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Autore: maciron    21/10/2012    0 recensioni
Roma 2163.
Accade tutto in un’epica notte.
Julien è un Tecnoras. Francesca un’Animat. Le loro classi di appartenenza si odiano, loro si amano.
Mac Iron è il Presidente del Governo Unico Mondiale, sta arrivando nell’Antica Capitale. Un rito segreto si svolgerà quella notte nel Colosseo. Le Sette Antiche dominano il Mondo.
L’Errante viene rapito con tutto il Progetto Ipertron, di fondamentale importanza per la sopravvivenza umana.
Un’umanità dolente, un feroce assassino. Tutto s’intreccia verso un’indimenticabile Ultimo Primo Giorno.
Genere: Drammatico, Science-fiction, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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IPERTRON
di
Nicola Fierro
 
 
MODULO ZERO
   - L’ULTIMO PRIMO GIORNO -
(IMMORAL AD VITAM)
 
 
 
 
 
 
CAPITOLO UNO
 
 
 
Ore 3.00 NOTTE PRIMA DELL’ULTIMO PRIMO GIORNO
ROMA CENTRO 2163 D.C.
 
La mano dell’Omino accarezza Democrazia.
Gli dà un senso di sicurezza. Quella sicurezza che lui alto solo 1,63 m non ha mai avuto. A completare il quadro: pancetta, stempiato, spalle curve… molto timido… in una parola: debole!
Democrazia… Ah, Democrazia… Grazie a te l’altezza e la forza fisica non contano più niente!
L’Omino guarda per terra. Il sangue vuole sporcargli le scarpe. Non sia mai. La pulizia è l’unico suo pregio.
Toglie il piede appena in tempo.
Guarda l’uomo colpito due volte al petto e una alla testa. Che ti è servito essere 1,86 m più il tuo potenziamento muscolare contro Democrazia?!
Inutile Tecnoras morto!
 
L’Omino ripone Democrazia nel fodero.
Poggia sul tavolo basso della lussuosissima suite dell’albergo, con vista Fontana di Trevi, una valigetta di plasticuoio. Si guarda soddisfatto. Non è stato difficile disattivare la sorveglianza elettronica e aspettare la sua vittima nella stanza… freddarlo mentre si stava spogliando per andare a nanna. Il vantaggio di essere piccolo. Nell’armadio ci stava comodissimo. Dormi ora bello…
Apre la valigetta. Tira fuori la sonda cerebrale. Guarda il cranio dell’uomo morto ai suoi piedi. Perfetto! La sua mira è infallibile: ha colpito esattamente la parte destra del lobo frontale lasciando intatta quella sinistra dove si trova l’innesto del chip cerebrale. Sono anni che fa quel lavoro, prima sparava evitando la testa e poi doveva perdere un sacco di tempo e rumore con la sega circolare. Ora, invece, con questa sua nuova tecnica, è il proiettile che crea già l’ingresso per lo strumento. Risparmio di tempo e fatica.
Sì, in effetti, l’organizzazione è un altro pregio dell’Omino. 
 
Scavare nel cervello con la sonda è questione di un attimo. Eccola là, la scheda d’interfaccia cerebrale. Ok estraiamola… i tessuti bio-neurali si strappano facilmente anche se con un certo disgusto.
Maledetti Tecnoras e la loro Bio-Ingegneria.
L’Omino prende il chip. Pulisce e lo inserisce nel suo computerino. Sorride un attimo.
Usa il comando vocale.
«Aprire file Procedura Risolutiva»
Non sorride più.
 
 
 
 
 
 
DA QUALCHE PARTE NEL CIELO
 
L’Aereo Presidenziale violenta le nuvole con un rombo feroce.
Il Premier del Governo Unico Mondiale, Nicholas Mac Iron, apre gli occhi azzurri.
È un quarantacinquenne scattante, giovane rampante deciso, non si fa piegare dal peso del Mondo.
 
«Ben svegliato, signore.» È Sophie, sua assistente personale. Molto carina: ovviamente segretamente innamorata del Presidente… chi sa se per il potere o perché Mac Iron è comunque un bell’uomo.
«Perché non dorme un altro po’?… Mancano ancora tre ore prima di arrivare a Roma…» dolcissima.
«Grazie, Sophie…» guardando l’orologio «Ma non credo che potrò dormire più per le prossime quarantotto ore… Mi chiami Anthony Bradford, per favore…»
«Sì, subito» lasciando lo scompartimento Presidenziale.
Bellissime gambe. Mac Iron è sfiorato da un pensiero piacevole. Poi guarda fuori il finestrino dell’aereo.
La Luna non mostra la sua faccia nascosta.
 
«Eccomi, signore» entrando e chiudendo la porta dello scompartimento Presidenziale. Nessuno ora può sentirli o aver piazzato dei microfoni nascosti lì dentro.
Anthony Bradford, mezz’età, una bella pancia ed un viso simpatico. Amico fin dall’infanzia di Mac Iron, l’aveva seguito passo dopo passo nella sua ascesa. Usava il “signore” in pubblico o per prendere in giro, raramente, l’amico.
«Stavi dormendo?»
«No, Nick non riesco a farlo più ormai… ma tu come fai?»
«Chiudo gli occhi»
Un po’ di silenzio.
 
«Allora?» chiede il Presidente.
«Sì… Gli stabilimenti in Giappone sono pronti… ma Himura dice che non possono partire con la produzione se non c’è copertura finanziaria…»
«Per questo stiamo andando a Roma… A proposito, Anthony, sono pronte tutte le carte per il trasferimento del patrimonio degli “amici” nell’unico conto? Ci servirà per il Progetto Ipertron…»
«Sì, sono pronte…»
«Con tutte le clausole che ti ho detto?» chiede il Mac Iron, conoscendo l’eccessiva prudenza dell’amico.
«Sì, sì, Nicholas, con quello che mi avevi detto… ma…» Anthony tentenna, riflettendo su come comunicarglielo. È sempre uno dei Padroni del Mondo, dopotutto.
«Ma?»
«Uff… Insomma, perché dovrebbero firmare?… Gli stai chiedendo di consegnarti tutti i loro soldi…»
«Certo sarebbero proprio dei Fratelli se firmassero, vero?» con un sorriso politico.
«Ma chi sono questi amici, Nick? Si tratta di una quantità enorme di risorse da trovare…»
«Non preoccuparti di questo, Anthony… Ma c’è altro?» intuendo qualcosa.
«Sì, un'altra cosa.» Ahia! Una gocciolina di sudore freddo scende lungo la schiena di Bradford.
«L’Errante è sparito!»
 
