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Autore: lovemeorleaveme    25/10/2012    2 recensioni
e siccome la vita è fatta di tante prime volte, quella sera io depennai da quella lunga lista una di quelle. La prima volta che passai la notte in bianco.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Firsts times.






Era una notte incantevole, una di quelle notti, come ci possono forse capitare solo quando siamo giovani. Il cielo era un cielo così stellato, così luminoso che, guardandolo, non si poteva fare a meno di chiedersi: è mai possibile che esistano sotto un simile cielo persone irritate e capricciose? Questa pure è una domanda giovane, molto giovane, ma che il Signore la mandi più spesso alla vostra anima!
                                                                                    Fëdor Michajlovic Dostoevskij - Le notti bianche

E siccome la vita è fatta di tante prime volte, quella sera io depennai da quella lunga lista una di quelle. La prima volta che passai la notte in bianco. 
Non mi era mai successo e fu abbastanza strano, in realtà. Perché la verità è che le prime volte deludono sempre. Come la prima volta che si esce senza genitori, la prima volta che si racconta un grande segreto, o la prima volta che si incontra finalmente una persona dopo averla aspettata tanto, o ancora la prima volta che si mette piede in una scuola. In realtà, non ricordo come è stato andare per la prima volta a scuola, anche se il mio istinto mi porta a pensare che anch’essa non è stata poi una gran bella esperienza. Altrimenti, sarebbe solo l’eccezione che conferma la regola.
Alzai ancora gli occhi al cielo, scrutando le stelle una ad una. Il pavimento del balcone era scomodo, troppo scomodo. Avevo insistito così tanto negli anni precedenti per acquistare un dondolo, o, magari, delle poltroncine da giardino, ma probabilmente non ero stata troppo convincente, o insistente. Ed ora stavo solo pagando i frutti della mia stessa poca determinazione nel raggiungere qualcosa di così banale e futile.
Avrei voluto piangere, così magari avrei scaricato tutta la tensione. Ma non ci riuscivo, perché quello che provavo, in verità, non lo si esprime con le lacrime. Ero un cumulo di agitazione mista ad ansia, con una buona dose di eccitazione ed adrenalina che, probabilmente, erano le uniche cose che mi tenevano ancora in vita. Eppure, se qualcuno in quel preciso momento mi avesse chiesto come stavo, io avrei risposto che non sarei potuta stare meglio. Perché era la verità. Non sono una di quelle persone che si nasconde dietro finte bugie, finti sorrisi, o finte speranze. Diciamo che sono una che non si nasconde dietro a niente di finto. Perciò, se stavo bene, che cosa c’era da preoccuparsi? Forse era la paura per le occhiaie che ci sarebbero state il giorno dopo. Sicuramente era esattamente per il giorno dopo, che non sarebbe stato il più felice della mia vita, probabilmente, ma sarebbe stato sicuramente degno di nota. Perché una prima volta del genere, una come me, di certo non se la sarebbe mai dimenticata. Ed erano anni che aspettavo e non facevo altro e, onestamente, non ce la facevo più. Perché al mondo non c’era nient’altro che mi rendeva più felice o appagata. Perché forse quando sei lì e non c’è nemmeno più tempo per scappare, o peggio, per tirarti indietro all’ultimo secondo, ti senti come se al mondo ci fossi solo tu e la musica. Almeno credo che sia questo che si provi.
Ed io personalmente odio le persone che dicono che la musica gli è nata nel cuore. Non è così. La musica non nasce nel cuore, la musica è come una malattia genetica. Ci nasci, ci convivi liberamente per un po e poi la scopri, ed il guaio sta proprio lì, nel scoprirla. Non ho mai sentito nessuno che è riuscito a smettere di ascoltare musica. Io, personalmente, la amo come se fosse mia madre. 
