ATTENZIONE: Questa storia contiene
riferimenti a relazioni omosessuali e ad atti di tentato suicidio. Chi non
condivide la prima condizione o sia molto sensibile è pregato di evitare di
leggere, perché non risponderò a commenti offensivi o lamentosi riguardo a
questo punto. A tutti gli altri Buona Lettura!
Disclaimers: I personaggi di questa storia
non sono miei, ma appartengono a J.K. Rowling, e sono fittizi e maggiorenni.
Però la storia mi appartiene, e per qualsiasi uso siete pregati di contattarmi
ad uno dei miei indirizzi. Ogni riferimento a cose, luoghi o persone realmente
esistiti o esistenti è puramente casuale.
Note alla storia: Questa
storia tiene in minimo conto gli avvenimenti del sesto, ma non ha un vero
momento specifico in cui hanno luogo gli eventi narrati. Le parti in corsivo
sono flashback.
Note dell’autrice (facoltative! XD): Mentre
cerco con tutta me stessa di riprendere le tantissime long a cui sto lavorando,
scrivo questo piccolo “stacco”. È particolarmente deprimente, in effetti, ma mi
è stato impossibile non trasportare questa storia su carta (virtuale), dopo
alcuni avvenimenti o pensieri che mi hanno attraversato la mente, o ancora
programmi che ho visto alla televisione. Il tutto, assemblato, ha dato vita a
questa storia che spero riuscirete ad apprezzare, anche se non con un finale
apertamente lieto – anche se poi ognuno è libero di avere la propria chiave di
lettura. A chi non si sente troppo mortificato dopo tutte queste premesse,
augura una buona lettura, e se mi vorrà lasciare anche un piccolo commento a
fine lettura non potrebbe che farmi piacere, in quanto è una storia particolare
per il mio “sviluppo” di “scrittrice”; chi ha letto qualcosa di mio dovrebbe
notare lo strano cambiamento di stile, ma dovrebbe anche cambiare che tendo a
sperimentare tutto il possibile, e di migliorare il più possibile. Quindi vedo
questa storia come un altro piccolo traguardo. Spero solo che questo strano
stile – che non ho idea di dove mi sia uscito – non sia troppo impegnativo da
leggere come è parso a me nel ricontrollare la storia – ma forse è
semplicemente per l’ora tarda. Ho finito di scriverla adesso e, sebbene abbia
ricontrollato il più accuratamente possibile il tutto, non posso assicurare
niente, in quanto una revisione meno superficiale mi avrebbe portato,
probabilmente, a cambiare tutta la storia. E anche per questo non ho potuto
limitare la lunghezza: la storia si è scritta da sola. Basta, ora davvero buona
lettura!
†And then there
was Madness†
{Silenzio, Pazzia e Buio}
What
if I wanted to fight
Beg
for the rest of my life
What
would you do?
You
say you wanted more
What
are you waiting for?
I'm
not running from you
Come break me down
Bury
me, bury me
I am
finished with you
Look
in my eyes
You're
killing me, killing me
All
I wanted was you
(“The
Kill”, 30 Second to Mars)
Lo
studio è piccolo ma confortevole. I colori caldi sono preponderanti.
C’è
silenzio. Rotto solo da una pendola a lato che ticchetta quasi allegramente,
beffarda, e dalla voce che a breve parla.
«Non
hai voglia di dirmi qualcosa riguardo al tuo stato? Come
stai, Harry?»
Domanda
l’uomo seduto su una grande e soffice poltrona rossastra, intrecciando le dita
davanti a sé, in un modo che fa scattare qualcosa nella mente del ragazzo, che
però non riesce a collegare ad un evento reale e non troppo remoto, se non la
pallida immagine di un uomo canuto, che però sparisce ancor prima che possa
riconoscerla.
La
voce non sembra aver contribuito ad attirare su di sé l’attenzione del giovane,
che non distoglie nemmeno lo sguardo verdastro dal punto che attira la sua
attenzione. Indefinito.
Sbatte
le palpebre un paio di volte, con tranquillità, l’espressione che non subisce
alcun cambiamento. Non si disturba nemmeno di rispondere.
«Ne
sei sicuro, Harry? Perché a me piacerebbe parlare. Non ti piacciono le nostre
piacevoli chiacchierate?»
