Crossover
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Autore: ellacowgirl in Madame_Butterfly    25/10/2012    1 recensioni
Manga/Anime: Naruto/Fairy Tail/Bleach/ Nuovi personaggi
“E’ come un’ombra: si nasconde dietro la luce, si cela alla maggior parte degli occhi e poi, all’improvviso, quando appare può far paura, molta paura… Soprattutto se è qualcosa di una potenza che distrugge”
Alcuni rapimenti, forse troppi, hanno messo in allerta quattro mondi, anche se per motivi differenti: maghi, ninja, shinigami ed umani.
Hanno mentalità differenti, hanno tecniche ed abilità diverse che li porteranno a scontrarsi, a diffidare l’uno dell’altro: eppure dovranno fare di quelle loro diversità un’arma più potente di ciò che sta per essere creato.
Un nemico ignoto,
compagni rapiti senza un apparente motivo,
e la volontà, nel bene o nel male, di salvare chi è più caro…
A qualsiasi costo.
Dopotutto, è ciò che sono abituati a fare, no?
Genere: Avventura, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Anime/Manga
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo Quarto:
Raggio di sole

 
Avevano lasciato il gruppo di Shinigami ormai da un’ora, secondo le stime della sua ora umana, anche se in quel luogo tanto particolare non sembrava nemmeno possibile distinguere le fasi della giornata.
Galoppava, in groppa al cavallo bianco e beige che seguiva le sue indicazioni, anche lui un tantino disorientato da quell’aria completamente diversa, da quell’assenza quasi totale della natura.
 
-Pensavo che fosse simili alla Terra, questo luogo, invece ha caratteristiche ben differenti… Ma non dobbiamo arrenderci! –
 
Asserì con convinzione la bionda, l’arco in spalla e le iridi verdi che scrutavano i dintorni in modo assiduo: sembrava di trovarsi nella periferia di una grande metropoli, quindi in pessime condizioni, sporca ed abbandonata a se stessa, quasi fosse un rifiuto della società.
 
-Ottantesimo distretto, mi sembra abbiano detto… Credo che qui dovremo darci da fare. –
 
Un minimo di sospetto, nel vedere solo qualche abitante nei dintorni, bambini vestiti di stracci che si rincorrono, donne malvestite che portano ceste di vestiti sporchi sulla nuca e vecchi malandanti.
Non le piaceva, quel luogo, nemmeno un po’.
 
Ad un tratto, alcune urla attirarono la sua attenzione, il cavallo sembrò quasi impennarsi, alzarsi sugli zoccoli posteriori per il timore ma Hikari lo costrinse a resta immobile dov’era, mentre le sue pupille si sgranavano, stupite ed impaurite allo stesso tempo: davanti a loro, una creatura quasi deforme bianca e nera, con un grande foro nero nel petto, sembrava intenzionata a distruggere abitazioni e terrorizzare gli abitanti.
Li inseguiva, ne prendeva con le tre mani e se le portava alle fauci, mangiandole senza pietà: le riconosceva, le vedeva, le individuava senza alcuna esitazione, come se le percepisse.
 
Hikari si portò una mano al petto nel percepire quella creatura, quell’anima maledetta che, tuttavia, non sembrava riuscire ad individuarla, non tanto chiaramente quanto i normali abitanti di quel luogo.
Fece un respiro profondo e scese da cavallo con un balzo, dando una pacca sul sedere al grande destriero.
 
Allontanati, Hotaru. –

Disse semplicemente e la cavalla ubbidì, mentre lei estraeva l’arco ed una freccia pronta ad essere utilizzata: sgattaiolò tra le macerie, avvicinandosi sempre più a quella creatura che non conosceva, mentre questa sembrava non essere minimamente in grado di percepirla.
Forse l’avrebbe vista, ma lei doveva giocare sull’effetto sorpresa e per questo non aveva intenzione di provare se il mostro, anche detto Hollow, fosse davvero in grado di vederla.
Si portò con la schiena ritta, attaccata ad una parete, perpendicolare alla stradina dissestata che il mostro stava percorrendo: prese una corda, la legò alla freccia e qualche istante prima che il mostro le arrivasse affianco, scagliò la freccia dall’altra parte, tanto da centrare una specie di barile in robusto legno ed in tal modo l’hollow inciampò, almeno sul momento, cadendo a terra.
Sì, di certo non l’aveva percepita, o si sarebbe accorto di lei.
 
