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Autore: LyraB    21/10/2012    4 recensioni
È una calda sera d'estate, a Sacramento, e tutto scorre come al solito: Teresa Lisbon lavora, Patrick Jane sonnecchia sul divano. Una chiamata improvvisa li obbliga a visitare un condominio fatiscente in periferia, dove una giovane coppia viene ritrovata senza vita. Il caso è più complicato del previsto e, mentre una bambina di cinque anni manda in fumo la quieta vita del CBI, Patrick e Teresa sono costretti ad affrontare il passato quando si rendono conto che tutta l'indagine ruota attorno a cosa sia davvero una famiglia.
Genere: Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo Personaggio, Patrick Jane, Teresa Lisbon, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Al di là del rosso dell'arcobaleno'
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Pastelli rossi





L'aria era tiepida a Sacramento, in quella tarda serata di inizio estate. L'orologio digitale sulla parete dell'open space segnava le 23:35 e l'unica luce ancora accesa era quella nell'ufficio di Teresa, dove l'agente del CBI stava lavorando ad alcune scartoffie arretrate nel pacifico silenzio della notte.

- Non credi sia ora di andare a casa? -
La voce di Patrick, lungo disteso sulla poltrona con le braccia conserte dietro la testa, ruppe il silenzio così bruscamente che Teresa sussultò, facendo uno scarabocchio.
- Finisco questo rapporto e poi vado a casa, io. - Replicò cercando di rimediare al pasticcio: detestava i rapporti disordinati.
- Buono a sapersi. Non vedo l'ora di farmi una bella dormita. - Replicò Patrick, sistemandosi più comodo sul divano e continuando a fissare il soffitto con un sorriso sornione dipinto sul viso.
Teresa stava dando un'ultima rilettura al rapporto che aveva appena completato quando il telefono sulla sua scrivania squillò.
- Chi sarà mai a quest'ora... - mormorò tra sè e sè afferrando la cornetta.
Patrick si mise subito seduto, fissando Teresa con aria curiosa per l'intera durata della telefonata. Quando riattaccò, la donna si alzò prendendo la giacca.
- Spero che tu non abbia troppo sonno, perchè abbiamo da fare. -
- Non dico mai no a un'attività interessante. - Rispose Patrick, prendendo la sua dall'attacapanni e seguendola fuori dall'ufficio.

Teresa scese dalla sua Chevrolet scura chiudendosi la portiera alle spalle con un sospiro.
- Un posticino accogliente. - Sentenziò Patrick, scendendo dal posto del passeggero e avvicinandosi all'ingresso dell'enorme condominio grigio senza giardino nè balconi nella più incolore periferia della città.
Tersa gli lanciò un'occhiata obliqua, a cui il detective rispose con uno dei suoi mezzi sorrisi.
- Era per dire. - Replicò.
- Andiamo. -
Due agenti li aspettavano sul pianerottolo del terzo piano, un minuscolo spiazzo rinchiuso tra muri scrostati e una ringhiera arrugginita, illuminato solo da un vecchio neon ronzante sopra le loro teste. Una signora sui settant'anni, avvolta in uno scialle di lana e con una fila di bigodini sui capelli grigi, li aspettava sul pianerottolo.
- La signora Holly Reed. - La presentò uno dei due uomini.
- Agente Teresa Lisbon, CBI. È lei che ci ha chiamati? - Domandò Teresa.
L'anziana signora annuì gravemente.
- Ero appena andata a letto e ho sentito qualcuno litigare violentemente. Cercavano di tenere i toni bassi ma sa, in questi fabbricati le pareti sono sottili e non si può non sentire... - Disse la signora.
Teresa e i due agenti si scambiarono uno sguardo: la differenza tra sentire e ascoltare era data dalla volontà di chi possiede il paio di orecchie, ma in un condominio come quello non ci potevano essere molte novità e perfino un litigio doveva essere un grande evento.
- Chi abita qui? - Domandò Patrick, annusando l'aria.
- Un uomo e una donna. Brutta gente, lasciatemelo dire. Hanno l'aria di due delinquenti... Non li conosco, non mi fermo mai a parlare con loro. È brutta gente, ve lo ripeto. -
Teresa alzò gli occhi al cielo: vista l'età della signora che aveva fatto la dichiarazione era solo una coppia alternativa con piercing, orecchini e l'abitudine di ascoltare la musica troppo alta all'ora delle telenovele.
- Ora sembra tutto tranquillo, capo. - Disse un agente. - Siamo qui da cinque minuti e non si è sentita volare una mosca. -
- Ma è questo il punto! - Intervenne la signora Reed. - Quando siete arrivati, bum! Basta grida, basta sedie trascinate, basta discussioni. Silenzio, solo silenzio. Dev'essere successo qualcosa, glielo dico io. -
- Non possiamo irrompere nell'appartamento di un privato cittadino nel cuore della notte solo perchè lei pensa che sia successo qualcosa. - Spiegò Teresa.