 
 
ROMA PERIFERIA
 
Bellissima.
Un fascino particolarissimo: un’italiana bionda e con occhi verdi. Corpo stupendo. Nuda risplende di luce propria.
Julien la guarda. Ora può anche morire, pensa.
Lei sorride. Si accosta a lui. Lo guarda dritto negli occhi neri. Gli passa una mano tra i capelli e con l’altra scivola lentamente giù.
Julien si ricorda di quanto è stato bello l’ultima volta con lei.
E stanotte ci sono tutte le premesse per migliorare.
«Ti amo» gli dice Francesca.
La solita Animat che deve rovinare tutto con i sentimenti!
Julien si ritrae un po’.
«Lo sai che io…»
«Sssst, non parlare» dandogli un lungo intenso bacio.
Lo spinge sul letto del suo piccolo, disordinato monolocale.
Julien inizia a spogliarsi.
Lei sorride e lo raggiunge in piedi sul letto, sovrastando il “poverino” sdraiato con la sua altezza di 1,76 m.
È troppo, Julien perde anche gli ultimi freni inibitori e la attira a sé.
La brezza fresca della notte primaverile accompagna i movimenti dei due amanti.
La Luna, compiaciuta, sbircia dalla finestra.
L’impulso neurale nel cervello di Julien spezza l’incantesimo.
«Francesca fermati, fermati per favore» portandosi le mani alla testa.
«Che succede?» preoccupata.
«Un avviso di chiamata urgente sul mio chip cerebrale… devo rispondere… scusami…»
«Ma che cazzo… voi Tecnoras siete veramente impossibili!» alzandosi di scatto giustamente stizzita.
 
«Cosa vuoi Mark?» dice Julien parlando al suo cervello.
«Ho provato a chiamarti normalmente sul braccialetto ma lo hai spento» gli risponde l’amico dall’altra parte del cervello e di Roma.
«C’era un ottimo motivo, sai?»
«Dovrà aspettare… Rivestiti perchè passo a prenderti tra cinque minuti.»
«Sai dove sono?» stupito.
«Credo proprio di sì… Muoviti chè sto arrivando.»
 
Francesca si riveste. Guarda Julien che ha finito la cerebrotelefonata.
«Allora?»
«Era Mark… Devo andare… Sta venendo a prendermi… Ma quante persone sanno di noi?»
«Beh una Animat e un Tecnoras che si vedono, perché noi ci vediamo soltanto, è una storia che non può rimanere segreta per molto a quanto pare…»
«Siamo un po’ come Romeo e Giulietta» dice Julien non perdendo il buonumore.
«Speriamo di non fare la stessa fine» risponde tristemente Francesca.
Julien si alza e la stringe tra le sue possenti braccia.
«Ehi ehi, dov’è finito il vostro Pensiero Positivo, la tranquillità dello Spirito, la Natura?… Lascia fare a noi Tecnoras i razionali, i pessimisti…»
Francesca lo bacia.
Julien la fissa negli occhi.
«Sai io credo di provare qualcosa per te…» accendendole gli occhi verdi.
«Oh Julien, forse è questo il motivo per cui il tuo Gruppo d’Appartenenza ci odia tanto.»
«Ehi, noi non odiamo nessuno ma siete voi con le vostre stupide idee delle Emozioni, del Pensiero Positivo, dei malsani sentimentalismi che avete fatto crollare il Mondo e…»
«Basta idiota! Vattene via! Vai con i tuoi cyber-deficienti tutti muscoli impiantati… Noi seguiamo la Via del Potenziamento con le nostre forze non come voi…»
«Che vuoi dire, che la nostra Bioingegneria si è creata da sola?! È tutto frutto dell’Intelletto umano, della logica, della razionalità!»
«Se è logico ricevere una chiamata nel cervello mentre stai scopando fai tu…!!»
 
Julien si riveste cercando i suoi abiti in quella stretta stanza affogata di stupidaggini femminili.
Nervoso non riesce a infilarsi bene i pantaloni lamellari e scivola su se stesso.
Francesca e la Luna ridono di gusto.
«Sei proprio imbranato…» lo guarda innamorata.
La furia di Julien si dissolve e la bacia.
 
 
 
AEREO PRESIDENZIALE
 
Mantenere il controllo. Stare calmo. Nicholas Mac Iron fissa gelidamente il suo amico. Fa un lungo respiro.
«E che cosa stavi aspettando a dirmelo?»
«No… è che… Anch’io, Nick, l’ho saputo solo dieci minuti fa da Himura… Sul posto ci sono già gli uomini del Servizio Segreto del Distaccamento Asiatico… Volevo avere più notizie…»
«Anthony lo sai che l’unico modo per governare è avere le notizie prima degli altri, cazzo! Come credi che abbia fatto a diventare il più giovane leader Mondiale, già al secondo mandato… Controllo! Informazione!! Rapidità!!»
«Sì… scusami»
«Comunque, che significa che l’Errante è sparito? È stato rapito? La scorta che faceva, dormiva?»
«Mmm… In un certo senso sì… Cioè si sono introdotti nell’appartamento dell’Errante vicino agli stabilimenti di produzione degli Ipertron e hanno narcotizzato tutti… Hanno usato dei dardi… Non so dirti di più…»
«Non hanno ucciso nessuno?»
«No, a quanto pare no.»
«Questi sono Animat allora.»
«Sì è probabile…»
«Trovate e fate parlare il capo regionale degli Animat…»
«Sì certo…» alzandosi.
«Di a Himura di verificare se è tutto a posto per gli Ipertron.»
«Perché credi…?»
«Non credo niente, ragiono… È stato l’Errante a fornirci il progetto Ipertron ed ora è sparito… Controllate tutto lì in Giappone e fate in fretta.»
«Ok, vado a dare disposizioni» aprendo la porta.
«Ah Antony, inutile dire che voglio essere informato su ogni minimo dettaglio» gli dice Mac Iron, ritornando al suo solito distacco.
«Sì, certo» annuisce Bradford uscendo e lasciando la porta aperta per far entrare Sophie.
«Signore…? Posso?» timidamente.
«Vieni Sophie, vieni… Che altro è successo?»
«No, niente, solo che l’amministrazione europea ha protestato per questa visita improvvisa, visto che la sede di turno del Governo Mondiale è a Mosca per questi sei mesi dell’anno… e lì a Roma non hanno preparato niente…»
«Sophie! Andiamo in “incognito”, se così si può dire… Non voglio nessun cerimoniale… Cazzo, come Premier Mondiale avrò pure il potere di spostarmi quando e come voglio… anzi, non mi prenda nessun appuntamento con gli amministratori locali… Non voglio sapere niente dei loro problemi… andiamo direttamente nella nostra sede e basta… A proposito, ora dove l’hanno messa?»
«Può decidere tra la sede sull’Aventino oppure il palazzo sui Fori Imperiali vicino al Colosseo… se non vuole andare nei palazzi di governo locali…»
«Vicino al Colosseo è perfetto! Ovviamente c’è anche lì il bunker di sicurezza standard?»
«Sì, certo…»
«Non si sa mai… La giornata è già iniziata male. Ok Sophie, può andare… Ah, mi attivi la linea personale criptata, devo fare una chiamata.»
«Sì Presidente» uscendo e chiudendo la porta.
 
