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Autore: Aelin_    25/10/2012    4 recensioni
Seconda Guerra Magica. Il Ministero della Magia è caduto, lasciando allo sbaraglio i sopravvissuti.
Ad Hogwarts, l'Ordine della Fenice e l'ES continuano a combattere contro i Mangiamorte, ma sono ormai allo stremo. La fine è vicina. Gli studenti sono abbattuti, fisicamente e mentalmente. I Grifondoro piangono il loro "lutto", i Corvonero e i Tassorosso cercano di aiutarsi a vicenda. I Serpeverde, capitanati da un Draco Malfoy passato alla Luce, si allenano, ostinati, cercando di dimostrare di essere diversi.
Ma la speranza è morta. Harry Potter è scomparso, da due anni ormai. Alla fine del sesto anno, dopo la morte di Silente, è sparito. C'è chi dice che è morto, chi che si nasconde, altri che sta cercando un'arma. Ma tutti sanno che non reggeranno ancora a lungo.
Nel giorno in cui Voldemort abbatte le difese di Hogwarts, due figure compaiono nel mezzo della lotta.
(introduzione più dettagliata all'interno, era troppo lunga)
Genere: Azione, Mistero, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter, Nuovo personaggio, Un po' tutti, Voldemort | Coppie: Draco/Harry, Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Non-con | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7, Da VI libro alternativo
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Titolo: Beliar (forse titolo provvisorio)
Fandom: Harry Potter 
Pairing/Personaggi: HarryDraco, un po’ tutti, nuovo personaggio
Rating: per ora Arancione, poi si vede
Charapter: 1? 
Beta: la mia Silvia!, che per lo più legge e mi da un parere (e lei odia le Drarry, quindi non oso riportare qui i suoi commenti)
Words: 2334 (secondo Word)
Warning: ehm… filosofia? Non so xD
Summary: Seconda Guerra Magica. Il Ministero della Magia è caduto, lasciando allo sbaraglio i sopravvissuti.
Ad Hogwarts, l'Ordine della Fenice e l'ES continuano a combattere contro i Mangiamorte, ma sono ormai allo stremo. La fine è vicina. Gli studenti sono abbattuti, fisicamente e mentalmente. I Grifondoro piangono il loro "lutto", i Corvonero e i Tassorosso cercano di aiutarsi a vicenda. I Serpeverde, capitanati da un Draco Malfoy passato alla Luce, si allenano, ostinati, cercando di dimostrare di essere diversi.
Ma la speranza è morta. Harry Potter è scomparso, da due anni ormai. Alla fine del sesto anno, dopo la morte di Silente, è sparito. C'è chi dice che è morto, chi che si nasconde, altri che sta cercando un'arma. Ma tutti sanno che non reggeranno ancora a lungo.

Il giorno in cui Voldemort, aiutato da Piton, riesce ad entrare a scuola, capiscono che è finita. Niente potrà aiutarli. Nel bel mezzo della lotta, due figure si presentano in Sala Grande, magicamente comparse nel mezzo della stanza. Uno è un centauro, il viso impassibile, freddo e distaccato, il torso umano sfigurato da cicatrici profonde, incise nella pelle. Il corpo equino mansueto, calmo e controllato, il manto blu scuro lievemente arruffato dal vento,che spirava forte fuori dal castello. L'altro, un ragazzo, ha gli stessi occhi di Harry Potter. Ma il Ragazzo Che È Sopravvissuto è cambiato.

Note: Mmh. Non lo so. Del genere “Questo è il primo capitolo e non so proprio cosa dire”.
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(Maggio del '97)

Draco ricordava tutto con estrema precisione. Se chiudeva gli occhi, poteva rivedere il corpo di Silente venire colpito dall'incantesimo di Piton, gli occhi azzurri che si chiudevano dietro alle sue tipiche lenti a mezzaluna, posate sulla punta del naso. Poi la schiena che si curvava innaturalmente all'indietro, spinta dalla forza d'urto dell'Avada, e il torso che sporgeva oltre il bordo della finestra, nel vuoto. Per un attimo rimase immobile, su quel ciglio di pietra, unico confine tra la salvezza e il nulla, l'immobilità e il moto.
