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Autore: Windter    05/05/2007    0 recensioni
[Maria-Sama Ga Miteru - Youko x Sei]
Attenzione: spoiler su "La Foresta di Spine", Shoujo-Ai.
C'è una ragazza che si aggira, annoiata da tutto e tutti, nei giardini dell'Istituto Lillian.
Il suo nome è Satou Sei. Ed anche se nessuno se lo potrebbe attendere, è il demone biondo destinato a sconvolgere l'esistenza dell'integerrima Mizuno Youko.
Rosa Chinensis en Bouton, per la prima volta nella vita, si ritrova a dover far fronte ad un sentimento che sembra capace di schiacciare la sua razionalità ed il suo senso del dovere. Costretta fra nuove ossessioni e desideri repressi, fra i doveri e i "no" del suo cuore, dovrà imparare a convivere con gli strani ritmi della vita di Sei. Oppure arrendersi e lasciarla volare via, lontano da sè.
Genere: Romantico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shoujo-ai, Yuri
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Riflessi - Ai Margini Della Foresta
[ Riflessi - Youko x Sei ]


II

Ai Margini Della Foresta



Ricordavo come tu avessi trascorso in una grigia solitudine tutto quel tempo, sola e fiera di essere sola. Sola, ed orgogliosa di essere sola. Non avevi bisogno di preoccuparti di niente e di nessuno, ed allo stesso modo sembrava quasi infastidirti chi tentava, in un modo o nell'altro di avvicinarti. Eri chiusa su te stessa, nel tuo mondo riempito da chissà quali interessi. O forse avvolto solo da un ferreo cinismo, un disprezzo, generalizzato per tutto quel che ti circondava.
Guardandoti, in nessun modo riuscivo a spiegarmi come Rosa Gigantea fosse riuscita a convincerti a seguirla, a divenire la sua petite-soeur, ad entrare a far parte dello Yamayurikai. Forse ti aveva presa per sfinimento, oppure semplicemente ti aveva offerto qualcosa che per un istante, anche solo per un piccolo istante aveva attirato la tua attenzione, salvo poi farsi piatto come tutto il resto. Mi domandavo come riuscissi a sopportare il tedio che, giorno dopo giorno, rendeva sempre più spenti i tuoi occhi.

Poi, qualcosa era improvvisamente cambiato. Chissà come, avevi dato modo ad una piccola frattura di aprirsi, ad una piccola scintilla di accendersi. Ed in seguito fu il dirompere violento della piena, un incendio sempre più vasto, selvaggio, pronto a divorare ogni altra cosa. Tu che avevi vissuto in grigio così a lungo, tu che ormai conoscevi solo quel mondo e che solo quel mondo concepivi, eri inciampata in Shiori. Ed in lei, avevi trovato la fonte primigenia del colore. Uno scoppio di luce, la sorgente alla quale finalmente dissetarsi, scacciar via l'aridità di tutti quei giorni in cui la noia sembrava averti serrato la gola in un nodo strettissimo, pesante, tentando di soffocarti.

Ti eri bagnata in quella luce, ti eri abbandonata a quella luce, e da quella luce ti eri lasciata infine invadere. Eri affondata in lei senza esitazione, totalmente, noncurante di ogni altra cosa. Completamente alla deriva nel mare dei suoi occhi, sembravi nutrirti solamente della sua anima. Ed essere pronta, in qualunque istante, a darle in pasto la tua, se solo te l'avesse domandato.


Quando ne iniziai a comprendere la portata, mi resi conto di come la tua reazione fosse riuscita pungermi più in profondità di quanto non avessi voluto ammettere in un primo momento. Quale forza, quale pazzia potevano averti condotta a quel genere di brutale abbandono? Con quale potenza tu, senza curarti di qualunque possibilità, le avevi messo il cuore fra le mani? Come potevi non temere che lo stringesse fino a stritolarlo, o lo gettasse via? Come potevi non avere paura di quell'emozione fortissima, come potevi rimanere accanto a lei, essendo consapevole di quale ascendente avesse su di te?
Come potevi non avere paura; paura di lei?

