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Autore: Eternal_Blizzard    21/10/2012    3 recensioni
Chiuse un istante gli occhi e poi li riaprì, trovandosi Tsurugi a pochi centimetri di distanza. Prima che però potesse chiedere cos’avesse intenzione di fare, si sentì afferrare per la spalla e trascinare, venendo infine spinto così da ritrovarsi seduto sulla panca. Sbatté più volte le palpebre e fece per domandare che diavolo stesse facendo, ma il blu lo precedette, scocciato.
«Sfogati» ordinò.
«Scusami?» inarcò un sopracciglio, confuso.
«Sfogati. Non è difficile da capire» ribadì.

Era un po' che Shindou sentiva Kirino distante da sé e la cosa lo faceva star male più di quanto pensasse. Però, far finta di nulla non era così difficile, nessuno se ne accorgeva... eccetto un dato cannoniere dai capelli blu, probabilmente.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Gelato. Sarà che quel giorno era particolarmente caldo o magari era solo perché avevano appena finito di allenarsi oppure ancora perché semplicemente non ne mangiava da tanto, ma Shindou Takuto aveva voglia di gelato. Finì d’infilarsi la giacca della divisa scolastica e l’allacciò, sorridente. «Hanno aperto da poco una gelateria in centro. Io non ci sono ancora mai andato… che ne dici?» propose, chiudendo il suo armadietto e voltandosi a guardare il migliore amico, che si stava allacciando la camicia. Questo parve cadere dalle nuvole e lo fissò, con la bocca semiaperta.
«Eh? Che ne devo dire?» inarcò un sopracciglio, sedendosi sulla panchina per allacciarsi le scarpe appena infilate. Poi, una volta realizzato, annuì. «Giusto, scusa. Andiamoci» acconsentì, salutando con un cenno del capo i primi compagni che facevano ritorno a casa. Lo stesso fece Shindou, prendendo la cartella.
«Bene, allora ti aspetto» sorrise, annuendo, ma Kirino lo guardò stralunato.
«Ma dicevi oggi?!» domandò forse con troppa enfasi, tanto da lasciare perplesso l’amico, il quale annuì nuovamente. «Ah… guarda…» si rialzò in piedi, grattandosi la testa con una mano e portandosi l’altra al fianco. «No, oggi proprio non posso. Avevo promesso a Kariya di accompagnarlo in un posto…» spiegò, guardando il castano dispiaciuto. «Mi spiace, facciamo un’altra volta, ok?» si scusò chiudendo un occhio ed unendo le mani di fronte al viso, mostrando un mezzo sorriso imbarazzato. Non se n’era subito reso conto, ma Shindou era rimasto con gli occhi più aperti del dovuto e la bocca socchiusa. Tornò sulla Terra con uno scuotimento di testa e sorrise rassicurante a quello dai capelli rosa.
«Non devi preoccuparti. Se eri già impegnato non possiamo farci nulla» fece spallucce. «Sarà per domani, magari» risolse pacato, ma l’altro, adesso con entrambe le mani sui fianchi, piegò il corpo e la testa, indirizzando lo sguardo nella direzione in cui si stava inclinando.
«Mmmmhhhhh… no. Un’altra volta. Poi ci si organizza, dai» gli disse, prima storcendo le labbra e poi piegandole in un sorriso. Entrambi salutarono un secondo gruppo che usciva e poi Shindou si costrinse a continuare ad annuire ancora, sussurrando un “ok”.
«Senpai, se non ti muovi ti lascio qui!» urlò Kariya, sulla porta. «Già hai insistito tanto per venire, se poi mi fai pure aspettare…» si lamentò sbuffando.
«Stai zitto! Arrivo, arrivo!» roteò gli occhi azzurri Kirino, afferrando la propria giacca e la cartella, raggiungendolo. «Davvero, scusami eh» biascicò rivolgendosi un’ultima volta a Shindou, per poi dileguarsi. Il castano salutò con la mano, a labbra strette.