Una volta che questo cadde, Hikari si portò subito davanti a lui, l’arco teso ed una freccia che gli mirava la nuca, mentre le sue iridi determinate quanto ingenua lo fissavano.
 
-Non ti muovere! –
 
Gli intimò, ma quell’esitazione, quel suo in fondo voler essere democratica e non uccidere subito, senza precedenti, fu un errore fatale: lui si rialzò subito e con una manata la scaraventò parecchi metri più indietro, facendola cadere rovinosamente a terra.
 
-Anf anf… ma allora… sei proprio un tipo simpatico. –
 
Commentò ironicamente lei, mentre si rialzava tenendo sempre ben saldo l’arco.
L’Hollow le ringhiò contro con fare minaccioso, quasi volesse intimarle di andarsene, mentre la fissava con quelli che sembravano due teschi, piuttosto che occhi.
 
*Un’umana… un cibo prelibato…*
 
Commentò il mostro fra sé e sé ed indirizzò una delle grosse mani verso la ragazza, la quale grazie ai riflessi pronti e al suo combattere ogni giorno con creature del bosco riuscì a schivarlo miracolosamente di lato, scagliando una freccia che colpì l’essere alla mano stessa.
La ritrasse, appena dolorante ma senza dare troppi segni di addolora mento e di conseguenza Hikari non poté che stringere i denti: voleva fare l’eroina? Accontentata!
 
Insoddisfatto di quella scivata, l’Hollow lasciò che tutte e tre le sue manone si avventassero su di lei e dopo aver schivato la prima, la ragazza venne intrappolata nella seconda, che andava lentamente ritirandosi, avvicinandosi dunque al mostro.
 
Lasciami! –
 
Gli sgridò lei con un certo impeto, mentre la vita e le gambe erano bloccate da quella consistenza bianca e nera: solo le braccia erano libere, e con esse l’arco e la freccia.
 
*Cibo cibo… io mangiare eroina del giorno… *
 
Commentò lui, tutto soddisfatto e all’apparenza particolarmente tondo, ma quando aprì le fauci per ingoiarla, Hikari non si fece prendere dal panico e e scagliò la freccia, tendendo l’arco dinnanzi al proprio viso ed un occhio socchiuso per prendere meglio la mira.
Mirò lì, al petto, a quel foro che venne letteralmente trapassato, considerando che la ragazza vi avesse messo tutta la propria forza, e così lentamente il mostro si dissolse, in un urlo di disperazione e di dolore.
 
Lei venne lasciata cadere a terra, tanto che grazie ai riflessi non sbatté la nuca ma solo ora poteva riprendere a respirare, considerando che la forte stretta dell’Hollowe gliel’avesse impedito sino a quel momento, tanto che sentì lentamente le energie diminuirle in corpo, la vista appannarsi e mentre cadeva all’indietro sentì solo due braccia sostenerla.
 
- Hotaru! –
 
Si sveglia di colpo, il respiro ancora affannato al ricordo di quanto le è accaduto tempo prima, anche se non saprebbe stimarlo.
Ma si ricompone subito, le iridi verdi che cercano di comprendere dove si trovi: una stanza semplice ma arredata con gusto, alcune finestre, due porte e lei sdraiata in un letto bianco, sotto le coperte.
Cerca immediatamente l’arco e le frecce con lo sguardo, tanto che non appena le nota appoggiate alla parete accanto a lei assieme alla borsa farebbe per alzarsi ma una voce attira la sua attenzione.
 
- Qui sei al sicuro, non ti serviranno. –
 
Lo sguardo si porta immediatamente sulla figura di una bellissima ma prosperosa donna, il kimono nero che la fascia ed i capelli ambrati sciolti sulla schiena: è lei, la donna a cui deve evidentemente il suo salvataggio, la Shinigami che per qualche motivo l’ha portata alla Soul Society.
 