Mac Iron si lascia andare sulla poltrona sbuffando. Guarda fuori dal finestrino. Si vede qualche stella in lontananza. Abbassa la tendina di plastica e compone un numero.
 
 
 
HOTEL “ FONTANA DI TREVI”
 
Usando il suo computerino l’Omino sta facendo una videochiamata. Questo fa di lui un grande professionista. Chiama direttamente dal luogo dell’omicidio. Attento sempre a non sporcarsi i piedi mostra il suo “lavoro”. Tranquillo che nessuno lo disturberà prima di domattina.
Dall’altra parte del monitor vi è un uomo che indossa una Maschera d’Oro con la voce camuffata elettronicamente.
«Ecco come vede, Gran Maestro, questo era il capo europeo dei Tecnoras… Gli ho aperto la testa e ho analizzato il chip cerebrale per trovare informazioni sulla “Procedura Risolutiva” come mi ha ordinato… ma è un file vuoto o meglio è linkato con chi si fa chiamare “Capo Segreto dei Tecnoras” che, evidentemente, deve ancora mettere dentro le istruzioni su questa Procedura… Se vuole posso provare a rintracciare questo Capo Segreto…»
«Il Capo Segreto dei Tecnoras… No, mio buon Fratello, lascia stare… Ci abbiamo provato tante volte e non ci siamo riusciti mai… Sono anni che cerchiamo di scoprire la sua identità…»
«Certo che si è scelto un nome banale, se mi permette un parere, mio signore…»
«Ma vedi… non nell’ottica Tecnoras… alla fine è il loro Capo… ed è Segreto… quindi Capo Segreto dei Tecnoras… lineare e semplice come piace a loro…»
«È sempre illuminante, mio Maestro.»
«Certo che è seccante… Dobbiamo trovare un modo per sapere che cos’è questa “Procedura Risolutiva”… per sapere cosa stanno tramando…» immergendosi nei suoi pensieri.
«Mio signore… lei crede che i Tecnoras possano danneggiarci? Non sono in guerra con il Gruppo di Appartenenza degli Animat? Che c’entriamo noi?!»
«Fratello!» fissandolo malvagiamente attraverso la Maschera «Noi ci siamo sempre stati! Abbiamo sempre deciso quello che accade nel mondo! Certo, prima eravamo divisi: varie nazioni implicavano varie organizzazioni, varie famiglie, varie sette… ora con il Mondo Unito ci siamo unificati anche noi… Noi abbiamo fatto, facciamo e faremo sempre la Storia, Fratello!»
«Sì, sì, non volevo…» interrompendo il Gran Maestro che continua incurante.
«Ma per fare la Storia bisogna conoscere perfettamente il Presente, non credi? Noi dobbiamo scoprire se i Tecnoras stanno progettando di spazzar via gli Animat o se c’è dell’altro che bolle in pentola…»
«Sì, mio Maestro» annuisce mesto l’Omino.
«L’odio tra i due Gruppi è cresciuto esponenzialmente negli ultimi anni, di pari passo con l’estendersi della Crisi… Hanno opposte soluzioni… e concezioni della vita…» prosegue il Gran Maestro.
«Mi scusi, signore… Ma se i Tecnoras spazzano via gli Animat, non è un bene per noi signore? Loro ci considerano come il Male Assoluto… Alla fine i Tecnoras sono il pragmatismo per definizione, non hanno mai creato particolari problemi ai nostri affari… almeno per quanto ne so.»
«Sì, questo è vero… Però gli Uomini, i Tecnoras e gli Animat hanno trovato un equilibrio negli ultimi venti anni… e noi siamo per l’equilibrio… Noi decidiamo cosa si può fare e cosa non si può fare nel Mondo, non queste due elite di “superuomini” sempre alla ricerca della loro stupida Via del Potenziamento…»
«Sì, mio signore, Sette Antiche Imperat!»
«Così è stato, cosi è e così sarà!!» rispondendo al motto iniziato dall’Omino.
 
Dopo qualche attimo di autocompiacimento per la loro millenaria capacità di calpestare il pianeta, la voce del Gran Maestro risuona dal moderno monitor nella suite dell’antica Roma del 2163.
«Cosa conti di fare, ora? Nelle memorie dei Tecnoras non troverai mai niente…»
«No mio signore, forse però posso farli parlare… Magari qualcuno di loro sa qualcosa…»
«Inutile, i Tecnoras riescono a resistere alla tortura, il loro chip cerebrale disattiva il dolore dopo una certa soglia…»
«Magari torturando qualche loro caro anziché loro?» insiste l’Omino.
«Non provano sentimenti per nessuno… sono quasi delle macchine…»
«Forse, mio Maestro, conosco qui a Roma un Tecnoras che prova dei sentimenti per un’Animat… Se così non fosse non continuerebbe una relazione così pericolosa…»
«Un Tecnoras che ha ancora forte in sé il suo lato umano… Molto raro ma non impossibile… Mi compiaccio, Fratello…» sorridendo dietro la sua Maschera D’Oro.
«Ho il suo permesso, mio signore?»
«Certo, trova quelle informazioni a qualsiasi costo e nel più breve tempo possibile!»
«Il suo volere è il mio piacere.»
 
 
 
DAVANTI CASA DI FRANCESCA
 
Julien è sul marciapiede, davanti al Multiblocco #29 dove abita Francesca, aspettando Mark.
Una topaia di 2800 cellette, ciascuna di 30 metri quadri che trabocca di gente… e non ci sono solo prostitute, tossici e assassini ma un sacco di brava gente che con la Crisi sono costretti a stiparsi come sardine.
Che schifo… e tutti i sacrifici per colonizzare Marte non sono serviti a un cazzo.
Accendendosi una sigaretta.
Il Governo Unico Mondiale non sa come far sopravvivere trenta miliardi di persone sulla Terra e anche i cinque sul pianeta rosso non se la passano bene. E per fortuna ci sono state la Terza Guerra Mondiale e la Grande Epidemia. Anche se hanno rallentato di molto il progresso tecnologico hanno comunque ridotto l’Umanità… Ma ormai è passato mezzo secolo… di pace e tranquillità e scarsità di risorse.
L’Umanità è alla frutta.
Anche i Tecnoras, con tutti i loro migliori ingegneri del mondo hanno fallito. La velocità della luce non può essere superata. La possibilità di colonizzare nuovi mondi, ad eccezione della Luna e di Marte, è svanita da più di venti anni. Le distanze spaziali sono insuperabili. Abbiamo un solo Pianeta. Siamo destinati a crepare così… le politiche ambientali globali sono arrivate troppo tardi. La Terra è stata ferita a morte. Ora si vive l’agonia, un po’ come cazzo si vuole… A nessuno importa più niente di niente… Ognuno trova qualcosa a cui aggrapparsi… I Tecnoras alla Bioingegneria… gli Animat alle Emozioni… gli uomini normali alle loro solite cose.
Peccato, un vero peccato… Ora che con la Via del Potenziamento si possono creare “superuomini”… Ma forse è meglio così, visto che già gli “uomini” normali hanno creato dei “supercasini”.
 