«Ci vediamo domani, Shindou-senpai!» gli apparve davanti Tenma, tutto sorridente. Il castano sobbalzò.
«Mh, a domani» acconsentì.
«Tutto ok, senpai? Te ne stai immobile…» chiese il più piccolo, notando la rigidità dell’altro, che fece cenno di sì.
«Certo, non preoccuparti» gli sorrise, mentre Shinsuke si intrometteva, indicandogli un punto sotto la panca.
«Senpai, lì ci sono degli scarpini… sai di chi sono?» gli domandò, ottenendo un sospiro come risposta.
«Sono di Kirino…» rispose. «Tranquilli, li metto via io» gli disse. I due si scusarono, poiché avrebbero voluto aspettarlo, ma Aki li stava attendendo e quindi dovevano scappare. Ribadì che non dovevano preoccuparsi e li guardò allontanarsi finché non sparirono oltre l’uscio. Rimase fermo qualche altro istante , sospirando e perdendo il sorriso e fece scivolare la tracolla dalla sua spalla, ignorando il tonfo sordo che fece cadendo, rimbombando per tutta la stanza ormai vuota. Sospirò ancora, dal naso, e si chinò a prendere gli scarpini, per poi aprire l’armadietto dell’amico per riporli al suo interno. «Ma dove ha la testa quel ragazzo? Dove?» si chiese ridacchiando senza trasporto, emettendo un ultimo sospiro, battendo il pugno sul ripiano metallico.
«Non ti hanno mai detto che i sospiri scacciano la fortuna?» domandò Tsurugi, sistemandosi al collo il mantello. Non ottenne nessuna risposta, ma non vi fece caso. «E Kirino lo sa che frughi nel suo armadietto?» ghignò.
«Io ho a sua combinazione e lui la mia» spiegò in breve, stringendo e riaprendo il pugno del braccio teso lungo il fianco, tremante. Il blu fissò quell’arto, facendosi serio, e poi alzò lo sguardo dove avrebbe dovuto esserci il volto di Shindou, ancora coperto dallo sportello che non aveva più chiuso.
«Stai piangendo?» domandò, non riuscendo a vederlo.
«Di solito sei sempre il primo ad andartene. Perché oggi no?» chiese, in risposta. L’altro inarcò un sopracciglio, ma decise di non rispondere; anzi, continuò ad interrogare.
«Vuoi che me ne vada, per caso?» scosse la testa, contrariato. E lui che stava anche mostrando interesse. Non si aspettava una risposta, o almeno non immediata, quindi aprì bocca per aggiungere altro, ma sentendo che il castano stava rispondendo, rimase a bocca aperta, bloccato.
«Sì, Tsurugi. Non te lo chiederei di solito, ma… Adesso vorrei rimanere un attimo solo, se non ti spiace» gli sussurrò, rimanendo immobile. «Ho un po’ di pensieri per la testa» disse con un tono di voce talmente flebile da risultare praticamente impercettibile all’orecchio umano. Tsurugi roteò gli occhi.
«Come se ti lasciassi qui a piangere da solo. Sarebbe triste, senpai» gli disse, incrociando le braccia al petto, seccato. Non che lo facesse spesso – anzi, il numero di volte in cui piangeva era diminuito notevolmente – ma le lacrime gli uscivano troppo facilmente, se era stressato. Proprio perché non capitava quasi più, l’idea che ricominciasse non gli faceva particolarmente piacere.
«Non sto piangendo!» sbottò il castano, chiudendo di scatto l’armadietto con un pugno, voltandosi verso il più giovane. Strinse le labbra, mentre lo guardava stranito, ma poi scosse la testa portandosi una mano al viso. «Scusami, non volevo prendermela con te…» sussurrò.
