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Autore: Killing Loneliness    24/10/2012    3 recensioni
Oneshot scritta per il contest indetto da The Heartagram Path in occasione del trentacinquesimo compleanno di Ville.
Tratto dalla storia:
"Appoggiò le mani sugli infissi chiari, distendendo le braccia – i tatuaggi sulla pelle sembrarono animarsi di vita propria, danzando sui muscoli affusolati, e gli occhi intelligenti di Edgar Allan Poe raffigurati sulla sua schiena si contrassero al movimento delle scapole."
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ville Valo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Lost In His Soul’s Storm.

 

 

La casa era immersa in un rincuorante silenzio.

Tutto sembrava essere distante ed irraggiungibile, come congelato dall’invisibile mano di un inverno prematuro, eppure la sensazione di essere in luogo sicuro e familiare sconfiggeva la solitudine che regnava sovrana tra quelle quattro mura ed essere soli era un fardello meno pesante da portare con quella piccola convinzione stretta al cuore.

Ma anche le cose migliori potevano riempirsi di crepe e minacciare di sgretolarsi.

A volte i demoni ritornavano, portando con sé la solita ondata di ricordi sepolti ma mai svaniti e riscoprendo quelle antiche ferite guarite unicamente per via dello scorrere del tempo – un nemico capriccioso ed un alleato prezioso – e tutto ciò che lui poteva fare era arrendersi al loro arrivo, invitarli a varcare la soglia, chiudere la porta e rifugiarsi all’interno della torre in loro compagnia.

In quel momento erano nascosti nelle ombre che si delineavano sui pavimenti e sui muri, in agguato.

 

 

Lenzuola sgualcite inghiottivano fogli accartocciati.

Libri accatastati sul comodino erano il trono di una tazza di caffè ormai freddo.

Una chitarra acustica divideva il letto con Ville, che aggiustò il cuscino dietro la propria schiena nuda e distese le gambe con un sospiro che gli sfuggì dalle labbra dischiuse.

Era intrappolato nel proprio mondo, fatto di note e ragionamenti contorti che si intrecciavano in ingarbugliate matasse di parole che si riversavano sulla carta: la penna scivolava sulla pagina tracciando lettere sbilenche con quella particolare e frettolosa calligrafia, a tratti un po’ illeggibile, imprigionando le emozioni di un recente passato prima che svanissero come l’alone su di un vetro.

Eppure non bastava.

Non era sufficiente distruggere gli argini del proprio cuore, esausto e malandato, per provare una sincera soddisfazione.

Quella canzone che si rifiutava di prendere forma cominciava a dargli sui nervi, irritandolo, stuzzicando quella parte lunatica di sé che spesso non portava a nulla – e più i suoi versi cercavano di sfuggire al suo controllo più Ville si intestardiva, cancellando e riscrivendo e rielaborando, creando un’infinità di sfumature sottili e variopinte dello stesso testo.

Appoggiò il taccuino sulla coscia, strofinando la penna contro i capelli castani mentre il suo sguardo volgeva verso la tazza di caffè e la sua mano si muoveva nella medesima direzione.

Se la portò distrattamente alle labbra ma, dopo un solo sorso, la allontanò con una smorfia contrariata prima di riappoggiarla sul comodino ed avere modo di alzarsi dal letto.

 

 

L’aroma del caffè si diffondeva nell’aria come una dichiarazione d’amore sussurrata controvento, delicato ed appena percettibile. 

Ville ciondolava pigramente per la cucina a piedi nudi mentre scartabellava la posta ricevuta negli due giorni con rapidi movimenti delle dita, riservando un’attenta occhiata ad ogni mittente riportato sulle buste bianche, prima di far cadere a peso morto l’intero plico sul tavolo in legno scuro ed avvicinarsi alla finestra con passo felpato e fruscii di stoffa.

Appoggiò le mani sugli infissi chiari, distendendo le braccia – i tatuaggi sulla pelle sembrarono animarsi di vita propria, danzando sui muscoli affusolati, e gli occhi intelligenti di Edgar Allan Poe raffigurati sulla sua schiena si contrassero al movimento delle scapole.

