And very restful every now and then
The Seven Deadly Virtues, Camelot
#1-
Andromimetophilia [Male!Ungheria/Fem!Polonia]
Le sue dita
seguono il bordo della giacca scura, attente, dal basso
all’alto. Si soffermano su un bottone dorato, e poi scivolano
sulla camicia in un gesto pigro, e accarezzano la seta candida,
così liscia e morbida sotto i polpastrelli. Il seno di Felicia non esiste,
pensa brevemente Elek, ma la sua mano rimane lì, ferma sul
suo petto, come in un placido riposo.
Elek alza gli
occhi e le labbra sottili di Felicia si stirano in un sorriso
compiaciuto e gli occhi verdi le brillano di una luce avida, divertita.
Sembra un ragazzino impertinente, con i corti capelli biondi che le
incorniciano il viso mascolino ma non duro in ciocche spettinate, con i
vestiti che Elek stesso le ha prestato.
È
bella – né donna né uomo,
così affascinante, così misteriosa. Così
diversa da quella ragazzina con le gonne corte e le camicette a fiori e
i nastri rosa tra i capelli, e così incredibilmente uguale a
lei.
Il suo sorriso
mentre lo spinge sul letto – lo stesso che cozza bruscamente
contro le sue labbra mentre la sua mano delicata si insinua nei suoi
pantaloni e esplora e preme e tocca da sopra la stoffa leggera dei suoi
boxer – è semplicemente Felicia, in ogni
sua sfumatura.
#2
– Bondage [Fem!Austria/Fem!Prussia]
Gilda ci
prova, a togliersela, davvero. Si divincola, tenta di muovere le dita,
di torcere i polsi – e tutto ciò che ottiene
è che la corda le sfreghi dolorosamente contro le mani, che
ormai saranno coperte di antiestetici segni rossastri.
Rodelind la
fissa, si sistema gli occhiali sul naso e si morde un labbro per non
ridere. Oh, come se non fosse evidente
quanto si sta divertendo. Ma la osserva con quel suo sguardo gentile e
un po’ distaccato, e Gilda non può veramente
arrabbiarsi con lei perché i suoi occhi – con il
loro colore improbabile tra il blu e il viola, con le loro ciglia
così lunghe e così scure – sono
l’unica ragione per cui ha accettato questa sua proposta
assurda.
Gilda sbuffa.
Va bene, forse c’entrano anche un po’ quelle labbra
sottili e rosee, e il modo in cui le morde. O il collo lungo e bianco
che sbuca dal collo del maglione della World Academy. O quella vaga
aria da malvagia professoressa di matematica che si adatta piuttosto
bene a questo suo nuovo ruolo e che, se non avesse le mani legate, le
farebbe temere di stare per essere presa a bacchettate sulle dita. O il
modo in cui prende tra le dita un boccolo scuro e se lo porta dietro
l’orecchio con gesto fluido e aggraziato e – ecco,
esattamente come sta facendo ora.
Gilda sbuffa.
Rodelind ridacchia.
- E ora?
– sbotta Gilda, perché Rodelind sarà
anche un bel pezzo di figa, sì, ma lei è
costretta a stare in piedi con le mani legate dietro alla schiena
mentre l’altra è comodamente seduta sul suo letto,
con la schiena dritta e le mani raccolte in grembo come la brava
ragazza che a quanto pare non è, e continua a guardarla e sorride. Non che
Gilda si senta insicura o impreparata o qualche altra cazzata del
genere, ovviamente, ma tutto questo è semplicemente
irritante.
Rodelind si
alza, le si avvicina, le prende gentilmente il viso tra le mani e la
bacia – i loro denti si scontrano, Gilda assaggia per un
attimo il sapore ferroso del sangue delle sue stesse labbra dove lei la
morde, la lingua dell’altra ragazza le invade la bocca, ed
è tutto così improvviso e brutale che stenta a
credere che quella davanti a lei sia davvero Rodelind.
Rodelind si
allontana, e Gilda rimane senza parole, ansante, boccheggiante come la
perfetta idiota che deve sembrare in questo momento. E poi Rodelind
incrocia per un attimo il suo sguardo e si china e posa una mano
leggera come una piuma sulla sua caviglia, massaggiandola piano, e
comincia a salire e salire e salire sulla sua gamba lasciata scoperta
dalla gonna della divisa.
Gilda non
può non guardare in basso. La mano di Rodelind sembra un
grosso ragno bianco, con tante piccole zampe lunghissime e pallide e
lente, così inesorabilmente lente, e l’espressione
sul suo viso le fa venire la pelle d’oca. – Sbrigati
– sibila Gilda, perché riesce a sentire il
passaggio delle sue dita centimetro per centimetro, le unghie curate
che graffiano lievemente la pelle della coscia, la pressione morbida e
leggera dei polpastrelli – e perché sente che sta
per farsi domande idiote come è
così che tocca il suo pianoforte?
