Prima
di cominciare, una piccola premessa: questa ff è dedicata ad Ada, che in periodo
piuttosto nero, mi ha spinta e convinta a continuare a scrivere, dandomi le
sacrosante botte in testa che mi meritavo... Ed essendo dedicata a lei, fan di
CT e del Signore degli Anelli, vi troverete degli accenni ed un passaggio tratto
da quel lavoro assolutamente fantastico di J.R.R. Tolkjen.
Grazie ^^.
Ma
devo ringraziare anche Chiara, Miki e Domenico, che ci sono sempre quando c'è
bisogno. E' anche grazie a loro se sono qui a pubblicare.
Buona
lettura!
Eos
Era sdraiato sull’erba, nel prato antistante i campi
da calcio della scuola, i libri abbandonati accanto a se ed il fedele cappellino
rosso abbassato sul viso. Ripensava a Parigi, alla vittoria, a quello che
avrebbe significato per quel che riguardava il suo futuro in squadra ad
Amburgo.
Tutto ad un tratto il filo dei suoi pensieri venne interrotto.
Qualcosa aveva coperto i raggi del sole, facendogli ombra.
“Ciao.”
Sollevò la
tesa del cappello con un dito. Davanti a lui una ragazzina dai capelli lunghi,
castani, raccolti in una treccia, il viso seminascosto dall’enorme
montatura degli occhiali.
“Ciao.” le rispose.
Un sorriso
timido le illuminò il viso.
“Tieni.” disse, porgendogli un quaderno
giallo.
Il ragazzo si tirò a sedere appoggiandosi su un gomito ed allungò una
mano per prenderlo, con espressione interrogativa.
“Appunti di storia e letteratura…
I temi che ci hanno assegnato per quest’estate sono impossibili da
svolgere senza le spiegazioni del prof. Dovresti leggerti daccapo tutti i testi
non obbligatori… E dopo il Torneo di Parigi e con gli allenamenti che ti
aspettano non credo ce la faresti…”
Effettivamente era vero… Venendo dalle
scuole giapponesi, tutta la parte di storia e letteratura europee gli
mancavano. Nelle altre materie non aveva avuto alcun problema ma le umanistiche
lo avevano costretto a perdere un anno…
“Beh… grazie.”
“Figurati…” ancora
quel sorriso, mentre ritraeva velocemente la mano –“Sono io che ti devo ancora ringraziare…
se non fosse stato per te i miei libri sarebbero finiti nel
canale!”
Il giovane fece spallucce “Michael e Lukas avevano bisogno che
qualcuno desse loro una lezione di educazione...”
“Comunque, grazie
ancora!”
In quell’istante l’orologio della scuola suonò le
quattro.
“Accidenti! Farò tardi agli allenamenti! Ciao!” e così dicendo gli
voltò le spalle, correndo via con la treccia che le batteva sulla
schiena.
“Te li restituisco al più presto!” le gridò dietro.
Lei si voltò, continuando a camminare veloce all’indietro “Non importa!
Quelli sono per te! Io ne ho una copia! Ciao!” e così dicendo lo salutò alzando una
mano, per poi voltarsi e ricominciare a correre.
“Ciao…” la tesa del
cappello tornò a coprire gli occhi, solo un lieve sorriso piegò le labbra del
ragazzo, che si sdraiò nuovamente sul prato, riprendendo il filo dei propri
pensieri.
Odiava le conferenze stampa.
La partita era finita, avevano vinto, non c’era bisogno di dire altro, no?
Vero che
il campionato era praticamente terminato e che loro avevano già la vittoria in
tasca, vero che i Mondiali di Germania erano alle porte, ma non riteneva
necessario tutto quel can can. Si ritrovò accanto il biondo capitano, che gli
rivolse un sorriso di comprensione mentre un lampo divertito passava negli occhi
di ghiaccio.
“Ok” pensò sospirando tra sè “Prepariamoci alla
battaglia…”
Cominciarono: le solite domande al Kaiser e all’allenatore, le solite
battute sul fatto che era incredibile che un giocatore come lui provenisse
da un Paese che, notoriamente, non aveva storia nel calcio… Tutte le
volte la stessa solfa!
