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Autore: Bibismarty    23/10/2012    1 recensioni
A volte i ricordi rimangono aggrappati a sottili fili della nostra coscienza, dove fatichiamo a raggiungerli. Ma ci sono! Li abbiamo solo sommersi, nascosti, allontanati per non soffrire. Come Nora, che ha dimenticato cosa la lega a quel ponte, che percorre ogni giorno per tornare a casa.
La pioggia che ha sempre amato è una lama tagliente che ora la ferisce. Cosa tormenta Nora? Cosa le ha fatto perdere il sorriso?
Genere: Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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Pioveva a dirotto. Ormai erano diversi giorni che la città si era trasformata in una grigia gabbia bagnata.
Le grondaie riversavano costantemente acqua, che si accumulava sui tetti, sui marciapiedi e nelle strade, che andavano ghiacciandosi nella notte.
L’inverno, con un’immane prepotenza, si era fatto strada nei giorni soleggiati dell’autunno, per spazzare via ogni colore. Gli alberi disegnavano nere trame sui prati; il silenzio in cui si era spenta tutta la città era disarmante.
La hall della scuola era calda: l’ultimo baluardo prima della bufera che infuriava all’esterno. Le poltroncine rosse erano occupate da alcuni ragazzi, che colmi di speranza attendevano che il tempo migliorasse, prima di dirigersi verso casa.
I piedi di Nora si fermarono, allineati, davanti alle immense vetrate. Con un gesto fluido, Nora prese i guanti dalla borsa e infilò le dita della mano nell’apposita fessura. La sensazione di tepore, che le provocò il tessuto di lana, le risollevò leggermente l’umore.
Nora serrò le palpebre nel vano tentativo di trovare il coraggio per affrontare il tragitto che la separava da casa. Le sue ciglia si alzarono leggermente verso l’alto e si ritrovò a fissare il pavimento. Nella sua mente si andavano creando innumerevoli immagini. Stordita da tanta attività creativa, scrollò leggermente il capo. Si portò una mano al collo e si sistemò la grossa sciarpa che le avvolgeva la gola.
Il suo sguardo, finalmente, si alzò, verso la vetrata e traendo un mesto sospiro guardò il muro di pioggia che si ergeva dal cielo fino al terreno. Un turbine di sentimenti le attanagliò lo stomaco immediatamente.
Amava la pioggia. L’aveva sempre amata. Suo padre le aveva fatto fare amicizia con La Signora Bagnata all’età di tre anni. Le aveva fatto sporgere la manina fuori dal protettivo ombrellino rosa, e le aveva detto teneramente: “’E’ bagnata e non è colorata. Però ha dei poteri speciali! Viene dal cielo e sa curare le ferite”
Nora l’aveva sentito appena. Tutta la sua attenzione si era riversata sulle goccioline che le bagnavano la mano.
“Guarda, ti insegno una cosa!”. Detto questo scostò il suo ombrello e inclinò la testa indietro, tirando fuori la lingua. Un enorme sorriso illuminò immediatamente Nora, che volle subito imitarlo. E fu così che si prese l’influenza. Sua mamma si era arrabbiata moltissimo con suo padre, ma Nora segretamente lo ringraziava per averle lasciato un ricordo dolcissimo.
Nora afferrò il manico del suo ombrello, che si trovava insieme a quello degli altri ragazzi nel portaombrelli.
Fece un passo avanti, verso le porte scorrevoli che si aprirono non appena percepirono la sua presenza.
Avanzò ancora e aprì l’ombrello. Era sola, nel mezzo di un attacco atmosferico.
Si ricordava molto bene l’ultima volta che era rimasta sola. Era stato in un corridoio dell’ospedale, un anno fa circa. Non ricordava assolutamente quanto tempo era rimasta in attesa, perché ogni particolare era stato cancellato dal ricordo delle forti emozioni che aveva provato.
Se non si sbagliava era stato in quel giorno che aveva cominciato a perdere il suo entusiasmo per la pioggia. Aveva amato la pioggia. Ma ora, era solo una ferita enorme che le squarciava il cuore. Ora era solo un contrattempo, una sfortuna.
Nora vedeva appena i profili degli edifici che superava, perché fissava il marciapiede. Camminava meccanicamente, seguendo un percorso impresso nella sua mente. Svoltò l’angolo, stringendo maggiormente il manico dell’ombrello, sapendo già che l’avrebbe colpita una folata di vento.
Tutto in lei era innaturale. Aveva perso la sua vitalità, la sua energia e inevitabilmente il suo sorriso.
Si arrestò sul bordo del marciapiede, alle strisce pedonali, per poi attraversare la strada e avanzare sul ponte che l’avrebbe condotta dall’altra parte della città.
C’era qualcosa che la legava a quel ponte, qualcosa che però Nora aveva rimosso, per proteggersi. Provò un senso di stordimento. Un capogiro inusuale.
Si bloccò, portandosi una mano al petto. Che le succedeva? Spostò il suo sguardo verso le anse del fiume che spaccavano la città a metà. Quale passato cercava di ritornare a galla? E perché proprio in quel momento?
Chiuse gli occhi e contò fino a tre. Quando alzò le palpebre ogni sensazione era svanita. Respirò profondamente e si rimise in marcia, guardando costantemente a terra.
Qualche metro più in là, però, si accorse che dalla parte opposta stavano avanzando dei piedi. Non guardando veramente davanti a sé scostò l’ombrello per non scontrarsi con il passante.
