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Autore: Beckett66    22/10/2012    4 recensioni
Altra versione della 4x23. Se lei avesse capito che voleva solo sentirsi al sicuro tra le sue braccia.
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kate Beckett, Richard Castle | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Quarta stagione
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Al sicuro

Kate era seduta su quell’altalena da un tempo indefinito ed ormai era davvero zuppa. I capelli gocciolavano e sentiva anche i piedi farsi intirizziti dall’umidità. Solo il viso era ancora caldo grazie alle lacrime che lo solcavano copiose. Si alzò e si avviò verso casa.

Camminava con passo cadenzato. Giunta a casa lasciò gli stivali sullo zerbino e ringraziò di non aver indossato altro o i suoi piedi si sarebbero inzuppati. Entrò chiudendosi la porta alle spalle. Si spogliò lasciando gli abiti sul pavimento all’ingresso e si diresse in bagno: indossò l’accappatoio ed aprì l’acqua della doccia. Tornò a riprendere i suoi abiti e li mise nella lavatrice. Riprese gli stivali e li mise sotto il termosifone perché si scaldassero. Tornò in bagno ed entrò nella doccia. L’acqua la scaldava e sentiva il calore avvolgerla. Le lacrime continuavano a scendere e lei si rese conto che stava piangendo da ore e non sarebbe riuscita a smettere. Rimase diversi minuti sotto il getto caldo. Quando le parve di essersi almeno apparentemente scaldata uscì infilandosi l’accappatoio ed avvolgendo i capelli in un asciugamano. Si asciugò e si vestì con una tuta calda. Frizionò i capelli ed andò a sedersi sul divano in salotto. Avrebbe asciugato i capelli più tardi.

Rimase seduta con le gambe avvolte dalle proprie braccia percependo il vuoto dentro di sé. Le lacrime non avevano alcuna intenzione di abbandonarla e lei non vi si opponeva nemmeno più, non singhiozzava nemmeno più, semplicemente lasciava che scendessero solcando il suo viso e aumentando il bruciore dei suoi occhi.

L’immagine di lei appesa a quel cornicione a decine di metri d’altezza non la lasciava. La paura che aveva avuto in quel momento era davvero infinita e continuava a sentirla. Vedeva lo sguardo di Ryan, incredulo di fronte alla realtà; rivedeva lo sguardo accusatore del capitano Gates e pensava che a quest’ora avrebbe potuto trovarsi sul tavolo delle autopsie di Lanie: riusciva ad immaginare perfettamente la disperazione di lei. Il senso di colpa per se stessa, per l’amicizia rovinata fra Ryan ed Esposito non l’abbandonava ma c’era qualcosa che sopra a tutto, più di tutto, più di qualsiasi dolore, senso di colpa o paura, riempiva il suo cuore in quel momento: il vuoto freddo e gelido dell’assenza di Castle. Quel pomeriggio, quella volta in cui lei aveva rischiato di morire di nuovo, lui non era con lei ma era il suo unico pensiero: aveva persino chiamato Ryan col suo nome: Castle. Lui l’aveva solo guardata scuotendo il capo in segno di diniego. Lui non era Castle e lei aveva bisogno di lui. Ryan lo sapeva ma non aveva potuto far niente.

Dopo essersi lasciata invadere da quei pensieri dolorosi e negativi si alzò dal divano e prese la decisione che avrebbe dovuto prendere molto tempo prima. Si asciugò velocemente i capelli ormai solo umidi, si rimise gli stivali, indossò un giubbotto caldo, prese le chiavi della macchina ed uscì chiudendosi la porta alle spalle. Sentiva un brivido percorrerle la schiena ma lo attribuì solo alla stanchezza. Scese e si avviò alla macchina.
Accese il motore e si rese conto che era davvero molto stanca. Non era certa di riuscire a guidare. Spense il motore, scese e chiamò un taxi. Quando il taxi arrivò gli diede l’indirizzo giusto.

Una volta giunta a destinazione entrò e salutò il portiere: “Buongiorno Detective Beckett” si sentì rispondere. Per la prima volta si rese conto che presto quel titolo non le sarebbe più spettato e le dispiacque. Prese l’ascensore e premette il tasto per il piano che doveva raggiungere. Il viaggio le parve stranamente troppo corto. Aveva paura di quello che avrebbe trovato ed era davvero esausta. Le gambe faticavano a reggerla e lei si sentiva sempre più svuotata. Le energie la stavano abbandonando e lo scoramento la stava assalendo. Lei, la dura ed inaffondabile detective Kate Beckett, la più giovane detective di New York, la migliore, quella che aveva sbattuto in galera delinquenti di ogni tipo, non era riuscita a catturare l’unico delinquente che avrebbe voluto vedere in galera ma, e questo la stupiva non poco, in questo momento aveva bisogno assolutamente di altro; ne aveva bisogno come dell’aria che respirava.