Questi interrogativi mi tormentavano, e meno cercavo di pensarci, più ogni luogo, laddove prima non eri che un'ombra evanescente, mi schiaffeggiava violentemente con la tua presenza. Nei punti in cui ti avevo visto, fra le parole delle ragazze perdute nei corridoi, sul cartellino con scritto il tuo nome sull'armadietto delle scarpe. Eri ovunque, e come in un incubo mi sembrava di non poter più pensare a nulla, se non a te e a quest'angosciosa apprensione. Che tu l'avresti resa tua petite-soeur, ed avresti messo in chiaro la vostra posizione, mi sembrava doveroso e scontato. Quando l'avresti fatto, rimaneva un mistero che si faceva via via sempre meno sopportabile.

Con il passare del tempo, arrivò il momento in cui mi resi conto che non potevo più attendere oltre, osservandoti da lontano. Avvertivo il bisogno, quasi fisico, di avere una risposta. Di venire a sapere direttamente da te, che eri l'unica cui avrei creduto pienamente, che le cose erano differenti da come pensavo. Perché no, nessuno mai avrebbe avuto abbastanza coraggio da agire in quella maniera. Era giunto il momento di affrontarti direttamente.

Approfittando della scusa di portare a compimento i miei compiti di bouton, a più riprese ti avvicinai per ricordarti dei tuoi doveri, suggerendoti di riconoscere ufficialmente Shiori in qualità di tua petite-soeur. Dall'esterno era chiaro quanto fosse solido il vostro legame, molto più di quanto forse voi due non pensaste. Ma io volevo, io dovevo saperne di più, e dovevo saperlo dai tuoi occhi.
Quando mi rispondesti che si trattava di un rapporto talmente importante da non aver bisogno di alcuna ufficializzazione, travalicando ogni altra cosa, mi si strinse una morsa nel petto. Una fitta piccola, ma penetrante, dal sapore agrodolce come un bel film dal finale drammatico. Era pura follia!

Attonita, mi arresi all'idea che eri davvero così forte, o così pazza, da farlo sul serio.


La sensazione che, pensando a te, provavo era quella di assistere da terra al volo di una ragazza talmente temeraria ed appassionata da essere stata capace di gettarsi ad occhi chiusi dalla cima di un'altissima cascata. Sfidando l'acqua, sfidando la natura, sfidando la morte.
Io ero lì, ad osservarti, e fu proprio il gusto di quella sfida ad accendere qualcosa di diverso in me. Io, dal carattere attento e previdente, avrei teso a calcolare ogni passo, l'uno dopo l'altro, sino al raggiungimento dell'obiettivo finale, quale che fosse. Tu non ci avevi pensato due volte, invece. Ti eri semplicemente lanciata in avanti con tutte le tue forze, in un balzo verso l'ignoto. Così sfrontato, pensai, e così terribilmente passionale. Così vitale.


Fu così che dovetti annunciare al Rosa Gigantea il mio insuccesso, e cacciare giù nello stomaco quella stretta feroce che avevo avvertito quando avevi rifiutato la mia proposta.
Quando mi avevi rifiutata.
Considerai che sarebbe stato meglio girarti alla larga per un po', dedicandomi a Sachiko ed ai miei impegni. Ma presto mi resi conto di come, un po' per caso e un po' per curiosità, i miei piedi tendessero a riportarmi nei tuoi pressi. I miei occhi alla tua figura, le mie orecchie alle tue parole.
Non sono una persona che mente facilmente a sè stessa, ma spesso non è facile rendersi conto precisamente dei movimenti del cuore. Quando infine ci trovammo di fronte, la porta della classe aperta fra noi ed uno sguardo incuriosito, dei tuoi occhi nei miei occhi, a riempire il silenzio, bastò solo quell'attimo per decifrare, ed ammettere, quel che il mio corpo ancor prima della mia mente aveva capito; quel che avrei voluto.