- Immagino che mi abbia portata lei qui, signorina Matsumoto… -
 
Presuppone la ragazza, mentre lo sguardo resta fisso su quella donna da cui sente provenire una particolare fonte di energia: raietsu, da quanto ha sentito dai loro fugaci discorsi, ma per lei è soltanto una sensazione, la percezione di un’anima ancora viva.
La donna sorride appena, avvicinandosi al letto della ragazza con passi lenti e ben calibrati.
 
- Ti ho seguita non appena ci siamo separati, poi ho visto il tuo… ehm… cavallo, aggirarsi nel distretto Ottanta e mi sono insospettita: è il più malfamato e peggiore di tutti, non mi sembrava il caso di lasciarti lì e così mi sono inoltrata. –
- Quindi ha visto quel mostro anche lei? –
 
Le domanda, un’espressione sì un poco sospettosa ma dopotutto ingenua, considerando che non conosca nulla di quel luogo.
La donna fa semplicemente un sospiro, fermandosi a qualche passo dal letto e versando del liquido in un bicchiere, da una piccola caraffa.
 
- Era un Hollow, mia cara, un tipo di mostro che io combatto ogni giorno. –
 
Le porge il bicchierino, dal liquido ancora fumante, mentre Hikari lo osserva incuriosita.
 
- E mi sono stupita che tu sia riuscita a sconfiggerlo, così come il fatto che lui non riuscisse a percepire la tua presenza… -
 
Si fa più pensierosa per qualche attimo, tanto che le iridi chiare volano al soffitto bianco, sin quando Hikari non osserva più attentamente quella bevanda, ancora un poco diffidente.
 
-Cos’è? –
 
Chiede, e la Luogotenente si fa improvvisamente più solare, tanto che sfoggia un sorriso che farebbe invidia al sole, stupendo la ragazza di tanta lunaticità.
 
-  Saké, Hikari! La soluzione a tanti problemi. –
 
Le dice facendole l’occhiolino, mentre accenna ad allontanarsi.
 
-  Ma io non ho problemi, signorina Matsumoto. –
 
Ammette con un’espressione perplessa, mentre regge fra le mani la tazzina fumante.
Lei, nonostante le volti le spalle, ha ormai abbandonato il sorriso per lasciare spazio ad uno più malinconico, mentre lo sguardo vaga oltre la seconda porta aperta, quasi stesse guardando qualcosa di preciso in quella direzione.
 
- Spero non ne avrai mai, Hikari. –
 
Dice semplicemente ed il silenzio cala per qualche attimo.
Hikari non dice nulla, fa un respiro profondo e sul suo volto si fa largo un’espressione appena dispiaciuta: non le ci vuole molto per comprendere che la sua salvatrice stia meditando su qualcosa che, a quanto pare, l’addolora particolarmente, e questo non può che dispiacere all’umana fin troppo sensibile.
 
- Mi dispiace, non volevo –
-  Non ti preoccupare.-
 
La interrompe subito, un tono appena più addolcito mentre si allontana verso la porta dalla quale era entrata, volgendole solo uno sguardo fugace.
 
-Fai come fossi a casa tua, tornerò tra non molto. –
 
Asserisce prima di scomparire, chiudendosi la porta alle spalle e lasciando nuovamente regnare il silenzio.
Hikari fa un altro respiro profondo, dopodiché beve un sorso di quel Sakè di cui non ha mai sentito parlare e lo ingoia a fatica, lasciando spazio ad una smorfia dopo averne assaggiato il sapore.
 
-Che schifo, ma come fa a bere questa roba?! –
 
Asserisce con un certo disgusto, per poi alzarsi ed avviarsi verso l’altra stanza, una cucinetta sembrerebbe, per gettare quel liquido che proprio non manda giù.
Tuttavia, ha notato la direzione dello sguardo malinconico di Rangiku, poco prima, così cerca di capire a cosa si riferisse e nota una serie di fotografie su di uno scaffale, rappresentate la Luogotenente ed altre persone che non conosce, escluso Hitsugaya, Ichigo e Rukia conosciuti quel giorno.
 