Ma Silente era già andato.
La forza di gravità fece il suo lavoro, facendo precipitare quel corpo vecchio e morto giù, sempre più giù, in picchiata libera, prima di sfracellarsi con forza sul prato del castello. Durante quei pochi secondi, sembrati lunghi come ore, sotto gli sguardi dei Mangiamorte, Draco era rimasto immobile, troppo sorpreso per scappare, nascondersi. Non provava dispiacere per la morte del vecchio come persona, no. Silente aveva sempre trattato i Serpeverde con distacco, come se non fossero meritevoli della sua attenzione. Più che altro lo rimpiangeva come figura. Quel vecchio era sempre stato, insieme ad Harry Dannato Potter, la figura più importante tra gli eserciti della Luce. Il suo trapasso era un duro colpo per chi riponeva in lui la fede per la caduta del Signore Oscuro. Lui stesso, nonostante non avesse mai preso parte in quella guerra, decidendo di non schierarsi apertamente, credeva che non sarebbe mai successa una cosa del genere. Silente morto.
Da quando Voldemort gli aveva dato quell'incarico, si era impegnato anima e corpo in quella missione, cercando di trovare un qualche veleno, una pianta, un incantesimo, che potesse intaccare il preside. Ma non ci aveva mai creduto sul serio.
Draco non aveva mai ucciso. Nonostante il Marchio Nero che bruciava, coperto dalla manica bianca della camicia, sul suo avambraccio sinistro, non desiderava la morte, ne per se ne per gli altri. Si era sempre sentito un estraneo tra tutti quei pazzi satanici che veneravano quell'ancora più pazzo del Signore Oscuro. Aveva sempre visto Silente come una figura indistruttibile, che ci sarebbe sempre stata, una costante nella sua vita, una presenza marginale, certo, ma viva e potente. Vederlo cadere oltre il bordo della finestra, cogliere l'alito di vita che svaniva da una figura come Albus Silente, l'emblema della Luce per l'eccellenza, lo aveva scioccato più di quanto avesse previsto.
Fu per questo che rimase solo sulla Torre, lo sguardo vacuo puntato fuori dalla finestra. Non aveva manco sentito i Mangiamorte che, vittoriosi, scendevano le scale, ributtandosi nella mischia che albergava nel castello.
C'erano solo lui e i suoi pensieri, lo stupore ancora dipinto nelle due iridi grigie, mentre fissava la parete di pietra senza vederla per davvero.
Credeva di essere solo.
Per questo si lasciò andare. La sua maschera impassibile scivolò via dal suo viso come la notte, nel cielo fuori dalla finestra, stava prendendo il sopravvento sulla luce, e si accasciò in ginocchio. Si sporse in avanti, poggiando i palmi sul pavimento freddo. Le sue membra tremavano, la tensione e l'adrenalina che aveva provato nelle ultime ore cominciavano a chiedere il suo tributo. Un ansito strozzato sfuggì al suo controllo, superando la barriera delle sue labbra dischiuse e risuonando nell'aria silenziosa. Dai piani di sotto non giungeva nessun rumore, e, nonostante sapesse che la battaglia tra le due fazioni infuriava ancora, si crogiolò nell'illusione di essere l'unico essere vivente nel raggio di chilometri, così da poter cedere e piangere, piangere fino a morirne. Per Silente, per tutte le persone che aveva visto uccidere, per suo padre, per Narcissa. Per tutta la gente, magica e non, che quella stupida guerra uccideva ormai da tempo. Le lacrime scorrevano traslucide lungo le sue gote, scivolando ai lati delle labbra tremanti e gocciolando dal mento. Erano inarrestabili, una cascata di dolore sordo e muto che lo stava