E’ calato il buio e mi ritrovo seduta sul letto, a gambe incrociate col volto rigato dalle lacrime, prigioniera di un corpo non mio, davanti ad uno schermo a parlare con qualcuno che non mi immaginerebbe mai in questo stato. Le gambe premute contro il petto, i capelli ricadono sulla schiena nuda e qualche ciocca mi oscura la vista, il corpo freddo, immobile. Il solo rumore è quello delle dita che battono sui tasti, tutto il resto è una patina di silenzio nero, così caldo, accogliente, così sicuro.

Sta arrivando, si sta insidiando dentro di me, sa che sono vulnerabile. Le mie membra la assorbono, si fa strada nel mio sangue, mi invade la mente e mi impedisce di pensare. Sono immobile, più di prima, ho lo sguardo perso nel vuoto, rincorre qualcosa che non c’è. Che cosa voglio? Non lo so, forse voglio frenare le lacrime che ormai solcano le mie guance senza un motivo apparente, o forse voglio pensare e convincermi che a qualcosa servo, convincermi che per qualcosa vale la pena lottare. Non ho le forze per fare tutto questo, non ho le forze per pensare o per spostare lo sguardo oltre questo schermo. Sono ormai sua, ha vinto anche questa volta e tra poco mi farà fare cose che non voglio, disinfetterà  una parte della mia gamba e inciderà un grosso e lungo taglio che si colorerà ben presto di rosso. E abbandonerà il mio corpo attraverso il mio sangue, col mio dolore si staccherà dalle mi membra.

Devo farmi una doccia, sudo e i miei capelli hanno perso forma. Ho la bocca impastata e le palpebre pesanti. Ho i seni freddi e la pelle secca. Ho sonno. Mi riempio gli occhi di buio e mi mantengo in vita.
Che senso ho? Devo ancora scoprirlo, intanto rimango qui, immobile, avvolta nel buio aspettando lei, Apatia.