Per
un attimo il silenzio torna nuovamente a regnare e la domanda pare ignorata. Ma
dopo pochi attimi Harry ribatte.
«Ripetitive.»
Risponde
semplicemente, come se quello possa dar fine alla discussione.
«Lo
so, possono sembrare un po’ noiose… Ma sai che ci servono. E poi mi interesso a
te. Allora, Draco continua a insistere?»
Chiede
l’uomo, abbandonando la sua posa per accavallare le gambe e abbandonare le mani
in grembo. Cambio di tattica. Harry sposta lo sguardo su di lui, prestandogli
finalmente attenzione. Si permette una lunga occhiata, per squadrarlo meglio,
sebbene ormai sia da tanto, troppo tempo che vede quell’individuo. Uomo di
mezz’età, rughe sul viso, occhialetti, abiti classici con quei pantaloni beige
che mostrano parte del calzino a causa della posizione delle gambe.
«Lui
non insiste. Lui mi suggerisce soltanto.»
«E
tu fai ciò che dice…»
Domanda
retorica che permane nell’aria.
Il
ragazzo socchiude leggermente gli occhi, per meglio osservare quell’uomo che
sempre più spesso si permette di giudicarlo.
«Non
sempre, ma certe volte ha ragione.»
«Io
penso, Harry, che sia solo un modo per incolparti. Non puoi andare avanti così,
devi allontanarlo. Ti sta solo facendo male. Lui non può amarti.»
Il
tono dapprima calmo e conciliante dell’uomo diviene un poco più accorato, ma
l’espressione sul viso del giovane non cambia per tutto il discorso. Alla fine,
per qualche attimo, Harry si ritrova ad odiare ogni cosa in quell’uomo, dagli
occhialetti alla visione dei suoi calzini.
«Stia
zitto.»
È
un ringhiò quello del ragazzo, gli occhi ridotti a due fessure. Si fissano per
qualche istante, gli sguardi che s’incrociano, e quello sembra bastare al
giovane, che si rilassa sulla sua scomoda sedia di legno. La pendola suona i
suoi rintocchi, e un sorriso compare sulle labbra di Harry.
«Direi
che la nostra ora è finita.»
Afferma
il ragazzo in tono mellifluo, precedendo qualsiasi cosa voglia dire l’uomo, e
alzandosi in piedi con tranquillità. Senza aspettare altro, muove qualche passo
verso la porta ma viene fermato dalla voce dell’uomo, che si alza a sua volta.
«Harry…
Almeno pensaci. Non ti chiedo altro. Sai che possiamo fare con calma, tutto a
piccoli passi. E io ti sono vicino. Ma tu devi voler davvero lasciarti tutto
alle spalle. Perché, ricorda, il passato non può tornare, e tu devi riuscire ad
andare avanti a testa alta…»
Rimane
immobile per qualche istante, prima di voltare leggermente il busto, in modo da
poter guardare in parte il viso dell’altro.
«Non
so se voglio davvero abbandonare il mio passato. Non voglio abbandonare Draco.
Io starò con lui per sempre. E poi, certe volte, presente e passato possono
incontrarsi.»
«Ma
se ti fermi, potrebbe non esserci futuro.»
«E
chi ha detto che io voglio un futuro?»
Quelle
sono le ultime parole che pronuncia, prima di voltarsi nuovamente e uscire
dalla stanza, chiudendo la porta e lasciandosi alle spalle l’uomo, con la sua
bella targhetta pregiata e i costosi vestiti classici.
Continua
per la sua strada, attraversando l’intero reparto, fino a giungere nei pressi
dell’ingresso dello stesso e prendere un breve corridoio sulla sinistra,
piuttosto nascosto in confronto alle stanza sparse nel settore. Cammina per
breve tempo prima di raggiungere finalmente la sua stanza. Senza fermarsi apre
la porta, che si chiude pochi attimi dopo alle sue spalle con un tonfo
sommesso. Si dirige verso il bagno senza alcuna sorta di deviazione.
Silenziosamente si chiude la porta alle spalle, e ci appoggia la schiena,
socchiudendo un poco gli occhi.
«Finalmente
sei arrivato.»
Dice
una voce, e Harry sussulta. I suoi occhi vanno alla frenetica ricerca della
fonte di quel suono e si posano velocemente sul ragazzo comodamente seduto sul
bordo della vasca.