La sgommata della potente auto di Mark distoglie Julien dai suoi pensieri.
«Sali» abbassando il finestrino.
Julien apre lo sportello e si accomoda sul lussuoso sedile del passeggero.
Mark riparte lasciandosi dietro quell’alveare puzzolente di sudore umano.
Non una parola tra i due.
Julien nota il display di bordo che indica come meta finale la vecchia stazione Tiburtina, in una zona semicentrale degradata da tempo.
Mark è impassibile, chiuso nel suo pizzetto. Imbocca una vecchia sopraelevata semideserta che lo porterà in cinque minuti a destinazione.
Julien rompe il silenzio.
«Senti, lo so che vuoi dirmi… siamo di due Gruppi di Appartenenza diversi: Francesca è un’Animat, io Tecnoras! Non può funzionare!! Lo so, lo so… Comunque lei non ha mai preso parte a degli scontri con noi…»
Mark lo fissa negli occhi da dietro i suoi occhiali a specchio rosso fuoco, con visione notturna incorporata.
«Va bene, va bene, prima o poi capiterà… Ma io che posso farci?! Mi piace stare con lei…»
Mark ritorna a fissare la strada superando un’altra auto a 189kmh.
«Uffa Mark! Sei impossibile stasera! Di’ qualcosa!» sbotta Julien.
«Hai sentito al notiziario di quella madre e figlia stuprate da quei maledetti balordi?» gli risponde l’amico.
«Ieri sera… sì…»
«Non solo le hanno stuprate… Erano una decina… le hanno levato la pelle lentamente con i coltelli… mentre se la spassavano… Il mio amico della polizia mi ha fatto vedere le foto… È spaventoso, la bambina è morta perché il cuore non ha retto al dolore…»
«Stai provando dei sentimenti, Mark?» chiede Julien provocatorio.
«Nonostante quello che dice la tua amichetta, noi non siamo dei robot: la differenza è pragmatismo, controllo e soluzione dei problemi!»
«Per questo stiamo andando alla Tiburtina, immagino.»
«Esatto: la polizia ci ha detto che probabilmente si sono rifugiati in quella terra di nessuno che è diventata la vecchia stazione della metropolitana… e ovviamente ci danno carta bianca.»
«Stazione che è piena di senzatetto, suburbani e tossici… Come li troviamo in quel carnaio?» domanda Julien.
Il pizzetto di Mark non riesce a nascondere il suo sorrisino. Prende lo svincolo che lo porta verso la stazione abbandonata.
«In effetti, appena finiamo, dobbiamo parlare un po’ del tuo deleterio rapporto con gli Animat.»
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
CAPITOLO DUE
 
 
 
Ore 4.00 NOTTE PRIMA DELL’ULTIMO PRIMO GIORNO
ANTICA STAZIONE TIBURTINA
 
L’auto di Mark si ferma nel piazzale vuoto, dove un tempo partivano i mezzi pubblici di superficie.
La vecchia stazione li fronteggia, la seconda di Roma, abbandonata dopo l’Epidemia. Rifugio di quelli che per i Tecnoras sono la feccia dell’umanità, esseri inutili che trovano rifugio nei sotterranei della Metropolitana abbandonata. Hanno, negli anni d’indisturbato dominio del sottosuolo, scavato una serie di cunicoli vicino al tunnel dove passavano i binari rendendo quel posto una groviera e una fortezza contro l’impotente polizia.
Gente che dovrebbe morire tutta, pensa Mark mentre apre il portabagagli.
Julien si accosta e ne ammira il contenuto.
«E questi chi te li ha dati?» tirando fuori un Arri-Gun M99 da guerra con connettore ad interfaccia neuroculare.
«Sono già due riunioni del Gruppo che salti. Ci sono delle novità interessanti, infatti dovevo assolutamente contattarti entro domani. Mettiamo in conto pure questo, dopo… per ora tieni» passandogli la pendrive ad interfaccia cerebrale.
«Caricati le 200 ore di istruzioni e simulazioni del mitra d’assalto… Sono dotati di collimatore: individuano qualsiasi bersaglio nel tuo campo visivo in un nanosecondo e te lo cerchiano direttamente sulla retina. In giallo i nemici… Il puntino rosso è la canna del fucile, quando lo passi sopra il nemico si illumina e se spari lo hai sicuramente preso. Stai caricando?»
Le palpebre di Julien battono velocissimamente per un secondo.
«Ok, fatto… Ah, ci sono anche istruzioni muscolari quindi…»
«Certo, è come se avessi sparato 75000 colpi con gli Arri-Gun M99… I tuoi riflessi sono perfettamente calibrati con l’arma, ora…»
Julien toglie la pendrive e inserisce al suo posto lo spinotto di collegamento arma-cervello.
All’interno del suo campo visivo compare un piccolo puntino rosso.
«Il cerchio verde è per gli amici, vero?» chiedendo conferma per un’istruzione che adesso era diventata come se l’avesse sempre saputa.
«Sì. Ti ho passato tutti i codici trasmettitori dei Tecnoras di Roma, così nel solito nanosecondo il tuo cervello riconosce le onde di trasmissione del mio cervello ed eviti di spararmi per sbaglio… Avanti prova, facciamo questo check di sistema.»
«Sei convinto?» chiede Julien puntando l’arma contro l’amico.
«Dovresti avere più fede nella Tecnologia. Avanti, se sono verde spara!»
Julien preme il grilletto a un metro dal petto di Mark. Non succede niente. A quella distanza il proiettile lo avrebbe letteralmente troncato a metà, trapassato i cristalli anti sfondamento dell’auto, e si sarebbe conficcato per 7.67 cm nel muro sotto il vecchio cartellone degli orari dei treni all’interno della stazione.
Mark sorride e passa all’amico una specie di lungo spolverino che gli arriva fin sotto il ginocchio.
«Questo “impermeabile” ti protegge dai proiettili delle armi leggere… non dall’Arri-Gun M99, quindi.»
«Uao, giubotti di Kevlar a risposta cinetica! Poi devi dirmi dove hai preso tutto questo!»
«Esatto, gli “spolverini” sono normalmente di morbido tessuto ma se vengono colpiti da qualcosa che viaggia a una velocità superiore di 121,3 ms diventano durissimo kevlar antiproiettile…»
«Nel solito nanosecondo?»
«Dieci alla meno otto per la precisione. Comunque non servono a niente contro coltellate e, ti ripeto, contro gli Arri-Gun, per ovvi motivi… Ma per il resto diciamo che puoi camminare in mezzo ai proiettili.»
«Mi sto un po’ gasando» con il suo solito solare sorriso.
«Controlla le tue emozioni Julien, là dentro ci può essere di tutto… Hai una bio-batteria, vero?»
Julien tira fuori un astuccio con tre capsule blu-verdi di 6 cm l’una.
«Dobbiamo potenziarci?»
Mark annuisce e prendendone una dall’astuccio dell’amico si cerca la porta lombare dove è predisposto il bio-ingresso. Dritto dritto nel midollo spinale.
«Ehi, lo sai quanto costano?!» esclama Julien, sorpreso dal lato scroccone di Mark.
«Sì, quasi quanto la mia macchina l’una. Poi, infatti, devo consegnarti un altro astuccio completamente gratis.»
«Gratis?»
«Ogni Tecnoras ne ha ricevuto uno in questi giorni: è un regalo del nostro Capo Segreto.»
«Che Capo premuroso» ironico.
 