- Si fidi del sesto senso di una donna. - Disse la signora.
Teresa alzò gli occhi al cielo, avvicinandosi al campanello.
- Non serve suonare. - Disse Patrick, fermandola prima di farle premere il bottone. - È aperto. -
Spinse la porta con delicatezza e il vecchio battente alleggerito dal tempo scivolò sui cardini senza fare rumore. Un minuscolo soggiorno dalle pareti stinte era illuminato solo dalla televisione che, muta, trasmetteva il David Letterman Show.
Una porta sulla destra lasciava intravedere un angolo cottura incrostato e una tenda sulla sinistra camuffava l'assenza di una porta, di cui rimanevano solo i cardini arrugginiti. Un tavolino dalle gambe di metallo, una vecchia credenza piena di oggetti di vetro impolverato e una singola finestra con le tende chiuse erano tutto l'arredo di quel misero soggiorno. Un po' dovunque c'era disordine: vestiti piegati alla bell'e meglio, pigne di fogli di carta spiegazzati, matite e penne un po' dovunque.
- È permesso? - Disse Teresa, avvicinandosi - Agente Lisbon, CBI. Siamo stati chiamati... -
- Non credo che ti possano sentire. - Disse Patrick in un sussurro.
Mentre i loro occhi si abituavano al buio le figure di due corpi prendevano lentamente forma tra le ombre e il disordine del soggiorno.
La signora Reed indietreggiò, coprendosi la bocca con le mani e reprimendo un grido. Teresa invece sospirò, capendo che non sarebbe andata a letto tanto presto.
Sulla sinistra, afflosciato contro lo stipite scrostato della porta che dava verso l'angolo cottura, stava un uomo sulla trentina. Era robusto, stempiato, portava solo un paio di calzoni sportivi e una canottiera che lasciava vedere le braccia ricoperte di tatuaggi. La bocca storta, gli occhi semichiusi e la scia rossastra sullo stipite dietro di lui non lasciavano spazio a molti dubbi: era morto, col cranio fracassato.
Non molto lontano da lui, distesa supina sulla moquette macchiata dell'appartamento, stava una donna, anche lei sulla trentina. Alta e magra, indossava una minigonna di pelle, un paio di sandali col tacco alto e un top di lurex argentato. Aveva lunghi capelli chiari, in disordine, ed era truccata con cura in modo piuttosto pesante. I suoi occhi vacui rivolti all'indietro dimostravano che anche lei era morta.
- Vede? Lo sapevo, lo sentivo io che era successo qualcosa! - Esclamò la signora Reed, riemergendo dalla sua trance con espressione angosciata ma con gli occhi che tradivano l'emozione.
- Non credo che stia bene emozionarsi tanto per la morte dei propri vicini di casa, signora Holly. Mi rendo conto che le sembra di ritrovarsi nell'ultima puntata della Signora in Giallo ma no, questo non è un telefilm. Qui abbiamo due persone morte, morte davvero, e questo non è emozionante. È triste. - Disse Patrick lentamente, guardando negli occhi l'anziana signora.
- Volete... volete un caffè? Vado a farlo. - Fu la risposta della signora Reed; un momento dopo era sparita nel suo appartamento chiudendosi la porta alle spalle.
Teresa, intanto, aveva chiamato Grace, Wayne e Kimball al cellulare, spedendo Wayne e Kimball in ufficio a cercare informazioni sugli inquilini dell'appartamento e chiedendo a Grace di raggiungerla per un primo sopralluogo.
Patrick si aggirava per l'appartamento, osservando tutto quello che lo circondava con i suoi acuti occhi azzurri e soppesando ogni singolo dettaglio col viso concentrato di chi sta vedendo molto più di quello che sembrava.
- Abbiamo due corpi, un uomo e una donna, sulla trentina. - Diceva intanto Teresa, al telefono col comandante. - Li abbiamo trovati per caso, una vicina ci ha chiamato e... -
- Sssh, abbassa la voce. - Le disse all'improvviso Patrick, voltandosi verso di lei.
La donna gli rivolse uno sguardo interrogativo, continuando a parlare al telefono e riattaccando all'improvviso.
- Mi spieghi perchè dovevo abbassare la voce? Non ho un tono di voce tale da svegliare i morti! - Esclamò Teresa spazientita.
- Chi siete? - domandò una voce insonnolita alle sue spalle.
Teresa si voltò con un sussulto: davanti a lei stava una bambina di più o meno cinque anni con i capelli scuri e indosso un pigiama azzurro. Teneva la tenda scostata con una mano, mentre con l'altra si sfregava gli occhi.
- I morti no, ma lei sì. - Rispose Patrick in un sussurro. Si avvicinò alla bambina, si accovacciò davanti a lei e le sorrise. - Io sono Patrick. Tu sei? -
- Dorothy. - Disse la bambina.
