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Autore: Niniane_88    23/10/2012    6 recensioni
Parigi, 1896.
La giovane e ingenua Jacqueline sta per annunciare il suo fidanzamento con l'affascinante Claude. La povera Jeannette invece è sofferente per l'assenza del suo promesso sposo che l'ha inspiegabilmente abbandonata davanti all'altare e sembra scomparso nel nulla. Il giovane Henri è preoccupato per la salute del padre. La bellissima modella Fleur cammina senza timore per i vicoli bui della città. In una lontana abbazia qualcuno sta espiando le sue colpe.
Tante storie di vita, apparentemente senza alcun legame tra loro. Intrighi, equivoci, amori e tradimenti le renderanno un'unica storia: quella che state per leggere!
Genere: Commedia, Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
Capitoli:
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A tempo di valzer

Capitolo I

 
Parigi, 10 luglio 1896

Il sole era ormai tramontato all’orizzonte. Le luci del palazzo erano tutte accese e il portone d’ingresso era già stato aperto: cominciavano infatti ad arrivare i primi invitati.
Il ricevimento che si sarebbe tenuto quella sera aveva uno scopo ben preciso: annunciare il fidanzamento della duchessina Jaqueline Ophelie de Chalange con l’affascinante Claude Laurent Renard.
Sulla frequentazione tra i due giovani si era chiacchierato parecchio, nei salotti parigini: era noto a tutti, infatti, che la marchesa de Leclerc, vedova del duca de Chalange e madre di Jacqueline, non avrebbe mai osato imporre alla figlia un matrimonio che non desiderava e che perciò l’aveva lasciata libera di scegliere lei stessa con chi sposarsi. Tuttavia erano in molti a pensare che madame avrebbe dovuto essere più ferma con la figlia, nel momento in cui quest’ultima aveva lasciato cadere la sua scelta su monsieur Renard. L'albero genealogico di costui era pressoché ignoto a tutti: certo, c’era la parentela con il conte de Rolland che bastava a fare di lui un buon partito, ma non era troppo poco perché potesse aspirare alla mano di Jacqueline de Chalange? E poi, non era troppo giovane per sposarsi, la duchessina? Aveva appena diciassette anni, un anno ancora bisognava aspettare, sì sì, almeno un anno!
Madame Marie Victorie de Leclerc, si scopriva ad approvare in silenzio queste argomentazioni.
Mentre aspettava pazientemente che le sue figlie fossero pronte per il ricevimento si chiedeva per l’ennesima volta se avesse fatto bene a dare il suo consenso. Poteva comprendere che Jacqueline, romantica e delicata, si fosse innamorata di un giovane brillante e attraente come Claude e sapeva che non avrebbe mai trovato la forza di imporle un matrimonio combinato. Jacquelin era così sensibile!
Non come Elenoire: Elenoire era vivace e decisa, senza peli sulla lingua e aveva ben chiaro in testa quello che desiderava. Voleva dedicarsi alla scrittura e dichiarava di non volersi affatto sposare. Era eccitatissima per il ricevimento in onore di sua sorella, perché era la prima volta che le veniva consentito di prendere parte a un ballo. Molte ragazze entravano in società a quattordici anni e lei ne aveva già quindici, perciò era impaziente di poter fare finalmente la sua comparsa.
Madame de Leclerc dubitava che, riguardo al matrimonio, la sua secondogenita l’avrebbe pensata allo stesso modo quando avesse avuto l’età di Jacqueline, ma era sollevata di non doversi preoccupare anche del suo futuro, almeno per un altro paio d’anni.
Sapeva che prima o poi Jacqueline si sarebbe fidanzata: era una ragazza fatta apposta per questo, per essere una moglie e una madre. Claude era sicuramente un giovane forte e sano che avrebbe potuto generare figli bellissimi e pieni di vitalità. 
Eppure, qualcosa in lui non convinceva l’apprensiva madame Leclerc.
Le era noto che non era di estrazione sociale molto alta: proveniva da una famiglia appartenente alla borghesia che aveva fatto fortuna grazie al commercio di vini. Un qualche cugino era entrato a far parte del clero, raggiungendo una posizione piuttosto importante e questo aveva contribuito ad aumentare il prestigio del nome Renard. 
Infine c’era la parentela con il vecchio conte de Rolland, di cui pareva che Claude fosse l’ultimo nipote rimasto. 
Era stato questo dettaglio a convincere la marchesa a dare il suo consenso, anche se nutriva ancora dei dubbi in proposito. Il giovane le sembrava spesso enigmatico, vagamente infido, come se stesse volutamente nascondendo qualcosa a tutti.
Allo stesso tempo, sapeva comportarsi in maniera ineccepibile: era gentile, educato, raffinato. Durante le passeggiate che faceva con Jacqueline, naturalmente sorvegliate da lei, aveva sempre trattato la fanciulla con grande rispetto, non aveva mai compiuto un gesto azzardato o sbagliato. Era galante, ma prudente, premuroso e discreto.
Madame Leclerc si alzò stancamente dalla poltrona e si diresse nell’anticamera del salone: forse stava esagerando nel giudicare il fidanzato della sua piccola. Era meglio lasciare da parte l’istinto materno in esubero e mettere al primo posto la felicità di Jacqueline.
Ma quando vide sua figlia scendere le scale, avvolta nell’abito bianco, nuovo di zecca, i capelli ramati acconciati in favolosi riccioli, gli occhi splendenti e il viso raggiante, si sentì ancora più tesa di prima.


