i primi a poterlo dire, vedendoti in fasce tra le braccia di tua madre, mentre i suoi occhi si riflettevano nei tuoi. E ora non so se sopporterei di trovarmi tanto vicino a quello sguardo, non di nuovo.
 
 
Remus abbassò la penna, fissando per un attimo il mare verdastro davanti a lui. Le onde si infrangevano fragorosamente sulle rocce dell’incontaminata spiaggia scozzese. Il canto del vento soffiava tra le formazioni rocciose coperte di muschio e felci che offrivano riparo all’uomo, e si mescolava al cantilenare delle donne che percorrevano l’unica strada asfaltata della zona per andare a vendere il pesce agli uomini del mercato di Portree.
In quella pacifica e isolata località del Trotternish Lupin si stava abbandonando ad un groviglio di emozioni diverse. Era scappato, fuggito dall’Inghilterra, da Hogwarts, dal mondo magico, dai gufi di Silente (sebbene alcuni sembrassero non temere la distanza da percorrere), dal dubbio che lo lacerava: era in grado di tornare nella sua vecchia scuola? Ma, soprattutto, era in grado di essere ancora una persona felice come lo era stato una volta tra quelle mura? Il suo timore era che forse tornare gli avrebbe causato solo dolore, dimostrandogli per sempre la propria definitiva incapacità di essere ancora un uomo sereno.
Riprese in mano la piuma e la intinse nella boccetta d’inchiostro nero che traballava tra una manciata di ciottoli e una pianta di erica secca.
 
 
Non è colpa tua, Harry, non è colpa tua se mi ricordi un passato troppo doloroso per poterlo accettare. Non è colpa tua se dubito di avere le forze di salire sull’Espresso e ricominciare a vivere senza nascondermi dalla vita.
Ma voglio scriverti comunque perché del gruppo che io, tuo padre e altri formavamo a Hogwarts non sono rimasto praticamente che io e credo sia compito mio dirti quello che nessun altro potrebbe dirti.
Devi essere fiero di chi sei, Harry, fiero delle persone che ti hanno dato la vita, perché erano le persone più vere e meravigliose che io abbia mai avuto l’onore di conoscere.
C’è una cosa che non potrai sapere di me se verrò ad insegnare. Io sono qualcuno qualcosa che nel tuo libro di Difesa Contro le Arti Oscure viene classificato come una creatura pericolosa e incontrollabile: io, mio caro Harry, sono purtroppo un licantropo ormai da molti anni. Tante volte sono stato in dubbio se non preferite la morte a questa vita…
Ora lo sai anche tu, ma tuo padre lo ha saputo prima di te e non ha mai pensato per questo che io fossi un mostro. Tuo padre era un grand’uomo… Ma non era perfetto, Harry. Non fare l’errore di idolatrarlo: è facile cedere alla tentazione di cesellare con la fantasia i dettagli grandiosi di un quadro che non hai mai potuto osservare abbastanza a lungo. Non farti neanche influenzare negativamente da chi non conosceva che una parte di lui…
 
La penna scivolò dalle dita tremanti di Remus. Scrivere di James non era facile, ma voleva farlo da mesi. Da quando Silente gli aveva offerto la possibilità di tornare dove tutto era cominciato e di incontrare Harry, Lupin si era ripromesso di dire al ragazzo chi fosse non appena lo avesse visto. Poi erano iniziati i dubbi.
Come avrebbe reagito Harry sapendo che era stato amico di James? Si sarebbe chiesto perché se erano tanto legati Lupin non era stato in grado di fare niente per salvare lui e Lily. Forse lo avrebbe detestato perché lui aveva avuto tanti anni accanto ai Potter, mentre Harry, che meritava molto più di un povero mannaro come lui, non ne aveva avuto quasi nessuno.
Remus temeva che Harry lo odiasse per quello che lui rappresentava – un fossile inutile riesumato dal passato per rendere ancora più viva e bruciante la ferita aperta della sua perdita incolmabile.
 
 
 

~***~
 

Avvolto da una leggera fragranza di salmastro, felci e terra umida, Remus Lupin vagava a piedi scalzi lungo la verde costa frastagliata del Trotternish. Nella borsa a tracolla sciaguattava l’inchiostro ancora da usare per una lettera non finita.
L’aria fresca dell’estate scozzese si faceva strada nel corpo debilitato del licantropo che già cominciava a risentire degli influssi dell’incombente plenilunio.
Con poche falcate l’uomo raggiunse il centro abitato di Uig, dove gli anziani del paese, rientrati dalla pesca, sedevano all’unico bar, bevendo whisky e fissando quello sconosciuto dall’aria stanca.
All’ombra di un pino marittimo rattrappito dal vento e dalle intemperie, un commerciante di cianfrusaglie varie aveva messo in mostra la propria merce. Remus vi gettò un’occhiata distratta, prima di sedersi su una pietra, condividendo l’ombra di quella stessa pianta.
Riprese a scrivere.
 