«Ah,
Draco, sei tu…»
Un
sussurro sollevato, l’espressione che si rilassa prima di muovere qualche passo
verso di lui, il sorriso sulle labbra.
Il
giovane biondo, dal canto suo, si alza in piedi lentamente, i movimenti
sinuosi, avvicinandosi all’altro, osservandolo serio negli occhi.
«Quell’uomo
ha osato nuovamente tentare di corromperti?»
Solo
un cenno affermativo del capo, nessun’altra parola. Draco sembra soddisfatto
dalla risposta, sebbene non ci siano segni di felicità sul suo viso: una maschera
d’indifferenza. Va a riprendere posto dov’era prima. Harry, nel frattempo, si
muove fino a posizionarsi davanti allo specchio di medie dimensioni presente
sul lavandino. Osserva il riflesso della stanza nello specchio, corrugando
lievemente le sopracciglia, sentendo un impercettibile brivido che non riesce
pienamente a comprendere, forse semplicemente il seme del dubbio.
«Allora,
pensi che questa volta ci riuscirai definitivamente? So che ce la puoi fare,
devi solo esserne sicuro…»
Le
sopracciglia s’inarcano, nell’unico mutamento che avviene sul suo pallido
volto. Un timido sorriso si fa strada sul viso di Harry, che annuisce appena.
«Sì,
sono convinto del tutto, adesso. Questa volta non ti deluderò.»
Un
ulteriore sorriso, quasi una reminiscenza di ciò che era la sua felicità, forse
ancor più incrementata ora di prima. Improvvisamente, Harry tira un colpo secco
allo specchio, che si frantuma in mille pezzi. Draco non si è mosso, e non pare
sorpreso dal rapido e improvviso movimento. Piccole gocce di sangue imperlano
alcuni frammenti, ma Harry non sembra prestarci attenzione. Afferra una di
quelle schegge di medie dimensioni, rigirandosela tra le mani, quasi
giocherellandoci.
Con
passo lento, quasi calcolato, Harry cammina verso la vasca, scavalcando poi il
bordo e sdraiandocisi dentro. L’espressione di Draco è indecifrabile.
Impossibile capire cosa sta pensando, mentre osserva Harry nella vasca, intento
a continuare quel suo piccolo gioco. Una fase di quel divertimento sembra
evolversi, e dal semplice tenerlo in mano, Harry comincia ad appoggiare quel
frammento sul suo braccio, e a muoverlo tranquillamente, lasciando che lo
sfiori. Una dolce e lenta carezza. Impossibile dire se quel suo stesso gesto
spaventi o rassicuri Harry, che continua quel movimento, sotto lo sguardo
neutro di Draco.
Sempre
palesando una tranquillità che, stranamente, in quel momento è realmente ciò
che prova, Harry ferma il suo movimento, osservando distrattamente i graffi
quasi invisibili che quella scheggia ha lasciato. Alza allora il capo,
rivolgendo un sorriso sereno quanto disarmante a Draco, prima che porti
nuovamente il frammento sul braccio, e prema decisamente più forte. Quasi
affascinato, come poco prima, Harry osserva il sangue scorrere in rivoli sulle
sue braccia, percorrerlo, quasi come un lieve solletico. Il sorriso sereno non
ha abbandonato le sue labbra, neanche in quel momento, mentre appoggia il capo
sul bordo della vasca, ormai rossa e non più di quel candido bianco. Harry può
notare con la coda dell’occhio Draco, che si alza dal suo posto e si avvicina
di più a lui. Gli alza delicatamente la testa, e, silenziosamente, si siede su
quel bordo della vasca. Altrettanto delicatamente, fa una leggera pressione, in
modo che Harry riappoggi il capo che, questa volta, entra in contatto non con
il freddo materiale della vasca, ma con la gamba di Draco. Sebbene entrambe
siano prive di calore, Harry non può che sentirsi decisamente più rassicurato
da quel gesto. La mano di Draco comincia a scorrere lenta e gentile tra i
ciuffi scuri e ribelli dei suoi capelli, e forse è quello che rende sempre più
difficile a Harry di rialzare le palpebre, ogni volta che esse si abbassano.