Ad un tratto, una voce femminile si fece sentire sopra
le altre. Una bella donna, chiaramente orientale, mora, i capelli appena sopra
le spalle, lo sguardo castano vivace e brillante.
“Signor Wakabayashi, quali sono le intenzioni della Nazionale giapponese
riguardo ai prossimi Mondiali?”
Un sorrisetto divertito si disegnò sulle
labbra di colui il quale veniva soprannominato SGGK... Conosceva molto bene
quella giornalista!
“Sa benissimo cosa ne pensiamo, signora Nakazawa… Abbiamo
tutta l’intenzione di farci onore!”
“Cosa pensa dei suoi compagni che
non giocano in Europa? Crede che il dislivello tra i giocatori, dal punto di vista
tecnico, vi metterà in difficoltà?”
“Ritengo che la preparazione dei miei
colleghi che giocano in Asia non abbia nulla da invidiare alla nostra.
Semplicemente, non giocando spesso insieme, la Federazione Giapponese, come lei
ben sa, ha deciso di anticipare il più possibile il ritiro della squadra, in
modo da creare un’intesa perfetta tra gli atleti….”
“Lei cosa
ne dice, Schneider?” chiese un altro.
La giovane giapponese non distolse lo sguardo
da quello del portiere, il quale lo sostenne con espressione sprezzante.
Al
termine della conferenza…
“Nakazawa! Ti diverte tanto provocarmi?!” stava
guardando la giornalista a braccia conserte, il solito sorrisetto
ironico.
“Piantala, Wakabayashi! Ammettilo che sono stata l’unica là dentro
a farti una domanda intelligente!” –gli era di fronte, le mani piantate ai
fianchi, lo sguardo diretto in quello di lui.
Sul viso dell’SGGK si
dipinse un’espressione divertita “Come diavolo fa Tsubasa a sopportarti?”
“Perché
non mi chiedi, piuttosto, come faccio io a sopportarlo?!”
“Sempre la solita
Anego…”
Negli occhi di lei un lampo divertito “Non cambi mai,
Wakabayashi!”
“Anego?” Schneider era apparso alle spalle del
portiere.
“Capo…” tradusse questi, sorridendo.
“Azzeccato, direi!” convenne il
capitano, appoggiandosi con una mano alla spalla del compagno. Insieme fissarono la
giovane con sguardo divertito.
“Ma sentili! Che razza di cavalieri,
siete! Non dimostrate minimamente di essere felici di vedere una vecchia amica!” li
scrutò ad occhi stretti, le braccia conserte ed un piede che batteva nervoso sul
pavimento.
“Ma dai, Nakazawa, scherziamo! Certo che siamo contenti di
vederti! Anzi, stavo giusto per proporti una cena tra amici!”
“Posso unirmi a voi?” chiese una voce morbida alle loro spalle. I due campioni si voltarono, trovandosi di
fronte ad una bellezza statuaria. Alta, corpo a dir poco perfetto fasciato squisitamente
da un elegante tailleur verde scuro. Il viso leggermente ovale, abbronzato
ma non troppo, sul quale spiccavano labbra carnose ed occhi azzurri
truccati con sapienza, era incorniciato da lunghi capelli rosso fuoco raccolti in una
semplice coda bassa. La gonna sopra il ginocchio lasciava scoperte un paio di
gambe davvero mozzafiato.
“Wakabayashi, Schneider, vi presento il mio capo:
Angela Weiss,nuova direttrice responsabile di Sport & Sport qui in
Germania.”
“E’ un onore conoscere finalmente di persona il
capitano della nostra Nazionale!” disse la donna tendendo la mano al Kaiser, il quale
fu sorpreso della stretta decisa.
“Il piacere è solo mio, freuilain. Le
presento il miglior portiere della Bundesliga…”
“Genzo Wakabayashi! Il
grande SGGK! Molto onorata!” e così dicendo tese la mano al portiere.
Il quale la
strinse con espressione alquanto dubbiosa. Una donna direttrice di una
rivista sportiva così importante? Di donne che ne capivano veramente di sport ne
conosceva pochissime, anzi, forse una soltanto: Sanae Nakazawa!