 
Madmoiselle Fleur Boyer percorreva a passi rapidi le squallide e silenziose vie ai margini di Parigi.
Anche quel giorno aveva lavorato tanto e guadagnato poco, pensava con rabbia. Lei che era la modella più ambita dai pittori che soggiornavano nella capitale non riusciva mai a farsi pagare quanto avrebbe voluto. Il suo sogno era poter dare una svolta a quell’esistenza faticosa e indecorosa, sposarsi con un uomo ricco e fare la bella vita, ma sapeva di non avere nessuna speranza. La sua prorompente bellezza poteva far girare la testa ai signorotti per un po’, ma poi finivano tutti con lo stancarsi di lei. Fleur ormai aveva imparato e non si concedeva quasi più di sognare. Soltanto lui riusciva ancora a indurla a farlo. Lui così bello, così fine, così dolce…
La giovane donna alzò il capo e guardò il cielo stellato sopra di lei. A quest’ora il ricevimento in casa de Chalange doveva essere bello che iniziato. Ah, come le sarebbe piaciuto esserci! Si sarebbe divertita un mondo! Pazienza, avrebbe scoperto com’era andata la mattina seguente. 
Si avvolse più stretta nello scialle e riprese a camminare. Non aveva paura, nemmeno di quei violetti oscuri e tetri.
A dire il vero, Fleur non aveva paura di niente.


 
Molto più lontano, in una tranquilla anticamera, il dottor Julien Aubert de Gaillard scuoteva la testa, rassegnato.
Non c’era niente da fare, ormai: Madmoiselle de Meunier doveva lasciare la sua casa e trasferirsi in un sanatorio, ecco come la pensava.
Erano sei mesi che tentava di alleviare la grave depressione in cui versava la signorina, ma i suoi rimedi non avevano portato a nulla. Anche quella sera, per l’ennesima volta era stato chiamato d’urgenza perché la paziente si era sentita male all’improvviso: una crisi di panico.
I conti de Meunier si erano recati entrambi a un importante ricevimento in casa de Chalange e avevano ordinato ai domestici di chiamarlo immediatamente se Jeannette avesse avuto bisogno di cure e naturalmente così era stato.
Monsieur Gaillard aveva trovato la contessina in uno stato pietoso: respirava molto male e tremava in modo incontrollabile. 
E come al solito era ubriaca.
Restava un mistero il come riuscisse a procurarsi il vino, dato che ormai da tempo erano state prese precauzioni affinché non trafugasse le bottiglie. Evidentemente però aveva i mezzi per eludere la sorveglianza di coloro che le vivevano accanto se dopo sei mesi riusciva ancora a fare del male a sé stessa in quel modo.
Il tutto era cominciato all’inizio dell’anno, il giorno del matrimonio della contessina. La giovane, bellissima Jeannette Françoise de Meunier avrebbe dovuto sposare il marchese Maximillen Clément de Blanchard, un ottimo partito, oltre che un bravo giovane. I due fidanzati erano profondamente innamorati l’uno dell’altra, perciò quando lo sposo non si era presentato all’altare lo scandalo era stato enorme. Per mesi si era continuato a chiacchierare malignamente: chi diceva che fosse fuggito perché aveva messa incinta una ragazza, chi diceva che fosse stato in qualche modo ingannato dal futuro suocero… congetture destinate a non trovare risposta perché dell’incauto sposino non si era più saputo nulla. Il biglietto d’addio rinvenuto nella sua camera non era stato di nessun aiuto, per coloro che desideravano comprendere perché avesse agito in quel modo e dove fosse andato. La sua famiglia e la famiglia della sua promessa l’avevano cercato dapprima a Parigi, poi nei dintorni, poi presso i parenti e i conoscenti, infine nelle regioni vicine, ma di lui nessuna traccia. Sparito, puff...! Volatilizzato.
La contessina Jeannette non si era più ripresa dallo shock. Non sapeva darsi una spiegazione del comportamento di Maximillen e temeva che gli fosse accaduto qualcosa, immaginava scene orribili di lui che veniva rapito, torturato, ucciso… oppure fantasticava sulla presenza di un’amante, una donna bellissima e crudele che con le sue arti di amatrice era riuscita a portarglielo via.
Dal giorno del mancato matrimonio aveva sofferto di crisi di panico, insonnia, svenimenti e scoppi d’ira ingiustificata e, cosa ancor più grave, aveva cominciato a bere, sempre di più e sempre più spesso e questo la rendeva ancora più debole e le toglieva quel poco di lucidità che ancora avrebbe potuto rimanerle.
Monsieur Gaillard aveva cercato di convincere i genitori a mandarla via per un po’, in modo da evitare ulteriori chiacchiere sul suo stato di salute e con la speranza che un cambiamento d’aria e di ambiente potesse farle bene, ma i conti de Meunier non avevano accettato. Erano infatti ben decisi a ritrovare il marchese de Blanchard e a mostrargli in che stato si fosse ridotta la loro figliola a causa sua. Il medico disapprovava fortemente questo atteggiamento: quella povera ragazza gli faceva una gran pena e riteneva che si dovesse pensare prima alla sua vita e poi a punire il fidanzato fuggiasco. Perbacco, era un miracolo che Jeannette non avesse ancora tentato il suicidio! 
Povera creatura: una ragazza così bella, così vivace, così arguta, ridotta a dover essere rinchiusa in una camera e sorvegliata giorno e notte…
Avrebbe dovuto convincere il conte a farla ricoverare. Altrimenti, quella poveretta sarebbe morta, prima o poi.