I due Tecnoras si infilano le bio-batterie. Una tensione di 3000 Volt percorre i loro impianti biomuscolari. Il dolore è per un attimo atroce. Il loro urlo evoca la potenza dei muscoli che si gonfiano di energia pura, i sensi amplificati all’inverosimile.
Tutti i loro apparati cibernetici funzionano al massimo. Potenti e cattivi superano il limite consentito alla misera natura umana.
La Via del Potenziamento dei Tecnoras.
 
Due occhi attenti li osservano da una fessura delle assi di legno che chiudono la vetrina dell’ex-libreria all’interno della stazione.
È un suburbano. Fa cenno ad altri dietro di lui di stare in assoluto silenzio.
 
Mark e Julien fronteggiano la stazione.
Lentamente si dirigono verso l’ingresso. A testa alta. Senza copertura.
 
I denti cariati del suburbano sorridono. Lentamente alza il cane del suo fucile a canne mozze.
Errore fatale.
 
Il suono metallico arriva a trenta metri all’orecchio di Mark amplificato elettronicamente. Il chip cerebrale ha già calcolato la posizione dell’uomo nascosto dietro il legno.
Collimato.
Un ruggito esce dalla canna dell’Arri-Gun.
Il proiettile passa come carta velina l’asse che esplode in mille schegge che si mischiano con i pezzettini minuscoli d’osso del cranio dell’uomo.
Tutto in una nuvola rosso sangue.
 
L’orrore è arrivato.
Gli altri suburbani corrono urlando verso il fondo della stazione. Sperano di trovare riparo nei cunicoli sotterranei. Illusi.
 
«Avanti, Julien, corri! Seguimi!! Ammazziamoli tutti!!» Mark è partito. Come una furia percorre i trenta metri che lo separano dall’ingresso in 2.3 sec. I muscoli delle gambe sono carichi di elettricità.
 
Tutto buio all’interno. Ma non è un problema. Interfacciandosi con il collimatore ora la sua vista è anche all’infrarosso.
Sul fondo scappano, miseri testimoni di un’umanità dolente.
Collimato. Sparo. Collimato. Sparo.
Altre due suburbani sono senza testa.
Arriva anche Julien sulla soglia dell’Inferno.
Il lampo di un colpo dalla loro sinistra squarcia il buio.
Colpito in pieno petto. Julien non indietreggia nemmeno.
Lo spolverino a risposta cinetica è perfetto.
Gira la testa. Il puntino rosso dell’arma si sovrappone al cerchio giallo del nemico nascosto di lato.
Collimato. Morto.
Mark sorride guardando l’amico con il fucile d’assalto fumante in mano.
Un po’ di sana violenza è quello che ci vuole per allontanarlo da quella nociva Animat.
 
 
 
CASA DI FRANCESCA
 
Non riesce a prendere  sonno. Del resto ormai sono le quattro. È affacciata alla finestra. La strada male illuminata è completamente deserta.
Tutto sommato è bella la periferia. In lontananza, quando fa giorno, si riescono a vedere anche le montagne. Pensa a Julien. Chissà come finirà tra loro. Che follia… “Moglie e buoi dei paesi tuoi” le diceva la madre.
 
Arriva un’auto.
Dal suo settimo piano non riesce a vedere bene chi sia.
Si ferma in corrispondenza del portone d’ingresso del Multiblocco#29, il suo portone.
Scende Guglielmo. Animat anche lui.
Si dirige verso il citofono rotto, non rendendosi conto che la ragazza si è già accorta di lui.
Francesca vorrebbe dirgli che l’ha visto e sta scendendo. Urlare dal settimo piano in piena notte non è il caso.
Si concentra un attimo.
Un’emozione di attesa la pervade e la passa telepaticamente a Guglielmo alle prese con i mille nomi di un citofono non funzionante.
L’amico capisce e pazientemente attende, come al solito… come tutti.
 
 
 
AEREO PRESIDENZIALE
 
Himura parla da un monitor in collegamento dal Giappone.
Ad ascoltarlo, nello scompartimento presidenziale, oltre a Mac Iron e Bradford, c’è anche il Direttore del Servizio Segreto Mondiale: il sessantacinquenne Maurice Okblathon.
«Signor Presidente, abbiamo scoperto che l’Errante ha sottratto i piani del motore ipertronico e cancellato tutte le copie…»
«Ma non ha senso!» fa Anthony scattando dalla soffice poltrona.
«È stato l’ultimo ad accedere al computer centrale… Ha scaricato i file su una pendrive e poi ha cancellato quelli sul motore di tutti gli altri computer collegati in rete locale… Ha eliminato il cuore degli Ipertron.» gli risponde senza scomporsi l’ingegnere giapponese, trasmettendo le immagini della sorveglianza dell’Errante vicino al computer centrale.
«Non possiamo più produrre gli Ipertron?» chiede Mac Iron già intuendo la risposta. Himura conferma con un cenno.
«Non ha alcun senso… È stato l’Errante a fornirci i piani degli Ipertron ed ora è sparito il giorno prima di iniziare la produzione!» insiste Bradford.
«Forse ha voluto evitare brutte figure… Gli Ipertron non avrebbero mai funzionato, ha sottratto i piani e si è fatto rapire dagli Animat per imbrogliare anche loro.» La voce roca di Maurice Okblathon fa esplodere un pericoloso dubbio nella testa dei presenti.
Himura scuote il capo.
«No, gli Iperton sono perfettamente funzionanti, abbiamo fatto migliaia di test e realizzato un prototipo… il modulo zero…»
«Allora ricaviamo il motore dal prototipo» lo interrompe un ingenuo Bradford.
Mac Iron lo guarda. Bradford si rende conto e abbassa la testa, timidamente.
«È andato troppo lontano, vero? E non si può richiamare, giusto?»
Himura annuisce e aggiunge «In realtà non credo nemmeno che l’Errante voglia vendere i piani agli Animat… Alla fine ha sottratto solo il progetto del propulsore che è fondamentale per noi ma non può costruire un Ipertron solo con quello… E poi per realizzare il Progetto Ipertron completo ci vorrebbe metà delle risorse finanziare di tutto il Pianeta.»
«Cosa che neanche noi abbiamo…» si lascia sfuggire Bradford sottovoce, guardando il Presidente.
Mac Iron non presta attenzione alla frecciata dell’amico.
Si rivolge al Direttore dei Servizi Segreti.
«Dottor Okblathon…»
«Sì, Presidente?»
«Rivogliamo quei piani entro le prossime ventiquattro ore, lei è d’accordo?» fissandolo intensamente.
«Certo, signore.» 