- È un bel nome. - Esclamò Patrick con un sorriso luminoso. - È anche quello della... -
- Protagonista del Mago di Oz, sì. È la favola preferita del papà. - Rispose la bambina. - Perchè siete qui? -
Patrick alzò gli occhi verso Teresa, la quale guardava la bambina con uno sguardo indefinibile negli occhi verdi.
- Ecco, vedi... - Iniziò Patrick, con il tono lento di quando stava convincendo qualcuno a fare quello che voleva lui a prescindere dalla sua volontà.
A interromperlo fu uno degli agenti, che comparve sulla porta dell'appartamento con un uomo vestito di scuro.
- Capo, è arrivato il coroner. -
- Ah. Sì, bene. Fatelo entrare. - Replicò distrattamente Teresa.
Un uomo vestito di scuro e un paio di assistenti con le lettighe entrarono nel minuscolo appartamento sotto gli occhi di Patrick, Teresa e della bambina.
- Che cosa sta succedendo? - Domandò di nuovo la bambina. - Perchè li portano via? - I suoi grandi occhi scuri si posarono prima su Patrick e poi su Teresa.
La donna lanciò uno sguardo supplichevole al collega, sperando che lui potesse dire quello che bisognava dire nel modo giusto. Quando vide che Patrick fissava la bambina senza dire nulla, decise che era suo compito intervenire: mentre il medico legale e i suoi assistenti uscivano assieme alle lettighe, si abbassò per avere gli occhi all'altezza di quella della bambina e iniziò, con la voce più calma e distaccata che riuscì a trovare.
- Ecco, vedi, i tuoi genitori... -
- Non sono morti! - Esclamò la bambina all'improvviso, capendo tutt'a un tratto cosa stava succedendo. - Non sono morti, stanno solo dormendo! Poi si svegliano e la mamma cucina i muffin, e io e papà disegniamo! Non li portate via, non sono morti! -
Fece per rincorrere il coroner, ma l'apparizione sulla porta di Grace la fece bloccare in preda allo stupore. Fece un passo indietro, confusa, e si scontrò contro le gambe di Teresa. Rimase aggrappata alle ginocchia della donna col viso nascosto contro i suoi pantaloni, mettendola in imbarazzo al punto di farle scordare completamente quello che stava per dire. Cercando di recuperare l'autocontrollo e mantenersi impassibile, Teresa raccontò a Grace quanto successo fino a quel mometno; mentre parlavano, la signora Reed comparve sul pianerotto con un vassoio di plastica su cui campeggiavano quattro grosse tazze di caffè fumante. L'anziana signora si avvicinò con un sorriso imbarazzato e fu solo quando ebbe appoggiato il vassoio sul tavolo che si rese conto della bambina.
- Oh Madre del Cielo, e questa bambina chi è? - Esclamò l'anziana signora, in preda a sincero stupore.
- Dev'essere la figlia dei suoi vicini di casa... non l'ha mai vista prima? -
- No, assolutamente. - Disse la signora. - Quindi, oltre che drogati, erano anche rapitori... oh, Cielo, devo proprio dire a Karl di portarmi via da questo posto... - Borbottò tra sè mentre toglieva le tazze dal vassoio e lo stringeva a sè prima di uscire.
- Non mi hanno rapita! Sono i miei genitori! - Gridò Dorothy, lasciando le gambe di Teresa e affrontando la donna con gli occhi luccicanti di rabbia.
La signora Reed fece un passo indietro, spaventata dallo scatto d'ira di una bambina così piccola, si scontrò contro altri agenti del CBI arrivati per il sopralluogo e approfittò del piccolo momento di confusione dovuto al loro arrivo per defilarsi.
Patrick raggiunse la bambina e si accovacciò di nuovo accanto a lei, guardandola con un sorriso paziente.
- Hai detto che il tuo papà disegnava con te? - Domandò con calma.
Dorothy annuì.
- E che la tua mamma cucinava i muffin? -
- Sono i miei dolci preferiti. -
- Anche i miei. Ti piacerebbe mangiarne uno? -
Dorothy lo guardò mordendosi le labbra, soppesandolo con lo sguardo per capire se poteva fidarsi di lui. Poi si lasciò andare ad un sorriso e annuì.
- Vieni, so dove li teneva la mamma. - Disse poi, facendogli cenno di seguirlo in cucina.
Seduti al minuscolo tavolino traballante attaccato alla parete, Patrick e Dorothy mangiavano il loro muffin alle pepite di cioccolato senza parlare.