 
Henri Sebastian Dupois si aggirava inquieto per casa.
Che fare? Doveva andare da suo padre o no? C’era qualcosa che non quadrava: aveva sentito dire che suo padre fosse malato, allora perché nessuno l’aveva contattato? Non era nulla di cui preoccuparsi, oppure qualcuno aveva evitato di proposito di avvisarlo? Se così fosse stato, Henri non ne sarebbe stato sorpreso, ma piuttosto, amareggiato.
Per accertarsi delle condizioni di salute di suo padre, la scelta migliore sarebbe stata andare a trovarlo su due piedi e parlare personalmente con lui o con il dottore.
Il problema era che per Henri non era un’impresa facile entrare in casa di suo padre: se ci avesse provato avrebbe incontrato l’ostilità di tutti e il conte era troppo vecchio per essere ancora in grado di imporre la sua volontà a chicchesia.
Henri doveva ammettere che non se la sentiva di andare da lui, anche se avrebbe voluto essere meno codardo. 
Prima o poi però, avrebbe dovuto affrontare le occhiate malevole che gli eraano riservate in quella casa e parlargli: la faccenda doveva essere chiarita una volta per tutte.
E poi aveva bisogno di denaro: aveva perso il suo incarico di precettore presso la famiglia de Chalange adesso che le duchessine erano entrambe cresciute. La cosa gli dispiaceva molto: Elenoire era stata un’allieva molto promettente. Jacqueline... ma no, non doveva pensare a lei. Oltretutto Jacqueline si sarebbe fidanzata quella sera...
Proprio con quell'idiota di Claude Renard...
Un velo di malinconia scese sui dolci occhi azzurri di Henri. no, non doveva più pensare a Jacqueline. Per lui ormai, quella ragazza era perduta.
Doveva assolutamente trovare un altro impiego.
L’indomani, decise, sarebbe andato da suo padre.


 
Lontano, molto lontano, in una piccola e silenziosa cappella illuminata dalla flebile luce delle candele, un monaco pregava, inginocchiato davanti a un crocifisso.
Forse il Signore ascolterà la mia supplica, pensava. 
Espierò le mie colpe per tutta la vita, se necessario.
Cantabo Domino in vita mea, psallam Deo meo quamdiu sum…






Buonasera a tutti!
Ringrazio sentitamente fin da adesso chi ha letto questo primo capitolo e chi è rimasto incuriosito e intende seguire la mia storia.
Ci tengo a precisare che i nomi dei personaggi sono tutti inventati: non sono un'esperta di storia francese, le famiglie nobili che ho citato potrebbero essere esistite davvero, come anche no, ho scelto i nomi in base al suono, a ciò che mi ispiravano, cercando di evitare i più conosciuti e scontati. 
Leggendo questo primo capitolo qualcuno potrebbe chiedersi il perché del genere commedia: beh, la risposta è che spesso la commedia è un racconto che inizia male e finisce bene, quindi abbiate fiducia!
Detto ciò, spero davvero di avervi incuriositi: che ne sarà della povera Jeannette? E del fidanzamento di Jacqueline? Chi sta pregando nell'abbazia? 
Aggiornerò presto!
Un bacione
Niniane
   
 
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