La giornalista afferrò al volo il significato dell’espressione del vecchio amico
“Sai, Wakabayashi, Angela è stata due volte campionessa nazionale di
pattinaggio, ed ha sempre adorato anche il calcio! Direi che se ne intende
quanto e più di me!”
“Allora, saremo ben lieti di avere freuliain Weiss
a tavola con noi stasera!” sorrise acido, mentre un lampo divertito passava
negli occhi neri. Per conquistare la sua fiducia, la bella direttrice avrebbe
dovuto faticare non poco!
Si dovette presto ricredere: Angela Weiss era
davvero un’esperta di calcio. Conosceva atleti, allenatori, risultati, squadre.
Commentava con cognizione di causa partite ed azioni, ascoltando con interesse
le dissertazioni dei due campioni.
La serata scorse piacevole.
L’SGGK si
offrì di riportare in albergo l’amica, mentre il suo capitano e l’affascinante
direttrice tornavano alle rispettive dimore.
“Non male, Angela, vero?” lo
stava guardando di sottecchi, per vedere la sua reazione.
“Non male.”
nessuna emozione scompose il volto del giovane.
“Wakabayashi, piantala!
Angela è stupenda! Non solo è una gran bella donna, è anche un’esperta di calcio
e sport in generale e…”
“E?”
La morettina sospirò “E’ tua ammiratrice da
sempre!”
“E allora?”
“Accidenti! Sei insopportabile!” e così dicendo
incrociò le braccia, rintanandosi nel sedile.
Un sospiro uscì dalle labbra
del portiere “Ok, Nakazawa, ok! E’ una bella donna e ama il calcio. E allora? E’
una mia ammiratrice… onorato! E poi?”
“Pensavo potesse interessarti! Visto
che sei solo già da tempo…”
Era vero. In realtà il bel portiere aveva una
fila lunghissima di ammiratrici, che avrebbero dato l’anima anche solo per
un’ora con lui. Egli, da canto suo, non che le disprezzasse (certo, qualche
storia c’era stata, ma nulla di importante) semplicemente nessuna l’aveva mai
coinvolto in maniera seria.
In fondo, non gli interessava. La sua vita era il
calcio, la sua famiglia, i compagni di squadra, aveva altro a cui pensare.
L’amore non era una delle sue priorità.
Lasciò la ragazza
davanti all’albergo. Appena prima di scendere, lei si voltò, guardandolo negli occhi
con aria preoccupata “Non puoi passare tutta la vita così…”
Le sorrise. Non
sarcastico né ironico come al solito. Riconoscente.
“Non ti preoccupare,
Nakazawa, me la so cavare…”
Per tutta risposta ricevette un bacio sulla
guancia.
Tornò nella sua grande villa appena fuori Monaco.
Nakazawa, in
fondo, non aveva tutti i torti. Era solo da parecchio tempo. Non che la cosa gli
pesasse, ma cominciava a sentire il bisogno di una presenza che riempisse quella
grande casa. Sospirò tra se mentre scorreva mentalmente i volti delle poche
donne con le quali poteva dire di aver avuto un rapporto serio. Alla fine
nessuna era risultata la donna della sua vita, nessuna aveva lasciato tracce
importanti nella sua esistenza. Nessuna gli aveva mai fatto battere realmente il
cuore. Si ritrovò ad invidiare un poco Tsubasa e Sanae… La loro storia aveva
avuto un inizio tormentato, ma si era risolta nel migliore dei modi. Erano
felicemente sposati, avevano un figlio stupendo e, tra un ritiro ed un altro,
stavano pensando di metterne in cantiere un altro…
Richiuse la pesante porta
alle sue spalle. L’atrio era buio, filtrava solo la luce dalle grandi finestre
della sala. Avrebbe desiderato, si, una donna che l’accogliesse a casa, con la
quale condividere gioie e sconfitte. Una donna da amare.
Chiuse gli occhi e,
sospirando, scosse il capo. Aveva altro a cui pensare! I Mondiali si
avvicinavano e Karl sarebbe stato il suo avversario più temibile.
Si riscosse e la solita espressione imperscrutabile ricoprì
il volto mentre saliva agilmente le scale.