Il detective si guardava intorno con aria curiosa, soffermandosi sui disegni appesi al muro con lo scotch, alla montagna di piatti da lavare nel lavandino e al fornello incrostato di sporco e ruggine. Nello scolapiatti privo di un'anta c'era un bicchiere rosa con le farfalle, che Dorothy aveva espressamente etichettato come suo quando Patrick si era alzato per cercare qualcosa per farsi un tè. Teresa fece capolino in cucina e guardò Patrick con gli occhi spalancati.
- Che stai facendo? -
- Facciamo merenda. -
- Questo lo vedo. Che ne pensi di venire di là? Di lavorare un po', magari? Di fare un po' il detective? -
- Arrivo subito. -
Dorothy li fissava con occhi curiosi e con le gambe che dondolavano mentre si leccava la cioccolata dalle punte delle dita.
- Quando tornano i miei genitori voi andate via? - Chiese con innocenza. - Quando escono dall'ospedale, intendo. Quando i medici si accorgono che non sono morti. -
Patrick uscì dalla cucina senza rispondere, lasciando Teresa in balia dello sguardo indagatore di quella bambina troppo sveglia.
- Ora stai qui buona, ok? - Disse, decidendo di evitare l'argomento per il momento. - Non ti muovere. -
- Ma mi annoio! - Esclamò la bambina. - Voglio un foglio e le mie matite colorate. -
Teresa alzò gli occhi al cielo, senza riuscire però a trattenere un sorriso.
- Jeff, per favore, porta un foglio e dei pastelli a questa bambina. - Disse Teresa, rivolgendosi a uno degli agenti in soggiorno. - Tu non ti muovere da qui, ok? -
Erano quasi le due quando la scientifica decise che i rilievi più urgenti erano fatti e che potevano rimandare il resto a domattina. Il medico legale aveva promesso i risultati per l'indomani, Grace sbadigliava ogni volta che sapeva di non essere vista e Teresa iniziava ad avere mal di testa. Patrick era l'unico che si aggirava ancora per la casa con il suo sguardo attento e nessuna stanchezza dipinta sul volto.
- Bene, possiamo andarcene. Jeff, Chern, chiudete la porta a chiave e portate le chiavi al CBI. VanPelt, va' pure a casa, continuiamo domattina. - Disse Teresa. - Jane? -
Patrick si voltò verso di lei, guardandola con l'aria assente di quando era perso nei suoi ragionamenti. Teresa gli indicò la porta col capo, ma Patrick sembrò non vederla, preso com'era dalla sua ispezione della credenza.
- Capo, cosa facciamo della bambina? - Domandò uno degli agenti.
Dorothy ricomparve improvvisamente tra i pensieri di Teresa e la donna si costrinse ad affacciarsi in cucina. Addormentata con la testa posata su un braccio e ancora con la matita in mano, Dorothy era seduta al tavolo esattamente dove l'aveva lasciata.
- Posso occuparmene io, per stanotte. - Disse la voce della signora Reed, ferma sulla porta.
- Lei? -
- Mi dispiace per come mi sono intromessa nelle vostre indagini, agente Lisbon, e credo che questa povera creatura non abbia colpa per quei delinquenti dei suoi genitori... se sono davvero i suoi genitori, anche se io non lo credo affatto... -
Teresa guardò la bambina addormentata e l'anziana signora davanti a lei. Non poteva chiamare gli assistenti sociali a quell'ora di notte e anche se l'avesse fatto le avrebbero detto che non avrebbero potuto fare niente prima della mattina successiva. Stava ancora pensando al da farsi quano Patrick si avvicinò all'anziana donna e le prese una mano tra le proprie.
- Allora d'accordo, signora Reed. Domani contatteremo i servizi sociali e la faremo venire a prendere. Per il momento, grazie. - Disse accorato, tenendo gli occhi fissi nei suoi.
Teresa aprì la bocca per protestare, ma si rese conto che - nonostante Patrick l'avesse scavalcata per l'ennesima volta - in fin dei conti aveva fatto la scelta migliore.
L'agente Chern prese Dorothy tra le braccia e la trasportò, profondamente addormentata, nell'appartamento della signora Reed. Teresa si lasciò alle spalle l'appartamento deserto e i due agenti incaricati della sorveglianza e si avviò verso l'automobile, ben sapendo che non sarebbe riuscita a dormire a lungo nemmeno quella volta.






















Primissimo esperimento in questo fandom di cui mi sono innamorata!
Sto seguendo la quarta stagione su Rete4,
ma ho intenzione di recuperare anche tutte le precedenti..
È anche la prima volta che provo a scrivere un giallo
- anche se seguo da anni un sacco di polizieschi -
quindi spero di non fare grossi pasticci nello svolgimento delle indagini.
Ci tengo molto anche all'IC, quindi se trovate qualcuno dei personaggi
molto diverso da quello reale, fatemelo sapere!

Grazie di aver letto, spero continuerete a seguire la vicenda!
Bacibaci, alla prossima!
Flora
   
 
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