Rodelind
ricambia il suo sguardo, le labbra serrate in una linea severa e quegli
occhi assurdamente blu determinati, e la mano si ferma appena
prima di raggiungere l’orlo della gonna. È già
entrata nella parte, si ritrova a pensare Gilda, frustrata.
- Zitta
– dice. Le sue guance sono appena arrossate, ma la sua voce
è ferma, quasi fredda, e quell’unica parola suona
come un ordine.
Gilda sta
zitta.
#3
– Cuddling [Male!Ungheria/Male!Bielorussia]
Un altro bacio
sulla spalla, e Anatol si sorprende a rabbrividire. Uno sul collo
– i suoi denti lo sfiorano appena, ma si chiede comunque se
abbiano lasciato un segno, qualsiasi segno -, e poi un altro, e un
bacio sulla guancia, uno all’angolo della bocca.
Prima di
conoscerlo, Anatol ha solo pensato a come sarebbe stato baciare Yelena,
sulla bocca, sentendo la consistenza delle sue labbra e il loro aprirsi
contro le sue – sarebbe stato esitante? Rapido? O,
semplicemente, non sarebbe mai successo? -, cercando la sua lingua con
la sua. Apparentemente, ci sono un sacco di cose che non ha mai
considerato.
Ma ora
c’è Elek, premuto contro di lui, con una mano tra
i suoi capelli e un braccio che gli cinge la vita e il soffio leggero e
appena accelerato del suo respiro nel suo orecchio prima che gli morda
lievemente il lobo. E Anatol non sa cosa fare, mentre la mano di Elek
scende ad accarezzargli il petto e le sue dita sfiorano con attenzione
un capezzolo, strappandogli un sospiro, mentre i suoi soffici capelli
castani gli solleticano il collo.
Non che non
abbia mai pensato al sesso. Non che non sappia come funzioni,
perché è una cosa così semplice, in
fondo, quasi banale.
Non che tutto questo non gli piaccia – la sua erezione che
sfrega lievemente contro quella di Elek dimostra decisamente il
contrario.
Anatol non
dovrebbe reagire in questo modo, non dovrebbe soffermarsi su dubbi
così inutili, così stupidi.
Ma nelle sue
fantasie prima c’era solo Yelena. C’erano il suo
sorriso, finalmente sincero, e la sua aria forte e sicura e la
consapevolezza che avrebbe fatto tutto ciò che lei gli
avrebbe chiesto pur di dimostrarle il suo amore.
Lui conosce
Yelena, molto più di quanto lei immagini. Con lei, saprebbe
cosa fare per farla stare bene, per non deluderla – e non
solo in questo ambito. Anche se lei non gli ha mai dato una
possibilità.
Ma con Elek?
Il modo delicato in cui l’altro lo tocca – come se
potesse rompersi o scomparire da un momento all’altro, come
se fosse qualcosa di importante e prezioso – sembra
appartenere più ad un sogno che alla realtà, e
Anatol quasi arrossisce mentre trova il coraggio di ammetterlo a se
stesso – ha paura di svegliarsi.
È
lo sguardo di Elek a farlo riemergere dal baratro di quei pensieri. Lo
guarda dritto negli occhi, e nella sua espressione seria e serena
c’è qualcosa di tenero, come un bagliore nel
profondo delle sue iridi troppo verdi, troppo luminose.
Elek lo bacia,
ed è uno sfiorarsi di labbra breve e delicato ma in qualche
modo intenso, reale.
Anatol si rilassa tra le sue braccia, e smette di pensare a Yelena, a
ciò che avrebbe potuto essere ma non sarà mai.
Smette di
pensare, e basta.
#4
– Dirty-talking [Male!Ungheria/Fem!Prussia]
- Stronzo
– sussurra, il suo fiato caldo che gli sfiora
l’orecchio. Elek rabbrividisce, mentre le sue lunghe unghie
scarlatte gli graffiano la schiena – chissà, forse
gli lasceranno addosso tanti piccoli segni rossastri, dello stesso
colore del suo smalto.
- Sei solo uno
stronzo. Un bastardo. Non so nemmeno perché perdo tempo con
te – mormora Gilda, ma Elek spinge di nuovo e la sua voce si
incrina sull’ultima parola, e per un po’ ci sono
solo i loro gemiti, i loro respiri affannosi. Gilda si muove sopra di
lui, alzandosi leggermente e ricadendo sul suo ventre in un ritmo
rapido ma controllato.
Elek le passa
una mano tra i corti capelli d’argento, così
morbidi tra le sue dita. Si prende un attimo per osservare il suo viso,
le labbra rosse e gonfie, la traccia di rossetto sbavato
all’angolo della bocca, gli occhi come tizzoni ardenti e
pieni di quel rancore che lui non riesce proprio a capire.