Avrei voluto avvicinarmi a te, fermarmi al tuo fianco, sorriderti e prendere a parlarti di tutto quel che non fosse né Shiori, né lo Yamayurikai. Ogni altro argomento sarebbe andato bene, davvero. Avrei voluto che anche solo per una volta tu mi guardassi in quanto Mizuno Youko, non in qualità di membro del Concilio Studentesco; semplicemente Youko, una come tante. Una ragazza che poteva avere piacere di intrattenersi con te senza aver per forza un doppio fine, senza essere stata mandata dalle Rose. Una ragazza vera, non solo una carica, non solo un nome. Uno spirito, un corpo, un paio di mani, un paio di occhi. Qualcuno che poteva di sua sponte voler imparare a conoscerti, poter condividere con te momenti, interessi comuni, e perché no, magari anche confidenze.

Ma non potevo, non mi era concesso. L'unica maniera attraverso la quale potevo cercarti erano le finestre della Casa delle Rose, alle quali mi affacciavo ogni qual volta avvertivo la tua assenza; ore su ore a cercare la tua figura fra gli alberi ed i sentieri, stringendo fra le mani tazze di the ormai freddatosi da tempo. Non avevo modo né possibilità di farmi avanti in nessun'altra maniera, se non come Rosa Chinensis en Bouton. Non in quel momento, non tu, non io, non noi.

Strinsi i denti e ti sorrisi, chiedendoti di lei.


Ripensandoci a posteriori, mi rendo conto di come ormai buona parte di quei sentimenti si sia fatto memoria. E' una sensazione strana, e calma, di quiete interiore. Riuscire a guardare al passato per quello che è stato, con tranquillità ed affetto, è forse una delle sensazioni più rassicuranti possano esistere. L'apprensione, la sofferenza, e perché no, oggi posso dire anche la gelosia; tutto è lentamente sedimentato rendendosi ricordo, più che sensazione.
Malgrado questo, rammento con relativa nitidezza quante volte in quel periodo discutemmo così, da bouton a Sei. E quanto, ogni volta, mi colpisse in profondità il tuo atteggiamento nei miei confronti.

Era dolorosamente evidente come mi ascoltassi a stento. Così come a me non interessava nulla di tutto quel che ti dicevo, a te non interessava nulla di tutto quel che avrei potuto dirti. Il nostro era un discorso finito in partenza, fra una muta ed una sorda; erano i cuori a parlare a voce più alta. Il tuo, teso verso Shiori. Il mio… il mio aveva già imboccato il binario che mi avrebbe condotta sin qui, oggi ed adesso. Ma io ancora non ne ero pienamente consapevole, né immaginavo quali sarebbero state le conseguenze di quel piccolo, enorme sconvolgimento.

Se mentre ti parlavo, ricordandoti i doveri di un membro dello Yamayurikai, il tono della tua voce - che in quei casi si faceva cupo e deciso - non era abbastanza per dimostrare il tuo disinteresse, l'opacità dei tuoi occhi mentre parlavi con me bruciava, come uno schiaffo in pieno volto.

Allora l'invidiai.
Non l'avrei mai confessato, ma invidiai apertamente quella ragazza.
L'invidiai per la luce che si accendeva nel tuo sguardo, ogni volta che i tuoi occhi si posavano su di lei. L'invidiai per la sua capacità di disarmare completamente le tue difese, l'invidiai per la limpidezza con cui ti consegnavi nelle sue mani, per la fiducia assoluta che riponevi in lei. L'invidiai per il suo essere oggetto di un simile, totale, ardente abbandono. L'invidiai perché potevo cogliere il tuo respiro rallentare quando il suo passo, leggero e calmo, si avvicinava a te.
Ed insieme al tuo, infine mi accorsi, rallentava anche il mio.