Non si sofferma troppo a riguardo e ritorna nell’altra stanza ma, quasi in un gesto istintivo, si ferma: qualcosa è cambiato, lì dentro, e la sua attenta attenzione lo ha notato immediatamente, senza contare la strana sensazione che ora prova.
Ascolta, osserva, cercando di ricordare quei pochi dettagli che qualche attimo le hanno concesso di vedere: la finestra non era aperta prima, questo se lo ricorda bene.
Le iridi verdi scrutano la stanza, vedono l’arco e le frecce appoggiate alla parete opposta ed i muscoli pronti allo scatto, come se ci fosse un pericolo imminente…
 
- Io non lo farei, fossi in te… -
 
Una voce divertita, ironica, tanto che lei si volge immediatamente in quella direzione: sulla finestra, seduto, vi è un ragazzo dai capelli argentei ed il fisico asciutto, uno Shinigami deduce dato il kimono lungo e bianco.
Eppure, da qualche parte le sembra di averlo già visto.
 
-Tu cosa vorresti? –
 
Chiede lei, scettica, diffidente poiché non lo conosce, poiché lo ha già visto ma non sa dove, perché sente in lui fin troppi sentimenti, un’anima contorta, coraggiosa e al contempo vile.
 
- Farti una proposta, umana. –
 
Le dice semplicemente, con quel sorriso che non sembra avere alcun senso, in un momento simile, un sorriso ironico e sadico, divertito quasi.
 
- E sarebbe? –
- Tu scegli di diventare una shinigami… ed io ti riporto tua sorella. –
 
Ed in quel momento sgrana le iridi, mentre lo fissa in un misto di stupore e diffidenza, forse rabbia: rabbia perché la sta ricattando.
Rabbia perché vuole barattare la sua vita per quella della sorella.
 
-Se mi fate questa proposta, significa che allora non è mia sorella ad interessarvi, o non vi preme così tanto… -
- …e deduco che quindi non prema nemmeno a te. –
 
Risponde in tutta tranquillità Ichimaru, con una prontezza che quasi disarma la ragazza, ancora disorientata da quel mondo tanto assurdo, da ricatti che non ha mai ricevuto, da una scelta che non avrebbe mai pensato di dover fare…
Hikari darebbe la vita per la propria sorella, e questo è evidente che Gin lo sappia bene: eppure non si fida, non sa cosa ci sia sotto e per questo non azzarda, non ancora, lasciando soltanto un silenzio alquanto ambiguo.
 
- Hai tempo fino al tramonto di domani. Fatti trovare nell’ultimo distretto, lì mi darai la tua risposta e sarai partecipe delle conseguenze. –
 
Asserisce ora con uno sguardo più freddo e serioso, quando l’attenzione di entrambi viene attirata da un rumore rapidissimo di passi e così la ragazza si volta in quella direzione, vedendo una serie di persone entrare con una velocità impressionante all’interno della stanza.
 
-Giiiiiiiiiiin! –
 
Il grido di Matsumoto echeggia in tutta la zona, il suo volto quasi disperato e sporto dalla finestra dalla quale Gin Ichimaru è svanito in un attimo.
Ora lo ricorda, in una fotografica custodita dalla signorina Matsumoto.
 
-Dannazione, ci è sfuggito un’altra volta! –
 
Si lamenta con tono irritato il giovane Capitano dei ghiacci, mentre una serie di altri shinigami tenta di inseguirlo, altri restano lì immobili ad attendere ordini.
Le iridi verdi e pure di Hikari sono tuttavia puntate su Rangiku, su quegli occhi chiari che implorano, che sperano, che sembrano quasi chiedere pietà.
 
- Tu hai un po’ di cose da spiegarci, umana! –
 
Sembra quasi un’accusa, quella nervosa del capitano Hitsugaya, forse perchè il rivedere quell’altro ex capitano lo ha mandato in bestia, rivedere la sua amata luogotenente in quelle condizioni gli ha completamente rovinato la giornata e l’umore, oltre che segnato l’animo.
Ma la ragazza non si volta a guardarlo, sembra quasi ignorare il dire del Capitano, tanto è concentrata sulla figura di quella donna così angosciata e dolorante, eppure così tremendamente sincera.
 
- Lui vi ama… -
 
Dice semplicemente, un sussurro quasi dalle sue labbra: le è venuto spontaneo, ha detto ciò che ha sentito, ha detto ciò che ha visto dinnanzi a quell’uomo, nel momento in cui i due si sono appena intravvisti.
E così, mentre Hitsugaya bestemmia in tutte le lingue shinigami per quella sua affermazione, Rangiku si volge a guardarla, le labbra appena tremanti e lo sguardo perso…
Perso verso di lui.