ANTICA STAZIONE TIBURTINA
 
L’adrenalina sale. Il gusto ancestrale della caccia all’uomo prende il sopravvento sui due Tecnoras.
Mark e Julien percorrono correndo tutta la parte in superficie della stazione.
Passano davanti alle biglietterie abbandonate e ai negozietti saccheggiati. Sono scappati tutti. Come topi si sono rintanati nei cunicoli sotterranei.
Ecco lì ci sono i sottopassaggi. Un lungo tappeto mobile ormai fermo da un secolo porta giù in basso verso l’inferno.
I due sorridono. Mark inserisce la modalità “raffica di colpi” sul suo Arri-gun M99.
Iniziano a scendere.
«Vi ammazziamo tutti, dovete pagare per quelle povere donne!!» urla.
Julien consulta la mappa tridimensionale della stazione, scaricata dalla Rete in un millisecondo sfruttando la connessione cerebrale.
Alla fine della discesa si aprono due grandi corridoi, quello a sinistra porta alla linea della Metro, su quello centrale si alternano i 24 sottopassaggi che portavano ai treni in superficie. Praticamente ora ci sono 24 possibili ripari dietro a muri di spesso cemento armato per chi li sta aspettando dal basso.
«Bastardi! Dovete  sentire paura!! Vi ammazziamo!» Mark continua a urlare, mancano dieci metri di discesa.
«Zitto e tieniti pronto, faccio il “sonar”!» dice Julien all’amico. Sbatte, poi, violentemente la canna del suo Arri-gun sul metallo delle spallette del tappeto mobile. L’eco si diffonde per 116.7 m in tutte le direzioni.
Le vibrazioni di ritorno permettono al chip cerebrale, potenziato dalla bio-batteria, di calcolare tutte le posizioni dei loro nemici nascosti in basso. Sulla retina dei due Tecnoras, sovrapposti alla mappa tridimensionale, appaiono tutti i loro bersagli.
È un attimo.
Con un balzo saltano i dieci metri che li separano dall’ingenua imboscata dei poveri suburbani.
I due Tecnoras toccano terra in ginocchio sparando un uragano di proiettili in faccia agli uomini appostati.
Tutti collimati, i suburbani non possono far altro che morire. Non serve nascondersi dietro gli angoli.
Sanno perfettamente dove è ciascuno di loro.
Si rialzano continuando a sparare. Chi sporge anche solo un centimetro di pelle è spazzato via. Arti che esplodono. Schiene che si spezzano. Le raffiche sono micidiali e precise.
Vengono snidati anche i più furbi rimasti al riparo.
Le pareti del corridoio centrale si tinteggiano di rosso.
È un’orgia di sangue.
Finisce tutto in 136 sec. e 658 proiettili.
Ventitré suburbani hanno imparato che non è salutare aspettare due Tecnoras nel sottopasso dell’Antica Stazione Tiburtina.
 
 
 
 
ROMA PERIFERIA
 
Un’ auto sfreccia per le strade poco illuminate.
Dai finestrini aperti risuona un’allegra canzone.
Il piede di Francesca appoggiato sopra lo specchietto laterale del passeggero si gode il vento fresco.
Guglielmo, alla guida, cerca di controllare la rabbia che gli provoca la posizione scomposta della ragazza con mezza gamba fuori dall’abitacolo.
«Ma dai, che è successo? Lo so che qualcosa la sai! Dai, Guglielmo mi sei venuto a prendere in piena notte… hai idea di che ore sono? Quasi le cinque…»
«Non mi sembra che ti ho svegliato» anche Guglielmo sa di loro.
«Ehi, se mi stai portando da Isabel perché mi dovete fare una partaccia per via di Julien, guarda è meglio che torni indietro!! Stasera non ho proprio voglia di pensare a niente! È questo?!»
«No, non si tratta di questo… Te lo spiegherà Isabel, non insistere… e togli il tuo piedone dal mio specchietto! Siediti come una persona normale ogni tanto.»
«Ehi calma calma, che pesantezza… Mi stavo solo rilassando un attimo… Uffa…» imbronciandosi come una bambina. Poi, tornando di nuovo allegra: «Ma senti, è vero quello che ho saputo? Tu e Martina vi siete fidanzati finalmente!?»
«Beh, in certo senso si…»
«Ahh, lo sapevo, lo sapevo!» ridendo gioiosa «Ti sei dato finalmente una mossa! Bravo! L’avresti persa, se avessi aspettato ancora un po’! Sono proprio felice!! E dimmi un po’, avete già…» lasciandosi andare ad un gesto non proprio femminile.
«Ehi, ma con chi sto parlando? Sei peggio di un uomo lo sai?»
«Uh, come siamo sensibili! Allora siamo proprio innamorati!» baciandolo sulla guancia e rischiando di fargli perdere il controllo dell’auto. «Comunque dovreste farlo! Il sesso è importante! Quante volte siete usciti assieme… da fidanzati, diciamo?»
«Beh domani sera sarebbe la quinta»
«E ancora niente?» stuzzicando la timidezza dell’amico.
«Finiscila.»
«Ma neanche un…»
«Smettila!!»
La risata piena di vita di Francesca copre le ultime note della canzone.
 