Era arrivato ormai anche il periodo frenetico dell'organizzazione del Festival Scolastico, fatalmente in contemporanea con gli esami bimestrali, e visto lo scarso apporto che la famiglia della Rosa Gigantea stava dando alle attività del Concilio Studentesco la mia onee-sama aveva bisogno di tutto l'aiuto possibile. Sachiko ed io ci prodigavamo per darle una mano, scrivendo e chiedendo, preparando liste e organizzando riunioni, continuamente. Ma il mio interesse nei tuoi confronti si era fatto, da svogliata curiosità, ormai quasi una missione vitale, alla quale non potevo più rinunciare. Persino mentre discutevamo in tua assenza, allo Yamayurikai, non perdevo occasione per tornare con lo sguardo sulle finestre, fiduciosa in loro. Sicura che prima o poi mi avrebbero mostrato la tua figura. Passando man mano sempre più tempo là vicino, ad osservare le ragazze passeggiare lungo i viali, e cercare fra di loro una chioma stranamente bionda.

Fu insomma in quei giorni che, d'improvviso, mi resi conto di come stesse nascendo in me quel piccolo focolaio, profumato di gelosia, che sarebbe ben presto divampato in un incendio incontrollabile.


Non solo la mia mente era spesso distante, non solo quando non ero a guardare fuori dalla finestra della Casa delle Rose la mia attenzione era pressoché completamente rivolta alle notizie che passavano di bocca in bocca, per quanto tentassi di celare il mio interesse sotto un comportamento distaccato ed integerrimo. Il problema era proprio la dimensione ormai assunta dal passaparola. Se avesse raggiunto la Direzione, che sarebbe accaduto? Ed ancora, quale responsabilità avrebbe gravato su Rosa Gigantea, e su di noi tutte, in un simile caso?
Come un'ombra oscura e tentacolare, la tensione aveva lentamente preso possesso dei pomeriggi della Casa delle Rose, in un'atmosfera quietamente irreale. Come se tutte noi attendessimo, rassegnate, l'ormai prossimo svolgersi di un accadimento superiore che potesse guidare i nostri atti futuri in una direzione netta, quale che dovesse essere. Un intervento divino, un intreccio di destino; forse per una volta la voce di Maria-sama, magari stanca di rimanere sempre, solo a guardare. Qualunque cosa sarebbe andata bene.

In particolar maniera le Rose parevano insolitamente riflessive, laddove in un'altra occasione sarebbero senza dubbio intervenute immediatamente. Tutto sembrava indicare che molto presto sarebbe successo qualcosa di grosso, le voci su voi due ormai si rincorrevano per l'intero Istituto. Sussurrate come una preghiera nelle aule vuote, perché nessuna avrebbe mai osato parlare di un così dolce e proibito delitto se non segretamente, a fior di labbra.

Così, in quello stato di apatica tensione, sembrarono passare settimane, mesi, vite intere sospese in un'attesa senza fine. Infine, qualcosa effettivamente accadde.

Oggi, intuisco si trattò di una notizia, forse un suggerimento riguardo quanto poi sarebbe di fatto avvenuto. Ad ogni maniera, durante quel loro colloquio privato Rosa Gigantea riuscì, attraverso parole che non conosco, a convincere sia Rosa Foetida che la mia onee-sama a limitarsi ad osservare la situazione, e nemmeno poi troppo direttamente. Non era così fondamentale che tu la rendessi tua petite-soeur, questa fu l'unica cosa che si evinse chiaramente dalla riunione delle Rose. La conclusione era che andavi lasciata in pace.
Fu come se un vetro invisibile si fosse spezzato di schianto, come se l'intera Casa delle Rose avesse improvvisamente ripreso fiato dopo una lunghissima apnea; come lo schiarirsi del cielo dopo la minaccia del temporale. Le attività ripresero con maggiore leggerezza, e tutte presero ad agire come nulla fosse accaduto. Ci misi qualche tempo a ricevere, capire ed ad accettare la risoluzione delle Rose: attendere in silenzio, fingendo di non vedere, perché ogni cosa si sarebbe risolta da sé entro breve tempo.

Chiaramente, in qualche modo infransi la loro direttiva, continuando a tenerti d'occhio.