Le porte si aprirono e lei uscì. Giunta davanti all’uscio si fermò qualche istante esitante. Non sentiva alcun rumore provenire dall’interno. Il dubbio di aver fatto il viaggio a vuoto la assalì. Non ce l’avrebbe fatta a tornare indietro. Senza pensarci bussò invece di suonare. Era come se non volesse disturbare. Forse se non avessero sentito sarebbe stato meglio o forse no. Sarebbe certamente crollata lì, sul pianerottolo. Altra stranezza nessuno chiese nulla dall’interno e la porta si aprì.

Lui la guardò e quello che vide non dovette piacergli per niente perché la sua espressione dura lasciò immediatamente il posto ad uno sguardo perplesso ed interrogativo. Davanti a lui c’era una donna totalmente svuotata e distrutta dal dolore e dalla solitudine. “Beckett cosa vuoi?” chiese. Lei cercò di rispondere, di articolare qualche parola ma riuscì solo a muovere le labbra senza emettere alcun suono. Lo guardò e gli occhi si riempirono nuovamente di lacrime poi le gambe non la tennero più e tutto si oscurò. Cercò appoggio; lui la prese in braccio e raggiunse il divano tenendola stretta a sé. Si sedettero insieme e lei si appoggiò al suo petto mentre le lacrime continuavano a scendere. Si strinse a lui ed emise un singhiozzo silente. Lui si rese conto che anche se aveva avuto ragione, anche se la sua ragione era stata più che giustificata, ora lei gli stava chiedendo perdono ed aveva bisogno di lui, di lui che non sopportava vederla piangere e che le accarezzava dolcemente i capelli. Lei gli si aggrappò portando la sua mano sulla spalla di lui e lui la strinse forte a sé. Solo allora si rese conto che era troppo calda per venire da fuori.
Le sollevò il viso e la guardò negli occhi: “Ma tu hai la febbre!” le sussurrò a voce bassa.
“Stringimi, ti prego” fu la risposta.
Lui fece per alzarsi e le disse “Ti prendo una coperta, stai tremando”.
“No, ti prego stringimi Rick, ho paura”.
Lui rimase allibito: lei, Kate Beckett, la sua Kate, gli stava chiedendo, anzi lo stava pregando, di stringerla. Lo fece e le chiese “Cosa è successo?”
“Avevi ragione: a quest’ora avrei potuto essere sul tavolo di Lanie. Stavo cadendo da un palazzo di quindici piani e sono viva solo perché Ryan è arrivato in quel preciso istante: stavo già cadendo” rispose con la voce tremante.
Lui si sentì invadere dal terrore improvviso di perderla, rivide la scena di lei sanguinante al funerale di Montgomery e si rese conto che questa volta avrebbe potuto semplicemente ricevere una telefonata nella quale qualcuno gli avrebbe comunicato che lei era morta e lui non era con lei, non l’aveva protetta. L’unica volta in cui lei era davvero morta lui avrebbe potuto non esserci. La strinse con tutta la forza di cui era capace senza farle male, L’avvolse con le sue braccia e le baciò i capelli. “Oddio Kate, no! Ti prego no!” La stava pregando di non morire perché lui non le sarebbe sopravvissuto. Non era più Beckett, per lui non lo era più da molto tempo. Per lui era solo Kate.

