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Autore: Angelus_Dragon    23/10/2012    1 recensioni
Seconda classificata al Contest: Un'immagine per una storia di LaCicu.
Due razze diverse come il cielo e la terra, come il giorno e la notte, ma non abbastanza diverse da non poter condividere gli stessi sentimenti.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Amore Maledetto


Le sue braccia mi stringevano nella frescura di quella sera.
 
Le sue labbra calde sfioravano la pelle liscia del mio collo candido accarezzandolo con un soffio leggero del suo respiro calmo e regolare.
 
Il suo petto, coperto da una spessa giacca, aderente alla mia schiena quasi nuda, permettendomi di ascoltare il suo cuore.
 
L’avevamo fatto di nuovo.
Avevamo, ancora una volta, deciso di ferirci da soli con le lame più taglienti che la vita era riuscita ad offrirci: il desiderio di Noi insieme associato al divieto di poterlo realizzare.
 
Quella volta però qualcosa era cambiato.
 
I suoi baci non erano semplici baci.
 
I suoi abbracci, non erano consueti abbracci.
 
Ed ogni sua carezza mi sembrava una frase. Una supplica.
 
Con lo stomaco divorato dalla consapevolezza della Fine, rimasi in silenzio.
 
La dolcezza di un altro bacio, poco sotto l’orecchio, mi fece rabbrividire.
La prontezza di un’ultima carezza sui miei fianchi mi fece rilassare.
 
Quella danza di addio era una lenta tortura alla quale la vita mi stava condannando.
Un supplizio eterno con il quale il destino voleva punirmi per aver infranto una delle leggi più severe della mia razza.
 
Avevamo condiviso tanti momenti, tanti attimi come questo.
 
Quella volta però qualcosa era cambiato.
 
Nei suoi gesti si percepiva un sentimento che non dovrebbe mai esserci stato. Non per me.
 
Amore.
 
Dirompente e proibito.
 
Amore.
 
Sincero. Sofferto. Doloroso.
 
Avevamo voluto evitarlo, eppure ora eccolo lì.
Contaminava ogni gesto, ogni parola non detta, ogni sguardo scambiato.
 
Amore.
 
Un veleno mortale.
 
Non potevamo morire. Non ce lo potevamo permettere.
Bisognava fuggire da questo veleno, prima che ci avvolgesse nelle sue spire di passione e sogni e non ci lasciasse mai più liberi, soffocandoci nel più terribile dei peccati.
 
Addio.
 
Addio ad ogni attimo condiviso assieme.
Addio ad ogni sorriso rapito agli istanti sospesi tra il tutto e il niente.
Addio a questo Amore.
 
Addio a Noi.

 
 
 
Quella era stata l’ultima volta che l’avevo visto.
Poi se ne era andato.
Senza dire una parola.
Senza alzare una volta i suoi occhi sulla mia pelle brillante.
 
Aveva raccolto la sua roba ed era sparito.
 
Ero stata io ad imporlo.
Per il bene di entrambi, avevo detto.
Per la Vita di entrambi, avevo puntualizzato.
 
Le fate non sono creature clementi come si narra nelle fiabe.
La loro bellezza non è sinonimo di cordialità.
Le loro danze sospese nell’aria non sono simbolo di debolezza.
 
La nostra legge è chiara.
Severa. Indiscutibile.
 
Pena di Morte.
L’amore per un umano infliggeva il disonore pubblico con la recisione delle ali e terminava con la morte.
 
Le mie ali.
Le dispiego lentamente.
Qualche raggio di luna, più coraggioso di altri, riesce ad infiltrarsi in questa fitta boscaglia.
Illumina d’argento le membrane translucide delle mie belle ali.
 
Io amo un umano.
E l’umano ama me.
 
Socchiudo gli occhi.
 
Ero stata io ad allontanarlo.
L’avevo fatto io.
Ed ora sono qui.
In questa tetra foresta.
Mi muovo sfiorando a stento il terreno.
La mia pelle lattea brilla zaffirina, coperta solo dal leggero abito blu.
 
Sono qui.
Attendo lui.
 
Sono qui.
So che non tornerà.
Gliel’ho fatto giurare.
Eppure sono qui.
E qui resterò fino al suo ritorno…
   
 
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