Un po' perché occhi scuri continuavano a cercarmi, quasi forsennatamente, senza bisogno ponessi loro questioni. Pronti a porgermi le loro risposte in cambio della grazia di potermi anche solo vedere da vicino, sfiorare, passare pochi istanti in mia compagnia. Potenza del prestigio, potenza di rivestire la carica di Rosa Chinensis en bouton; potenza di essere una delle studentesse più in vista dell'intero Istituto.

Un po' perché avvertivo attanagliarmi una sensazione di incompletezza, quasi di fastidio. Anzi, a pensarci bene in quei giorni mi sarei detta veramente innervosita dalla situazione. Fra me e me mi ripetevo che il tutto era riconducibile ad una sola ragione: far finta di nulla avrebbe corrisposto a dartela vinta, e quindi legittimare il tuo comportamento di totale disprezzo (vita, si chiamava vita. Vivere appassionatamente, sfrenatamente, nel nome di un sentimento così potente che…) nei confronti della disciplina dello Yamayurikai e delle regole del Lillian.
Intanto, però, tentavo di mettere a tacere la voce che nella mia mente ripeteva insistentemente il nome di Kubou Shiori, così come mi era stato bisbigliato la prima volta che mi avevano riportato notizie sul suo conto: in un sussurro. E con lei, tentavo di scacciare la sua immagine, e quella dell'espressione del tuo viso in sua presenza.

In realtà, al di là delle scuse e delle confusioni, in profondità sentivo che non era giusto che tutto finisse in quel momento. Che volevo poterti seguire ancora, poterti scoprire ancora. Che volevo vederti ancora, vederti dentro, con tutta me stessa. E non appena lo realizzai, mi arresi all'evidenza. Confrontato all'urgenza, all'importanza del mio desiderio di te, tutto il resto non aveva alcun peso.


Ormai, la mia abitudine si stava facendo prassi. Nella mia mente, non esisteva nessun altro modo attraverso il quale avrei potuto trovarti, l'appuntamento alla finestra era ormai un piacere lezioso, pressoché irrinunciabile. Dalla prima volta in cui, attraverso il vetro della Casa delle Rose, ti avevo vista passare lungo il viale, avevo trascorso sempre più tempo prima a sbirciare, poi ad osservare deliberatamente, infine a guardare fisso fuori dalla finestra.
Ed i momenti si erano fatti quarti d'ora, i quarti d'ora si erano fatti pomeriggi che, lentamente, avevano intaccato e corroso la mia abitudine ad uscire. Mi ci rinchiudevo con il pretesto di lavorare per lo Yamayurikai, ed invece aspettavo ed aspettavo, come una vedova in pena per un marito già morto, la tua apparizione.

Le voci, non avevo bisogno di inseguirle. Giungevano a me lo stesso, con sorprendente facilità, anche solo nel mero tragitto che percorrevo quotidianamente sino all'uscita dell'Istituto. Ma di vederti, di osservare i tuoi gesti, di quello avevo bisogno più che mai. E, scherzo del destino, tu eri l'unica cosa che mi mancava.
Dentro di me sentivo l'esigenza di capire, e sapevo che solamente in quel modo avrei potuto riuscirci.


Ci misi poco, insomma, a scoprire quanto mi costasse fare come se non esistessi. E deliberatamente presi la decisione di non allentare l'attenzione. Non avevano importanza - risolsi, scaricando un po' di peso dalla mia coscienza - quali fossero le motivazioni che mi spingevano a farlo. Se anche fossi stata scoperta, accampando le giuste scuse sarei riuscita a giustificare pienamente la mia decisione, agli occhi del Consiglio Studentesco così come a quelli della Direzione.
Comunque fosse andata, in definitiva, ne sarei uscita assolutamente immacolata. Ed anche se così non avesse dovuto essere, mi dissi che era giunto il momento di compiere una scelta. Gettarmi, osare sfidando il rischio e sperando andasse tutto bene, o ritrarmi, e tacere per sempre. Vivere o morire.

In cuor mio, visto il tuo esempio, avevo già scelto da tempo.
  
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