L’auto continua la sua corsa per le grandi arterie periferiche. Le strade ad Alto Scorrimento Veloce separano un quartiere dall’altro. Così per la polizia è più facile isolare una zona e soffocare eventuali rivolte, evitando che l’incendio si propaghi per tutta la città. La divisione della città era stata molto utile durante le “proteste” per il pane dell’anno prima.
Ogni uscita prevede un casello sorvegliato e un eventuale controllo.
Ovviamente tutto dipende dalla “pericolosità” del quartiere, indicata da una lettera dell’alfabeto.
Guglielmo mette la freccia per uscire dalla relativa sicurezza dell’autostrada.
“Tor Bella Monaca U level” lampeggia il cartellone elettronico.
Al casello li aspettano due blindati della Forza di Sicurezza e cinque uomini in assetto da guerra.
L’auto si ferma nell’apposito spazio destinato ai controlli.
Uno scanner posto sopra un palo controlla la presenza di armi o esplosivi nella macchina.
Si avvicina al finestrino un sergente.
«I vostri chip di riconoscimento, prego» tuona da dietro la visiera a specchio.
Francesca e Guglielmo silenziosi glieli porgono.
I chip sono inseriti in un lettore palmare. I due Animat sono facilmente identificati. Per legge si deve dichiarare se si fa parte di uno dei due Gruppi di Appartenza. I limitati umani sono spaventati dalle Vie del Potenziamento.
«Ah, siete Animat… Per questo venite a Tor Bella Monaca… Un po’ di feccia da salvare, eh?»
«Sì, un po’ di opere buone in giro» conferma Guglielmo.
«Non vi capisco. Comunque il quartiere è classificato “U”, sapete che significa?»
«Sì, grazie.»
«Sarà inutile chiamare la Forza Pubblica all’interno del quartiere, non interverrà nessuno… Cazzo non potete pretendere che qualche povero ragazzo si sacrifichi per salvare il vostro culo, perché voi dovete fare pace con le vostre coscienze del cazzo» restituendo i chip.
Un vero filosofo. La sbarra si alza e l’auto lentamente s’inoltra in quella specie di terra di nessuno.
Due grandi Torri graffiano il Cielo.
In uno di quelle migliaia di micro appartamenti vive Isabel: la Coordinatrice Europea degli Animat.
 
 
 
ISOLA DONGSHA CINA
 
Gli Incursori della Marina, silenziosi come la notte, circondano la grande Pagoda costruita sulla spiaggia.
Sono arrivati dal mare. A tre miglia dalla costa riposa il sottomarino che li ha sputati.
Li guida il colonnello Ang-Lee, in collegamento diretto con Maurice Okblathon, chiuso al sicuro nella sala operativa dell’Aereo Presidenziale.
«Siamo in posizione. Aspettiamo il suo ordine signore» comunica secco il comandante al Direttore dei Servizi Segreti.
«Colonello… mi raccomando per il Coordinatore Asiatico degli Animat… Leroy ci serve vivo… e ovviamente l’Errante… Ora procedete all’incursione!» risponde Okblaton vedendo sul monitor le immagini dal satellite.
La Pagoda è schermata. L’occhio indiscreto dallo spazio non riesce a penetrare. Nessuno può dire al colonnello Ang-Lee cosa lo aspetta.
I trenta uomini delle forze speciali si muovono come la brezza leggera che viene dal mare.
Ma non basta. Provano tensione. La loro emozione viene percepita dagli Animat all’interno. La risposta è fulminea.
I quattro soldati che sfondano la porta d’ingresso non fanno in tempo a tirar dentro le Flash-Bomb stordenti.
Vengono usati come puntaspilli da una decina di dardi narcotizzanti. Stramazzano al suolo.
Dalle finestre della Pagoda volano altri dardi sparati da appositi fucili e pistole.
Gli Incursori anche se avanzano mimetizzati sono colpiti lo stesso. Gli Animat vedono le loro emozioni e percepiscono le loro posizioni. Una sorta di collimatore naturale.
Le tute mimetiche a risposta cinetica non fermano i dardi. Viaggiano a velocità inferiore dei proiettili. I soldati cadono come mosche.
Il colonnello, rimasto indietro, riesce miracolosamente a sfuggire a tre dardi riparandosi dietro uno scoglio, a venti metri dalla Pagoda.
 
«Maledizione» impreca Okblathon sbattendo il pugno sul pannello di controllo posto a diecimila piedi d’altezza.
«Chi abbiamo mandato laggiù, Ammiraglio?!» voltandosi verso il Comandante Generale delle Forze Speciali, anche lui nella piccola sala tattica dell’Aereo Presidenziale.
«Maledetti Animat! Dovevamo liberare l’Errante e ci ritroviamo con un’intera squadra abbattuta o in ostaggio!!»
«Un momento, guardi il monitor» risponde l’Ammiraglio.
 
Si vedono i lampi dell’Arri-Gun M99 del colonnello Ang-Lee.
Sfruttando il suo riparo il veterano sta, infatti, letteralmente crivellando di colpi le sottili pareti della Pagoda. Schegge di legno volano dappertutto.
Gli Animat si appiattiscono al suolo.
Il caricatore si svuota velocemente.
Ang-Lee si ripara nuovamente e ricaricando urla: «Mr. Leroy!! Siamo Incursori della Marina! Siete accusati di aver rapito L’Errante! Uscite fuori con le mani in alto!! Vi state mettendo contro la Legge!»
Dopo qualche attimo di silenzio risuona una voce dall’interno «Noi non abbiamo rapito nessuno! Qui non c’è nessun Errante!»
«Benissimo Mr. Leroy, allora non avete nulla da temere. Uscite con le mani in alto e nessuno si farà male» osa il Colonello.
Silenzio dalla Pagoda.
«Allora Mr. Leroy, avete un minuto di tempo per uscire. Vi prometto che nessuno vi sparerà addosso. Non potete mettervi contro il Governo Unico Mondiale!»
 
In quel momento Nicholas Mac Iron, Presidente di quello stesso Governo, entra nella sala di controllo tattica del suo Aereo.
«Che facciamo qui? Giocate alla guerra?» con un leggero sorriso.
L’Ammiraglio scatta sull’attenti. Il Direttore dei Servizi Segreti Okblathon fa un rapido riassunto della situazione
«Signor Presidente, la nostra Agenzia è riuscita a scoprire che l’Errante è stato portato nell’isola Dongsha, dove abbiamo anche scoperto che lì vive Mr. Leroy: il Coordinatore Asiatico degli Animat.
Dato che, diciamo fortunatamente, vicino all’isola si teneva un’esercitazione degli Incursori della Marina, abbiamo utilizzato loro per l’operazione.»
«Ma?» vedendo sullo schermo una trentina di corpi a terra.
«Ecco, non siamo nemmeno riusciti a entrare. Credo che abbiano narcotizzato tutti!»
«Eccetto il Colonnello Ang-Lee» interviene puntiglioso l’Ammiraglio.
«Allora state giocando veramente alla guerra» commenta amaro Mac Iron.
«Abbiamo già avvertito i rinforzi. Tre squadre d’Intervento Rapido sono già in volo. Il tempo di arrivo previsto per la prima è di quindici minuti.»
«Un momento guardate! Ang-Lee c’è riuscito!» esclama orgoglioso l’Ammiraglio.
Dal satellite si vedono degli Animat che escono in fila indiana dalla Pagoda con le mani alzate.
Bravi Animat. Nonostante tutto, non riescono mai a mettersi completamente contro la Legge.
 
