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Autore: Caffelatte    21/10/2012    5 recensioni
[Mark/Dylan]
" Keith se ne stava lì, seduto sul soffice divano blu in cucina, a fissare con aria assorta fuori dalla finestra, mentre tazza traboccante di cioccolata calda tra le sue mani aveva smesso di essere tale da un pezzo.
Si poteva tranquillamente considerare qualcosa a metà tra un budino con marshmallow mal riuscito e una poltiglia semi liquida non definita in cui vagavano cilindri bianchi e gommosi."
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altri
Note: Nonsense, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: Those things that don’t need a why ♥
Genere: Sentimentale.
Avvertimenti: OOC, Nonsense.
Pairing: shonen-ai. Dylan Keith/Mark Kruger  (squadra nazionale americana Unicorn)
Note: una Dylan/Mark. Insomma, è la prima che scrivo in tutta la mia vita (?). Sono emozionata (?). Spero sia accettabile *implode*
Non scrivo da così tanto che mi ero persino dimenticata come si scrivesse (?) o come si facesse l’editor. Così ho usato Nvu, che si apriva e si chiudeva a random. *impreca*

 

***



Those things that don’t need a why



Dylan Keith era tante cose. Troppe. Era troppo esuberante, troppo egocentrico, troppo rumoroso. Era insopportabile, e pareva quasi divertirsi ad esserlo. Quando l’aveva conosciuto, Mark pensò che fosse solo una prima impressione, ma si era ricreduto in fretta: Dylan era questo e molto, molto … peggio.
Ascoltava musica di ogni genere –prime fra tutte le canzoni di Katy Perry- a volumi indecenti, era coca cola- dipendente e non riusciva a fare a meno di sparare qualche cazzata almeno cinque volte al giorno. Tra le cose più strane tipiche del biondo con quegli strani occhialini, Mark ne trovava una parecchio singolare: girava con lo skateboard.
E qui qualcuno penserà: cosa c’è di male? Beh, una cosa molto semplice.
Le persone vanno sullo skate per le strade, no? Dylan lo usava anche in casa, a volte. Ogni tanto Mark sentiva un rumore di rotelle, e allora sapeva che il suo ragazzo –già, da più di sei mesi ormai …- era di nuovo su quell’aggeggio.
Però lui lo amava.
Amava quel biondo mezzo matto con la mania per lo skate, Katy Perry e anche per la cioccolata con i marshmallow. Lo amava da sempre, lo sapeva da sempre, solo che non voleva ammettere che sì, lui era gay. All'inizio l'idea lo schifava, quasi, ma poi si era accorto che Dylan era l'unico in grado di fargli battere il cuore a mille, l'unico con cui riuscisse a confidarsi e l'unico con il potere di farlo sentire sempre meglio. E poi, aveva degli occhi stupendi.
Mark avrebbe passato tutta la sua vita a guardarlo negli occhi, e il vederlo quasi costantemente con quegli occhialini lo mandava in besta, spesso. C'erano tanti motivi per cui amava Dylan, ma Dylan non gli aveva mai detto perchè si era innamorato di lui. Se l'era chiesto, ma non aveva mai avuto il coraggio di rivolgergli quella domanda. Chissà qual era il suo perché.
Si alzò dalla poltrona, su cui si era sdraiato a pensare, e di diresse nella stanza accanto.

Keith se ne stava lì, seduto sul soffice divano blu in cucina, a fissare con aria assorta fuori dalla finestra, mentre tazza traboccante di cioccolata calda tra le sue mani aveva smesso di essere tale da un pezzo.
Si poteva tranquillamente considerare qualcosa a metà tra un budino con marshmallow mal riuscito e una poltiglia semi liquida non definita in cui vagavano cilindri bianchi e gommosi. 
Fuori pioveva, e Mark lo capì senza nemmeno guardare oltre il vetro della finestra e senza togliere le auricolari dalle orecchie. Il suo fidanzato era sempre triste e sovrappensiero quando pioveva, e stranamente aveva anche un’insolita –incolmabile- voglia di cioccolata-poltiglia con marshmallow e coccole.
A Kruger quei giorni di pioggia non dispiacevano; era sicuro che il biondo sarebbe rimasto con lui, e non sarebbe andato da qualche parte con quel dannatissimo skateboard.
Era un pensiero profondamente egoistico, si ripeteva, però non poteva farne a meno. Dylan era possessivo, ma lui lo era di più. Decisamente. Odiava il solo pensiero che qualcun altro potesse portarglielo via all’improvviso, e averlo distante da sé per più di mezza giornata si rivelava spesso una vera tortura.
Si avvicinò al ragazzo, togliendosi le auricolari, e si chinò leggermente su di lui.
“Ehi.” Mormorò.
Dylan mugolò qualcosa che Kruger non riuscì a capire, poi fissò la sua cioccolata. Rimase a contemplarla per qualche secondo, poi alzò lo sguardo e la allungò all’altro.
“È fredda.” Disse, deluso.
"Certo che è fredda.” Ridacchiò Mark “Sei lì a fissare il vuoto da più di mezz’ora.” 
Il ragazzo mugolò di nuovo qualcosa, poi si alzò e abbandonò la tazza sul tavolo.
Si voltò verso Mark, e dopo qualche secondo si stallo si gettò -letteralmente- tra le sue braccia.
"Odio la pioggia." si lamentò, affondando il viso nell'incavo del collo del compagno. 
Quest'ultimo si lasciò scappare una risata. Gli cinse la vita con le braccia e lo strinse a sé. Vedere Dylan così, a lungo andare, gli faceva uno strano effetto. Voltò lo sguardo verso la finestra.
"Hey, se può consolarti ... sta smettendo." disse.
Dylan si illuminò all'improvviso.
"Really?!" esclamò, al settimo cielo, sciogliendo l'abbraccio e tuffanfosi verso la finestra. Premette il viso sul vetro guardando le nuvole in cielo, che poco a poco scomparivano lasciando posto al sole e ad un arcobaleno.
Afferrò a tutta velocità la giacca e lo stake, mentre Mark lo osservava con un uno sguardo a metà tra lo sconsolato e il felice.
Keith gli diede un veloce bacio sulle labbra, per poi schizzare giù per le scale dicendogli che sarebbe tornato prima dell'ora di cena e che gli avebbe inviato un messaggio.
Mark si sfiorò le labbra con le dita, maledicendo il giorno in cui aveva detto al suo ragazzo che quando usciva con lo skate poteva andare anche da solo, visto che lui non riusciva a sopportare la vista di quel coso. 
Dopo poco sentì dei passi risalire le scale, e vide Dylan e il suo skate varipinto rientrare nella stanza.
Lo guardò, sorpreso, ma il biondo avvicinandosi parlò prima.


"I love you."
"Why?"
"Because."


 

***



/NdA/
Perchè l'amore non ha bisogno di perché.
Io sto male. Credo che sia la cosa più Nonsense che abbia mai scritto.
Mi faccio schifo da sola. Chiedo perdono, ma la scuola mi sta bruciando i pochi neuroni che possiedo e questa cosa l'ho scritta -e non scherzo- in quindici minuti scarsi. So che fa parecchio schifo, credo di aver superato i miei standard di schifitudine (?), ma avevo così tanto bisogno di scrivere che non ho potuto resistere.
Ringrazio tutti coloro che leggeranno.
A presto, se i Promessi Fessi (?) e latino non mi uccino prima.
Bye bye,
Mya.

  
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