Ma accadde qualcosa di imprevisto. Si era mossa troppo lentamente e il suo ombrello era cozzato contro quello dell’altro uomo, un ragazzo. L’attrito tra i due ombrelli, la bloccò e la fece voltare. Era pronta a scusarsi.
Successe tutto molto in fretta. I loro sguardi si incatenarono per una frazione di secondo. Ma Nora vide molto di più del possibile in quello sguardo. Vide ben oltre le sue aspettative. E la sua ferita si riaprì all’improvviso, spaccandole il cuore in due. Fu allora che ricordò tutto.
Il ragazzo si scusò, lanciandole uno sguardo interrogativo per poi incamminarsi di nuovo. Non poteva capire cosa era successo dentro Nora in quell’istante. Non poteva sapere quale ricordo le aveva fatto riaffiorare. E nemmeno che la sua fisionomia assomigliava a quella di un’altra persona, una persona che Nora aveva amato e poi dimenticato per continuare a vivere. Ma l’aver soppresso un ricordo, l’aveva spinta a spegnere il suo brio, la sua vitalità.
Gli occhi della ragazza non vedevano ciò che le stava davanti in quel momento. Erano persi in ricordi ormai vividi e dolorosi.
Si sentiva come al cinema, una spettatrice inerme di ciò che avviene su uno schermo bianco, dove scorrono immagini. Solo che non scorrevano né nella direzione normale, né alla stessa velocità. Era come guardare una pellicola che si avvolge, molto velocemente. Qualcuno aveva premuto il tasto Rewind nella sua testa.
Allora, in quei momenti, rivisse ogni emozione, ogni giorno cancellato.
L’anno scorso un incidente aveva troncato la vita di Eddy: il suo ragazzo. Esattamente su quel ponte.
Una lacrima finalmente riuscì a liberarsi dai suoi occhi e solcò la sua guancia rosea.
Era stata una frazione di secondo. Un’auto aveva sbandato e aveva trovato davanti alla sua corsa l’auto di Eddy. Il ragazzo aveva sterzato bruscamente, inutilmente. Nemmeno l’arrivo dei soccorritori riuscì a restituirlo alla vita. Lottò per qualche ora in ospedale. Smise di respirare alle 15.30 di un sabato pomeriggio.
Eddy era morto, sul tragitto che l’avrebbe portato alla casa di Nora, per trovarla. Non indossava la cintura di sicurezza, per questo aveva sbattuto la testa. Nora glielo aveva ripetuto mille volte di ricordarsi di agganciarla, ma lui se ne dimenticava sempre, troppo preso dall’idea di vederla e di abbracciarla. Stupido. Ora che era morto chi l’abbracciava? Chi la stringeva? Chi le diceva che tutto andava bene?
Eddy era stato il suo primo ragazzo, quello a cui aveva raccontato la sua vera sé. Quello che la capiva ancora prima che aprisse bocca.
Non era stato esattamente un colpo di fulmine, ma Eddy da quando si erano incontrati le era andato dietro per qualche tempo. Se ne era innamorato dopo, quando l’aveva conosciuta, quando lei le aveva donato il suo cuore.  Quel cuore che ora era in brandelli. Troppo piccoli per poterli ricucire.
La prima volta che si erano baciati Eddy l’aveva portata fuori città vicino ad un piccolo laghetto di campagna. La conversazione era risultata così piacevole e facile, che non si accorsero che le ore scorrevano. Avevano persino immerso i piedi nell’acqua e lanciato dei pezzi di pane alle anatre. Come si erano divertiti nel vederle seguirli, alla ricerca di altro pane!
Nora era stata bene attenta a non mostrare troppo interesse, per non illudere Eddy dei suoi sentimenti. Ma si stava ingannando lei stessa, perché quel giorno scoprì che il suo cuore si era messo in moto. Aveva cominciato a battere, inspiegabilmente, per quel ragazzo buffo, non bello, ma affascinante nel suo modo di porsi. Ed era bastato un attimo di esitazione ad una domanda per ritrovarsi le labbra di lui sulle sue. E un altro ancora per capire che ciò l’aveva resa felice. Capì allora che la sua vita l’avrebbe continuata al suo fianco.
Improvvisamente i suoi occhi ritornarono alla realtà. Il ragazzo di poco prima era già sparito. Nora si chiese per quanto tempo aveva fissato il vuoto, senza espressione.
La sua mente le ripresentò il volto di Eddy che le sorrideva. Per un attimo si dimenticò come respirare. 
Come aveva potuto dimenticarsi di ricordarlo? Fingere che non fosse successo nulla? Ora che ricordava ogni cosa, non voleva più cancellare. Eddy, o meglio, il suo ricordo, l’avrebbero fatta soffrire, ancora e ancora.
Ma che senso aveva spazzare via tutto? Ciò non lo aveva riportato da lei. Valeva la pena tentare di rimettere tutto alle spalle, senza però escluderlo.
Eddy era il suo passato, tanto bello quanto doloroso. Ma era stato reale. Ed era giusto che continuasse a vivere nei suoi ricordi.
Tutto già prendeva una forma più chiara. Anche il suo cuore distrutto, con il tempo, si sarebbe ricomposto.
Fu in quel momento che si accorse che la pioggia era cessata. Si chiese solo allora come aveva fatto a smettere di amarla. L’amava più che mai ora, di nuovo!
Voleva ricominciasse a scendere, per aiutarla a guarire le sue ferite. Ma il sole era già sbucato tra le nuvole. Si rincuorò con l’idea che presto avrebbe ripiovuto ancora. Per ora poteva solo godersi i raggi tiepidi del sole d’inverno.
 
 
 

 

   
 
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