L’altro alzò una spalla e storse la bocca. «Quello non è “prendersela con qualcuno”. Non devi scusarti» affermò, inarcando un sopracciglio. Shindou annuì alle sue parole, abbassando lo sguardo divenuto leggermente lucido, ma non aggiunse niente di più, rimanendo fermo a fissare un punto indistinto sul pavimento, in silenzio. «Vuoi sfogarti?» chiese secco, rompendo la quiete che si era andata a creare. Vedendo sgranarsi dallo stupore gli occhi del castano, il blu si sentì in dovere di giustificarsi, schioccando la lingua. «Non per nulla, ma ho tempo da perdere e questo silenzio mi urta» borbottò, voltando lo sguardo. S’irrigidì leggermente quando sentì ridacchiare, anche se di nuovo senza molta enfasi, il ragazzo insieme a lui.
«Ti ringrazio, ma non ce n’è bisogno, davvero» abbozzò un sorriso, coprendosi la bocca con il pugno. Chiuse un istante gli occhi e poi li riaprì, trovandosi Tsurugi a pochi centimetri di distanza. Prima che però potesse chiedere cos’avesse intenzione di fare, si sentì afferrare per la spalla e trascinare, venendo infine spinto così da ritrovarsi seduto sulla panca. Sbatté più volte le palpebre e fece per domandare che diavolo stesse facendo, ma il blu lo precedette, scocciato.
«Sfogati» ordinò.
«Scusami?» inarcò un sopracciglio, confuso.
«Sfogati. Non è difficile da capire» ribadì. Lo vedeva nervoso già da un po’ di tempo e se avesse continuato così probabilmente sarebbe scoppiato. L’unica cosa da fare era, come gli stava dicendo – o meglio, intimando – sfogarsi. Mantenne lo sguardo dorato in quello castano di lui finché questo non scoppiò in una risata nervosa.
«Tsurugi, non ho bisogno di sfogarmi, fidati. Sto bene ok?» gli disse appoggiando i gomiti sulle ginocchia, intrecciando le dita. Gettò la testa in avanti, così che la frangetta rendesse impossibile vedere la sua espressione.
«Certo, infatti gli occhi lucidi ce li ho io» sibilò il cannoniere, stringendo gli occhi. Quell’atteggiamento l’irritava non poco. Non era quello il senpai che ammirava; quello che nelle situazioni peggiori anche se all’inizio si scoraggiava poi “tirava fuori le palle”, come si suol dire. «Mi pare evidente che c’entra il senpai Kirino. Non voglio né farmi gli affari tuoi, né ho intenzione di obbligarti, ma mettiamola così: non voglio che eventuali problemi con lui ti distraggano in campo. Sei il regista, devi essere il più concentrato» l’imbeccò, serio. Sperava che con quelle parole lo spingesse a farlo parlare, anche solo un po’. Il senpai annuì lentamente, ma non disse nulla, costringendo il blu a schioccare la lingua. «Facciamo così, se non vuoi, ti vergogni o non so che. Tu parli da solo, rifletti tra te e te, insomma» iniziò, girandogli intorno ed andando a poggiarsi con la schiena agli armadietti alla sue spalle. «Io, casualmente, sento, senza che tu lo sappia. Poi se mi scopri e vuoi parlarne, fai tu; altrimenti io no so niente e tu non hai detto nulla» terminò, incrociando le braccia al petto. E ci stava mettendo troppo impegno; forse doveva solo ignorarlo e lasciar correre, ma per qualche motivo non ci riusciva, quindi rimase in attesa. Dovette attendere per un paio di minuti, ma poi Shindou si decise a parlare.