******

 
- Mizukage, deve ascoltarmi, lei non può fare una cosa simile! –
 
La voce supplicante di un giovane shinobi della Nebbia echeggia con fare insistente nel bosco poco lontano da Kiri, la nebbia ormai calata a rendere la visuale estremamente difficoltosa, almeno per chi non è abituato ad una terra tanto indisposta ed avversa.
 
- Non accetto obiezioni, Ao. Dubito fortemente che l’Hokage si faccia mettere in una camera blindata per una minaccia simile ed io non posso permettermi di abbandonare il paese! –
 
Una voce chiara e decisa, quella di una bellissima donna sulla trentina scarsa, i capelli lunghi e castani che le ricadono dolcemente sulla schiena, mentre un ciuffo tiene celato l’occhio destro.
Corre rapidissima tra gli alberi mentre due sono gli uomini che la seguono, che la proteggono: uno sulla quarantina e l’altro molto, molto più giovane, che si porta appresso una grande e grossa spada.
 
- Questo non significa nulla, Mizukage! Mettere in pericolo la sua vita equivale esporre Kiri a qualsiasi tipo di attacco. –
 
Tenta di protestare nuovamente l’uomo, sin quando uno sguardo fin troppo freddo per un viso tanto bello lo fulmina, lo costringe al silenzio: non è nella sua natura essere tanto autoritaria, né imperiosa, ma vivendo nella cosiddetta “nebbia insanguinata” ha ormai imparato a reprimere quel suo lato dolce.
 
- Anche nascondersi piuttosto che affrontare il pericolo è da codardi. Ed io con quale coraggio direi al mio popolo di avere fede e continuare a lottare se sono la prima a fuggire? –
 
Domanda secca e brusca, la sua, mentre il volto torna a concentrarsi su quei balzi rapidi e precisi: vuole raggiungere Konoha al più presto, incontrare questi “maghi” di cui l’Hokage le ha parlato e soprattutto confrontarsi con lei, con l’unica persona al di fuori delle sue guardie del corpo di cui davvero si fidi.
 
- Mizukage a destra! –
 
Mei non fa in tempo a volgersi in quella direzione che Ao le è addosso, quel tanto che basta a spingerla violentemente verso il lato opposto, tenendola per la vita.
 
- Ao ma cosa –
 
Un’esplosione avviene poco lontano, abbastanza violenta da radere al suolo diversi alberi, senza contare che l’onda d’urto abbia investito la Mizukage ed il suo protettore, tanto da sbalzarli ancora più lontano.
E per fortuna che col Byakugan l’uomo ha potuto prevedere una simile catastrofe.
La donna si rialza immediatamente, accorrendo in aiuto del valoroso ninja di Kiri, il quale si rialza a fatica avendo subito il colpo al posto della donna.
 
- Ao! –
-  Sto bene, Mizukage, non vi preoccupate… -
 
Asserisce lui cercando di essere convincente, nonostante l’affanno nel pronunciare tali parole.
Mei si mostra appena preoccupata, pur mantenendo il sangue freddo di sempre quando l’iride smeraldo si volge immediatamente verso quella che ora è una nuvola di fumo e cenere.
 
- E Chojuro?! –
 
Domanda preoccupata, accennando ad avanzare almeno sino a quando non si ode ringhiare e questo la trattiene: sforza lo sguardo per capire di cosa si tratti, mentre grazie al Byakugan Ao ha già individuato di cosa, o meglio chi, si tratti: un’orda di lupi famelici, gli occhi aggressivi ed assetati di sangue che si avvicinano, inesorabilmente ma lentamente.
 
- Questo… Non è chakra. –
 
Nota la Mizukage, un attimo dubbiosa nel vedere ora quegli animali avvicinarsi, volerli circondare senza troppi scrupoli.
 
- Potrebbe trattarsi di quei poteri strani di cui avevano parlato i maghi, una volta giunti a Konoha. –
- Hai ragione, Ao. Non era chakra, né consistenza di anima, ma… -
- Raietsu, per essere precisi. –
 
A rispondergli è una voce abbastanza tranquilla, per non dire annoiata, che fa gelare il sangue nelle vene per la sola potente forza che emana: una forza spirituale, come fosse un’anima dannata pronta ad uccidere con la sola presenza.
 