L’ultima cosa che vede, prima di abbandonarsi docilmente a quelle carezze, sono
gli occhi grigi di Draco, che lo osservano, profondi come sempre. Un bacio,
quasi più un semplice tocco, viene rilasciato sul suo capo, parole sussurrate
al suo orecchio, ma Harry non riesce a percepirle.
E
poi ci fu silenzio.
_°_
Dopo
la morte di Dumbledore, molte erano state le perdite, quasi quella del vecchio
preside fosse solo la prima di molte altre morti, giuste o meno.
Ed
Harry era stato a tutti i funerali, o quasi.
Non
riusciva bene a comprendere quale fosse il suo stato d’animo riguardo a quegli
avvenimenti. Si limitava a partecipare passivamente a quelle morti, rimanendo in disparte ad osservare la piccola folla
attorno alla bara. Certi funerali sembravano voler essere svolti in fretta,
quasi non avessero più importanza, perché era ormai certo che tutti sarebbero
morti durante quella guerra; altri, invece, serbavano ancora la loro dignità, e
venivano svolti con calma, perché pregare per i morti era l’unica cosa che dava
speranza.
Ora,
come spesso accadeva, era in disparte, ma da lontano osservava silenzioso il
gruppo di persone sofferenti.
La
sua posa era rigida, le braccia incrociate, immobile, e il vento soffiava
leggero, ma abbastanza insolente da riuscire a muovere le foglie degli alberi
lì attorno – producendo un soffuso fruscio, rilassante e quasi ipnotico – e i
suoi indomabili capelli.
«Sai
che cosa odio dei funerali?»
Domandò
una voce vicina a lui, e Harry sussultò, non essendosi accorto dell’avvicinarsi
di nessuno; ma presto si ricompose, osservando con sguardo imperscrutabile il
giovane accanto a lui, che non attese nemmeno risposta.
«Tutti
parlano così bene dei morti… Sarebbe molto più onorevole per la memoria del
defunto essere ricordato per ogni cosa che ha fatto, buona o meno che sia. Noi
siamo ciò che facciamo, dopotutto, e se non veniamo ricordati per questo non
siamo niente, solo sabbia che si disperde nel vento, andandosi a mischiare con
tutti gli altri granelli…»
Gli
occhi di Harry si assottigliarono.
«E
cosa saresti tu, per ciò che hai fatto nella tua vita, se non un assassino
vigliacco e bastardo?»
Domandò
con tono lento, quasi casuale se non fosse stato per l’aperto rancore in quelle
parole, senza distogliere lo sguardo. Incredibilmente, un sorriso increspò le
sue labbra – forse il primo sorriso spontaneo che Harry gli avesse mai visto in
volto –, un sorriso pieno di amarezza.
«Ricordami
di invitarti al mio funerale, Potter.»
Rispose
semplicemente, quell’inquietante ilarità ancora aleggiante sul viso prima che,
così com’era venuto, silenzioso sparisse dalla vista, incamminandosi lontano.
Harry non fece nulla per fermarlo, così, però, come non lo odiò di più dopo
quell’incontro. Sebbene fosse nel suo carattere essere impulsivo e anche molto
passionale in fatto di sentimenti, in quel momento il giovane, semplicemente,
non riuscì a leggere i suoi stessi sentimenti, continuando a ripensare a quanto
detto dalla sua vecchia nemesi.
Ma
quando la sabbia entra negli occhi si può solo toglierla via con l’acqua più
pura.
§
Era
placidamente sdraiato sul letto sfatto, semi nudo, le coperte leggere che lo
coprivano appena. Era sveglio, ma le piacevoli attenzioni ai suoi capelli
ribelli non gli permettevano di riuscire a tenere gli occhi aperti.
Un
lieve gemito, a metà tra un lamento e elogio, abbandonò d’un tratto le sue
labbra, e la carezza sui suoi capelli rallentò fino a fermarsi. Gli occhi verdi
si aprirono, puntandosi con tutta calma in quelli dell’altra ragazzo, posto
nella stessa maniera sul letto ma sistemato su un fianco; un braccio era a
sostenere il capo, l’altra mano libera tra i capelli di Harry e il petto nudo, unica parte visibile e non
coperta dal leggero lenzuolo, che si abbassava e alzava regolarmente. I suoi
occhi grigi gli riservavano uno sguardo affettuoso, che Harry ricambiò.