«Mi manca Kirino» disse, secco. «O meglio, ho paura di perderlo. Se succedesse, so già che mi mancherebbe sul serio, tanto da farmi male» confessò, mentre gli occhi si facevano caldi. Non gli importava se Tsurugi si trovava dietro di lui e anzi era possibile che, continuando il discorso, si dimenticasse anche della sua presenza, ma aveva davvero bisogno di parlare e quello era il primo momento utile che gli si presentava. Si sarebbe voluto tenere tutto dentro, silenziosamente, ma si rese conto solo in quel momento che se avesse continuato non avrebbe retto un giorno di più. «Ci tengo a lui, mi pare ovvio visto che è il mio migliore amico da anni, ma… Lo sento lontano e questo mi fa star male. Sta sempre con Kariya, Kariya sta sempre con lui; si cercano e…» scosse la testa, piano. «Era normale che avesse altri amici oltre me, però. Non è quello che mi fa star male, il fatto che si siano avvicinati così tanto mi fa piacere e son contento per loro, dico davvero. Quello che mi fa male è che, per lui, Kariya è un amico decisamente migliore di me» ridacchiò, poggiando la fronte sul palmo della mano.
«Cosa te lo fa dire?» si trovò a domandare Tsurugi, seccato. Non pensava, ma quel discorso gli dava più fastidio di quanto potesse immaginare. Anche perché, detto sinceramente, non l’avrebbe mai immaginato.
«Forse il fatto che lui, tra tutti i suoi scherzi e dispetti, gli da attenzioni e l’aiuta se gli serve? Chi è che gli ha lasciato il posto, quando dovevamo andare nella Francia medievale? Lui! Mentre io non ho mosso un dito, nonostante, peraltro, avessi già fatto il Mixi-Max. Lui»  si batté un pugno sul ginocchio. «Chi è che si è accorto che aveva qualcosa che non andava? Io? No, sempre Kariya. È questo che ci si aspetta dal migliore amico? Dall’amico d’infanzia? Non dovrei essere io quello che lo capisce meglio di tutti, che si accorge che sta male e lo consola?» chiese, mordendosi il labbro. «Ma sai la cosa che più mi disturba? Il fatto che non posso odiare lui, per questo. Non ha colpe, solo io ne ho. Posso prendermela solo con me stesso…» disse, con voce rotta; le prime lacrime che scendevano calde. «Mi sento uno schifo, mi dispiace… Io l’ho trascurato, tra viaggi nel tempo, partite… Anche solo per passare più tempo con te, Tenma e gli altri… L’ho messo in secondo piano» terminò, rimanendo in silenzio a piangere. Avrebbe voluto aggiungere che anche prima, quel giorno, gli aveva detto che aveva promesso a Kariya di andare con lui “da una parte”. Normalmente gli avrebbe detto “quella parte” dov’era. Oppure, Masaki aveva detto che “aveva insistito tanto”. Quindi era una bugia quella che gli aveva detto? Era perché non si fidava più di lui? Perché non voleva più condividere nulla con lui? Forse pensava troppo, spesso gliel’avevano rimproverato, ma la paura che quei pensieri non fossero semplici viaggi mentali era grande. Tirò su con il naso, tra una lacrima e l’altra, quando all’improvviso sentì un colpo alla schiena, per poi trovarsi con le ginocchia e per poco anche la faccia sul pavimento. Si voltò e vide Tsurugi con le mani in tasca e il piede con il quale l’aveva calciato ancora sollevato in aria. «Che..?» riuscì solo a domandare.
«Ti facevo più intelligente, senpai» sibilò irritato il più piccolo. «Hai paura che si senta trascurato? Che non ti voglia più bene? E allora alzati e invece di frignare vai a chiarirti con lui, no? Non mi pare tanto difficile» roteò gli occhi. «Muoviti, fatti una corsetta per raggiungerlo e parlaci. La cosa non può risolversi da sola improvvisamente» ribadì, poggiando il piede a terra. Il castano l’ascoltò attentamente e riuscì a fermare le lacrime, sedendosi sui propri talloni e girandosi a guardare il pavimento. Tsurugi sbuffò. «Io ti dico di muoverti e tu ti siedi?» domandò ironico.