Purtroppo, Harry, non avrai mai altri ricordi dei tuoi genitori se non quelli sepolti nella tua memoria perduta di bambino. Io, invece, ricordo gli sguardi che tua madre ti regalava, rimboccandoti le copertine e ricordo la scintilla che si accese negli occhi di James il giorno in cui divenne padre. Ricordo il tuo primo Halloween, esattamente un anno prima della tragedia che ha segnato la vita di tutti noi. Lily avrebbe voluto vestirti da maghetto, e ti aveva persino comprato un piccolo costume da neonato in un negozio babbano.
James insisteva “Quello non può essere considerato un costume! Lui è un mago, Lily!”
Alla fine giunsero ad una sorta di compromesso (ma, secondo me, Lily volle darla vinta a quel testone di suo marito, una volta tanto) e invece che da maghetto ti vestirono da Boccino. Ah, vorrei che almeno una delle foto di quel giorno fosse stata risparmiata dall’esplosione che ha distrutto la tua cameretta e la tua vita. Ricordo le foto che avevamo scattato di te addobbato con quello scintillante costume dorato imbottito di gomma piuma e con tanto di alette svolazzanti, tondetto e adorabile come solo un bambino di tre mesi poteva essere.
(Ma forse, tu preferiresti che certe foto non facessero, il giro di Hogwarts!)
Tua madre ne teneva alcune in una valigia, la prima valigia che aveva riempito delle sue cose quando si era trasferita a Hogwarts ad undici anni e che poi aveva preso ad usare come “scrigno dei tesori più cari”. Purtroppo quella valigia, come tante altre cose, si è persa nei mesi seguenti all’incidente, quando la gente avrebbe venduto la propria madre ad un troll pur di poter mettere le mani su qualcosa che era appartenuto ai fantomatici Potter. Tanto fu rubato e tanto rivenduto, passato, di mano in mano, fino ad essere perduto.
Sono convinto che Silente abbia fatto la scelta giusta mandandoti a vivere tra i babbani, Harry, credimi, anche se tua zia Petunia è una bisbetica e acida donnaccia che non si classifica proprio tra le mie persone preferite, siamo chiari. Se tu fossi rimasto sotto i riflettori del mondo magico, chissà cosa non avrebbe fatto la gente pur di avere un pezzo del proprio idolo e salvatore. Magari ti avremmo perso come abbiamo perso quella valigia.
Non ho foto di te vestito da Boccino, quindi, e forse, se non accetto la cattedra, non ti vedrò nemmeno in versione tredicenne forte, sveglio e generoso, come Silente mi dice che tu sia, ma questo non mi impedisce di volerti bene, Harry, come ne volevo a tuo padre…
 
 
Remus abbassò la penna e sorrise, perdendosi nei ricordi. Se prima era in dubbio sull’avere o meno il diritto di scrivere ad Harry, adesso aveva almeno la certezza che lo scrivere fosse quanto di più catartico poteva fare. Rivangare i ricordi era doloroso, ma lo aiutava a capire quanto una volta avesse potuto essere felice.
La tristezza più dolce si gusta spremendo a piene mani i ricordi migliori.
Una volta la vera amicizia aveva aiutato Remus a dimenticare il dolore della solitudine che si era imposto per non costringere nessuno a dover condividere le pene della sua mostruosa esistenza da licantropo. Ricordare quei tempi passati aveva un gusto agrodolce, ma non spiacevole.
E poi non voleva perdere anche lui i pochi ricordi che il tempo non aveva ancora intaccato.
Prima di riprendere a scrivere, intinse la penna e lanciò, intanto, un’occhiata distratta agli oggetti che il venditore ambulante aveva disposto su di un telo piuttosto lurido: una vecchia macchina fotografica babbana un po’ sporca, delle stampe, dei bicchierini per lo Sherry spaiati, delle figurine in porcellana, una valigia un po’ logora, dei vestiti usati risalenti al secolo precedente, e…
Un momento.
Remus si immobilizzò, tornando a guardare quella valigia.
Gli ricordava stranamente… No… Non poteva essere.
“A chi apparteneva quella?” – chiese al venditore, indicando il vecchio bagaglio consunto.
L’uomo strizzò gli occhietti chiari, grattandosi la barba incolta, come se stesse cercando di ricordare qualcosa di molto complicato.
“Dunque, io l’ho avuta dal vecchio McLowful, che l’aveva avuto da un tale Beongulf, che, credo, ne fosse venuto in possesso in un’asta fallimentare di un collezionista inglese, che, mi pare, avesse acquistato questo pezzo da un certo Mundungus o qualcosa del genere…”
Una lunga strisciata di inchiostro nero si disegnò sulla lettera, laddove Remus aveva abbandonato la penna intinta di nero per buttarsi in ginocchio accanto alla valigia.
“Credo di sapere a chi appartenesse.”
La aprì, sotto lo sguardo curioso del venditore, slacciando le vecchie cinghie in cuoio scuro che la tenevano unita.
L’interno era vuoto, come temeva, ma in un angolo poteva ancora leggere l’etichetta attaccata alla fodera chiara:
Lily Evans.
 