Rimasero alcuni minuti così abbracciati stretti poi Rick le sollevò il viso per guardarla negli occhi. Doveva vedere i suoi occhi, rassicurarla con lo sguardo, voleva cacciare il dolore che li stava devastando. Lei lo guardò dritto e vide finalmente quello sguardo di cui aveva un bisogno assoluto. “Ti amo”. Finalmente riuscì ad elaborare un concetto di senso compiuto e ad articolare dei suoni. Si allungò verso di lui per raggiungere le sue labbra. Aveva sete delle sue labbra, aveva bisogno di abbeverarsi alla sua fonte. Si baciarono a lungo con passione. Le lacrime di lei si mescolavano alle carezze di lui sul suo viso.
“Kate hai davvero la febbre alta, forse dovresti metterti a letto”.
“Hai ragione” gli stava dando ragione per la seconda volta in pochi minuti “ma ho bisogno che tu mi stringa a te!”
“Non vado da nessuna parte; solo sarebbe meglio se ti mettessi sotto le coperte. Stai tremando come una foglia”.
La aiutò a rialzarsi e, sempre stringendola a sé, si avviò al piano di sopra. Entrò in camera sua “Preferisci la camera degli ospiti?” Le chiese con delicatezza.
“No. Voglio stare con te, abbracciata a te” Rispose lei guardandolo con uno sguardo che faceva finalmente emergere l’amore che aveva fino a poche ore prima soffocato dentro di sé.
Rick la strinse forte a sé. “Vuoi un pigiama di Alexis?”
“No, grazie questa tuta è molto calda, andrà benissimo”.
“Ti prendo un anti-piretico. Hai qualche allergia?”
“No, non che io sappia ma credo sia solo la tensione di questa giornata tremenda”.
“Ok, allora proviamo a vedere se scende da sola”.
Kate si infilò sotto le coperte e lui le si stese accanto abbracciandola in modo che lei potesse sentirsi protetta e al sicuro. In pochi istanti il tremore si calmò e lei si addormentò stretta a lui. Il suo respiro era regolare e lei si era completamente abbandonata. Era esausta, talmente senza forze da aver persino perso il colorito sul viso.

Dopo circa un’ora Castle si accorse che la temperatura le si era effettivamente abbassata. Forse era stata davvero la tensione e la stanchezza. Lui continuava a tenerla stretta e lei non si era mossa di un millimetro. Ad un certo punto sentì il respiro di Kate accelerare impercettibilmente; impercettibilmente per chiunque ma non per lui, non per l’uomo che viveva in simbiosi con lei, che riusciva a sentire la sua presenza anche attraverso le pareti del distretto. Rick la guardò intensamente sperando di essersi sbagliato ma quel sussulto impercettibile si ripeté. Non era più la febbre.

Stava ondeggiando cercando un appiglio con i piedi, le mani stavano lentamente scivolando e lei sentiva la presa venire meno. Il cuore batteva all’impazzata ed una voce la stava chiamando “Beckett, Beckett dove sei!” Qualcuno stava urlando e la sua voce era spaventata. “Castle! Castle!” Lei rispondeva urlando il suo nome e poi sentì il vuoto...

Lei stava invocando il suo nome con un filo di voce e Rick capì che stava avendo un incubo. Cercò di restare calmo e prese ad accarezzarla dolcemente sussurrandole “Sono qui, Kate sono qui con te!” Lei si calmò e riprese a respirare normalmente. Questo si ripeté alcune volte poi lei cominciò a stringersi a lui e lentamente socchiuse gli occhi.
“Buongiorno” Le sorrise Rick “Come stai?”
“Meglio! Al sicuro” rispose con un filo di voce. Era ancora esausta ma stava meglio.
“Grazie per essere tornato!” Lo guardò con gratitudine.
“Ti amo Kate e ti chiedo scusa. Non dovevo lasciare che andassi a farti ammazzare ed invece l’ho fatto!”
“Hai fatto bene invece. Nessuno avrebbe potuto fermarmi! Solo la tua assenza mi ha fatto ragionare. Il vuoto infinito nel mio cuore mi ha aperto gli occhi. Maddox è scappato e non so se e quando lo prenderò ma volevo vivere e volevo vivere per tornare da te e dirti che ti amo”.
Lui si chinò e la baciò delicatamente, dolcemente. Il contatto fu come una carica elettrica. Kate non riusciva a credere a quello che stava avvenendo. Lo voleva, era esausta ma lo voleva, lo voleva più di qualsiasi anima possa mai aver voluto la propria anima gemella. Gli si strinse e rispose al suo bacio con passione prendendo la sua testa tra le mani ed affondando le mani nei suoi capelli. Lo abbracciò stretto e sentì le lacrime scenderle di nuovo ma questa volta era la tensione che stava uscendo e lei stava lentamente iniziando a liberarsene. Lo stringeva a sé gettando la testa indietro e avvicinando le labbra di lui al suo collo. Lui iniziò a baciarla dolcemente scendendo lungo il collo sino alle spalle poi la guardò di nuovo e le disse: “Sei esausta Kate; ho aspettato quattro lunghi anni non dobbiamo farlo per forza ora”.
“Sì, hai ragione, non dobbiamo farlo per forza ora ma qualcosa mi dice che vogliamo disperatamente farlo ora e credo sia vero”.
  
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