distruggendo. Draco si vergognò di se stesso. Stava piangendo come un bambino, raggomitolato a terra con la schiena contro il muro, mente invece avrebbe dovuto essere giù, a combattere. Per quale fazione, ancora non lo sapeva. Il marchio del suo braccio sembrava voler indicare la sua appartenenza all'Oscurità, ma il suo corpo, i suoi sentimenti, le sue dannate lacrime che continuavano a scorrere, imperturbabili, urlavano a chiare lettere la sua Luce. Oltre la cortina di lacrime, vide qualcosa muoversi. In un altro momento, sarebbe balzato in piedi, bacchetta alla mano, pronto a difendersi da tutto e tutti. Ma in quel momento, il suo corpo non ne voleva sapere di muoversi. Rimase accasciato, senza forze, mentre l'ombra si avvicinava. Con tutte quelle lacrime, non vedeva per niente bene, ma gli sembrò un ragazzo all'incirca della sua età. Impaurito, si rannicchiò, anche se il suo istinto gli stava urlando di tranquillizzarsi, che Lui non gli avrebbe mai fatto del male. Lo vide avvicinarsi, inginocchiarsi davanti a lui. Allungò le mani per sfiorarlo, ma sembrava indeciso, titubante. Draco immaginava che aspetto doveva avere in quel momento: un ragazzo di sedici anni totalmente distrutto. Non era un bello spettacolo. Sobbalzò sorpreso quando quelle mani si posarono sulla sua schiena, accarezzandola, disegnando cerchi immaginari, nel chiaro intento di tranquillizzarlo.
E ci stavano riuscendo.
Dove quel tipo lo stava sfiorando, piccole polle di pace si incastonavano nel suo corpo, riducendo piano piano i singhiozzi. Qualche minuto dopo, Draco era sufficientemente tranquillo da potersi asciugare da solo le lacrime dagli occhi.
E quello che vide lo impietrì.
Harry Potter stava davanti a lui, in attesa. Gli occhi verdi erano stanchi e colmi di una tristezza consumata, tipica di chi ne ha provata troppa nella vita. Il dolore era chiaramente percepibile nel suo viso. Eppure gli sorrideva, e non c'era astio nel suo sguardo.
"Vieni" gli disse, aiutandolo ad alzarsi.
Draco era stordito. In sei anni, non si erano mai parlati normalmente, limitandosi a lanciarsi occhiatacce e frecciatine acide. Com'era possibile che ora lo stesse trattando in quel modo, sostenendolo delicatamente, come se avesse paura che da un momento all'altro potesse rompersi?
Si lasciò portare giù dalle scale, e lungo il corridoio del terzo piano. Era immerso nei suoi pensieri, mentre sentiva distintamente i palmi di Potter prendergli sul fianco e su una delle scapole. Ma era troppo spossato.
All'ennesimo cedimento da parte delle sue gambe, l'altro lo prese in braccio, cogliendolo di sorpresa. Lo guardò in viso, pronto a protestare come suo solito, ma lo sguardo che gli lanciò lo costrinse a desistere. E poi... era così stanco...
L'ultima cosa che ricordò, prima di addormentarsi, fu il battito regolare del cuore di Harry sotto il suo orecchio e le sue labbra contro la propria fronte.
 
 
Il risveglio fu uno dei più difficili che Draco avrebbe mai ricordato. C'era il terrore, il ricordo della morte di Silente. Si sentiva immerso in una bolla vischiosa, con mani che lo afferravano per le caviglie e per i fianchi cercando di farlo cadere.
Nuotava in quel mare che cercava di soffocarlo, mentre lentamente si svegliava e i suoi sensi si affinavano. Eppure, quell'attacco di panico non accennava a svanire. Sentiva l'aria mancargli e i polmoni pulsare forte nel tentativo di respirare. Cercò un appiglio, qualcosa, che gli permettesse di tornare alla realtà.
E lo trovò.