Helsinki appariva tremendamente malinconica sotto un cielo spruzzato di leggere ma sconfinate nubi plumbee, venate d’argento dove le une si confondevano con le altre, dettaglio che conferiva alla città quel tocco fiabesco che la rendeva incredibilmente suggestiva - perché, bisognava ammetterlo, se Helsinki ti entrava nel cuore era destinata a rimanervi ed era impensabile non amarla anche in un triste giorno di pioggia.

Ville osservava le nuvole che artigliavano il cielo, il grigiore monocorde che avvolgeva nel suo abbraccio tutto ciò su cui si posava lo sguardo, ritenendole una precisa rappresentazione del suo stato d’animo – anche lui era grigio, incapace di trovare anche un pallido riflesso della vera felicità e più che certo di non volere né meritare una vita fatta esclusivamente d’infelicità.

Non trovava il giusto modo per incanalare la speranza dentro di sé, la sentiva semplicemente defluire via, come se fosse uno spettatore passivo di una vita non sua.

Ed era stanco di sentirsi così.

 

 

Rimuginando, Ville aveva assottigliato le labbra ed aggrottato la fronte in un’espressione imbronciata.

Si sfregò gli occhi con le dita affusolate, accompagnando il proprio gesto con l’ennesimo sospiro provato e massaggiandosi le occhiaie che spiccavano sul volto pallido quasi volesse cancellare le emozioni che gli si erano dipinte sulla faccia come cicatrici indelebili, prima di volgere nuovamente lo sguardo verso il cielo.

Il sole lacerò l’oscurità con i suoi fragili raggi luminosi, imponendosi e brillando oltre le nubi grigie che si tinsero di calde tonalità d’arancione e tenui sfumature rosate, trasformandosi in oro liquido sul punto di colare di vita e speranza.

Era un tramonto disarmante, bello da togliere il fiato.

Mentre nei suoi occhi verdi si rifletteva lo sfavillio del sole calante, Ville avvertì che qualcosa di tremulo ed incerto si era risvegliato in lui: gli ultimi deboli raggi solari avevano aperto uno squarcio in quel suo cuore logorato che, con un sussulto, si stava riscuotendo dal torpore di cui era caduto vittima.

Un battito e poi un altro, come se non ci fosse nulla di più ovvio.

Le sue dita presero a tamburellare al ritmo di una melodia inesistente, allo sfrenato inseguimento di un brivido che gli correva per la schiena – la certezza che la speranza non necessariamente si nascondeva tra le cose più appariscenti ma anche tra quelle più piccole, più banali, più scontate, a volte persino sottovalutate.

Proprio come un tramonto su Helsinki.

 

 

Il sole annegò oltre l’orizzonte e le nubi si intrecciarono tra loro, sfiorandosi come amanti.

Le sue paure e i suoi demoni interiori non erano stati magicamente trascinati via: erano ancora lì, ad aleggiare come spettri sulla sua testa, ma sapere di poterli affrontare era già una piccola e preziosissima conquista. Un passo verso ciò che poteva considerare un nuovo equilibrio.

Intrecciò le mani dietro la nuca e, mentre si allontanava dalla finestra, cominciò a piovere.

 

 

 

 

Spazio dell’autrice e disclaimers

Questa brevissima oneshot è stata scritta per il contest indetto da The Heartagram Path in occasione del compleanno di Ville dell’anno scorso – il regolamento prevedeva che i partecipanti scegliessero una fotografia di Ville e, su quella, scrivessero un piccolo testo.

Io mi sono accorta solo recentemente che quella che avevo scelto era stata photoshoppata, per la serie: svegliati che il sole sorge xD, quindi l'ho modificata a mia volta e l'ho inserita come banner qui sopra.

Ovviamente né Ville né la fotografia né il titolo della oneshot, adattato da un verso di “Sleepwalking Past Hope”, mi appartengono. Purtroppo.

Spero comunque che vi sia piaciuta =)

  
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