Posa una mano
sul suo fianco ossuto e sporgente, sulla stoffa di quel vestito troppo
corto, troppo scollato, troppo rosso. È ubriaca,
si dice. Lo è anche lui, forse, un po’ di birra e
un po’ di lei. Sorride, mentre lei sbuffa un nuovo insulto
nell’incavo del suo collo.
- Forse lo
sono. Ma tu sei comunque qui con me -.
Gilda gli
morde la spalla. Per il resto della notte, non la sente più
parlare.
#5
– Exhibitionism [Fem!Francia/Fem!Spagna, Fem!Austria]
I gemiti di
Anita sono una musica decisamente orecchiabile. Françoise la
osserva, le mani che giocano con i suoi seni pieni e sodi,
un’unghia perfettamente curata che traccia il contorno un
capezzolo scuro: Anita ha la bocca aperta, le labbra carnose, gli occhi
serrati, i lineamenti del viso olivastro sconvolti e trasformati dal
piacere.
C’è
un altro scricchiolio, dietro la porta. Françoise l'ha
già sentita, mentre stava spogliando Anita: il passo
incerto, lieve, come se non volesse veramente dirigersi lì
ma qualcosa la obbligasse a farlo. Forse ha litigato di nuovo con
Anita. È un’ipotesi abbastanza probabile,
conoscendole.
E poi la porta
si è aperta: appena uno spiraglio, una piccola lama di luce
che Anita nemmeno ha notato. Françoise si considera
responsabile per la sua disattenzione, e questo le dà un
certo senso d’orgoglio.
Si chiede se
Rodelind non le abbia ancora interrotte per lo shock o per la paura di
vedere più di qualche dettaglio dalla sua minuscola feritoia
– o perché il poco che riesce a vedere le piace.
Fran sa che
dovrebbe sentirsi in colpa. Ma sa anche che, prima o poi, lo avrebbe
scoperto comunque, o Anita glielo avrebbe finalmente detto –
lei non è mai stata brava a tenere segreti per troppo tempo.
E poi, si lasceranno sicuramente, anche se forse non oggi: mentire non
è mai un buon segnale, in un rapporto.
Quindi, torna
ad occuparsi di Anita, serena e senza pensieri.
#6
– Femdom [Fem!Russia/Male!Bielorussia]
Nei suoi
sogni, lei non è esattamente
una presenza costante. Nonostante ciò che pensa la gente,
non ne è ossessionato. La maggior parte delle sue notti sono
una coltre nera e fredda e priva di colori e suoni, o un caleidoscopio
di immagini vaghe e sfocate che al risveglio gli lasciano solo qualche
frammento di ricordo, l’ombra di sensazioni che non ha mai
provato.
Ma quando
c’è, lui non riesce a dimenticarla, e quei miraggi
notturni lo tormentano per tutta la mattina, talvolta per
tutto il giorno.
Una mano candida e
paffuta gli afferra i polsi, e la sua stretta forte e salda fa male, ma
lui non si lamenta – lei potrebbe scomparire in un istante,
lo sa, e lui non può permettersi di sprecare un solo
secondo. I suoi occhi così blu, così duri e dolci
allo stesso tempo, lo scrutano silenziosi, analizzando ogni singolo
centimetro della sua pelle, e lui non può fare a meno di
chiedersi se tutto questo sia abbastanza, se lui sia abbastanza.
Il suo seno
florido preme contro il suo petto, il suo peso lo schiaccia contro il
materasso, le sue labbra piene catturano le sue in un bacio che
è quasi un morso. Yelena si allontana per riprendere fiato,
e sorride – un sorriso sincero, così luminoso che
guardarlo fa male. Eppure, non riesce a distogliere lo sguardo.
Anatol apre la
bocca, ma quelle tre parole gli rimangono bloccate in gola. –
Dimmi cosa fare – sussurra invece, e il suo sorriso di Yelena
si allarga ancora di più, e una mano forte ma delicata
è già tra le sue gambe, e
all’improvviso c’è la spinta leggera
delle sue dita dentro di lui, bruciante, dolorosa. Non può
che gemere, mentre lei sorride ancora.
- Shh –
mormora Yelena: - Va tutto bene -. I suoi occhi sono dolci e distanti,
ed è come se lei non fosse veramente lì.
Quando Anatol si
sveglia, sudato e ansante e avviluppato in un groviglio di lenzuola, si
domanda se sua sorella ci sarà mai davvero.
Note
finali:
Primo
infruttuoso esperimento di raccolta PWP, che in realtà tanto PWP non
è. Posso solo dire still
better than Fifty Shades Of Grey – almeno credo.