Evidentemente doveva aver cominciato a muoversi in modo convulso, perché due braccia lo presero per i fianchi e lo tennero stretto, spingendolo dolcemente contro un petto caldo. Una voce che conosceva bene cominciò a mormorargli parole rassicuranti all'orecchio. Draco immerse il viso tra quei pettorali, spalancando la bocca e prendendo un profondo respiro, mentre i polmoni tornavano a funzionare correttamente. Inalò quel profumo di cannella, sentendo i propri muscoli distendersi e rilassarsi. Era tornato in se, ma ancora non si voleva staccare da quel corpo che lo faceva stare così bene anche solo
sfiorandolo. Dove le braccia di Harry toccavano i suoi fianchi, sentiva la propria carne cedere, pronta per essere modellata a suo piacimento.
Con un certo sgomento, Draco si rese conto di non essere mai stato talmente rilassato e completo come tra le braccia di quel Grifondoro. Era come se il suo corpo sapesse di appartenergli, abbandonandosi senza remore al suo dominio.
"Va tutto bene" mormorò Harry sulla sua tempia, stringendolo a se. Come erano arrivati a quel punto?  Fino a poche ore prima lui e Potter di odiavano, e ora il moro lo stava stringendo come avrebbe fatto con un amante, distesi su un... letto?
"Dove siamo?" chiese con voce roca, scostandosi da quel corpo che lo attirava e sentendo il proprio stomaco aggrovigliarsi in protesta.
"Stanza delle Necessità. Tu la conosci bene, vero? " Draco sentì il senso di colpa strisciare attorno al proprio cuore. "Io... mi dispiace, per Silente, non sapevo cos-" avrebbe continuato, se le labbra del ragazzo non si fossero premute sulle sue, mettendolo a tacere. Chiuse gli occhi. Il senso di pace era tornato a pervaderlo, spingendolo ad aprire la bocca per donare l'accesso all'altro, che cominciò piano a stuzzicargli la lingua con la sua. Era un contatto delicato, ed Harry non si stava imponendo prepotentemente. La dolcezza con cui lo stava baciando gli fece venire le lacrime agli occhi. E, quando si staccarono, vergognandosi per la patina lucida che avvolgeva le sue iridi, il biondo avvolse le braccia attorno al suo collo, poggiando la fronte contro la sua clavicola e nascondendo il viso.
"Ehi..." la voce calda di Harry gli giunse morbida all'orecchio, e una mano si posò tra le sue scapole, delicatamente. "Stai bene?" chiese. Stava bene? Non lo sapeva. Voleva solo stare così per sempre, tra le sue braccia. Che cosa stupida. Si sentiva una ragazzina innamorata.
"Cos'è successo?" mormorò piano, stringendo inconsciamente le braccia. Fortunatamente, il moro capì al volo.
"Il funerale è stato ieri. La scuola si sta velocemente riorganizzando"
Draco arricciò leggermente il naso. Ieri? Ma cosa...?
"Aspetta, quanto ho dormito?" chiese, scostandosi e sedendosi a qualche centimetro di distanza. Appoggiò la schiena alla testata del letto e incrociò le gambe magre. Lasciò le braccia inerti ai lati del corpo, stanche, i palmi rivolti all'insù.
"Due giorni"
"Cosa?!" scattò, spalancando gli occhi. Due giorni... A lui era sembrata qualche ora!
"Senti, Draco..." Harry si mordicchiò nervoso il labbro inferiore, distogliendo lo sguardo e puntandolo sul copriletto. " Non c'è molto tempo. Devo sapere se sei dalla nostra parte..."
Cosa voleva dire con quella domanda? Certo che era dalla sua parte!! O forse quel bacio non era stato una risposta valida.
"Quando uscirai da qui, troverai Hermione, Blaise e Ron ad aspettarti" cominciò a dire sbrigativo, alzandosi e raccogliendo varie cose per la stanza. Le infilava in un piccolo zainetto. Dove stava andando?