- Chi siete?! –
 
Domanda la Mizukage senza tanti ripensamenti, rimanendo in guardia mentre il suo protettore le resta dinnanzi, pronto ad intervenire nel caso la donna venga attaccata.
 
- Non credo che questo sia importante, giovane ninja. –
 
Asserisce in una risposta annoiata ma tranquilla, una figura che non pare umana avanza tra il fumo e la nebbia, le gambe e le braccia coperte di un pelo scuro mentre i capelli castani, lunghi sino alle spalle, risaltano un volto impassibile, quasi disinteressato a quanto sta accadendo.
Sotto un braccio, l’Espada tiene il corpo privo di sensi del giovane spadaccino della Nebbia, privato ora della sua arma ed incapace di poter reagire ad una simile tortura.
 
- Lascialo… -
 
Bisbiglia a denti stretti la Mizukage, una rabbia le sale nelle vene, quasi irrefrenabile, tanto che la mano decisa quanto fredda di Ao le afferra il polso, come a volerle impedire qualsiasi attacco avventato: è abile ed intelligente, Mei Terumi, ma lui sa anche quanto sia terribilmente emotiva.
 
- Una reazione alquanto prevedibile, per una donna della vostra forza, da quello che posso immaginare e percepire. –
 
E’ l’unica e semplice osservazione dell’uomo, il quale inclina appena il capo di lato, come voglia osservare meglio le due figure che gli stanno dinnanzi, una in particolare.
 
-E’ un vero peccato dover lottare contro una donna così bella… Ma finchè non mi avrete mostrato la vostra abilità più forte, non vi darò la tregua del rapimento. –
 
Questa volta è Ao a stringere i denti, considerando che la rivelazione dell’uomo implichi che li farà combattere fino allo sfinimento, per poi rapire la Mizukage che da sempre protegge con dedizione e, soprattutto, affetto.
Solo il silenzio invade quell’atmosfera, la nebbia che viene trasportata dal vento con fare esitante mentre l’ululato dei lupi echeggia alla luce della luna calante.
 
- Non avete intenzione di attaccare per primi, eh? Saggia decisione, ma qualcuno dovrà pur aprire le danze… -
 
E così, dopo uno sbuffo annoiato e le iridi puntate sulla figura della Mizukage, sua preda serale, con molta non-chalance Stark lancia il corpo di Chojuro verso i lupi, i quali sembrano intenzionati ad aggredirlo senza tanti ripensamenti e lo puntano ringhiando.
 
- Chojuro! –
- No Mizukage! –
 
Ma la donna è scattata in direzione del giovane spadaccino, le mani rapide a formare i sigilli mentre la sua guardia del corpo la segue a ruota, uno sguardo di disprezzo e timore verso quella creatura ai suoi occhi abominevole.
 
- Divertente. –
 

----- Estratto dal Quinto Capitolo -----

 
- Hai paura, non è vero? Paura che possa ferire la tua amichetta, portartela via, ucciderla… -
 
Una voce agghiacciante, quella dell’Espada dai capelli azzurri che ora si diverte, gioca con la vita altrui, tenendo per i capelli la figura di Lucy priva di sensi.
 
- Se non la lasci… giuro che ti faccio pentire di essere nato! –
 
Il suo corpo prende letteralmente fuoco, mentre il biondo accanto al Dragon Slayer ha già creato una copia di sé per poter formare una delle sue tecniche più potenti.
Lo fissano, decisi ed arrabbiati, mentre solo qualche passo più indietro Sakura e Lluvia si preparano a scontrarsi contro quell’essere fuori dal comune.
 
E lui invece ride, ride di gusto, divertito come non mai nel vedere quanto quelle creaturine, maghi o ninja, siano terribilmente legati ad una semplice ragazzina, ad un affetto che, per una creatura senza cuore, non ha alcun valore.
Ma quella risata viene improvvisamente interrotta da un altro suono, molto più macabro e deciso: una lama, un taglio netto, sangue che fuoriesce senza una mezza misura.
  
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