~***~


 
Remus Lupin accarezzava con mani tremanti una valigia piena non di oggetti, ma di ricordi.
Il venditore ambulante scozzese, continuava a guardare quell’uomo dall’aria un po’ suonata, non sapendo cosa aspettarsi da uno che sembrava sul punto si piangere per una cianfrusaglia polverosa.
“Sa… cosa ne è stato del contenuto?” – chiese Remus, titubante. Le speranze di recuperare una delle foto che Lily teneva in quella valigia era quasi nulle, ma tanto valeva chiedere.
“Io l’ho avuta così. E se era sua, io non rubo niente. Mi è stata venduta e non sono responsabile di chi…”
“Tranquillo, non era mia, non si preoccupi. Era di una cara amica. Sarei interessato ad acquistarla.”
“Posso dargliela per 15 sterline.”
Lupin estrasse i soldi dalla tasca e una monetina gli scivolò di mano, andando a ficcarsi in uno strappo della tela che rivestiva l’interno della valigia.
“Ok, 13 sterline se non mi costringe a riparare quello strappo prima di vendergliela.” – contrattò lo scozzese, pensando che l’uomo avrebbe fatto storie.
“Non, si preoccupi, mi piace anche per i suoi difetti.” – lo rassicurò Lupin con un sorriso stanco, mentre infilava due dita nello squarcio per recuperare la monetina.
Il suo indice strusciò contro qualcosa di sottile. Sottile come carta fotografica.
Il suo cuore di lupo accelerò il battito.
Allargò le dita per aumentare lo strappo e ne tirò fuori metà di una foto.
“Ah, ma guardi! Beh, se vuole anche quella, allora fanno almeno 16 sterline, eh!”
Remus a malapena sentì il venditore che tentava di contrattare. Il suo corpo era paralizzato nello sforzo di non stramazzare a terra per quell’incredibile e imprevedibile colpo gobbo giocatogli dal fato.
Aveva in mano una foto da cui un se stesso più giovane gli regalava uno sguardo limpido e senza preoccupazioni, tenendo in braccio un piccolo fagottino dorato su cui James aggiustava due alette svolazzanti. Era forse l’unica foto rimasta di quell’Halloween, sebbene fosse solo una delle dozzine che Lily aveva scattato del suo pargoletto.
Era stata per metà bruciata, probabilmente dodici anni prima dall’esplosione dell’anatema che uccide, ma Remus e Harry erano ancora visibili, così come il braccio di James e, talvolta, la sua faccia, se si sporgeva per dare un bacio sulla fronte, ancora immacolata, di suo figlio.
Lupin porse al venditore un fagotto di soldi. Non li contò nemmeno, non gli importava se fossero 16 o 60 sterline, non gli importava nulla, se non di aver trovato un ricordo felice che rischiarasse il buio della sua esistenza attuale e forse un segno del cielo che risolvesse i suoi dubbi.
Due ore dopo, Remus era in viaggio per l’Inghilterra, stringendo una vecchia valigia consunta che aveva tutta l’intenzione di far salire sull’Espresso di Hogwarts.
La lettera per Harry che non aveva mai finito giaceva dove era stata scagliata, in fondo al mare della Scozia.
Non avrebbe scritto a Harry, lo avrebbe guardato in faccia poche settimane più tardi.
Pochi giorni dopo Silente, infatti, ricevette un gufo con un’altra lettera che ormai non si aspettava quasi più di vedere.
 
Forse siamo pazzi tutti e due a credere che un lupo mannaro possa insegnare Difesa contro le Arti Oscure ad un mare di ragazzi, ma ormai ho risolto i miei dubbi. Voglio tornare ad Hogwarts. Voglio incontrare Harry. Voglio quel posto, per poter tornare a vivere.
R.L.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
  
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