"Andate dalla McGranitt e cominciate subito a pensare ad una difesa per la scuola. Sei un mago molto potente, e insieme alla preside e a Herm dovresti riuscirci."
Il biondo si ritrovò sommerso da quel fiume di parole, senza riuscire a coglierne il significato. Di cosa stava parlando? Vedendo la sua confusione, il Grifondoro sospirò piano. Si avvicinò e si sedette sul letto, guardandolo determinato negli occhi.
"Ascoltami bene..." disse, serio. "Ho parlato con gli altri, e sono pronti ad accoglierti. Ora ad Hogwarts non
esistono più le Case, e non c'è nessuna discriminazione tra purosangue e natibabbani. Devi collaborare con tutti. Ti prometto che non verrai criticato per le tue scelte passate" spiegò, sbrigativo. "Sei molto bravo nel duello e nelle strategie. Il tuo compito sarà allenare gli studenti e studiare piani con Hermione e l'Ordine."
"E tu cosa farai?" chiese, con una brutta sensazione in fondo allo stomaco. Lo vide abbassare lo sguardo e ritrarsi leggermente, rannicchiandosi su se stesso, e seppe che i suoi sospetti erano confermati.
"Io devo andare. Da solo. Non so quando tornerò, ma cercherò di aiutarvi il più possibile"
No! Non l'avrebbe lasciato andare! Non ora che l'aveva trovato, che la sua presenza si era scoperta indispensabile.
"Non puoi andartene! Puoi aiutarci solo qui! " Non lasciarmi solo, avrebbe voluto dire. Ma quelle parole non trovavano la strada per la bocca, e rimasero inespresse.
"Ci sono cose che tu non sai..." disse piano Harry, alzandosi e prendendo lo zaino.
"Non ti permetterò di andartene e lasciarci allo sbaraglio" non ti permetterò di andartene e lasciarmi, urlò nella sua mente, cercando disperatamente la bacchetta. I suoi polsi vennero bloccati sul materasso, e una bocca si appropriò della sua. Si lasciò andare, baciandolo con trasporto, mentre la disperazione che lo attanagliava si sfogava sotto forma di una singola, dolorosa lacrima. Harry lo baciò ancora, una, due, tre volte, per poi prendergli il viso tra le mani.
"Cerca di non farti uccidere" mormorò, prima di allontanarsi e puntargli la bacchetta al petto. L'ultima cosa che vide furono i suoi occhi verdi.
"Stupeficium"
Poi sprofondò nell'oscurità.
 


Un mese dopo. (Giugno del '97)
Spalancò gli occhi nel buio, stordito. Non sapeva dov'era, non ricordava niente. La sua mente era una tavola lunga e piatta su cui le sensazioni scorrevano come acqua. Sapeva di essere in un posto freddo e umido, lo sentiva nella lieve corrente che di scontrava sul suo viso e nella pietra sotto le sue mani, ma stranamente non sentiva freddo. Non aveva neanche i brividi, nessuna reazione. La sua temperatura corporea era...
Confuso, si toccò la guancia. Sotto i polpastrelli sentì la morbidezza della pelle, ma... Non riusciva ad avvertirne il calore. O la freddezza. Era come se fosse stabilizzata ad una temperatura neutra, impercepibile. Non stava producendo calore. Come faceva ad essere vivo?
Si coprì il viso con le mani, notando in quel momento di non avere gli occhiali. Al loro posto, aveva una stretta benda premuta contro gli occhi. Ecco perché non riusciva a vedere. La tastò piano, seguendola lungo la testa, fino a quando, contro i capelli arruffati che gli coprivano la nuca, riuscì a sentire il nodo. Riuscì a scioglierlo solo dopo qualche minuto, a stento, mentre sentiva la stanchezza abbattersi sulle sue membra.
Si sentiva così debole...
Appena il tessuto scivolò via dai suoi occhi, una luce l'abbagliò, portandolo a sibilare e a proteggersi il volto. Lo sforzo gli fece perdere i sensi.
 





   
 
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