Non ricordo come è stata la prima volta che ho ascoltato la musica. Credo fossi estremamente piccola però, perché anche i miei genitori ne sono dipendenti quanto me, e mi dicono sempre che me la facevano ascoltare, magari per addormentarmi. Forse quella è stata la prima volta più bella di tutte, così bella, da non poter essere nemmeno ricordata. E sapere che il giorno dopo avrei affrontato una nuova prima volta mi spaventava così tanto da farmi sentire sciocca. 
La prima volta su un vero palcoscenico.
Nei giorni precedenti avevo raccolto informazioni, su questo. E il responso di queste era stato assolutamente positivo. <<Non ti capiterà mai più al mondo di provare una cose del genere. E’ come volare, forse è anche meglio.>> mi aveva detto una signora piuttosto anziana che aveva i capelli rigati di bianco raccolti in un perfetto chignon. Anch’io volevo volare. Ed effettivamente nelle ore precedenti ero stata attiva, oserei dire quasi isterica e avevo avuto per tutto il pomeriggio una strana ridarella nervosa ogni qualvolta qualcuno mi dicesse qualcosa. Ma quando era calata la notte l’angoscia si era impossessata di me. Se qualcuno mi avesse vista avrebbe potuto pensare che fossi completamente matta. Ma in quel momento, sotto il cielo notturno ricoperto di stelle, poco me ne importava di ciò che avrebbe potuto pensare un ipotetico sconosciuto che passava per caso in una via secondaria di una piccola periferia.
La mattina seguente maledissi il sole, che mi aveva svegliato forse solo dopo un’ora di sonno. Le grandi occhiaie violacee solcate sotto i miei occhi confermarono le mie teorie: le prime volte non portano niente di buono.
Il palco era così grande da incutere un certo timore. Ero ancora in tempo per tornare indietro, in realtà, ma c’era qualcosa che mi attirava, come una calamita. E poi non lo avrei mai permesso a me stessa. Non mi sarei mai permessa di abbandonare tutto dopo un intero anno di studio e duro lavoro. Non avrei potuto poi continuare ad essere così com’ero senza sentire nel fegato quei rimorsi che mi mangiavano dall’interno. Me lo ero promesso. Era un ostacolo, andava solamente superato.
Speravo che con l’avvicinarsi del momento fatidico l’ansia sarebbe via, via diminuita per lasciare posto alla concentrazione. Naturalmente, non fu così. Anzi l’ansia aumentò ancora, se fosse stato possibile. Mi promisi che non l’avrei più fatto. Le mani mi prudevano e mi pizzicava la lingua e poi, proprio un momento prima di entrare in scena, scacciai via tutte le paure e cercai di dipingermi sul viso il più bel sorriso che gli spettatori avrebbero mai visto nella loro intera esistenza.
Chiunque mi dica che sa cosa si prova in situazioni del genere senza averle provate, non sa davvero cosa si prova. Nessuno lo sa. Mentre ero in scena, mi promisi qualcosa di completamente diverso rispetto a ciò che mi ero promessa pochi istanti prima: mi promisi che da quel giorno non avrei più smesso. Perché quando sei lì, e guardi davanti a te, non vedi nessuno. Per qualche brevissimo istante sono sicura di essere stata la persona più felice del mondo. E non importava il dolore ai piedi, i muscoli stanchi, le mani che prudevano ancora, la lingua che continuava a pizzicare, gli occhi leggermente bagnati dall’emozione, il vuoto nello stomaco, la sensazione che il cuore si sia fermato, quella era la sensazione più bella del mondo. Forse quella era la prima volta più bella delle altre, solo degna di essere ricordata. Non ci fu giorno in cui mi sentii più appagata, sentendo quegli applausi. Avrei tanto voluto essere felice a quel modo solo un’altra volta nella vita. Mi sarebbe bastata, me la sarei fatta bastare, perché niente al mondo mi aveva mai resa così felice in tutta la mi vita. E’ l’unica droga di cui avrò mai bisogno.
Probabilmente se oggi rincontrassi quella signora, per caso, in mezzo ad una strada, con lo stesso chignon e magari i capelli leggermente più bianchi, saprei come correggere le sue parole. Ballare per la prima volta su quel palcoscenico non è stato come volare, è stato infinitamente meglio.













non mi aspetto che la leggiate, figuratevi che la recensiate.
chissà se c'è qualcuno che ha provato le stesse cose.
lovemeorleaveme.

  
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