«Dai… Hai ragione, ma…» tirò su con il naso e si passò la manica sugli occhi, sospirando. «Anche se fosse, adesso non potrei. Sta con Kariya non so dove, non mi va di disturbarli» disse, facendo spallucce.
«Veramente no, senpai» si sentì rispondere. Si voltò a guardare Tsurugi con sguardo interrogativo dato che il timbro di voce che aveva sentito decisamente non era il suo, ma quello scosse la testa come ad indicare che, difatti, non aveva fiatato. Entrambi, vedendo un movimento sulla porta con la coda dell’occhio, si voltarono e videro spuntare Kariya, che distolse subito lo sguardo imbarazzato.
«Kariya? Non eri con Kirino?» domandò Shindou, alzandosi e strofinandosi il naso con il polso. Gli venne naturale fulminare Tsurugi con lo sguardo per averlo “costretto” a sfogarsi e quindi essere sentito, ma venne ignorato.
«Avevo scordato la borsa…» informò, indicando ai due l’oggetto poggiato a pochi centimetri di distanza da loro. E nemmeno l’avevano notata. «Al senpai non andava di tornare indietro, quindi sono da solo, tranquilli. Mi sta aspettando per strada, perciò non ha sentito nulla di quello che hai detto tu» disse, indicando Shindou mentre andava a prendere la borsa. Si lasciò sfuggire un colpo di tosse e mosse un passo verso la porta. «Beh, allora, con permesso…» salutò con un cenno della mano per poi fare per dileguarsi, solo che si bloccò a testa bassa una volta raggiunta nuovamente la porta, alla quale si appoggiò con una mano. Rimase fermo qualche istante e poi si voltò leggermente, quel tanto che bastava per vedere il ragazzo più grande da dietro la propria spalla.
«Che succede? Non c’è Kirino che ti aspetta?» chiese Shindou notando che l’azzurro non aveva intenzione di parlare e, a quanto pareva, nemmeno di smettere di guardarlo.
«Sì…» si voltò del tutto, portandosi una mano al mento e riguardando altrove. «Senti, se vuoi puoi raggiungerlo tu, senpai» bofonchiò. «Tanto io devo andare solo a comprarmi dei manga, non mi serve la sua compagnia. E poi diciamocelo, se me lo togli di torno mi fai un favore» commentò seccato, ritrovando la sua solita spigliatezza.
Tsurugi incurvò un sopracciglio, osservando il compagno di classe.
«Come puoi dire una cosa del genere?» sbottò il castano, per poi scuotere la testa. «Comuqnue nonpreoccuparti, grazie. Andate pure a comprare i tuoi manga. Ci parlo un’altra vol-»
«Aaaaah, non scocciare, senpai» l’interruppe Kariya, portandosi le mani dietro la testa. Bisognava portare rispetto ai senpai diversi da Kirino, lo sapeva bene, ma in quel momento era impegnato a fare un’opera di bene alla quale non era abituato, quindi Takuto ci sarebbe dovuto passare sopra. «Tu vuoi chiarirti con lui e s’è capito, ma anche lui vuole farlo più di quanto immagini. È sempre tutto uno “Shindou qui, Shindou lì”, o sbaglio? Lui tiene a te come tu a lui, quindi andate a chiarire e smettete di farci pesare la vostra vicinanza» sbuffò.
«…noi non facciamo pesare niente a nessuno» si lamentò il più grande, stringendo le labbra. Se avessero chiesto a chiunque della squadra, gli avrebbero tutti risposto che tra loro due non c’erano problemi e filava tutto liscio come sempre e questo perché evidentemente erano stati entrambi attenti a non far notare a nessuno di aver qualcosa che non andasse. «E…» aggiunse, lasciando però cadere il discorso.
«Su, senpai, raggiungilo» roteò gli occhi Tsurugi, intromettendosi.