 
 
ROMA TOR BELLA MONACA U LEVEL
 
L’auto di Guglielmo si parcheggia lentamente sotto le due imponenti Torri. I due edifici per l’alloggio pubblico sembrano giganteschi alveari.
Migliaia e migliaia di cellette. Peggio di dove vive Francesca.
Molte luci si stanno accendendo. Sono quasi le cinque. Molti si stanno preparando per andare al lavoro. Poveretti, uscire ancora con il buio.
Un quartiere dimenticato a causa di poche centinaia di delinquenti e balordi nonostante le migliaia di persone oneste.
Perché bisogna aver paura? Perché non ci si ribella tutti insieme? Francesca sente crescere dentro di sé un senso di rabbia e frustrazione.
I due Animat si avviano verso il portone d’ingresso.
Dietro di loro, ad una decina di metri di distanza, li scuote una voce beffarda.
«Notte notte. Ma non è un po’ tardi per rincasare?!» gli fanno da sottofondo delle risate squittenti.
Guglielmo e Francesca si girano.
Un gruppo di ragazzi imbottiti di “Notte Stellata” e birra scadente li ha scelti per divertirsi un po’.
Francesca sorride.
Il capetto che ha parlato prima si avvicina alla coppia.
«Voi non mi sembrate di queste parti. Amico, se ti sei affittato una stanza a ore per sbatterti la tua amichetta in questo schifo: sei proprio a terra!»
Gli altri topi di fogna si avvicinano, ridendo e commentando.
«Già, che cazzo! Sei proprio un romanticone! Non ti va di spendere per la tua bella!»
Il capetto si avvicina a Guglielmo. Le pupille sono dilatate. La “Notte Stellata” non gli fa rendere conto che ha scelto le prede sbagliate.
«Eh sì, hanno ragione: ti pare bello portare la tua ragazza… cazzo, sei veramente carina, lo sai? Cioè… ma dico, ti pare bello portarla qui, nel buco del culo del mondo… Cioè, cazzo, queste sono le cose che mi fanno incazzare!»
«Non è la mia ragazza» risponde tranquillo Guglielmo.  
«Non è la tua ragazza? Ah, avete sentito? Non è la sua ragazza! Beh, allora non ti dispiace se ci parlo un po’ io che dici?»
«Accomodati» iniziando a sviluppare i suoi sensi.
«Allora… allora… vediamo un po’… Beh, innanzitutto ciao» ponendosi di lato a Francesca e mettendole una mano sulla spalla.
«Ciao» risponde l’Animat sorridendo.
«Ehi questa sorride!» fa il poverino sghignazzando verso gli amici.
«Allora visto che ti piaccio, perché non vieni con me e i miei amici, così ci divertiamo un po’!»
«Grazie… sono molto onorata del tuo invito… e sei anche molto carino e gentile… Però devo andare con il mio amico a trovare una persona… Quindi, purtroppo, non è possibile» togliendosi la mano del giovane dalla spalla.
Il capetto rimane un po’ sconcertato. Gli altri della Gang ridono.
«Ehi! Vertigo, sei buono e gentile sai?» sfottendo e squittendo.
Ci siamo pensa Guglielmo. Chiude lentamente gli occhi, rilassato.
«Non hai capito niente piccola!» sbotta il teppista e fa per afferrarle il braccio ma si ritrova con una ginocchiata nelle parti basse.
 
Guglielmo scatta. I suoi riflessi e i suoi muscoli sono potenziati dal controllo completo delle sue emozioni. La Via del Potenziamento degli Animat.
I primi due che si trova davanti vengono abbattuti con due calci ben piazzati.
Un terzo tira fuori un coltello.
Gli è addosso Francesca. È un attimo. Il braccio del balordo si spezza come un fuscello. Urla di dolore salgono fino al 57esimo piano.
Mentre Francesca finisce a calci un quarto teppista, Guglielmo para una bottigliata del quinto malcapitato e facendo leva lo scaglia contro il capetto che si stava rialzando.
Gli ultimi due hanno tirato fuori le pistole. Ma Francesca è come una tigre. Si avventa su di loro a una rapidità impressionante. La sua aura è potente. L’istinto è notevole. I suoi pugni e calci colpiscono con una forza senza pari. Il cuore degli uomini è colmo di un’energia immensa e gli Animat sanno come trovarla.
Cadono a terra senza aver potuto sparare nemmeno un colpo.
 
Il capetto geme a terra. Francesca si avvicina.
Si accoccola su di lui piantandogli i tacchi sul petto.
«Ahh… non respiro…» impreca immobilizzato.
Francesca, incurante, si concentra. Chiude gli occhi. Passa una mano sopra la fronte del teppista.
Guglielmo osserva preoccupato.
Il poverino piega la testa di lato. Dalla sua bocca esce della schifosa bava bianca.
«Francesca!» non vorrà mica ammazzarlo, pensa l’altro Animat. Poi capisce.
Un liquido bluastro segue il rigagnolo della bava sull’asfalto.
È la Notte Stellata. Francesca lo sta emotivamente condizionando a rigettare la droga. Almeno per qualche tempo.
Il poverino strabuzza gli occhi. Ancora un po’. Coraggio.
Un disperato colpo di tosse fa schizzare fuori quello che resta di quel maledetto liquido che spegne l’anima.
Francesca scivola via dal petto dell’uomo che finalmente può respirare.
«Trovati un lavoro» gli consiglia la bella Animat.
I due, poi, finalmente si avviano dentro la Torre per incontrare Isabel.
 
Orientarsi in quel labirinto di piani, porte e lunghissimi corridoi non è facile.
Guglielmo cerca di ricordare la strada che gli hanno insegnato.
Torre A. 75esimo piano. Braccio C. Corridoio F. Monolocale pubblico attrezzato 12345.
Ecco la porta, finalmente.
Bussano.
Apre Isabel. Una cinquantenne abbondante dal viso simpatico con lunghi capelli neri arrotolati sopra la testa.
 
«Benvenuti. Entrate… entrate» un po’ agitata.
I due entrano nella piccola stanza piena di souvenir di tutto il mondo.
«Accomodatevi» indicando un piccolo sofà in un angolo.
«Scusatemi un minuto, ma devo chiamare i nostri amici che sono vicino alla Stazione Tiburtina. Ho appena percepito che sta accadendo qualcosa di terribile laggiù.
Come un urlo di decine di vite spezzate. Credo che i Tecnoras stiano facendo un macello».
Detto questo attiva la videochiamata multipla sullo schermo a parete. I volti di una decina di Animat appaiono.
Mentre la Coordinatrice chiede di raggiungere nel più breve tempo possibile la Stazione per fermare il massacro, Francesca si concentra un attimo.
La risposta istintiva è immediata.
È Julien.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
  
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