Quest’ultimò
si avvicinò di più, quasi alla ricerca di un maggior calore, e Draco fece per
continuare a donargli attenzioni, ma Harry si sporse, andando ad appropriarsi
appassionatamente e anche un poco rudemente delle labbra sensuali dell’altro,
che ricambiò più che soddisfatto il contatto.
Quando
si divisero, anche se solo per pochi centimetri, il giovane Malfoy scrutò il
viso dell’altro con un accentuato sorriso malizioso sulle labbra.
«A
cosa devo tale onore, signor Potter?»
Domandò,
famelico, lasciando intendere con un solo sguardo che avrebbe ripetuto
l’esperienza – e magari anche qualcosa in più – più che volentieri, mentre le
carezze tra i capelli dell’altro riprendevano, ma con un ritmo che sembrava
sempre più bisognoso.
«Al
fatto che probabilmente sarà l’ultima volta che potrò farlo.»
Rispose
secco Harry, gli occhi incredibilmente verdi che non diedero segno di spostarsi
da quelli grigi dell’altro, che si sgranarono a quelle parole dirette, quasi
come se avesse ricevuto uno schiaffo; infatti la carezza si bloccò, e le spalle
sussultarono, come se l’aria fredda gli avesse provocato un brivido, e lui
sembrò alla disperata ricerca di qualcosa che lo scaldasse.
Harry
portò una mano sulla guancia dell’altro, accarezzandogliela dolcemente, e
portando il pollice sulle sue labbra, sfiorandole in un tocco gentile e
ammirato.
«Non
agitarti, Draco, sai anche tu che è così…»
Continuò
Harry, con tono rassicurante, ma nei suoi occhi, ora fissi sulle labbra
dell’altro, c’era un pozzo di malinconia infinita, e Draco odiava non poter far
nulla per toglierla: avrebbe voluto tirare via tutto il male da Harry,
spezzarlo, bruciarlo, farlo semplicemente sparire, e si sentiva inutile nel non
riuscirci. Ma come sempre non diede forma a quelle parole e si limitò ad
abbozzare un sorriso stiracchiato, inconsciamente più tranquillo dopo le parole
del giovane Potter.
«E
allora lasciamo che sia un’ultima volta fantastica… prima che la guerra spazzi
via tutto.»
Affermò
Draco, avvicinandosi velocemente a Harry, e facendo scontrare le loro bocche, e
le ultime parole non furono che un borbottio sommesso, che sparì quando le loro
labbra entrarono in contatto.
Era
un bacio profondo, a labbra aperte, sensuale, voglioso, bisognoso, e molto
altro. E dopo quello ce ne furono molti altri ancora per tutta la notte: baci
lussuriosi di passione e dolci come lo zucchero; gentili come il tocco di una
farfalla e sensuali nello stuzzicarsi e leccarsi. Furono pelle contro pelle,
bocche baciate, pelli lambite. Furono sudore, urla e piacere. E fu amore. E fu
tutto e fu niente. Fu il tempo che sembrava fermarsi, per poi correre più
veloce, finché non arrivo l’alba, che si portò via tutto; persino il calore.
Solo
una cosa rimase, e fu il ricordo di quanto successo quella notte e tutti i
giorni che l’avevano preceduta; e quei ricordi fecero spuntare il sorriso sulle
loro labbra, vincitori, qualunque sarebbe stato l’esito della guerra.
«Portami
in Paradiso»
Parole
sussurrate poche ore prima, che ora riempivano le loro menti come urla
disumane, come preghiere, squallide in confronto a quando erano state
pronunciate. Perché ora parevano preghiere dei cadaveri deturpati davanti a
loro.
Finché
le urla non uscirono davvero dalle loro bocche,sorpresi e spaventati; consci
che sarebbe potuto succedere, ma forse non ancora pronti ad accettarlo del
tutto.
E,
sebbene vincitori, il sorriso sparì dalle loro labbra.
Come
si può essere vincitori quando si perde tutto?
§
Il
funerale era austero e impersonale. Troppo. Anche se Narcissa piangeva, e
l’aria che aleggiava era triste com’era giusto ad un funerale.
Harry
era rigido, teso e aveva lo sguardo perso. La presa di qualcuno – che cercava
di confortarlo – sulla sua spalla, sebbene fosse non troppo dissimile da una morsa, quasi non la percepiva.