«Sappiamo tutti che il senpai ti sta aspettando» concordò Kariya, portandosi le mani ai fianchi.
«Smettetela con tutti questi “senpai”, che poi ci si confonde» li rimproverò Shindou, riprendendo la cartella ed avviandosi alla porta, dove si fermò appena superato Masaki. «Grazie» gli disse, senza guardarlo. «A tutti e due!» concluse alzando la voce, così che lo sentisse anche il ragazzo rimasto all’interno dello spogliatoio. Dopodiché si dileguò, facendo sospirare i due ragazzini.
«E dire che sono i senpai a doversi occupare dei kouhai… ma dimmi tu» sospirò Kariya esasperato.
«Non pensavo ti preoccupassi anche di Shindou» sbeffeggiò Tsurugi. «O forse l’hai fatto solo per Kirino?»
«Nessuno dei due. È solo che io non sono scemo come gli altri, vedere quei due che fanno finta che vada tutto bene è snervante» si lamentò, acido.
«Concordo» annuì il blu, affiancandoglisi. «E quindi Kirino avrebbe insistito tanto per accompagnarti a comprare dei manga?» indagò, vago.
«Macché. Devo comprare una nuova scrivania e rompeva dicendomi che non posso portarla da solo» spiegò.
«Capito» concluse il più alto, secco. Kariya lo guardò di sottecchi e si passò l’indice sotto il naso, poco convinto sul da farsi. Quando si decise a salutare, Kyousuke s’incamminò. «Forza» gli disse, lasciandolo perplesso.
«”Forza” che?» chiese, osservandolo sospettoso.
«In fondo Kirino ha ragione, non puoi portare una scrivania da solo» fece spallucce, senza fermarsi. Masaki sbatté un paio di volte le palpebre e poi gli corse dietro, così da camminargli al fianco.
«Non aspettarti che ti ringrazi» brontolò, per poi sogghignare mentre Tsurugi gli lanciava una semplice occhiata. Kariya gli lanciò un ultimo sguardo e poi, con tono vago, riprese a parlare. «Senti, ma… Se passassimo alla gelateria di cui parlavano prima i senpai…»


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Kirino. Kirino everywhere. Ho intenzione di scrivere su Shindou e Tsurugi? Bene. state certi che Kirino si intromette. Mah.
Vabbeh, salve a tutti! Ecco... il titolo e la fine al solito fanno schifo, ma... non lo so. Non so davvero cosa commentare di questa fic, perché era nata come una delle mie solite (???) pseudo-kyoutaku. Io, dopo aver visto che una persona che io non citerò esplicitamente per orgoglio (????) aveva fatto una strip su Shindou e Tsurugi tratta da una nostra role via messaggio.... Mi son detta "perché non farci una fic". Solo che poi non mi veniva nulla e non l'ho più scritta. Anche se ora sto postando ciò.
Prima doveva essere uno sfogo di Shindou su Kirino fatto a Tsurugi. Poi dopo che avevo disegnato Shindou che piangeva con Kariya che lo teneva dispiaciuto per la manica chiedendogli scusa... si è imbucato Kariya alla fine della fic ed è venuto tutto quel pezzo in più. Scusate. AH! Siccome è la prima volta che "muovo" Masaki... vi prego, dtemi se è ooc .__. Quando scrivo non me ne rendo conto a differenza di quando leggo fic altrui... che palle D:
Ah, il gelato non ha motivo. Solo, avevo caldo mentre scrivevo, as usual.
E Finisco qui di scrivere. Spero solo che i pg siano IC e... che la fic vi piaccia. Spero vivamente che il discorso di Shindou non sia senza nè capo nè coda perché ci tengo molto, siccome è anche un semi sfogo mio (?). E... basta, che poi ammorbo.
Beh, se vi va fatemi sapere che ne pensate °3°
Grazie a tutti qulli che leggono e recensiscono le mie fic ><
Saluti

Ryka
  
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