Rimase
in quello stato apatico per molto tempo, ma quando percepì qualcuno fare il
discorso su Draco, si alzò di scatto, sgusciando via dalla presa di colui che
lo teneva, senza nemmeno badare chi fosse a parlare.
«Draco
lo conosco da quando avevamo undici anni. Non posso vantarmi, in effetti, di
averlo davvero conosciuto, se non poco tempo fa.»
Cominciò,
incurante dei borbottii contrariati che cominciarono a risuonare per tutto il
luogo. Cominciò a parlare, senza realmente pensare alle parole pronunciate, ma
lasciando che esse abbandonassero la sua bocca e fluissero senza inibizioni,
così come le pensava.
«L’ho
sempre reputato un ragazzino viziato, e in effetti era così davvero. Era un
figlio di papà, anche un po’ vigliacco, se vogliamo dirla tutta. Aveva mille
difetti: narciso, altero, prepotente, arrogante, irritante e mille altre cose.
Tempo fa, forse più per scherzo che per altro, mi aveva detto cosa odiava dei
funerali: e cioè che tutti parlassero così bene dei morti, quando ognuno di noi
è ciò che fa. E lui ne aveva tanti di difetti, e tanti. Credo che non basterebbe
tutta la giornata per elencarli…»
Fece
una piccolissima pausa, e un impercettibile sorriso increspò le sue labbra,
prima che il viso riprendesse lo stesso gelo di prima.
«…Così
come non avrebbe senso parlare di ogni cosa che ha fatto. Io, piuttosto, terrò
dentro di me tutti i ricordi che ho di lui. Anche se non potrò crearmene altri,
come invece avrei voluto… So che mi odierebbe per essere così miserabilmente
sentimentale, ma io tutti quei suoi difetti ho imparato ad amarli. Ho amato
tutto di lui. Nonostante tutto ciò che ha fatto, perché tutti fanno errori, e
gli ho perdonato cose che non avrei perdonato a nessun’altro; così come lui ne
ha perdonate a me. Tutto questo era iniziato per spiegare, a chi non lo
conosceva, come era davvero Draco, compreso di tutti i suoi difetti. Ma ora
capisco che non sarebbe possibile; troppe sono le cose da dire.»
Un
sospiro abbandona le sue labbra, mentre gli occhi ormai sono pieni di tristezza
che a malapena riescono a trattenere.
«Mancherà
a tutti, anche se non posso credere che mancherà a qualcuno più che a me.
Perché io lo amavo, mentre voi siete qui per chissà quale ragione.»
Altri
borbottii risuonarono, oltraggiati.
«Scusate
l’interruzione.»
Disse
soltanto, tutt’altro che dispiaciuto, prima di abbandonare il luogo, correndo.
Fuori
pioveva, ormai, e Harry lo trovò quasi rassicurante. Dopo qualche minuto di
corsa senza meta si fermò, e alzò lo sguardo al cielo, osservando le gocce che
cadevano dal cielo stranamente luminoso.
Un
urlo rauco e disperato uscì dalle sue labbra, e invisibile lacrime
abbandonarono i suoi occhi, mischiandosi con la pioggia.
Le
ultime lacrime che pianse.
E
poi ci fu la pazzia.
_°_
Lentamente,
Harry riapre gli occhi. Draco, accorgendosene, si sposta, andandosi a sedere
nuovamente sul bordo della vasca, poco lontano da lui, in modo da poterlo
osservare.
Un
sorriso compare sulle labbra di Harry.
Questa
volta sente le forze, ormai quasi inesistenti, abbandonarlo davvero del tutto
e, lentamente, lascia ricadere il capo di lato.
Le
palpebre si abbassano gradualmente, e quando lui le riapre per l’ultima volta,
con le ultime forze, nota la mancanza della presenza di Draco, così come prima
era successo con il riflesso dello specchio, sparito.
«Grazie.»
È
l’ultima parola che pronuncia, in un sussurro, prima che le palpebre cadano del
tutto, e nulla in lui si muova più. Solo l’eco lontano di frettolosi passi, uno
scalpiccio fastidioso, che si avvicina; questo è l’unico rumore nell’aria.
E
poi ci fu buio.
†ThE
eNd†